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Autore: xjesysvoice    11/03/2013    24 recensioni
« può l'amore salvarti da un passato oscuro che non sei in grado di ricordare? »
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1.


Non riuscivo a pensare ad altro.
Mi sarei svegliata, finalmente dopo un tempo che nemmeno io ero in grado di contare. Ero sicura che stavo dormendo sicuramente da molto più tempo di tre soli lunedì. Avrei finalmente scoperto qualcosa di me, a cominciare dal mio nome. Fino ad allora tutti mi chiamavano o 'la paziente della 112' o 'Lei'. Tutte le persone che venivano a trovarmi non mi chiamavano mai per nome, a volte quando parlavano tra di loro dicevano 'Lei', che ho sempre supposto fosse riferito a me.
Quindi per me io mi chiamavo Lei.
Uno mi aveva detto finalmente qualcosa di interessante, insomma, non è che fosse noiosa, è solo che a me poteva importare poco delle scarpe che si comprava e dei gerani sul suo balcone. Quella mattina (o sera) mi aveva detto qualcosa di molto importante che avrebbe cambiato la mia nera vita da quel momento in poi.
"Spero che non tarderai"
Sussurò Uno vicinissimo al mio orecchio, facendomi sobbalzare, non esteriormente (penso). Aveva una voce molto calorosa e amava raccontare tutto quello che faceva, quello che le passava per la testa e soprattutto spifferare i segreti. Mi ricordo quando il primo giovedì mi disse che aveva scoperto che il dottor Geremy andava a letto con Lorina (credo fosse un'infermiera, magari era proprio Sei, che a me stava antipatica) ed era su di giri, perchè il dottore era sposato e lei era l'unica (a quanto pare) che sapesse della loro storia d'amore.
Una cosa, che devo dire a me non interessava per niente, ma d'altronde non potendomi opporre ascoltavo i suoi discorsi come una povera vittima.
"Tua madre sarà felicissima di sapere questa notizia e anche i tuoi amici"
Disse lei interrompendo il filo dei miei pensieri.
Come? Avevo degli amici? Come si chiamavano? Quanti anni avevano? O meglio quanti anni avevo io? Di che colore avevano gli occhi? I capelli? Gli piaceva la pizza? Giocavano a calcio? A tennis? Che musica ascoltavano? Gli piaceva ballare?
Avevo un sacco di domande, ma nessuna risposta. Avrei voluto chiedere a Uno come diavolo avrei potuto fare per svegliarmi, ma non sapevo come fare.
Tentai in vano di trovare le mie mani, di riuscire a muovere leggermente le dita come era successo tre lunedì fa, quando Mamma me lo aveva chiesto quasi implorante. Dovevo muovere quelle fottutissime dita.
Forza, disse la voce dentro di me. Avanti puoi farcela, continuava. Ma niente. Non riuscivo a trovare le mie dita in nessuno modo.
Era come se fossero sparite, ma io ci ero riuscita, tre lunedì fa le avevo mosse, perchè Mamma aveva iniziato a singhiozzare facendomi sentire la persona più felice del mondo.
"Ok, bellezza, tra venti minuti iniziano le visite, mi raccomando."
Sentii la sua voce accompagnata dal suono della porta che si sbatteva. Ero di nuovo sola. Sola nel mio buio personale.
Mi lasciai invadere la mente dai ricordi.
Nuovamente quelle mani, quelle dita, le fossette, le labbra.. chissà chi era questo ragazzo.
Insomma, perchè lo vedevo ovunque? Cos'era stato il mio fidanzato? Il mio migliore amico? Mah.
Ma oltre a questo il dubbio maggiore non era tanto chi fosse quel ragazzo, io volevo sapere come stava adesso, come stava dopo che mi ero 'addormentata'.
Pensandoci bene, io non avevo idea di cosa mi fosse successo, non ricordavo nulla. Il modo migliore per esprimere il concetto quando 'parlavo' con me stessa era dicendo che mi ero 'addormentata', a mo' di principessa in attesa di essere salvata. Molto stupido lo so.
