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Autore: CINNAM00N    10/03/2013    3 recensioni
Essere Stiles Stilinski è complicato. [...] Lo è perché Stiles ha una cotta incredibile da sempre per Scott McCall. Già, Scott. Il suo migliore amico barra cucciolo di licantropo barra bestione quando c’è la luna piena.
// Avvertimenti: SCILES/SCOTTLES.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Scott McCall, Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And now you're gone it's like an echo in my head
And I remember every word you said

It's a cruel thing you'll never know all the ways I tried
It's a hard thing faking a smile when I feel like I'm falling apart inside

And now you're gone it's like an echo in my head
And I remember every word you said

 

Little red sick hood.

Alla fine tutti i suoi incubi si riducevano ad un ammasso di boscaglia nera come la notte, nella quale cercava di districarsi fino allo stremo delle forze. Poteva vedere Scott al di la dei rami dalle forme inquietanti, poteva vederlo sorridere, scherzare, in un posto sicuro e pieno di luce.

Eppure, per quanto Stiles si sforzasse di raggiungerlo, di spezzare rami, di evitare di ferirsi, non riusciva mai ad avvicinarsi. Anzi, si ritrovava spesso riverso a terra, con la faccia spiaccicata contro il terriccio umido e gli arti pieni di graffi. La cosa più brutta, poi, era che il dolore fisico era sempre surclassato da quello mentale. Era come se la testa stesse per scoppiargli da un momento all’altro: una terribile esplosione nella quale il suo cervello si schiantava contro la radura immersa nell’oblio, fondendosi con l’oscurità.

* * *

“No!” urlò, alzando il busto in uno scatto rabbioso mentre, ancora intontito, spalancava gli occhi.

Le pareti della sua stanza. Il suo letto. La familiare finestra dalla quale entrava appena uno spicchio di luce.

“Calmati, Stiles, era solo un incubo…”

E la voce di Scott.

Stiles si voltò di scatto: troppo in fretta, la testa gli girava da matti e la febbre, probabilmente, non si era ancora abbassata. Ma li c’era Scott, in grado di fargli perdere un battito e di fargli comparire agli angoli della bocca un sorrisino da ebete che, se non ci fossero stati i 39 gradi di temperatura (o forse si erano alzati?) a fornirgli una maschera dietro la quale nascondere i propri sentimenti, sarebbe sembrato fin troppo compromettente.

Come l’alcool. A pensarci, avrebbe potuto farsi venire la febbre più spesso. Niente sospetti per Scott e niente dolorose finte per lui. In più la lucidità era giusto un tantino meno compromessa di quando beveva qualcosa. Un compromesso perfetto.

“Eeeehy, amico”

Scott inarcò un sopracciglio e sorrise in quel modo che a Stiles faceva sempre pensare ‘Scott il migliore amico del mondo’ o ‘Scott la cosa più carina del mondo’; in quel caso lo fece sospirare forte mentre si lasciava andare contro il letto: la schiena pesantemente adagiata contro il materasso e un’espressione addolorata dipinta sul volto.

Era sleale: sorridere in quel modo era puro sadismo.

“Sai che sei davvero messo male?” chiese Scott, soffocando una risata dai toni particolarmente fastidiosi mentre si sedeva ai piedi del letto, infossando leggermente il materasso.

Stiles roteò gli occhi, sbuffando di nuovo.

“Ma come siete originali, tutti quanti. Potrei commuovermi, sul serio.”

“Ti ho portato le medicine. Tuo padre era impegnato col lavoro e non è potuto tornare a casa, e così mi ha incaricato di curare il suo piccolo cucciolo malato!”

Nonostante l’ultima parte della frase di Scott – oh, andiamo? Piccolo cucciolo malato? – Stiles ringraziò mentalmente suo padre con un fervore tale che, senza accorgersene, si mise di nuovo a sorridere. Se ne rese conto quando notò il ghigno buffo di Scott che lo guardava con insistenza, e allora mascherò il tutto con una smorfia seccata.

“Dammi qua, mr. Piccolo cucciolo malato!” gli ringhiò contro, alzando il busto ed allungandosi verso di lui per sfilargli di mano il piccolo sacchetto di carta.

Scott gli mise una mano sul busto e, senza difficoltà, lo fece sdraiare di nuovo.

“Stai buono, Stiles. Sei più strano del solito, e questo può voler dire una sola cosa: stai davvero male. Oppure hai bevuto, ma direi che è più probabile la prima.”

Stiles si mise a ridere.

“Mi complimento con te per la tua arguzia, amico!”

