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Autore: TheOnlyWay    08/03/2013    15 recensioni
“Stiamo rientrando adesso in albergo. Vieni, domani mattina? Lascio il tuo nome alla reception. Ti voglio bene, sogni d’oro.”
Oh, certo. Non sia mai che sua maestà la super celebrità del momento si scomodi. Dopotutto chi sono io? La sua migliore amica e basta.
È a me che tocca sbattermi da un angolo all’altro di Londra come un maledetto piccione viaggiatore, solo per poterlo vedere una misera e schifosissima ora. Sono io, tutte le accidenti di volte, a perdermi per colpa del mio pessimo senso di orientamento e sono io – ancora una volta – a dovermi sorbire quella piaga della sua stupidissima ma ahimé adorabile fidanzata.
Che poi, parliamoci chiaro, di adorabile ha ben poco: capelli lunghi e scuri, occhioni da cerbiatta, gambe affusolate, pancia piatta, buon gusto nel vestire.
Che razza di schifo, vero?
E se vi sembra che sia la gelosia, a parlare, siete sulla cattiva strada. Anche io sono esageratamente bella: ho i capelli scuri – un sacco di doppie punte, ma dettagli – e i miei occhi sono grandi e di un entusiasmante e assolutamente affascinante color cacca.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II.

 



Svegliarsi sul pavimento, a Febbraio, con gli spifferi gelidi che arrivano praticamente da ogni dove, il pigiama che ti stritola come un boa constrictor e il tuo migliore amico che ti bacia appassionatamente (nei sogni, ovvio.) non è quello che definirei un “felice risveglio”.
Anzi, per usare un eufemismo, direi che è proprio un inizio di merda. Così, per evitare di essere strangolata da ciò che indosso o di prendermi una broncopolmonite (che ci crediate o no, alle sette fa davvero freddo.) mi alzo e mi trascino fino al bagno, in una specie di stato vegetativo da cui uscirò, probabilmente – ma può anche darsi di no – intorno alle undici.
Mi guardo allo specchio, sperando che durante la notte non mi sia uscito un brufolo gigante, o i baffi o il pizzetto o qualsiasi cosa imbarazzante; per una volta, sembra che Madre Natura sia dalla mia parte e si sia decisa a concedermi una misera possibilità.
Con i capelli grondanti d’acqua, i piedi bagnati e un asciugamano azzurro avvolto intorno al mio pandoso corpo, me ne torno in camera alla ricerca di qualcosa che mi faccia sembrare un essere umano e non una sottospecie di caricatura di ciò che dovrebbe essere una donna o, nel mio caso, una fanciulla.
Dopo minuti di intenso ragionamento e di ancora più drammatica osservazione del mio intero guardaroba, decido quale sarà il mio prorompente e strabiliante look: jeans, maglione e anfibi. Entusiasmante, vero?
Se solo penso che Miss Perfezione indosserà, come minimo, quattrocento sterline di vestiti, mi viene da vomitare. Dopo un veloce calcolo su quanto invece valgono i miei, di vestiti, ho una gran voglia di chiudermi in soffitta e non uscirne mai più.
No, non vi dico quante sterline ho indosso.
Dopo aver asciugato i capelli (che, inutile dirlo) sembrano un ammasso stopposo di fil di ferro, passo al trucco. Sarà di sicuro il mio tocco di classe. Come no, ma se devo fare il panda, tanto vale farlo per bene.
Mamma dice sempre che ho una concezione piuttosto distorta del makeup e si offre in continuazione di rivelarmi qualche trucco (lavora in un negozio di cosmetici, nonostante la sua età non sia più quella di una volta. Adesso, quando le chiedono quanti anni ha, è davvero il caso che risponda: “Non si chiede l’età ad una signora”) ma io ovviamente mi sono rifiutata.
Sono perfettamente capace di cavarmela da sola, anche se la linea di eyeliner sembra più una doppia striscia continua dell’autostrada anziché l’ala di una rondine (si, è sempre un termine mammesco/makeup artist).
In compenso, ho uno sguardo molto intenso e minaccioso. Esattamente ciò che mi serve per superare questa giornata. Non so voi, ma dubito che riuscirò a sopravvivere.