Ecco un'altra domanda da aggiungere alla lista di quesiti che avrei posto non appena mi fossi svegliata. A questo punto speravo solamente di riuscire a ricordarmi come si parlava. Se no come avrei potuto farle?
Pensandoci bene, ne avevo di domande da fare, chissà magari i miei familiari avrebbero preferito che dormissi piuttosto di tartassarli di domande, ma questo non mi importava, volevo svegliarmi, dovevo farlo.
Smisi di riflettere per qualche secondo e mi concentrai sul davarsi. Tutto era buio, tutto era silenzio.
Quel momento di riflessione fu alquanto strano. Era come se le fibre del mio corpo si stessero ricongiungendo, come se mano mano tutti i pezzi del mio corpo si ricordassero a cosa e a dove appartenevano, come se i pezzi di un puzzle si stessero riunendo.
C'ero quasi, sentivo qualcosa premere, una forte pressione al centro del mio corpo, al centro del mio 'buio'. Mi concentrai ancora di più.
Lentamente iniziai a prendere possesso delle dita delle mani, riuscivo a muoverle con facilità, ma ancora tutto era buio. Poi un lungo fremito scosse là dove stava la mia spina dorsale, fecendomi quasi tremare, e probabilmente lo feci.
Incominciai a percepire del materiale sul mio corpo, lentamente tutto quanto stava ritornando sotto il mio comando dei sensi. Tentai di sorridere soddisfatta, non so se avvenne anche nella realtà o solo nella mia testa.
Fallo accadere, continuava a ripetermi la voce nella mia testa, svegliati.
Volevo svegliarmi? Si.
Ne ero sicura? Assolutamente si.
Avevo paura? Forse.
Per quanto mi fosse possibile, feci un respiro profondo e con tutta la forza che avevo in corpo, cercai le palpebre. Erano pesanti, ma sarei riuscita ad alzarle. Continuavo a forzare quel movimento, ormai avevo il completo possesso del mio corpo, ero sicura di aver stretto i pugni lungo i miei fianchi. Potevo giurarci.
Diedi un'ultima spinta, una scarica fortissima mi costrinse ad aprire di scatto le palpebre. E tutto fu luce.
Ci ero riuscita.
Mi ero svegliata.

La luce fortissima che entrava dalla finestra alla mia destra, mi stava letteralmente accecando. Mamma mia, quant'era bello il sole. Finalmente potevo capire che momento della giornata fosse. Era giorno, forse la mezza.
Sbattevo forte le palpebre mentre quella luce mi inondava l'esistenza. Il buio nel quale avevo vissuto fino adesso non era niente in confronto alla luce, e al calore che stavo vivendo in quel momento.
Sorrisi.
Potevo sorridere, sentivo le guance sollevarsi non appena muovevo il bordo delle labbra, era una sensazione stupenda.
Sollevai il braccio sinistro e lo esaminai con cura.
Le mie braccia erano molto sottili, e ricoperte da piccoli e quasi invisibili peli biondi. Le mie dita erano estremamente esili, davano l'impressione di potersi spezzare da un momento all'altro, con uno sforzo minimo.
Il mio occhio cadde sulle unghie, un martedì fa, Mamma aveva detto che mi avrebbe fatto bella, e che mi stava mettendo lo smalto. Non che riuscissi a sentire il pennellino sulle unghie, lo sapevo solo perchè non smetteva di parlarne. Finalmente potevo vedere la sua opera, il suo lavoro. Lo smalto rosso splendeva a contatto con i riflessi caldi della luce che entrava dalle finestre.
Era meraviglioso.
Era la cosa più bella di tutte riuscire a vedere di nuovo i colori, essersi liberati di quell'universo nero era fantastico.
Alzai lo sguardo e ispezionai la stanza.
I muri erano di un color giallo sbiadito che mano mano si avvicinava al soffitto diventava sempre più chiaro. Di fronte al mio letto c'era un'armadio color nocciola, che probabilmente conteneva le cose che utilizzavano per farmi i controlli.