“Fai poco lo spiritoso. Se ancora non ti è chiaro, ho in mano le sorti della tua vita.”

Stiles strabuzzò gli occhi, mentre gli si inaridiva la bocca come nemmeno il deserto del Sahara. Le sorti della sua vita. Scott non avrebbe potuto trovare una frase più adatta: se invece delle medicine gli avesse dato le sue labbra – o qualcos’altro a caso – gli avrebbe garantito la felicità eterna e, molto probabilmente, la febbre sarebbe stata sconfitta dai suddetti sentimenti felici. Oppure la sua temperatura corporea sarebbe aumentata a dismisura e gli sarebbe esplosa la testa, semplice.

“Sono davvero in buone mani, allora.” Sussurrò con finto sarcasmo tra se e se, abbastanza forte da farsi sentire da Scott e abbastanza piano da nascondere l’esplosione che quella frase creava nel suo cuore.

Scott si sedette più vicino a lui, sorridendo in quel modo.

“Ecco” disse, cominciando ad aprire il sacchetto di carta “ora sì che cominciamo a ragionare.”

Stiles arricciò le labbra: “Curami e falla finita.”

C’erano dei momenti in cui non riusciva a sopportarlo, Scott. Lui faceva di tutto per nascondere quello che provava realmente, anche a costo di strapparsi il cuore dal petto, e cosa otteneva in cambio? Nulla. Niente. Nemmeno uno straccio di sospetto. Ovvio che questo fosse l’obiettivo che si prefissava di raggiungere, ma ottenerlo ogni dannatissima volta poteva diventare davvero frustrante.

“Questo cucciolo malato è davvero acido, oggi.” Grugnì Scott.

“Mi duole informarti che il tuo cervello sta velocemente regredendo a quello di un bambino di tre anni.”

Scott gli diede un piccolo pugno in testa, intimandogli il silenzio con uno sguardo ch’era un misto tra il serio e il divertito mentre, tutto impegnato, tirava fuori diverse confezioni di medicine dal sacchetto di carta. Erano entrambi poco efferati sull’argomento, ma quello che ne sapeva di più era sicuramente Scott: sua madre lavorava all’ospedale.

Ma Stiles si sarebbe fidato di lui in ogni caso. Per quanto lo riguardava, quelle medicine avrebbero pure potuto essere veleno: lui aveva altre cose per la testa. Decisamente.

“Ok, non toccare niente mentre io scendo a prendere un po’ d’acqua. Ah, il termometro dov’è?”

“Qui.” Mormorò Stiles, indicando con lo sguardo il comodino alla sua destra, sforzandosi di sorridere nonostante i pensieri stessero prendendo la piega sbagliata e lo stessero conducendo verso la tortuosa e poco piacevole strada della distruzione mentale senza vie di ritorno.

Scott annuì ed uscì dalla stanza.

E a Stiles, una volta recuperata un minimo di sanità mentale, prese un colpo. Scott era li e lui era uno schifo di quelli davvero tremendi – non aveva ancora avuto l’occasione di guardarsi allo specchio ma per come si sentiva doveva sicuramente assomigliare ad un troll o a qualche altra creatura mitologica davvero orrenda –. Era anche vero che Scott l’aveva visto in tutti i modi possibili – o quasi: con grande rammarico di Stiles alcuni settori rimanevano ancora completamente inesplorati –, ma questo non significava che ogni volta non fosse uno shock di quelli che ti segnano per la vita.

Doveva assolutamente darsi un contegno. O almeno lavarsi, dato che puzzava peggio di un licantropo bagnato. E si sa, i licantropi bagnati cauterizzano le narici.

Spalmò i palmi delle mani contro le lenzuola e, facendo forza sulle braccia, riuscì lentamente ad alzarsi dal letto. Peccato che, una volta in piedi, le cose non andarono come aveva previsto. Era troppo stanco, esausto, senza forze; perse l’equilibrio e finì con il fondoschiena per terra, le gambe divaricate e l’espressione inebetita dalla botta appena presa.

“Stiles!”

Non appenò entrò in stanza e lo vide in quel modo – di male in peggio, perfetto – Scott appoggiò il bicchiere d’acqua sul comodino e si accovacciò vicino a lui.

“Tutto ok?” gli mormorò, con uno sguardo profondo che – Stiles lo sapeva – aveva il preciso obiettivo di sondargli l’anima e leggergli qualche risposta a qualche silenziosa domanda inespressa. Beh, Stiles non gliele avrebbe fornite, quelle dannatissime risposte – davanti alle quali, tra l’altro, si ostinava comunque a rimanere cieco.

