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Autore: LubyLover    07/03/2013    4 recensioni
Dal capitolo 01: "[...] ma, durante gli anni, Danny sapeva di aver raggiunto un livello di maturità maggiore - e Lucy era la prima persona da ringraziare per questo - e quindi, era certo che non si sarebbe tirato indietro ancora, anche se, magari sarebbe stato più facile. Sarebbe stato esattamente nel posto in cui ci si aspettava che lui fosse. Anche se avrebbe continuato a detestare gli ospedali. Così, spinse piano la porta ed entrò nella stanza asettica ed impersonale"
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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03. Capitolo 03: Sheldon Hawkes

 

 

Capitolo 03: Sheldon Hawkes

 

Flack: "What happened down here? I got a call from dispatch saying there was some kind of problem. I got here as fast as I could"

Danny: "Some methane bubbles caused an explosion, Hawkes got caught underneath the ship's mast"

Flack: "Some guy would do anything for an early retirement"

Episodio 04x02: The Deep 

 

I macchinari continuavano a fare il loro lavoro, instancabili. L'uomo nella stanza li studiava con attenzione, spostando continuamente lo sguardo per osservare le linee regolari e ritmiche sui monitor, il corpo addormentato di fronte a lui ed il cellulare che stringeva in mano. È passato troppo tempo, troppe ore... 

***

Per una strana coincidenza del destino, quando Mac Taylor ricevette la telefonata dell'agente Lauren Cooper, Sheldon Hawkes era con lui. Stavano riguardando le annotazioni conclusive di un caso di qualche tempo prima; di lì ad un paio di giorni, Hawkes avrebbe dovuto testimoniare in tribunale e voleva presentarsi preparato. Non mancava loro molto e Sheldon ne era contento: era uno stakanovista, indubbiamente, ma ciò non toglieva che, di tanto in tanto, avesse bisogno di rilassarsi. 'Non come l'instancabile ex marine seduto qui di fronte a me', si era ripetuto in più di un'occasione. Arrivati all'ultima pagina del rapporto, Hawkes aveva cominciato a lottare con la forza di gravità che sembrava far pesare le sue palpebre tonnellate.

"Magari un caffè?", aveva domandato Mac con un mezzo sorriso. Non era arrabbiato, sapeva che i suoi ragazzi lavoravano duramente.

Sheldon si alzò, scrollando le spalle, imbarazzato. Sapeva che la sua stanchezza sarebbe stata notata - cosa sfugge mai a Mac Taylor? - ma non poteva non sentirsi a disagio. Era una cosa che si portava dietro da molto tempo, uno dei motivi per cui, per un periodo, aveva fatto il patologo: i morti non avevano l'abitudine di giudicare. Stava uscendo dalla porta, diretto al distributore per prendersi il tanto agognato caffé - ed offrirne uno anche al capo -, quando il cellulare di Mac cominciò a vibrare. 'È successo qualcosa, ne sono certo'. Questo pensiero, che percorse con un lungo brivido tutta la sua colonna vertebrale, lo bloccò sull'attenti sullo stipite. Non si chiese nemmeno se fosse appropriato trattenersi ad ascoltare una conversazione che avrebbbe potuto essere privata; sapeva che non era una questione personale. 'Come quando in ospedale sapevo che stava per arrivare una grossa emergenza... si crea una staticità angosciante nell'aria'. Intanto Mac stava ripetendo a qualcuno di calmarsi. Hawkes spostò la sua attenzione sulla metà di dialogo che riusciava a sentire, cercando di indovinare le battute mancanti.

"... Agente Cooper, mi deve parlare con calma, così non si capisce niente", il classico tono professionale di Mac.

'È Danny. La Cooper è la sua recluta.' 

"Il Sergente Messer, cosa?", Mac sbattè le palpebre. 

'È lui davvero. Stupido, impulsivo, Danny. Scommetto che hai tentato qualche azione folle delle tue. E ti sei messo nei guai. Come puoi non pensare mai a Lindsay ed a Lucy? Come fanno loro se a te succede qualcosa? Perché non pensi mai?' 

