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Autore: 1DerfulDream    08/03/2013    4 recensioni
Mi sedetti sulla sedia che Harry mi indicava, ancora scossa per quello che era accaduto.
Lui era seduto accanto con le mani tremanti.
Tirò fuori da una tasca un fazzoletto e mentre tratteneva il respiro, asciugò il sangue che usciva dal mio sopracciglio.
Al suo tocco fui invasa da brividi sulla schiena:la sua mano era gelida.
Evitava il mio sguardo e faceva lunghi respiri per mantenere il controllo.
Quando si alzò, vidi un bagliore rosso nei suoi occhi sbarrati. Prima che con la mano con cui mi aveva medicata aprisse la porta, lo chiamai. Si girò spaventato rivolgendomi uno sguardo interrogativo.
-Harold, so che ti sei spaventato ma ho avuto più paura io. Non lasciarmi sola in questo momento- gli dissi tremante
-Lo faccio per il suo bene Lady Smith-
-Perchè hai avuto quella reazione?-
Lui non rispose. Mi voltò le spalle ma quello che dissi lo bloccò.
-So cosa siete-.
Stupito e spaventato corse verso di me. Mi strinse i polsi con le sue forti mani.
-Non può saperlo-
-E allora spiegamelo tu-.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il primo incontro

Era il 1889 e quel giorno era il mio diciottesimo compleanno.
Il rumore delle tende pesanti che si spostavano mi svegliò.
-Buongiorno Elizabeth! E' ora di alzarsi!- la voce di Clodette con il suo adorabile accento francese si diffuse nella stanza.
Aprii un occhio svogliatamente e mi stiracchiai tirando le braccia indietro. Sentii uno zampettio veloce venire verso il mio letto a baldacchino e il muso di un bellissimo labrador si pose a dieci centimetri dal mio viso.
-Buongiorno anche a te Margot- dissi accarezzandola dietro la testa. Mi misi a sedere salutando affettuosamente Clodette mentre mi porgeva la vestaglia.
Mi alzai non troppo entusiasta e mi avvicinai alla finestra. Stranamente c'era un pallido sole che tentava di riscaldare il prato verdissimo. Al di là della collinetta che si trovava davanti ai miei occhi riuscii ad intravedere la superficie brillante del lago che noi del posto chiamavamo 'Loch Ness'.
Infilai le pantofole prima di scendere in sala da pranzo. Margot mi seguiva fedele.
La casa era silenziosa, strano che mio padre non stesse gridando contro i servi. Il giorno prima aveva licenziato tutti e cinque i nostri stallieri, solo per essersi presentati in ritardo..Feci il mio ingresso in sala da pranzo venendo abbracciata da mio fratello Richard e dalla mia sorellina Camille. Mio fratello era benvestito perchè quel giorno doveva concludere il suo fidanzamento con Lady Edwards, figlia di uno dei clienti di mio padre.
Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia.
-Tanti auguri Liz! Ormai sei una donna- mi disse con le lacrime agli occhi. I suoi lineamenti erano uguali a quelli di mia madre e quando lo guardavo mi ricordavo sempre di lei.
Camille mi tirò la vestaglia da dietro. Presi in braccio la mia sorellina di cinque anni mentre mi rivolgeva uno dei suoi sorrisi più luminosi.
-Cosa indosserai stasera al ricevimento per il tuo compleanno?-
-Il vestito che mi sta facendo Clodette! Mancano pochi dettagli e più tardi andremo in città a comprare qualche pezzo di stoffa. Ci vuoi accompagnare?- le chiesi dandole un buffetto.
-E' troppo piccola per venire in città con voi-.
Mio padre era entrato nella stanza sbattendo bruscamente la porta.
-E vatti a vestire tu, ormai hai diciotto anni, non puoi girare in vestaglia per casa-.
Si grattò la barba e dopo un burbero 'auguri' se ne andò. Era un uomo duro, lo era sempre stato, ma da quando mia madre era morta nel dare alla luce Camille, si era completamente disinteressato a noi. In realtà credo che non gliene fosse mai importato.
-Liz uffa, io  volevo venire con voi- disse Camille col broncio.
-Dai ascolto a nostro padre piccola, e lascia che la nostra festeggiata vada con Clodette. Ti farà vedere il vestito non appena sarà finito. Tu puoi venire un po' a cavallo con me, che ne dici?- Richard sapeva sempre come far tornare il sorriso sul viso della nostra piccola.
Feci colazione continuando a parlare del ricevimento di quella sera. Sarebbe stata una cosa in grande e dovevo apparire al meglio. Inoltre mio padre aveva invitato tutti i Lord possibili e immaginabili sperando che uno di loro chiedesse la mia mano e lo liberasse dalla mia presenza. Io non volevo, ma era il mio destino ed era mio padre a decidere per me, come al solito.
-Elizabeth è ora di uscire! Vai in camera che arrivo ad aiutarti a vestirti e poi usciamo...Jackson ha già la carrozza pronta e ci conviene andare prima che inizi a piovere. Sai che odio stare in città con l'acqua, mi si inzuppano i vestiti!-