Silenzioso ed accigliato distolse lo sguardo, mostrandogli il profilo. E una smorfia di disappunto.

“Certo, Scott, tutto ok. Tranne per il fatto che mi scoppia la testa, ho i brividi ovunque e non riesco a reggermi in piedi.” …e faccio schifo e non sono riuscito nemmeno a darmi una sistemata, fanculo. E oh, tu continui a cercare di scannerizzarmi con i tuoi occhietti neri pieni di implicita cupidigia.

 Con calma, Scott lo aiutò a rialzarsi e adagiarsi contro il letto.

“Allora” cominciò, con un tono particolarmente serio “prima di tutto devi mangiare qualcosa.”

Tirò fuori dal sacchetto un piccolo dolce con la crema e una fragola solitaria appostata in cima, ridusse la carta ad un mucchio indistinto e accartocciato e centrò il cestino all’angolo della stanza con un tiro preciso, ben assestato.

“Non ho fame per niente.”

“Dai, Stiles…”

Stiles si coprì il volto con le mani, stropicciandosi gli occhi: “No, non mi va.”

“Non dirmi che devo mettermi a giocare al dottore e il paziente per riuscire a farti mangiare!”

Stiles si coprì completamente la faccia con le mani, soffocando una risata. Effettivamente, Scott non poteva immaginare quanto avrebbe potuto piacergli, giocare con lui al dottore e il paziente. Beh, magari una versione alternativa, ecco.

Scott si alzò dal letto, tossicchiando un paio di volte mentre si calava nella parte.

“Lei è il signor Stilinski, giusto?” chiese, inarcando un sopracciglio.

Stiles non riuscì a trattenersi: Scott dottore era una delle cose più adorabili ed esilaranti che avesse mai visto. Scoppiò a ridere, annuendo con foga.

“Beh, pare che nel suo sangue ci sia un’alta quantità di acidità repressa. Deve assolutamente mangiare questo dolce” e nel dirlo fece dondolare la mano con la quale teneva il dolcetto in maniera plateale “per ristabilire gli equilibri.”

“E se non lo faccio?”

“Il dottore si irrita, si trasforma in lupo e ti mangia in un sol boccone.”

“Che roba è? Una versione alternativa di Cappuccetto Rosso?” chiese Stiles, sconcertato.

Scott sorrise e si adagiò nuovamente sul letto, vicino a lui. Dopodiché gli prese la mano, allontanando delicatamente le dita dal palmo e appoggiandovi infine il dolce sopra.

“Dai, mangia, cappuccetto.”

“Va bene. Nonnina.” Acconsentì infine Stiles, con uno sbuffo teatrale e particolarmente lungo.

Ce la mise tutta per mangiare il dolce, ma alla fine ne lasciò comunque un pezzetto che, nauseato, appoggiò sul comodino senza nemmeno guardarlo.

Si concentrò su Scott, che lo stava ancora guardando in quella maniera apprensiva e preoccupata tanto in voga tra le nonnine. Stiles cercò di leggergli negli occhi qualcosa che assomigliasse a quello che provava lui, ma non trovò niente. Assolutamente niente. La cosa lo fece abbattere notevolmente e, con un movimento brusco, gli diede le spalle voltandosi verso il muro alla sua sinistra.

“Ma che ti prende, Stiles?”

“Perché non mi lasci in pace?” gli grugnì contro, accartocciandosi su se stesso.

“Perché sei il mio migliore amico e sono preoccupato per te.”

E Stiles non ci vide più.

Si voltò di scatto verso di lui, alzando il busto in un crescendo di foga che, per quanto si sforzasse, non riuscì proprio a controllare. Si ritrovò il volto di Scott incredibilmente vicino: gli occhi sinceramente sorpresi e la bocca schiusa dallo stupore.

Stiles strinse i pugni, cercando di calmarsi. Ma non servì a niente.

“E se fosse proprio questo? A disturbarmi, intendo? Ci hai mai pensato, eh? Eh?” gli urlò contro, con una potenza distruttiva che stupì perfino se stesso.

Scott trattenne il respiro, e a Stiles parve di intravedere una sorta di muta consapevolezza nei suoi occhi. Fu un lampo, un secondo, e poi il suo migliore amico abbassò lo sguardo.

“Cosa vorresti dire?” aveva la voce bassa al punto che, se Stiles non fosse stato così vicino alla sua bocca, probabilmente non l’avrebbe sentito.




// Ceinwein91: Grazie! Sono contenta che ti piaccia 8D
Keepsake: Muahahah! Grazie! e... avevo effettivamente pensato ad una cosina! ma niente spoiler 8D
  
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