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Autore: savevato    12/03/2013    10 recensioni
La vita è fatta di scelte. Devi scegliere come vestirti al mattino, che scuola fare, che futuro avere. Ma quando la scelta è fatta in amore è sempre dura decidere e a volte ci si può impiegare un intera vita.
Eppure se le persone tra le quali devi scegliere ti impongono un limite i giochi iniziano a farsi duri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Confusion.

 
Corro col fiato corto e i piedi che minacciavano di cedere. Voglio solo scappare via da tutto. Corro senza fine per tutto questo tempo e non capisco nemmeno il perché. L'unica cosa che voglio è andare il più lontano possibile da questa casa.
Quando mi sembra di essere arrivata alla zona giusta del quartiere inizio a rallentare fermandomi a un tratto e piegandomi in avanti, le ginocchia leggermente flesse e le mani posate su esse per sorreggermi.
Respiro piano, quasi impaurita di fare eccessivo rumore in questa zona così tranquilla. Una ventina di ville molto grandi e ordinate mi circondano.
Impreco mentalmente.
"Sono solo venti" mi dico "Non ci vorrà tanto a leggere tutti i campanelli per trovare quella giusta."
Passo una mano sulla fronte sorprendendomi nel trovarla sudata.
Sento gli occhi pungere ma non voglio e non devo piangere. Guardo la prima casa e la scarto subito. Ricordo chiaramente che la sua fosse gialla e non rosa o bianca.
Uno sguardo veloce a tutti gli edifici mi fa notare che solo tre case sono gialle in questa via. La prima è grande ma con poco giardino, la sua ne aveva molto invece.
Rimangono due case. La prima ha delle buffe figure scolpite negli alberi al lato del vialetto e la scarto a prescindere. Resta l'ultima. A grandi passi mi avvicino alla villa. Uno sguardo veloce al campanello mi riconferma l'appartenenza di quella casa.
Suono al videocitofono e attendo con ansia battendo convulsamente un piede a terra.
- Si? - domanda una voce altezzosa dall'altra parte della cornetta.
- Ehm, ecco io... - un attimo di ripensamento mi coglie - Cercavo Liam.
- Oh, il signorino Payne è in camera sua, attenda un attimo. Chi devo annunciare? - chiede mantenendo quel tono risolutivo.
- Simo, cioè, volevo dire, Simonne. - ribatto con poca attenzione.
Sento la cornetta agganciata e attendo.
Il mio cuore inizia a pulsare a una velocità che non credevo possibile.
- Ehi. - la voce gentile di Liam risuona dal ricevitore.
- Grazie al cielo. - mi lascio a un sospiro e sento il cancellato aprirsi, lo spalanco e varco la soglia della casa.
Una figura esce dalla porta principale e a passo lento attraversa tutto il ciottolato fino a starmi davanti.
È altissimo e la sua statura al buio potrebbe quasi fare paura se non sapessi che quelle braccia sono tra le poche che mi fanno sentire al sicuro.
Passa un dito sulla mia guancia e subito sento l'impulso di cacciarlo. Non che sia sgradevole o altro ma al momento non gradirei essere toccata da nessuno.
Il suo polpastrello traccia i segni che la mano pesante di Gary ha lasciato sul mio viso.
- Dio mio. - dice solo lui per poi stringermi in una morsa dolorosa al primo impatto vista la scarsa voglia di contatto. Poco dopo mi rilasso affondando nel suo petto il viso tumefatto dagli schiaffi.
- Rimarrà il livido. - mugugno.
- Come ricordavi dove abitavo? - domanda sorpreso.
- Non lo so. - in cinque anni che conosco Liam, sono stata a casa sua una sola volta.
- Mi fa schifo sapere che la causa del tuo dolore è sangue del mio sangue. - sputa con amarezza.
- Ehi, fa nulla. - risolutiva evito l'argomento.
- Vieni, non stiamo fuori, è mezzanotte.
Mi conduce in casa sua. Rimango a bocca aperta nonostante sappia da qualche tempo ciò che Liam è abituato ad avere.
- Dormi con me o vuoi una stanza? - posa il suo sguardo color del cioccolato nel mio indefinito.
- Come vuoi. - dico senza aver nemmeno ascoltato la sua domanda.
- Come mai si è arrabbiato oggi? - non reggo le domande di Liam così bene, presto cederò.
Estraggo dalla borsa una busta e gliela porgo evitando di parlare e tradirmi tramite le parole.
- Cambridge? - spalanca la bocca in una perfetta "o".
"Davvero non si direbbe che vado bene a scuola?" mi domando nella mente.
Annuisco con un cenno del capo.
- Wow, complimenti. - dice soltanto ridandomi la busta.
Senza nemmeno accorgermene rimaniamo in quella che deve essere la sua stanza.
Osservo attentamente il tutto e rimango a bocca aperta. Il letto matrimoniale sta al centro di un’enorme parete, le lenzuola bianche e il piumone blu scuro danno un tono di eleganza senza eguali. Sopra alla testiera del letto, dipinto sul muro bianco, vi è lo stemma del Manchester City. Lo guardo con disprezzo per poi accorgermi solo dopo dei numerosi poster della squadra appesi in giro.
Noto anche il pc di marca sulla scrivania, l'iPad in carica e l'iPhone sul comodino.
Mi sento fuori posto, non all'altezza.
- Mi deludi bro, preferisco lo United. - asserisco convinta cercando di celare il disgusto per la ricchezza di questa casa.
Mi lancia una maglia rossa che scopro avere lo stemma della squadra da me citata.
- Cambiati e non fare storie. - dice per poi uscire.
Una volta finito lo faccio rientrare in camera e noto che ha in mano un tubo di pomata.
- Mamma ha detto che aiuterà la pelle a sfiammarsi.
Ne prende un po' sulle dita e delicatamente mi unge il viso. Cerco di trattenere i gemiti di dolore quando passa sui punti più doloranti.
"In cosa mi sono cacciata?" domando tra me e me pensando a tutto ciò che regna in casa mia.
- A posto. - sussurra più a se stesso che a me con sguardo concentrato.
Poso un bacio sulla sua fronte, alzandomi sulle punte e raggiungendolo comunque con fatica, come ringraziamento e quando faccio per riabbassarmi sulla pianta dei pedi mi sento sollevata da delle possenti braccia.
Il cuore perde un battito.
- Ti sto proteggendo come posso. - sussurra al mio orecchio per poi portarmi di peso e sdraiarsi con me addosso sopra le coperte.
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dall'alzarsi e abbassarsi del suo petto.
Lui è capace di guarire ogni mia ferita, sull'anima e sul corpo. Grazie a lui sono intatta.
 