Dopo aver inciampato nel piede del letto, pestato il mignolo del piede sinistro contro il comodino e aver tirato una testata alla mensola, riesco ad afferrare i miei braccialetti portafortuna e un paio di orecchini e, finalmente, scendo al piano di sotto.
Devo solo ricordarmi dove ho lasciato la borsa e il cappotto rosso.
«Santo cielo, Hazel. Sembri una zingara.» commenta mamma, portandosi teatralmente una mano davanti alla bocca.
Le rubo una delle fette di pane tostato che si è accuratamente preparata, guadagnandomi un’occhiata omicida e una cucchiaiata sulla mano.
«Grazie, mamma. È sempre bello ricevere i tuoi complimenti.» ridacchio, per niente offesa. Ormai, ci sono abituata. È mamma, che non si rassegna all’idea di avere una figlia strana.
«Non puoi togliere un po’ di bracciali, almeno? Assomigli ad un albero di Natale.» poi inclina la testa da un lato, mi osserva e scuote la testa. «No, ad una cartomante. Decisamente.»
«Vacci piano, o rischio di commuovermi. Secondo te, se comprassi un mantello nero, assomiglierei a Bellatrix Lestrange?» domando, girando su me stessa con la fetta di pane tostato tra i denti.
«Forse dovrei farti parlare con qualcuno, Hazel. Sei sicura di stare bene?» mormora mamma, evidentemente preoccupata.
«Si, voglio andare dallo stesso psicologo che hai consigliato alla tua amica Kim. Ti ricordi, no? Quella che non riusciva a trovare nemmeno un uomo. È da quando ha finito la terapia, che non passa una notte da sola. Non dico che sia zoccola, e comunque l’attività fisica fa bene, ma lei ci sta proprio dando dentro di brutto e…»
«Hazel Nicole Porter!» urla mamma, scandalizzata. Tanto lo so, che le viene da ridere. solo che si sente in dovere di difendere la sua amica Kim (che zoccola lo è davvero.)
«Nata il 26 Febbraio 1992, alle ore 10.30. Nata e vissuta a Doncaster, Hazel Nicole viene crudelmente strappata dalla sua casa natia alla tenera età di quindici anni, ad opera di una madre dedita al lavoro. Hazel, di ottimo temperamento e di aspetto adorabile»
«La vuoi smettere, per l’amor di Dio?» mamma comincia a ridere, alza gli occhi al cielo e si avvicina per lasciarmi un bacio sulla guancia.
«Stavo arrivando alla parte migliore, donna insensibile.» mi lamento, oltraggiata. Mai una volta che mi lasci finire il discorso. La detesto.
«Piantala. Vuoi che ti accompagno io, da Louis?» si offre, gentile.
Vedete perché la amo? Lo so, cinque secondi fa ho pensato di detestarla, ma non c’è motivo di ancorarsi al passato, giusto? È comunque la donna che mi ha messo al mondo, e siamo legate da un affetto incredibile e…
«Davvero?»
«Ripensandoci, una passeggiata ti farà bene.»
… vaffanculo, la detesto.
«Sarà meglio che vada, allora. Spero solo che nessuno mi investa, rapisca, violenti, stupri o rapini.»
«Basta che guardi sulle strisce, tesoro! Salutami Louis e fagli le congratulazioni.» cinguetta, prima di volare al passo superiore con la grazia di una farfalla prossima alla pensione.
«Mica si è sposato!» le urlo, di rimando, mentre infilo il cappotto rosso. Dio, speriamo di non essere ingrassata durante la notte, altrimenti sembrerò un gigantesco panda travestito da Babbo Natale.
«Non ancora, tesoro! Ma quella Eleanor è così carina!» è l’ultima frase che sento, prima di chiudermi la porta alle spalle con un colpo secco e drammatico. Perché non c’è mai nessuno, mentre do il meglio delle mie capacità interpretative?
«Quella Eleanor è così carina.» ripeto disgustata, come se fosse la peggiore delle bestemmie. Mia madre fraternizza con il nemico, il mio migliore amico, invece, se lo sbatte. E a me chi ci pensa? Sono io quella che ha visto Louis nella sua fase peggiore! Quella che gli è stata accanto quando quell’altra lo ha lasciato, quando si è rotto la gamba, quando è scappato di casa perché ha litigato con sua madre, quando ha litigato con Harry, quando ha litigato con Zayn, quando ha litigato con Liam e Niall.