Sollevai leggermente la schiena per poter vedere meglio quello che mi circondava. Alla destra del letto c'era la porta, che dava al corridoio, mentre alla sinistra, la finestra, dalla quale entrava quella meravigliosa luce. Mi concentrai e provai a guardare fuori.
Effettivamente, guardare fuori mi faceva un pò male agli occhi, li sentivo quasi bruciare, non erano più abituati a quella luminosità.
La finestra non dava sulla strada ma su un parco, c'erano molti alberi, sotto dei quali camminavano a braccetto coppie di anziani signori vestiti di blu (un camice simile al mio). Oltre a loro c'erano altri gruppi di persone che parlavano.
Un ragazzo attirò il mia attenzione. Era seduto su una panchina con le mani nei capelli.
Un organo che avevo dimenticato di avere nel mio petto sussultò. Che strano.
Riuscivo a percepire la tristezza nei suoi occhi, e nella stretta nella quale torturava i suoi adorabili ricci. Un'altro ragazzo era al suo fianco, indossava una maglia a righe blu, con delle bretelle rosse. Sembrava lo stesse consolando, ma non riuscivo a capire bene i loro movimenti.
Una terza figura si fece avanti, era un ragazzino, non molto alto con i capelli biondi, decisamente più piccolo degli altri due, che tentava di rallegrare i due ragazzi sulla panchina.
Un'altro fremito scosse il mio cuore, perchè faceva così?
Perchè sembrava che mi interessasse di quelle persone?
Chi erano quei ragazzi?

La porta si spalancò facendomi sobbalzare.
La figura all'entrata si avvicinava con molta cautela verso di me, mentre io la guardavo sgranando gli occhi. Era una donna sulla quarantina o forse più che indossava un cappotto grigio che le arrivava fin sotto il sedere, un paio di jeans e delle comodissime scarpe da ginnastica. Aveva gli occhi azzurri e corti capelli castano chiari e mi fissava, come se avesse visto un fantasma.
"Non ci credo"
Sussurrò. Il suono della sua voce mi era così familiare che non ci volle molto prima di capire che quella donna in piedi davanti a me fosse Mamma.
"Ti sei svegliata"
Sussurrò nuovamente lasciando cadere la borsa dalle mani per lo stupore. In quel momento arrossii, sentivo il sangue premere sulle guance, che meravigliosa sensazione.
"Ti ricordi di me, vero?"
Chiese sedendosi sulla sedia di fianco al letto. Io scossi la testa. Effettivamente non mi ricordavo di lei, ma sapevo che era mia madre, c'era qualcosa in lei che me lo faceva credere.
"Sono Isabel, tua madre"
Sorrise, allungando una mano verso la mia. Il contatto mi provocò un lenta scossa lungo il braccio, potevo finalmente sentirla.
"Come mi chiamo?"
Chiesi senza neanche pensare. Quella era la mia voce? Avevo appena parlato? Cercai di capacitarmi di quello che avevo appena fatto e la guardai negli occhi.
"Amore, non te lo ricordi?"
Scossi la testa, nell'attesa che venisse pronunciata quella verità alla quale ambivo da un pò.
"Emily, ti chiami Emily Stone. Hai sedici anni e vivi con me e i tuoi fratelli Cody e Curt, qui a Holmes Chaple."
Ecco di chi erano quei nomi. Avevo due fratelli, volevo sapere di più di loro. Come se mi avesse letto nel pensiero disse:
"Cody ha quattro anni e va all'asilo, Curt ne ha diciotto ed è all'ultimo anno di liceo."
"Ho degli amici?"
Chiesi rimanendo di nuovo spiazzata dal suono della mia voce.
"Si, la tua migliore amica si chiama Sophie, poi hai anche altri amici che si chiamano Niall, Liam, Louis, Zayn e Harry"
Quei due nomi attirarono la mia attenzione come al solito.