 
Affretto i passi verso casa di Liam.
La confusione aleggia nella mia testa e un vuoto di memoria mi fa ansimare ogni volta che cerco di ricordare.
Potrei percorrere questa strada a occhi chiusi. Una volta davanti impreco ricordandomi che sono solo le cinque del mattino. Un forte mal di testa mi lascia un senso di vuoto nella mente.
Suono schiacciando più volte il pulsante sul campanello usando anche una certa insistenza della quale subito dopo mi pento.
- Si? - risponde una voce di donna distratta.
- Sono Louis. - dico soltanto.
- Oh Gesù, Lou. Come ti sei ridotto?! - riconosco la voce della signora Payne che sono sicuro mi veda dall'altra parte del videocitofono.
- Signora... la prego, so che è presto ma potrei parlare con Liam? - chiedo implorante tenendomi il capo fattosi pesante tutto d'un tratto tra le mani.
- Certo, lo vado a svegliare, entra pure, sai la strada. - aggancia la cornetta e un attimo dopo sento lo scatto della serratura del cancellato.
A grandi passi, cercando di non barcollare troppo, attraverso tutto il grande giardino della villa, apro la porta principale e la richiudo senza fare rumore. Mi dirigo in cucina senza aspettare Liam o la madre, so che non obietterebbero. Mi siedo su uno degli sgabelli del bancone davanti al piano cottura.
Mi porto il viso tra le mani e appoggio i gomiti sul ripiano. Mi fischiano le orecchie e mi pulsano le tempie. Non mi riducevo così da molto, troppo tempo.
- Louis? - mi chiama Liam con voce profonda.
- Ehi amico. - rispondo senza nemmeno muovermi e senza guardarlo negli occhi.
- Che hai combinato? -
- Nulla, avevo bisogno di distrazione. -
- Da cosa? -
- Ero in un locale e mi stavo divertendo fin quando non ho visto uscire Eleanor da uno dei privè con un tipo tutto muscoli e poco cervello. -
- Tu ancora a Eleanor pensi? -
Annuisco e basta con il capo pentendomi subito dopo vista la forte emicrania.
- Che ti sei fatto? - domanda valutando i danni.
- Una bottiglia di vodka, metà l'ho bevuta subito senza nemmeno sapere cosa fosse. Ero accecato dalla rabbia. - Liam posa gli occhi nei miei invitandomi a continuare - L'altra metà l'ho bevuta senza nemmeno connettere il cervello dopo due spinelli. -
Passa nervoso una mano tra i capelli cortissimi che stanno ricrescendo solo ora.
Soppeso un attimo il suo sguardo per poi guardare alle sue spalle.
Una ragazza bassa e minuta sta sulla porta. Indossa solo una maglia del Manchester United, troppo larga per lei, che riconosco essere di Liam. Ha i capelli lunghi e scuri portati tutti da un lato, sulla spalla sinistra. Gli occhi sono stupendi, di un colore indefinito, sembrerebbero l'acqua verdognola ma limpida al contempo con sprazzi di grigio e di azzurro che li rendono interessanti. Due nei discreti spezzano la perfezione della sua pelle sul viso, altrimenti avrei facilmente creduto fosse una bambola di porcellana, di quelle dipinte a mano.
- Uh, vedo che ti sei divertito questa notte. - ghigno in direzione di Liam.
- È mia cugina, idiota. - dice soltanto voltandosi verso la ragazza.
Le fa cenno di farsi avanti e lei lo affianca. Lui le circonda se spalle con un braccio.
Stringo veloce gli occhi per poi riaprirli. Solo ora che è vicina noto il suo viso, piccoli lividi violacei sono ai lati del suo viso quasi stampati con forza da uno schiaffo violento.
- Lou? - mi chiama Liam.
- Mmm, si? -
- Dovresti tornare a casa... -
- No. No e no. Se mia madre mi vedesse in questo stato la deluderei troppo. -
- Va bene, chiamo Harry. - dice soltanto per poi prendere il telefono.
Digita veloce il numero per poi togliere il braccio dalle spalle della cugina e uscire per la telefonata.
Lei mi lancia un’occhiata spaventata.
- Ehi piccola, mica ti mangio. - ridacchio e salto giù dallo sgabello. Le passo davanti mentre lei è ancora ferma nell'esatto punto in cui Liam l'ha lasciata.
Apro l'enorme frigorifero e tiro fuori una bottiglia d'acqua naturale. Ne tracanno minimo metà prima di posare di nuovo gli occhi sulla ragazza.
- Vai alla Costance? - le chiedo tentando di intavolare un discorso. Lei scuote la testa per dire "no" e basta.
- Ma ce l'hai la lingua? - chiedo di nuovo.
- Sì, scusa. -
- Non ti scusare dolcezza. - le lascio un sorriso e poi mi risiedo con la testa tra le mani.
- Quindi che scuola frequenti? -
- La scuola pubblica, quella sulla strada principale. - sorride e si siede di fronte a me.
Dio quanto è bella.
A risvegliarmi dai pensieri poco casti che sto facendo ci pensa Liam.
Ho ancora un gran mal di testa e gli occhi bruciano da morire.
- Ha detto di stare qui a riposarti e di andare a prenderlo all'una quando esce da scuola. - mi lancia un'occhiata.
- Leeyum? - lo chiama la cugina.
- Si cucciola? - domanda avvicinandosi a lei.
- Dovrei farmi una doccia e poi passare a casa per prendere i libri. - ribatte la ragazza.
- Ti accompagno io, inizia a lavarti. - le sorride e le bacia la fronte, poi la figura minuta sparisce dalla cucina.
- Quanti anni ha? - domando una volta assicuratomi che sia ben lontana.
- Diciotto. Non la devi toccare, altrimenti ti spezzo le gambe. -
- Ehi amico, sta calmo. - dico alzando le mani in segno di resa.
Ora che Liam mi ha vietato esplicitamente di interessarmi alla cugina inizia a diventare ancora più desiderabile.
 