Capite, adesso? Louis bisticcia con tutti, come una cazzo di principessa bisbetica, poi viene a rompere i coglioni a me. Ed io, da buona e misericordiosa migliore amica quale sono, lo ascolto, lo lascio sfogare e gli consiglio nuove battute da rivolgere a quel manico di scopa. E lui cosa fa? Si incazza, perché il palo della luce è intoccabile, sua santità Eleonor, Vergine Immacolata di ‘sta minchia, non può essere tirata in ballo.
Colei Che Non Deve Essere Nominata. Quella ragazza è il male, credete a me.
Continuo a borbottare per tutto il tragitto – che prevede due cambi di metro, un pullman e due chilometri a piedi – e, quando ormai sembrava impossibile, intravedo l’insegna dell’Hotel (ovviamente a cinque stelle, non sia mai che si degnino di alloggiare tra i comuni mortali).
Vengo fermata dal portiere, un uomo di cinquant’anni con un paio di folti baffi neri e un parrucchino altrettanto scuro, che copre la fronte ampia e liscia.
«Non può entrare, signorina.» sostiene, con aria professionale e tono perentorio.
Inarco un sopracciglio e arresto la mia camminata, domandandomi per quale accidenti di motivo tutte le rotture di coglioni siano rivolte a me. Dev’esserci una qualche specie di complotto, dietro. Le forze cosmiche si stanno impegnando per farmi incazzare, ecco tutto.
«Per quale motivo?» domando, mordendomi la lingua per trattenere la sequela di parolacce che altrimenti mi scapperebbe.
«Non ha un abbigliamento appropriato.»
Che? Ma vaffanculo.
«Sarà appropriato il tuo, vacca zozza. Scusa, eh, ma ho lasciato il Versace in lavanderia.» celio, prima di schivare il braccio teso dell’uomo e infilarmi nella porta girevole.
Sperando di non incastrarmi e di non passare il resto della mattinata a correre come un criceto in una ruota, riesco a beccare l’uscita e mi ritrovo nella Hall enorme e luminosa dell’albergo. Credo sia grande come casa mia (entrambi i piani, ovvio.) ed è arredata molto peggio e molto – troppo – sfarzosamente.
Mi dirigo a passo spedito (ho il terrore che Mr. Non Sei Vestita Bene mi stia seguendo, lo ammetto.) verso il banco dorato della reception e suono il campanello, nonostante il receptionista – come si chiamano quelli che lavorano lì dietro? – sia già presente e pronto a servirmi, ovviamente solo dopo aver dato un’occhiata ai miei vestiti.
Risuono il campanello, tre volte, perché mi dà fastidio il modo in cui mi fissa ed ho una malsana voglia di farlo incazzare.
«Come posso aiutarla?» domanda, rigido. Allontana il campanello prima che possa suonarlo un’altra volta (cosa che ero intenzionata a fare) e mi sorride brevemente.
«Uh. Mi serve il numero della stanza di Louis Tomlinson.»
«Mi dispiace, ma non posso fornire questo tipo di informazioni. A meno che il signor Tomlinson non abbia lasciato detto il suo nome.» spiega, pazientemente, come se avesse già ripetuto la stessa solfa milioni di volte. Oddio, non mi avrà mica scambiato per una stalker?
«Certo. Hazel Porter, controlla pure.» picchietto con il dito indice sulla lunga lista che ha davanti a sé e lui dà una veloce occhiata.
«Non c’è, mi dispiace.»
Si, certo, come no. Dalla faccia non si direbbe proprio. Non oso nemmeno immaginare che espressione avrebbe avuto, se gli fosse dispiaciuto sul serio.
«Impossibile, ha detto che avrebbe lasciato il nome. Ricontrolli?» gli domando, un po’ bruscamente.
Inutile dire che sto per perdere la poca, esigua e pressoché inesistente pazienza che possiedo.
«Mi dispiace, signorina. Non c’è nessuna Hazel Porter, sulla mia lista.» sorride, malevolo e con un cenno della mano mi invita ad allontanarmi dal banco per lasciare spazio a chi, invece, sulla lista c’è.