 
M'incamminai nella mia camera seguita da Clodette. Aprii la porta ignorando il cigolio stridulo che ne provenne . Mi accomodai sulla sedia di fronte alla toilette lasciando che Clodette pettinasse i miei morbidi capelli lunghi. Erano l'unica cosa che avevo preso da mia madre: aveva dei capelli castani, mossi lunghi, che raccoglieva spesso in una lunga treccia, lasciando che le ricadesse su una spalla. Ricacciai indietro le lacrime che volevano uscire dai miei occhi al pensiero di mia madre.
Mi mancava ogni giorno di più.
Clodette raccolse i miei capelli in una molletta, lasciando che le ciocche più lunghe ricadessero sulle mie spalle.
-Liz, vestiti, ti aspetto giù io- mi disse prima di chiudersi la porta di legno alle spalle.
Andai verso il mio armadio e presi il vestito che preferivo.
Non mi capitava spesso di andare in città, e quel giorno volevo apparire al meglio, soprattutto perchè era il mio diciottesimo compleanno.
Mi vestii velocemente, non vedevo l'ora di vedere il mio vestito (ora appeso sulla porta della camera di Clodette), finito.
Quella sera doveva essere perfetta.

 

Rischiai di inciampare sul selciato inumidito del vialetto, grazie al cielo c'era Clodette a sorreggermi. Salimmo sulla carrozza con l'aiuto di Jackson.
Ero piuttosto bassa e il gradino  per salire era per i giganti.
-Lady Smith, vi lascio sul piazzale della chiesa, ok?E vado a comprare del pane nel frattempo- mi disse il nostro cocchiere salendo sul suo seggiolino.
-Perfetto- gli risposi con Clodette che annuiva.
Conoscevo quei due da sempre, lavoravano per mio padre da prima che nascesse Richard e secondo me sarebbero stati bene come coppia. Ogni volta che glielo dicevo però, Clodette sbuffava.
La città non era molto lontana e nel giro di venti minuti giungemmo in piazza.
Era così diverso lì, c'era tanta gente.
Rumore di cavalli, bambini, reti di pesce trascinate dai pescatori sulla strada, o il ticchettio dei bastoni di qualche anziano signore che usciva in cerca di conforto.
Era diverso dall'ambiente della nostra villa di campagna, ma non mi dispiaceva affatto.
Scesi dalla carrozza sostenendomi al braccio di Jackson, guardando la piaza che si apriva davanti a me. Era il giorno del mercato, perfetto per trovare la stoffa giusta per il mio vestito.
Presi sotto braccio Clodette e sorridenti ci incamminammo verso 'Da Paul', la merceria più famosa del centro.
I miei capelli svolazzavano. L'aria era fresca e grosse nuvole coprivano il cielo.
-Liz entra in fretta, dobbiamo tornare a casa prima che ricominci a piovere.
Clodette mi spinse dentro al negozio, dove venni accolta dalla dolce voce di Paul.
-'Giorno Lady Smith!Sempre radiosa eh?-
-Sempre in vena di complimenti Paul?- risposi con un caldo sorriso a quell'ometto buffo con gli occhiali sulla punta del lungo naso.
-Ho ordinato delle stoffe meravigliose che arrivano direttamente dalle fabbriche di Londra! Ve le faccio vedere, scegliete quella che volete per completare il vestito- disse mmiccando e intrufolandosi nel ripostiglio per ricomparire poco dopo con una pila di tessuti sulle braccia.
Clodette le osservò tutte con occhio critico. Prima di trasferirsi dalla Francia era una sarta, e questa passione non l'aveva ancora abbandonata.
-Guarda questa Liz! E' dello stesso colore dei tuoi occhi! Non dirmi che non ti piace perchè ti faccio pulire le stalle! E' perfetta...-esclamò eccitata sfiorando con le dita il tessuto verde adagiato sul bancone.
Sorrisi e pensai tra me e me quanto quella donna fosse più di una semplice governante per me e la mia famiglia.
-Mai visto niente di più bello- dissi acconsentendo- credo che possa andare no?-
-Scherzi vero? Ci farò delle balze perfette per la gonna!- ribattè Clodette iniziando a discutere con Paul del vestito.
Aspettavo che pagasse la stoffa guardando fuori dalla vetrina. C'erano piccoli bambini che si rincorrevano attorno alla fontana. Rumorose risate contornavano quella giornata di settembre.
Sorrisi quando mi ricordai di me e Richard che correvamo nel giardino di casa a piedi nudi. Sobbalzai quando un tuono risuonò, aprii la porta e mi affacciai all'esterno guardando in alto nel cielo.
-Clodette ci conviene correre a casa, sta cominciando a piovere- urlai alla mia governante affacciandomi dalla porta.
Clodette  salutò frettolosamente Paul, e prima di uscire coprì con la veste la stoffa appena comprata