Il rumore del frigo che si apre e si richiude mi risveglia dal dormiveglia in cui sono caduto. Mi accorgo distrattamente della ragazza che beve del succo d’arancia a occhi chiusi. Posso notare meglio le sue curve e il prosperoso seno accentuati meglio dalla divisa scolastica che non dalla maledetta maglietta larga che indossava ieri.
Il maglione grigio è molto aderente e il colletto della camicia che spunta appena in maniera ordinata da l’idea esatta di cosa quei vestiti celino. Le calze collant nere sono aderenti e fasciano a perfezione le gambe magre, la gonna a mezza coscia scozzese rossa e grigia riprende lo stemma del maglione.
- Bellezza. – la saluto quando riapre gli occhi e finisce di bere dalla bottiglia.
- Ehm… ciao… - biascica colorando le guance di rosso.
Noto un pesante strato di fondotinta e non vedo più i segni di ieri sera.
Salto giù dallo sgabello e mi avvicino a lei cogliendola alla sprovvista. Posso sentire il suo respiro uscire a piccoli sbuffi e il profumo del doccia schiuma da uomo di Liam sulla sua pelle.
- Mi piacciono le ragazze che hanno profumo maschile… - sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra.
Abbasso appena lo sguardo sulla sua scollatura per poi rialzarlo nei suoi occhi. Sembrano tutto d’un tratto di un colore diverso. Quando stamattina avevo deciso dopo un’accurata osservazione che fossero azzurri adesso giuro di rimangiarmi ogni parola. Sono verde acqua, cristallino, come un ruscello di montagna che scorre.
Passo le dita sul suo viso e la vedo serrare le labbra e chiudere gli occhi, terribilmente spaventata dal mio tocco.
Approfitto della sua mancanza di visuale e le sfioro appena le labbra in quello che non si dovrebbe nemmeno avere il diritto di chiamare bacio. Lei spalanca subito gli occhi.
La sua espressione pare quasi sconvolta, subito le si colorano le pallide guance anche sotto lo strato di trucco che indossa.
E’ così innocente, così pura.
La voglio, troppo.
 