Mac si stava infilando la giacca, indicando ad Hawkes il corridoio senza smettere di parlare: "Dove siete? Bene... Lauren, avvisa la centrale, immediatamente"

"Danny?", si azzardò a chiedere Sheldon, seguendo Mac che, speditamente, si stava dirigendo verso l'ascensore.

"Flack", alle orecchie di Hawkes suonò come un colpo di pistola. Si sarebbe fermato comunque, realizzò, anche se non avessero dovuto aspettare l'ascensore.

Durante il viaggio, Mac disse poco e nulla, lasciando il suo passeggero nell'incertezza. 'Non è morto, me l'avrebbe detto, ma cosa sarà successo?'. Una volta arrivati Sheldon lasciò che il suo mai sopito istinto da medico prendesse il sopravvento. Si affrettò verso i paramedici che, accucciati, si stavano occupando di Flack.

"Allora?", li incalzò un po' senza fiato.

"Pulsazioni e respiro irregolari ed accelerati. Forte trauma cranico. Ferita da arma da taglio", uno dei due indicò il torace di Flack, poi si girò verso Hawkes. Lui lo riconobbe da altre scene di altri delitti. "È messo male... mi dispiace"

"Va bene. Carichiamolo sull'ambulanza. Io vengo con voi", li seguì verso la vettura, notando appena Mac che dava istruzioni a Jo e Lindsay.

Lo strillo della sirena era quasi assordante ed Hawkes si trovò a ponderare se avesse potuto infastidire il loro ferito. 'Vorrei che si svegliasse e commentasse lamentoso che uno non può manco stare male in pace'. Sospirò: era praticamente un sogno e Sheldon lo sapeva. La sua parte razionale era troppo razionale per qualunque tipo di illusione, anche quelle concernenti i suoi amici. Osservò Flack, così stranamente pallido e sperduto. 'Nemmeno la sera dell'esplosione eri così inerme'. Accanto a lui, uno dei due paramedici continuava a monitorare i parametri vitali, scandendoli ad alta voce. L'altro, invece, cercava di tenere in vita il detective. Ma sembrava una lotta impari, il sangue sembrava uscire senza sosta, imbrattando tutto. Sheldon si guardò le mani, sentendosi come Lady Macbeth: 'è la sua vita, qui sulla mia pelle, che sta seccando lenta. Non saranno mai più puliti i miei palmi, se lui non ce la farà. Non mi considereò mai più un medico'

"È in arresto cardiaco!", quasi urlò il paramedico, cercando di sovrastare la sirena ed il bippare allarmato dei macchinari.

Hawkes si riscosse con un movimento brusco e parlò con decisione: "Epinefrina... so che ce l'avete"

"Ma ci vuole un medico", ma una siringa stava già entrando nel campo visivo di Sheldon. Aveva usato un tono di comando impossibile da contraddire.

"Ed io lo sono", iniettò il medicinale direttamente nel cuore del suo amico, senza esitazione alcuna. Il muscolo riprese a battere. 'Bene e non farmi più questi scherzi'

***

"Ma quegli scherzi hai continuato a farli, vero? Ho parlato col chirurgo, prima, una bella chiacchierata tra amici. In effetti io e Jack abbiamo fatto l'università e parte del tirocinio insieme. Due arresti cardiaci, Don. A quanto sembra la lama è passata troppo vicina al cuore, ed anche adesso, ogni battito va a disturbare la ferita. Cosa facciamo? Non possiamo fermare tutto. È un bel rompicapo. Ma lo sai cosa preoccupa veramente Jack? Il trauma cranico. È molto esteso e comprime il cervello. No, non si può operare. E comunque nessun medico ti opererebbe mai dopo l'emorragia che hai subito. Al cervello, poi. Ho visto la TAC. E guardo le tue onde cerebrali registrate sul monitor. Tremo all'ipotesi che la linea diventi piatta, perché non c'è nessun miracolo medico, niente nel senso più assoluto, che ridà vita ad un cervello morto. E, non lo so se mi senti, ma non devi mollare", Hawkes sospirò, sentendosi stanco. Le possibilità offerte dalla scienza medica stavano rapidamente terminando, lo sapeva.

"Ho visto tua sorella, Samantha. Puoi immaginare come sta. E so che non è colpa tua se sei in questa situazione che, sicuramente, una persona come te vorrebbe essere fuori a vivere la vita. So anche quanto detesti gli ospedali. Però pensa a Sam. Riesci ad immaginare come si sentirebbe?"