La presi per mano e ci mettemmo a correre verso la carrozza che si trovava dall'altra parte della piazza.
Nella foga non mi accorsi che il mio guanto destro era rimasto impigliato nella maniglia della porta e che si era sfilato dalla mia mano.
Solo quando una grossa goccia di pioggia cadde sulla mia pelle nuda me ne resi conto.
Guardai subito il mio anulare ma l'anello non c'era.
Doveva essere rimasto nel guanto. Aveva un enorme valore per me, era uno dei pochi oggetti di mia madre che mio padre mi permetteva di tenere con me e io mi ostinavo ad indossarlo nonostanbte fosse un po' grande e in certe situazioni rischiassi di perderlo. Come in quella.
-Clodette ho perso il guanto e credo anche l'anello della mamma! Aiutami a cercarlo, torniamo indietro!-
-Oh santo cielo Liz, devi starci più attenta!- mi tirò per un braccio e insieme tornammo indietro per cercarlo. Potevo immaginare la reazione di mio padre se l'avessi perso.
Ecco, era meglio se l'avessi ritrovato.
-Non lo vedo Clodette!- dissi chinandomi nei pressi del punto in cui doveva essermi caduto il guanto. Ero così concentrata che non mi accorsi di una persona dietro di me.
-Signorina...-disse una dolce voce maschile.
Mi alzai di scatto e vidi dietro di me un ragazzo che mi porgeva un guanto. Era il mio. Lo afferrai e vi trovai dentro l'anello.
-Grazie, è stato davvero molto gentile...-dissi quasi commossa al ragazzo. Era bellissimo e aveva due occhi castani intensi e incredibilmente strani. Erano penetranti.
-Non si deve preoccupare...pensavo...- iniziò a dirmi prima che un grido lo portasse via da me.
-Liam! Liam!-
Lui si girò verso il ragazzo biondo che lo aveva chiamato e corse da lui e altri tre ragazzi. Se ne andarono in men che non si dica dopo avermi fissata in modo strano e non consono per un po'.
-Accidenti Liz muoviti!- la voce di Clodette mi riportò alla realtà.

 
Mi sedetti esausta sulla carrozza mentre Jackson velocemente faceva partire la carrozza verso casa.
Guardai fuori dal finestrino sperando di scorgere quei cinque ragazzi.
Non li avevo mai visti in paese, ma ciò che mi aveva colpito era la loro bellezza. Sebbene fossero tutti diversi c'era qualcosa che li accomunava. Mi persi in quei pensieri, mentre Clodette guardava soddisfatta la stoffa appena comprata.
-...ti farò un vestito coi fiocchi...-
-Clodette chi erano quei cinque ragazzi? Intendo dire, li hai mai visti in città?-.
Lei mi rivolse uno sguardo curioso.
Le indicai l'anello per farle ricordare dell'incontro con quel ragazzo di nome Liam.
Scosse la testa rivolgendomi uno sguardo dispiaciuto.
-Non te ne preoccupare, arrivano sempre giovani in cerca di lavoro qui da noi-
-Si si hai ragione-
-Concentrati su stasera, è la tua serata, devi divertirti!-.

Ricambiai il sorriso che Clodette mi rivolgeva. Ma nonostante concordassi su ciò che la mia governante mi aveva appena detto, non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di quel ragazzo.

'Liam' ripetei nella mia mente prima di chiudere la porta della mia camera alle spalle.

  
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