Era
il 1889 e quel giorno era il mio diciottesimo compleanno.
Il rumore delle tende pesanti che si spostavano mi svegliò.
-Buongiorno Elizabeth! E' ora di alzarsi!- la voce di
Clodette con il suo adorabile accento francese si diffuse nella stanza.
Aprii un occhio svogliatamente e mi stiracchiai tirando le
braccia indietro. Sentii uno zampettio veloce venire verso il mio letto
a
baldacchino e il muso di un bellissimo labrador si pose a dieci
centimetri dal
mio viso.
-Buongiorno anche a te Margot- dissi accarezzandola dietro la
testa. Mi misi a sedere salutando affettuosamente Clodette mentre mi
porgeva la
vestaglia.
Mi alzai non troppo entusiasta e mi avvicinai alla finestra.
Stranamente c'era un pallido sole che tentava di riscaldare il prato
verdissimo. Al di là della collinetta che si trovava davanti
ai miei occhi
riuscii ad intravedere la superficie brillante del lago che noi del
posto
chiamavamo 'Loch Ness'.
Infilai le pantofole prima di scendere in sala da pranzo.
Margot mi seguiva fedele.
La casa era silenziosa, strano che mio padre non stesse
gridando contro i servi. Il giorno prima aveva licenziato tutti e
cinque i
nostri stallieri, solo per essersi presentati in ritardo..Feci il mio
ingresso
in sala da pranzo venendo abbracciata da mio fratello Richard e dalla
mia
sorellina Camille. Mio fratello era benvestito perchè quel
giorno doveva
concludere il suo fidanzamento con Lady Edwards, figlia di uno dei
clienti di
mio padre.
Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia.
-Tanti auguri Liz! Ormai sei una donna- mi disse con le
lacrime agli occhi. I suoi lineamenti erano uguali a quelli di mia
madre e
quando lo guardavo mi ricordavo sempre di lei.
Camille mi tirò la vestaglia da dietro. Presi in braccio la
mia sorellina di cinque anni mentre mi rivolgeva uno dei suoi sorrisi
più
luminosi.
-Cosa indosserai stasera al ricevimento per il tuo
compleanno?-
-Il vestito che mi sta facendo Clodette! Mancano pochi
dettagli e più tardi andremo in città a comprare
qualche pezzo di stoffa. Ci
vuoi accompagnare?- le chiesi dandole un buffetto.
-E' troppo piccola per venire in città con voi-.
Mio padre era entrato nella stanza sbattendo bruscamente la
porta.
-E vatti a vestire tu, ormai hai diciotto anni, non puoi
girare in vestaglia per casa-.
Si grattò la barba e dopo un burbero 'auguri' se ne
andò. Era
un uomo duro, lo era sempre stato, ma da quando mia madre era morta nel
dare
alla luce Camille, si era completamente disinteressato a noi. In
realtà credo
che non gliene fosse mai importato.
-Liz uffa, io volevo
venire con voi- disse Camille col broncio.
-Dai ascolto a nostro padre piccola, e lascia che la nostra
festeggiata vada con Clodette. Ti farà vedere il vestito non
appena sarà
finito. Tu puoi venire un po' a cavallo con me, che ne dici?- Richard
sapeva
sempre come far tornare il sorriso sul viso della nostra piccola.
Feci colazione continuando a parlare del ricevimento di
quella sera. Sarebbe stata una cosa in grande e dovevo apparire al
meglio.
Inoltre mio padre aveva invitato tutti i Lord possibili e immaginabili
sperando
che uno di loro chiedesse la mia mano e lo liberasse dalla mia
presenza. Io non
volevo, ma era il mio destino ed era mio padre a decidere per me, come
al
solito.
-Elizabeth è ora di uscire! Vai in camera che arrivo ad
aiutarti a vestirti e poi usciamo...Jackson ha già la
carrozza pronta e ci
conviene andare prima che inizi a piovere. Sai che odio stare in
città con
l'acqua, mi si inzuppano i vestiti!-
M'incamminai nella mia camera seguita da Clodette. Aprii la
porta ignorando il cigolio stridulo che ne provenne . Mi accomodai
sulla sedia
di fronte alla toilette lasciando che Clodette pettinasse i miei
morbidi
capelli lunghi. Erano l'unica cosa che avevo preso da mia madre: aveva
dei
capelli castani, mossi lunghi, che raccoglieva spesso in una lunga
treccia,
lasciando che le ricadesse su una spalla. Ricacciai indietro le lacrime
che
volevano uscire dai miei occhi al pensiero di mia madre.