 
Mi avvio verso l’armadietto che mi è stato assegnato guardando distrattamente l’orario. La prima ora segna scrittura creativa.
Mi avvio verso l’aula indicata consapevole di essere largamente in anticipo.
Ricordo che quando avevo quattordici anni ero prossima a iscrivermi a questa scuola.
Passo davanti al laboratorio di scienze e svolto l’angolo. Mi ritrovo davanti alla porta dell’aula. Prendo un respiro profondo ed entro, sperando che non ci sia nessuno.
L’aula è quasi vuota, eccetto due ragazze che siedono in un gruppo di tre banchi. Abbasso lo sguardo e lascio che i capelli rossi mi coprano il viso.
Posso sembrare molto spavalda se mi si conosce bene, ma al primo momento sono sempre in panico totale, posso essere quasi timida, aggettivo che tutti mi tolgono appena entrano in confidenza.
Riavvio una ciocca di troppo dietro l’orecchio e mi siedo a un banchetto singolo vicino alla finestra. Estraggo dalla tracolla nera un blocco note e inizio a scribacchiare frasi sconnesse delle quali nemmeno io sono certa.
Posso percepire le ragazze dietro di me chiacchierare con discrezione, poi tutto ad un tratto si fermano e una delle due si avvicina al mio banco.
- Sei nuova? – domanda la ragazza dai capelli scuri.
Soppeso un attimo lo sguardo sulla sua figura per poi sorridere timidamente.
- S-si. – incespico nelle mie stesse parole senza nemmeno volerlo.
Odio la facilità con la cui perdo di carattere durante i primi incontri.
- Se vuoi, puoi sederti dietro con noi, sempre se ti va. – risponde lei sorridendo.
Lancio uno sguardo alla ragazza dietro di me che mi sorride per poi tornare a guardare lo schermo del suo telefono.
- Oh, grazie… - ripongo il blocco note nella cartella, ma proprio mentre sto per alzarmi, mi accorgo della foto che è scivolata fuori dalle pagine.
La ragazza si china a raccoglierla prima che possa in qualche modo acciuffarla.
- Come fai ad avere questa foto? – mi squadra dall’alto al basso.
- Siamo io e un mio amico da piccoli. – dico soltanto abbassando lo sguardo imbarazzata.
- Conosci Harry? – domanda scioccata.
- S-si. – balbetto solamente.
- Che sciocca, non mi sono presentata! Simonne! – mi sorride e torna a sedersi accanto all’amica.
La seguo e occupo posto al banco rimasto libero al suo fianco.
 