«Ficcatela su per quel culo stretto, la tua cazzo di lista.» sbotto, scostandomi da un lato e frugando nella tasca del cappotto alla ricerca del telefono.
Un’aristocratica signora bionda mi rivolge uno sguardo scioccato, poi scuote la testa.
«I giovani d’oggi non hanno più rispetto, Batuffolo.» mormora, al suo orribile barboncino.
«E voi vecchi non vi fate mai cazzi vostri, come la mettiamo?» le rispondo, con un sorriso decisamente amabile. La vecchia strabuzza gli occhi, mi lancia un altro sguardo oltraggiato e si allontana.
Finalmente, riesco a trovare il telefono – un catorcio che funziona solo grazie alla bontà divina – e cerco velocemente il numero di Louis.
Il telefono squilla a vuoto una, due, tre volte e il mio nervoso aumenta in maniera direttamente proporzionale al numero degli squilli.
«Deficiente. Testa di minchia che non è altro. “Lascio il tuo nome alla reception.” Stronzo.» pesto il piede per terra, stizzita, sperando che tutto l’astio che sto provando in questo momento per Louis lo raggiunga e lo svegli.
Mi guardo intorno, spazientita, mentre rifletto sulla mia prossima mossa: di certo non me ne vado, non dopo tutto l’infinito viaggio che ho compiuto per arrivare fino a qui. Posso provare a chiamare uno di quegli altri, ma penso che nemmeno loro mi risponderebbero.
Che giornata di merda. Devo trovarmi un migliore amico più affidabile, decisamente. E, soprattutto, devo farmi passare questa cazzo di sottospecie di cosa imbarazzante. Dico davvero, non è da persone normali. Soprattutto considerato che Louis è già impegnato con Miss Lavoro Da Hollister Perché Sono Più Bella Di Te.
Mi rosicchio una pellicina del pollice sinistro, cercando di non scorticarmi come l’ultima volta e, intanto, continuo a pensare.
Forse potrei chiedere di nuovo al receptionista, ma non credo che sarebbe molto disposto a riguardare la sua lista, dopo il modo in cui gli ho risposto. Sbuffo, disperata.
Come al solito, è tutta colpa di Louis. Quel ragazzo è la causa delle mie disgrazie.
«Cazzo.»
«Hazel! Sei venuta!»
Liam Payne è la mia salvezza. Lui si che è intelligente, non come quell’altro tonto. Ed è così carino, e gentile e adorabile che nominarlo “Amore della mia vita” sarebbe una mossa geniale.
Gli getto le braccia al collo, emettendo un urletto stridulo che lo fa scoppiare a ridere. Poi gli stampo un bacio sulla guancia sbarbata e sospiro.
«Quel cretino non ha lasciato il nome. Ed io che ho camminato al freddo e al gelo, solo per poterlo vedere un po’.» mi lamento, offesa.
«Grazie per la considerazione.»
«Non rompere, anche tu. È ovvio che volevo vedervi.» sorrido, sforzandomi di essere convincente. Certo, mi fa piacere parlare con gli One Direction in completo, ma il pensiero, ieri sera, non mi ha minimamente sfiorato. Insomma, Louis mi ha mandato un sacco di messaggi, quanto potevano interessarmi gli altri quattro?
«Farò finta di crederci.» ride Liam, scompigliandomi i capelli. Come se non facessero cagare già abbastanza. Ah, che simpatici questi giovani d’oggi.
«Dio, che rompipalle. Andiamo o no? Ho sempre sognato di ordinare la colazione in camera.»
Lo so, che ho già mangiato, e allora? Tanto qualche caloria in più non mi farà male. Che ci crediate oppure no, essere me è una vera faticaccia.



***



Ecco qua il secondo capitolo :)
E' tutto un po' demenziale, me ne rendo conto, e Hazel è una scoppiata di dimensioni epiche. (Molto autobiografica, sappiatelo.)
E niente, è volgare, sboccata e un po' scema, ma io la adoro, davvero. Mi diverto troppo a scrivere questa storia, anche se - come ho già detto - non ha ALCUNA pretesa. E' solo una cazzatina per non lasciarvi solo con Pretending u.u
Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere se è il caso di darmi all'uncinetto ;)
E grazie per le recensioni allo scorso capitolo, vi adoro! <3
 

 
   
 
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