"Ho un fidanzato? Sono innamorata? Cosa mi è successo?"
Domandai di nuovo guardandola negli occhi. Forse avevo fatto troppe domande insieme.
Lei sorrise e mi disse:
"Non lo so, a me risulta che tu sia single"
Sorrise, ma i suoi occhi si incupirono quando fece per andare avanti.
"Quattro mesi fa, stavi tornando a casa dalla festa di Niall, erano le due del mattino, e mentre attraversavi le strisce pedonali..."
Si interruppe iniziando a piangere.
Le accarezzai la guancia, per quanto volessi sapere cosa mi era capitato mi faceva stare male vedere delle lacrime scendere lungo il suo dolcissimo viso.
"Ora sto bene"
Sussurrai cercando di farla smettere di piangere.
"Hai ragione"
Disse tirando su con il naso.
"Mentre attraversavi le strisce pedonali, una macchina ti ha travolto facendoti andare a sbattere violentemente con la testa per terra"
Non dissi nulla, cercavo di immaginare la scena anche se il mio intento veramente era volerla ricordare.
"Mamma, secondo te riacquisterò nuovamente la memoria?"
Non suonò come una domanda, ma come una speranza. Rivolevo la mia vecchia vita, volevo incontrare Sophie e gli altri ragazzi fargli sapere che gli volevo bene anche se non mi ricordavo di loro, volevo tornare a ricordare, volevo tornare a vivere a colori.
Sorrisi guardando mia madre negli occhi e lei ricambiò accarezzandomi la guancia.

Ormai erano passate quasi due ore, e non avevo fatto altro che parlare con mia madre del più e del meno e prima di andarsene mi aveva promesso che il giorno dopo sarebbero venuti a trovarmi tutti quanti.
Nel frattempo anche il medico era venuto a conoscenza del mio risveglio, e devo ammettere che era alquanto sorpreso, ci aveva confessato che un momento prima di entrare nella stanza, anche se in precedenza aveva detto che mi sarei svegliata, stava preparando le carte per farmi staccare dalla macchina che mi teneva in vita.
Se non avessi trovato la forza probabilmente a quell'ora sarei morta, insomma, come se il buio di prima non me lo facesse già credere.
Era da tanto che non parlavo così, moltissimo, dai racconti di mamma ero venuta a conoscenza del fatto che non erano solo tre lunedì che 'dormivo' ma quattro mesi o poco più. E io che pensavo che fosse poco. Quattro mesi erano tanti, chissà se i miei amici mi volevano ancora bene.
Quel pomeriggio mamma mi aveva fatto parlare al telefono con Niall, la sua voce era stupenda. Mi aveva detto "Finalmente tornerai a rovinarci l'esistenza. Il mondo senza di te era così noioso.", lo presi come un complimento, come un segno che c'era ancora dell'amore per lui in me, mi voleva ancore bene. Solo al sentire la sua voce e quello che provocava in me capii che anche io gliene volevo e anche tanto. Peccato però che non fossi in grado di ricordare assolutamente nulla di quello che facevo con lui e dell'ultima volta che l'avevo visto, cioè alla sua festa.
Devo ammettere però che avevo ancora un dubbio, una domanda che mi frullava per la testa.
Se non ero fidanzata, quelle mani e quelle labbra che mi avevano assillato in continuazione, a chi appartenevano?
Forse c'era qualcosa che mamma non sapeva o che semplicemente non mi aveva voluto dire.
Io volevo sapere a chi fosse il misterioso possessore di quelle spendide mani.
Desideravo scoprirlo? Certamente.
Ci sarei riuscita? Lo speravo.



salve a tutti, allora che ne dite?
è carina come storia? vi piace?
spero che diventerà una delle vostre storie preferite, o che almeno la recensiate ogni tanto.
vabbè, non vi rubo altro tempo.
secondo voi emily scoprirà chi è il possessore di quelle mani?
beh, vi aspetto nella prossima puntata.
ciaoooo!

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