Prendo un profondo respiro e bevo un sorso d’acqua. Sciolgo i capelli, li pettino e li lego di nuovo in una treccia scompigliata.
Cambio i pantaloncini e rindosso il jeans con il quale sono entrata in palestra. Caccio tutto a forza nella mia sacca ed esco dallo spogliatoio.
Simonne mi aspetta con l’altra ragazza, che ho scoperto chiamarsi Claire, seduta sugli spalti. Sorridono radiose e si alzano venendomi in contro.
- Ti siedi al nostro tavolo? – domanda la bionda sorridente.
- Se non do fastidio… -
- Ma ti pare! – ribatte con enfasi la mora.
Le conosco da poche ore ma posso giurare di non aver mai visto due persone in sintonia come loro.
Ci incamminiamo verso la mensa scolastica, una volta entrati ci mettiamo in fila e prendiamo sui vassoi le nostre razioni di cibo. Sorrido a Simonne quando vedo i quintali di cibo che mette sul suo vassoio e lei m’invita a provare i crostini al posto del pane, dicendo che quest’ultimo è alquanto secco.
Ci avviamo verso un grande tavolo, abbastanza al centro della stanza.
Quando siamo ormai, a pochi passi dalla tavolata mi blocco.
Quel sorriso. Quelle fossette. Quegli occhi verdi. Li riconoscerei ovunque.
Lui alza lo sguardo verso la mora che ormai ha raggiunto il suo posto e le lascia un piccolo e casto bacio sulla guancia.
Sposta lo sguardo alle spalle della ragazza e incontra il mio.
Posso giurare di aver visto le fossette scomparire, gli occhi allargarsi e la bocca socchiudersi.
Come in trance ignora il discorso che la mora ha iniziato e si alza venendo verso di me a passo deciso.
Temo quasi ciò che possa fare, appunto per questo faccio un passo all’indietro.
Mi è ormai di fronte, così addosso che solo lo spazio occupato dal vassoio ci separa.
- Els? – chiede come in una preghiera.
Annuisco solo con il capo per poi rimanere sconvolta dal piccolo bacio che posa sulle mie labbra, delicato, leggero, quasi inesistente.

Hello


Zao belli e belle!
Sono un po' in crisi perchè ho avuto solo 3 recensioni. t.t 
Non so se continuare o meno questa storia, di conseguenza fatemelo sapere nelle prossime recensioni. Gradirei vedere molti più pareri sia sulla trama che sul mio modo di scrivere e organizzare la storia perchè veramente non riesco a capire se sta uscendo bene o meno. 
I personaggi iniziano ad uscire piano piano e poco alla volta si rivelerà anche l'intreccio che lega tutti loro. Qui già abbiamo capito che Ellen andrà a scuola con Harry, che è amico di Simonne e che Louis e Liam lo conoscono. Simonne è cugina di Liam e Louis è un po' un ragazzo mondano e donnaiolo per così dire.
Vi lascio sempre una domanda: Perchè questi due baci? 
MIAHAHAHHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHA
Ringrazio Sarry che mi sopporta sempre. Passate a leggere la sua storia: Like it loud.
Me la lasiciate una recensione?

Baci.
#Honey.
  
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