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Autore: telesette    10/03/2013    2 recensioni
Satomi vuole scoprire cosa si nasconde dietro al silenzio di Marika, desideroso di proteggerla da colui che ha osato minacciarla.
Diviso tra l'amore e la collera, tra la rabbia e la passione, Satomi difenderà il bene della sua vita vendicandosi di chi l'ha fatta soffrire...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Meiko/Marika, Nuovo personaggio, Satomi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Marika x Satomi'
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Mentre saliva le scale, in preda alla rabbia e al dolore che gli attanagliava le membra, Satomi stentava a credere che tutto ciò stesse accadendo davvero.
Nello spazio di una sola notte, dopo essere scampato ad un'aggressione e a un incidente quasi mortale, sembrava davvero essersi trasformato. Non era più il tranquillo ragazzo di sempre: aveva affrontato a viso aperto dei veri e propri criminali senza scrupoli, incurante della propria incolumità, e aveva colpito a sangue i tirapiedi dell'individuo che aveva ordito il rapimento di Marika; si era trovato coinvolto nel bel mezzo di una sparatoria, uscendone vivo ma in condizioni ancora più gravi, e senza dubbio era pronto a uccidere chiunque gli si fosse parato davanti nel tentativo di fermarlo.
Kanizawa non poteva passarla liscia, dopo tutto quello che aveva fatto.
Non doveva passarla liscia.
Se costui si era messo in testa di fare del male a Marika, Satomi era pronto a trascorrere il resto della sua vita in prigione pur di fargliela pagare. Ad ogni passo, il giovane avvertiva delle fitte lancinanti: il sangue sgorgava fluido dalle sue molte ferite e, non fosse stato per la sua incredibile forza di volontà, certo sarebbe crollato al suolo privo di sensi; tuttavia non poteva far altro che andare avanti e sottrarre la sua ragazza dalle grinfie di quel bastardo.
Frattanto Kanizawa, non riuscendo più a comunicare con gli uomini giù dabbasso, cominciò a diventare nervoso. Marika lo vide gesticolare minacciosamente con la pistola, sbarrando gli occhi in preda al panico e ai sudori freddi, tuttavia non cacciò un fiato. Il viscido boss strillò ancora nell'apparecchio, confidando invano in una qualche risposta da parte dei suoi uomini di sorveglianza, dopodiché lo fece a pezzi con una manata e tornò a concentrarsi su Marika con il gingillo carico e pronto a sparare.

- Pare che qualcuno abbia deciso di fare l'EROE, signorina - sibilò. - E le assicuro che, se questo "qualcuno" ha a che fare con lei, nessuno di voi uscirà vivo stanotte!

Nonostante la pistola puntata contro il volto, e il cuore che le batteva forte dalla paura, Marika non intendeva dare corda a quello squilibrato. Era consapevole di non poter andare da nessuna parte, legata com'era e in balìa delle sue minacce, ma non per questo era disposta ad accettare il suo gioco.

- E' inutile che cerchi di spaventarmi - mormorò lei con rabbia. - Lei è un individuo orrendo e schifoso, mi fa soltanto ribrezzo!

Gli occhi di Kanizawa si accesero di collera.

- Non usare questo tono con me, piccola sgualdrina che non sei altro!

Marika accusò in pieno un altro schiaffo.
Stavolta il dolore era all'altezza del mento, con un rivolo di sangue sottile lungo il labbro inferiore, ciononostante non abbassò lo sguardo. Piangere o disperarsi non le sarebbe servito a niente, se non a renderla ancora più vulnerabile agli occhi di quella carogna, e comunque non era nel suo carattere mostrarsi arrendevole di fronte a chicchessìa.
Vista la sua ostinazione, Kanizawa rimase un tantino perplesso.
In tutta la città nessuno poteva permettersi il lusso di mancargli di rispetto, a meno di non voler incorrere in qualche brutta fine, mentre quella sciocca ragazzina si era azzardata ad ignorare i suoi avvertimenti. Già solo per questo, Kanizawa avrebbe dovuto puntarle la canna della pistola sulla tempia e premere il grilletto. Era anche vero però che, immaginando che l'intruso penetrato nella villa fosse legato a lei, la ragazza poteva ancora fargli comodo come ostaggio.
Mentre rifletteva su questo, alcuni passi risuonarono fuori del suo ufficio.
Rapido come un fulmine, Kanizawa strinse Marika per il collo col braccio e, tenendole la pistola puntata con l'altra mano, girò quest'ultima in direzione della porta che dava nel corridoio. L'uomo attese con ansia crescente il momento giusto e, tendendo l'arma davanti a sé, fece fuoco contro l'ingresso lasciandovi un ampio foro circolare.
Altri colpi vennero sparati in rapida sequenza, senza tuttavia centrare l'intruso, e Kanizawa si ritrovò ben presto con UN solo proiettile in canna e un'ultima carta da giocare.