Mi mancava ogni giorno di più.
Clodette raccolse i miei capelli in una molletta, lasciando
che le ciocche più lunghe ricadessero sulle mie spalle.
-Liz, vestiti, ti aspetto giù io- mi disse prima di
chiudersi
la porta di legno alle spalle.
Andai verso il mio armadio e presi il vestito che preferivo.
Non mi capitava spesso di andare in città, e quel giorno
volevo apparire al meglio, soprattutto perchè era il mio
diciottesimo
compleanno.
Mi vestii velocemente, non vedevo l'ora di vedere il mio
vestito (ora appeso sulla porta della camera di Clodette), finito.
Quella sera doveva essere perfetta.
Rischiai
di inciampare sul selciato inumidito del vialetto,
grazie al cielo c'era Clodette a sorreggermi. Salimmo sulla carrozza
con
l'aiuto di Jackson.
Ero piuttosto bassa e il gradino per
salire era per i giganti.
-Lady Smith, vi lascio sul piazzale della chiesa, ok?E vado a
comprare del pane nel frattempo- mi disse il nostro cocchiere salendo
sul suo
seggiolino.
-Perfetto- gli risposi con Clodette che annuiva.
Conoscevo quei due da sempre, lavoravano per mio padre da
prima che nascesse Richard e secondo me sarebbero stati bene come
coppia. Ogni
volta che glielo dicevo però, Clodette sbuffava.
La città non era molto lontana e nel giro di venti minuti
giungemmo in piazza.
Era così diverso lì, c'era tanta gente.
Rumore di cavalli, bambini, reti di pesce trascinate dai
pescatori sulla strada, o il ticchettio dei bastoni di qualche anziano
signore
che usciva in cerca di conforto.
Era diverso dall'ambiente della nostra villa di campagna, ma
non mi dispiaceva affatto.
Scesi dalla carrozza sostenendomi al braccio di Jackson,
guardando la piaza che si apriva davanti a me. Era il giorno del
mercato,
perfetto per trovare la stoffa giusta per il mio vestito.
Presi sotto braccio Clodette e sorridenti ci incamminammo
verso 'Da Paul', la merceria più famosa del centro.
I miei capelli svolazzavano. L'aria era fresca e grosse
nuvole coprivano il cielo.
-Liz entra in fretta, dobbiamo tornare a casa prima che
ricominci a piovere.
Clodette mi spinse dentro al negozio, dove venni accolta
dalla dolce voce di Paul.
-'Giorno Lady Smith!Sempre radiosa eh?-
-Sempre in vena di complimenti Paul?- risposi con un caldo
sorriso a quell'ometto buffo con gli occhiali sulla punta del lungo
naso.
-Ho ordinato delle stoffe meravigliose che arrivano
direttamente dalle fabbriche di Londra! Ve le faccio vedere, scegliete
quella
che volete per completare il vestito- disse mmiccando e intrufolandosi
nel
ripostiglio per ricomparire poco dopo con una pila di tessuti sulle
braccia.
Clodette le osservò tutte con occhio critico. Prima di
trasferirsi dalla Francia era una sarta, e questa passione non l'aveva
ancora
abbandonata.
-Guarda questa Liz! E' dello stesso colore dei tuoi occhi!
Non dirmi che non ti piace perchè ti faccio pulire le
stalle! E'
perfetta...-esclamò eccitata sfiorando con le dita il
tessuto verde adagiato
sul bancone.
Sorrisi e pensai tra me e me quanto quella donna fosse più
di
una semplice governante per me e la mia famiglia.
-Mai visto niente di più bello- dissi acconsentendo- credo
che possa andare no?-
-Scherzi vero? Ci farò delle balze perfette per la gonna!-
ribattè Clodette iniziando a discutere con Paul del vestito.
