Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Roxar    12/03/2013    9 recensioni
Lui sa che lei non sa.
«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose».
Lei non sa che lui sa.
«Chi mai potrebbe mandarti questi telegrafici post-it anonimi, Lily? Sicura che non sia una trovata di “Vanity Witch”?»
Lui sa e non ci sta.
«Violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».
Lui sa ma non ce la fa.
«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola».
---
Dal capitolo 2: PS: La tua fantasia è come te: imbarazzante.
Dal capitolo 4: «Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».
Dal capitolo 5: Da quel giorno, la sessualità di Sirius Black venne ampiamente messa in discussione.
Dal capitolo 8: «Puoi evitare di svenire? Ho bisogno di conforto».
Dal capitolo 9: «Vuoi complimentarti per la mia ragazza-procione?»
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Wolfstar'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuova pagina 1

 

14. Capitolo XIII.

Altrimenti ci arrabbiamo. E contribuiamo a tenere alto il morale di Hogwarts.

 

 

 

 

Fu Sirius a sobbarcarsi il peso del corpo esanime e nudo di Remus.

Esausto e graffiato in ogni dove, poteva sentire la spalla di Remus contrarsi in spasmi di dolore e poteva sentire il sangue bagnargli la maglietta.

Aveva davvero esagerato.

Remus aveva iniziato a correre verso valle e lui aveva spiccato un ampio balzo, stringendogli la spalla tra le fauci aguzze. Il sangue gli era schizzato sul muso e sui denti; il suo sapore e la sua consistenza erano raccapriccianti.

Sperava che, con l’avvento del mattino, lo squarcio sarebbe guarito o che, quanto meno, la ferita avrebbe smesso di lacrimare.

L’unica magra consolazione che aveva ricevuto, invece, era stato un rallentamento dell’emorragia, che si era ridotta ad un sottile rigagnolo cremisi.

 

«Remus... svegliati... siamo quasi... a casa» ansimò pesantemente e i crampi alle braccia si fecero insopportabili. Depose Remus contro una panchina e quando si fu scaricato del suo peso, il dolore ai muscoli già stanchi gli fece lacrimare gli occhi.

Lo scosse piano, ma il corpo inerte di Remus scivolò, impattando contro il marciapiede.

 

«Oh, caz... Remus, stai bene? Svegliati, dai. Sveglia!» lo schiaffò fu così forte che Remus rinvenne con un sobbalzo violento.

 

«Che... che...» farfugliò prima di tossire.

 

«Colpa mia. Dai, rimettiti in piedi; siamo quasi arrivati».

 

Faticosamente, Remus ritrovò un proprio, precario equilibrio, appoggiandosi alla spalla di Sirius.

 

«Ho... ho...?»

 

Sirius scosse la testa.

 

«Ti ho tenuto lontano dal paese, ma ti ho quasi strappato via il braccio».

Solo allora Remus parve consapevole del sordo pulsare appena sotto il collo, appena sopra al braccio sinistro.

 

«Ahi. Fa male».

 

«Dai denti di un cane non puoi pretendere carezze e solletico. Muovi il culo, dai... ecco, solo questi gradini... oh, bene, ce l’abbiamo fatta».

 

Aprirono piano la porta di casa. Suo padre era già andato via e sua madre dormiva ancora mentre l’alba si arrampicava sui tetti delle case e sulle guglie delle chiese.

Arrancarono sino alla sua camera. Fecero appena in tempo a chiudere la porta che entrambi caddero addormentati e feriti sul pavimento.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

«Quando tornerà a trovarti, il tuo ragazzo?»

 

«Mamma», sbottò, alzandosi in piedi con tanta foga che la sedia si capovolse sul pavimento, «non è il mio ragazzo, fattene una ragione. Io e lui ci detestiamo; anzi, io detesto lui» aggiunse.

 

«Ma mi è sembrato un così educato ragazzo».

 

«Ti è sembrato male, allora» ma chissà perché, Lily suono falsa perfino alle proprie stesse orecchie.

Difatti, sua madre le scoccò un’occhiata sbilenca e sospettosa.

 

«Inizia a preparare le tue cose, piuttosto; dopodomani dovrai tornare ad Hogwarts».

Sua madre non si preoccupava neppure più di celare l’amarezza.