***
“Maya!”, Hawkes corse verso la sala emergenza in cui i suoi colleghi stavano cercando di stablizzare ‘la solita tossica in overdose’. Solo che la drogata in questione aveva un nome che lui conosceva ed amava: Maya.
Jack lo intercettò fuori dalla porta e lo bloccò: “Non puoi entrare, lo sai”
Sheldon lo fissò con gli occhi spalancati e spaventati: “È mia sorella…”
Il collega gli strinse un braccio: “Starò io qui con te”
E Jack aveva mantenuto la parola: non solo gli era restato accanto durante la lunga attesa, ma non lo aveva abbandonato nemmeno quando ogni speranza si era dissolta nella terribile fissità di una linea piatta.
*** 

"Ti prometto la stessa cosa. Non voglio farlo, ma, razionalmente, so che devo. Se le cose dovessero andare male, ti prometto che starò accanto a Samantha e che non la lascerò sola. E se ci fosse una cosa sola che tu potessi sentire, se ci fosse l'assoluta certezza, capisci, vorrei che fosse questa. Sam sarà al sicuro", Hawkes osservò ancora per qualche secondo le onde cerebrali del suo collega, quasi certo che, da buon copione drammatico, la linea si sarebbe appiattita. Guardò trattenendo il fiato e preparandosi al peggio, ma non successe nulla.

"A volte penso a quando ci siamo incontrati la prima volta, io ero ancora patologo, e ricordo il tuo sguardo curioso nei miei confronti. Avrai pensato che, forse, ero un po' strano... certo, poi è arrivato Sid ed io ti sarò sembrato il più normale dei normali... ricordi quella volta in cui ci mi hai rimproverato perché avevo lasciato il mio biglietto da visita alla mamma di quella giovane vittima? Al momento ho davvero pensato che fosse solo una questione di territorialità, ma, dopo tutti questi anni, ho capito che avevi ragione. Noi scienziati abbiamo bisogno di calma per lavorare al meglio; e tu non fai altro che garantirci in ogni modo la tranquillità necessaria.

E visto che siamo qui e non abbiamo nulla da fare ti voglio svelare un segreto. È una cosa che ho scoperto, perché anch'io sono un po' profiler. So che non sei stupido come vuoi farci credere. E so che ti piace farcelo credere. So che se su una scena troviamo, non so, tracce di benzodiazepine tu sai di cosa stiamo parlando. Magari non lo sai con precisione scentifica, ma di sicuro sai in che campo siamo e quali potrebbero essere le implicazioni. Sei intelligente. E, da intelligente quale sei, lo nascondi, e ci guardi mentre ti spieghiamo le cose. E ti ci diverti, mi sa. Perché ti fa piacere farci sentire bene, noi che siamo scienziati e non vediamo l'ora di dimostrare quanto abbiamo studiato ed imparato. È il modo in cui ti fai volere bene. Ed a me sta bene, Don, perché ho passato secoli a studiare ed approfondire ed a cercare di dimostrare quanto sono erudito. E fa piacere se gli altri se ne accorgono. Al bando la falsa modestia, non porta da nessuna parte", Hawkes si fermò per prendere un po' di fiato. Trovava quasi terapeutico poter parlare a briglia sciolta, parlare di me e non di nozioni che conosco.

"Ma non ti preoccupare", continuò con un sorriso, "Il tuo segreto è al sicuro con me", e, oh Don, quanto vorrei vedere adesso e qui una tua espressione confusa. Parlerei per ore per cercare di spiegarti qualcosa che tu già probabilmente sai. Apri gli occhi, dai, dimostra a noi dottori che te ne freghi della prognosi riservata e delle percentuali che si assottigliano. Ma il suo compagno non si mosse. Ed il bippare quieto delle macchine non era poi così confortante. Non più.

 

--

NdA: Capitolo un po' complicato, il dottor Hawkes non è mai stato uno dei miei personaggi preferiti; però mi pareva giusto dedicargli un capitolo. Spero di non aver fatto troppi macelli. 

Grazie a chi ha letto e un grazie ancora più grande a chi ha trovato il tempo di commentare.    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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