- Stammi bene a sentire, chiunque tu sia - ringhiò il boss, premendo nuovamente l'arma contro Marika. - Provati solo a fare un passo qui dentro e, parola mia, giuro che la faccio a pezzi questa troia!
- Non osare toccarla, verme schifoso!
- Satomi...

Marika riconobbe immediatamente la voce del fidanzato, per quanto carica di furore, e si mise a gridare nel tentativo disperato di salvargli la vita.

- Satomi, non entrare - urlò. - Scappa Satomi, scappa!
- Ti ho già detto di stare zitta - ruggì Kanizawa, tenendo lo sguardo rivolto verso la porta. - Mettiamo subito le cose in chiaro, "eroe" dei miei stivali: butta a terra le armi e fatti vedere con le mani alzate!
- No - gemette ancora Marika. - Non ascoltarlo, Satomi, non ascoltarlo o ti ucciderà!
- Conto fino a tre - tagliò corto Kanizawa, sollevando il cane dell'arma con un sinistro scatto metallico. - Uno, due...

Prima che potesse proseguire con il conteggio, Satomi gettò la spranga sul pavimento e uscì fuori dall'ombra con entrambe le braccia sollevate.
Kanizawa sorrise soddisfatto.
Da quella distanza, pur non essendo un abile tiratore, non era certo difficile centrare il cuore del giovanotto con un unico colpo ben piazzato.

- Sei stato coraggioso, devo ammetterlo, venire qui tutto solo - lo canzonò il boss, prendendo la mira con cura. - Sì, devo proprio ammetterlo, quasi mi dispiace doverti ammazzare...
- No!

Malgrado fosse ancora legata alla sedia, approfittando del fatto la stretta sul collo era allentata, Marika si divincolò violentemente avventandosi contro il braccio armato del criminale. Colto alla sprovvista da quel gesto inusitato, Kanizawa sollevò d'istinto la pistola verso l'alto e fece fuoco inavvertitamente. Il proiettile fischiò oltre la testa di Satomi, mancandolo per un soffio, cosicché questi tirò a sé la spranga tramite la corda che la teneva assicurata al polso e la scagliò contro il farabutto.
Kanizawa lasciò cadere la pistola, urlando per l'improvviso dolore, ma Satomi gli fu addosso per tempestarlo di pugni senza pietà. Piegato in due, sotto l'effetto di un micidiale gancio sotto lo stomaco, lo sfortunato boss ricevette una micidiale sventola sotto la guancia con il rinforzo metallico dell'altro. Satomi continuò a colpirlo, facendogli sputare il sangue assieme ai denti, e continuò finché non lo vide accasciarsi a terra immobile.
Una volta sfogata la sua collera, sentendo Marika singhiozzare disperatamente, si chinò dunque a sciogliere le corde che la tenevano legata.
La ragazza tuffò il volto tra le sue braccia, mormorando il suo nome tra le lacrime, e a stento riusciva a credere che tutto ciò fosse accaduto realmente. Satomi era sfinito, a malapena in grado di respirare, tuttavia le accarezzò piano la nuca nel tentativo di rassicurarla.

- Va bene, va tutto bene, è finita - mormorò. - E' finita, amore mio, è finita... è tutto finito!

Difficile dire se Marika avesse sentito o meno le sue parole.
L'unica cosa certa, nell'accarezzare il volto di lui e baciare il sangue delle sue ferite, era la gioia indescrivibile di averlo lì accanto a sé. Satomi l'amava, non l'avrebbe mai lasciata sola, e quell'amore era la certezza di tutta la sua vita. Piangendo lacrime di felicità questa volta, Marika si abbandonò tra le braccia del giovane e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Di lì a poco la polizia sarebbe arrivata a risolvere tutta la faccenda, dopo che i vicini preoccupati dai rumori delle sparatorie avevano dato l'allarme, ma al momento l'unica cosa rassicurante per Satomi era il calore della fanciulla che lo stringeva tra le sue braccia.

FINE

   
 
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