Aspettavo che pagasse la stoffa guardando fuori dalla
vetrina. C'erano piccoli bambini che si rincorrevano attorno alla
fontana.
Rumorose risate contornavano quella giornata di settembre.
Sorrisi quando mi ricordai di me e Richard che correvamo nel
giardino di casa a piedi nudi. Sobbalzai quando un tuono
risuonò, aprii la
porta e mi affacciai all'esterno guardando in alto nel cielo.
-Clodette ci conviene correre a casa, sta cominciando a
piovere- urlai alla mia governante affacciandomi dalla porta.
Clodette salutò
frettolosamente Paul, e prima di uscire coprì con la veste
la stoffa appena
comprata
La
presi per mano e ci mettemmo a correre verso la carrozza
che si trovava dall'altra parte della piazza.
Nella foga non mi accorsi che il mio guanto destro era
rimasto impigliato nella maniglia della porta e che si era sfilato
dalla mia
mano.
Solo quando una grossa goccia di pioggia cadde sulla mia
pelle nuda me ne resi conto.
Guardai subito il mio anulare ma l'anello non c'era.
Doveva essere rimasto nel guanto. Aveva un enorme valore per
me, era uno dei pochi oggetti di mia madre che mio padre mi permetteva
di
tenere con me e io mi ostinavo ad indossarlo nonostanbte fosse un po'
grande e
in certe situazioni rischiassi di perderlo. Come in quella.
-Clodette ho perso il guanto e credo anche l'anello della
mamma! Aiutami a cercarlo, torniamo indietro!-
-Oh santo cielo Liz, devi starci più attenta!- mi
tirò per un
braccio e insieme tornammo indietro per cercarlo. Potevo immaginare la
reazione
di mio padre se l'avessi perso.
Ecco, era meglio se l'avessi ritrovato.
-Non lo vedo Clodette!- dissi chinandomi nei pressi del punto
in cui doveva essermi caduto il guanto. Ero così concentrata
che non mi accorsi
di una persona dietro di me.
-Signorina...-disse una dolce voce maschile.
Mi alzai di scatto e vidi dietro di me un ragazzo che mi
porgeva un guanto. Era il mio. Lo afferrai e vi trovai dentro l'anello.
-Grazie, è stato davvero molto gentile...-dissi quasi
commossa al ragazzo. Era bellissimo e aveva due occhi castani intensi e
incredibilmente strani. Erano penetranti.
-Non si deve preoccupare...pensavo...- iniziò a dirmi prima
che un grido lo portasse via da me.
-Liam! Liam!-
Lui si girò verso il ragazzo biondo che lo aveva chiamato e
corse da lui e altri tre ragazzi. Se ne andarono in men che non si dica
dopo
avermi fissata in modo strano e non consono per un po'.
-Accidenti Liz muoviti!- la voce di Clodette mi riportò alla
realtà.
Mi sedetti esausta sulla carrozza mentre Jackson velocemente
faceva partire la carrozza verso casa.
Guardai fuori dal finestrino sperando di scorgere quei cinque
ragazzi.
Non li avevo mai visti in paese, ma ciò che mi aveva colpito
era la loro bellezza. Sebbene fossero tutti diversi c'era qualcosa che
li
accomunava. Mi persi in quei pensieri, mentre Clodette guardava
soddisfatta la
stoffa appena comprata.
-...ti farò un vestito coi fiocchi...-
-Clodette chi erano quei cinque ragazzi? Intendo dire, li hai
mai visti in città?-.
Lei mi rivolse uno sguardo curioso.
Le indicai l'anello per farle ricordare dell'incontro con
quel ragazzo di nome Liam.
Scosse la testa rivolgendomi uno sguardo dispiaciuto.
-Non te ne preoccupare, arrivano sempre giovani in cerca di
lavoro qui da noi-
-Si si hai ragione-
-Concentrati su stasera, è la tua serata, devi divertirti!-.
Ricambiai il sorriso che Clodette mi rivolgeva. Ma nonostante concordassi su ciò che la mia governante mi aveva appena detto, non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di quel ragazzo.
'Liam' ripetei nella mia mente prima di chiudere la porta della mia camera alle spalle.