Amava Lily e odiava saperla così lontana da casa per così tanto tempo. Lily ne fu talmente intenerita che l’abbracciò velocemente.

 

«Sarà l’ultima volta, mamma; poi ti prometto che staremo insieme sempre, quando avrò un lavoro».

 

«Speriamo che quel giorno arrivi preso, allora» mormorò la donna, baciando quindi la guancia della figlia.

 

«Vado a comperare il giornale per papà, d’accordo? Ci vediamo dopo».

 

La primavera aveva deciso di sferrare l’attacco all’inverno nel buio della notte. E aveva vinto. L’aria era dolce, profumata quasi e il sole picchiava sull’asfalto, tiepido e piacevole.

Perfino gli alberi sembravano avere più foglie del giorno precedente.

Camminare la metteva di buon umore e l’aiutava a lasciare i pensieri per strada.

Ma Potter era più tenace di tutto. Lui le restò così saldamente ancorato addosso che Lily rischiò di essere investita da un ciclista e azzannata da un grosso cane sfuggito al padrone.

La verità era che da quando le aveva recato visita, Lily non riusciva a non pensare  a lui.

Non ci pensava in termini romantici, sia ben chiaro.

Stava, invece, procedendo con una lenta e obiettiva rivalutazione, avanzando con opportuna cautela.

Così, poco per volta, imparava a scartare un difetto e rimpiazzarlo con un pregio.

Ma Potter, peccato per lui, non aveva molti pregi.

Pertanto, i difetti scartati furono nettamente inferiori a quelli non scartati.

Stava ancora spulciando qualcosa da rimpiazzare con un pregio quando li vide, acquattati in un vicolo fetido e umido.

 

Riconobbe Severus dalla postura lievemente curva e dalla movenza delle sue braccia ancora prima che lui parlasse.

Un giovane, ammantato di nero, mosse la testa e Severus si voltò. Biascicò qualcosa alla sua ghenga, sollevando un braccio per indurli alla calma.

Tentò quindi un sorriso, ma Lily lo stroncò sul nascere: riprese a camminare, il giornale ben stretto al petto.

 

Quando imboccò il viale di casa fu conscia del cuore che batteva precipitosamente. La paura fluì in ritardo, lasciandola stordita e tremante.

Si ripeté che non c’era nulla da temere, che ormai era a casa.

Poi, casualmente, lo sguardo cadde sulla prima pagina del quotidiano.

 

 

Nuova, inspiegabile morte

Settantenne rinvenuta esanime nella sua abitazione. I familiari: “Era in perfetta salute, non riusciamo  a capire”

 

 

E gli occhi di Lily traboccarono di paura.

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Remus sussultò e indietreggiò, rischiando di inciampare nel vecchio tappeto.

Boccheggiò per qualche secondo, indeciso se fissare le sue scarpe, la porta o chi aveva davanti.

 

«Posso entrare?»

 

Per riempirmi nuovamente di botte?

 

«Sì... ehm, sì, certo» si scansò, appiattendosi contro il muro per lasciarlo passare.

Una distanza esagerata, una reazione stupida.

Remus non aveva mai avuto paura di lui; lo aveva conosciuto come un ragazzo sì impulsivo e caparbio, facile al diverbio, ma mai violento.

Con i suoi occhiali tondi posati sul naso, i capelli scompigliati e il viso da ragazzino, non era mai riuscito ad incutergli timore, neppure quelle rarissime volte in cui si erano punzecchiati, alzando i toni. Ma perfino allora, c’era sempre un fondo di divertimento nelle loro voci.

 

Seguendo le norme della buona educazione, lo invitò a sedere al tavolo, domandando poi se gradisse qualcosa da bere o da mangiare.

L’ospite declinò.

 

Quando Remus prese posto, attese che fosse l’altro ad avviare il discorso. Ma James Potter se ne stava con le mani sul tavolo, intrecciate, e gli occhi puntati su esse.

Remus era incapace di reggere tanta tensione. Perciò trasse un gran respiro e fece per parlare, ma James s’alzò in piedi e attese, probabilmente, che anche lui lo facesse.

Eccoci. Spero non faccia male quanto il morso di Sirius.

Riluttante, strisciò letteralmente sullo schienale della sedia per potersi alzare.

 

«Senti, James, io volevo parlartene, sul serio; solo che—»

 

Lo vide avanzare a passo spedito e in due lunghe falcate lo raggiunse.

A Remus non sfuggirono le dita arcuate, come in procinto di acciuffarlo, o il viso impassibile, un po’ pallido.

Oh, questo farà un sacco male.

 

Ma fece male solo quando James lo abbracciò e la sua mano premette contro la spalla ferita.

Lo strinse così forte, come se fosse già con un piede nella fossa, come se gli stesse dicendo addio.

Ma forse, tutto quel che James stava facendo era chiedergli perdono.

 

Remus strinse i denti, augurandosi che la ferita non si squarciasse nuovamente.

E molto goffamente, ricambiò la stretta, una mano sulla spalla di James e l’altra sulla sua schiena.

 

«Mi dispiace, James».

 

«Mi dispiace, Remus».

 

E, come se fosse stato una ragazzina in preda al ciclo mestruale, Remus sbottò improvvisamente a piangere.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

Sirius rimase letteralmente paralizzato sulla soglia, il bicchiere di latte ben stretto in pugno.

Stretto così intensamente che avvertì il vetro comprimersi, prossimo a schiantarsi.

Ora, è bene avvertire i lettori che Sirius non era un tipo geloso, ma è bene anche che sappiate che a tutto c’è una prima volta.

 

In quel preciso, esatto momento, Sirius percepì un qualcosa rovente esplodergli nello stomaco e desiderò strattonare James lontano da Remus.

O forse il contrario, non era certo.

 

«Cos’è, una specie di reciproco coming out

 

Sobbalzarono entrambi e si scostarono velocemente, evitando di guardarsi.

Il viso di Remus era impiastricciato di lacrime e gli occhi erano rossi e lucidi; James invece era rosso in viso e non la smetteva di storcere le labbra. Era visibilmente imbarazzato.

 

«Sono venuto a scusarmi con Remus, come da te suggerito».

 

«Ah, però! Ce ne hai messo di tempo!»

 

«Prima ho dovuto risolvere un’altra questione; voi siete i miei unici, migliori amici e, insomma, ci sono cose che un uomo non può affrontare da solo e tutta quella roba là» tagliò corto con un cenno della mano.

 

Sirius si aprì in un sorriso raggiante.

 

«Oh, questo mi emoziona. Forza, abbracciamoci tutti insieme» esclamò, gettandosi il bicchiere pieno di latte alle spalle, che impattò contro lo stipite della porta, esplodendo.

Remus fece per dire qualcosa, ma Sirius gli fu addosso e strinse entrambi in un caloroso, inopportuno abbraccio.

 

«Ehi, Remus».

 

«Vuoi chiedermi anche tu scusa? Per il bicchiere del servizio buono, magari?»

 

«No, volevo dirti che ti sei bagnato».

 

James esplose in una solare risata e Remus fece per scostarsi, indignato.

 

«Sul serio, amico, non fissarmi cosi; la tua maglietta gronda sangue».

 

Remus volse la testa e il lezzo metallico del sangue lo aggredì. Il suo naso fu pieno di quel terribile odore e i suoi occhi rispecchiarono la macchia vermiglia sulla maglietta.

 

«Tre, due, uno...»

 

Remus inciampò nei propri piedi e perse i sensi. Sirius aveva teso le braccia ancor prima che l’amico svenisse.

James, quel buffone, era accasciato sul tavolo e rideva, quasi ansimando, quasi soffocando.

 

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

Il binario 9 e ¾ era il solito, soffocante connubio di genitori commossi e ragazzini iperattivi, ammantati in un miscuglio mal amalgamato di profumo da donna scadente, vapore e shampoo dall’aroma fruttato.

Lily Evans sgomitò per farsi largo, con i signori Evans che arrancavano nella sua scia.

Raggiunse una delle porte aperte della locomotiva rosso scarlatto e si inoltrò verso la coda del treno, fermandosi solo quando trovò lo scompartimento occupato da Marlene e Mary, le quali salutarono educatamente i suoi genitori.

Suo padre issò il baule nell’apposito alloggio e la strinse velocemente in un abbraccio amorevole: il capostazione aveva fischiato, segnalando la partenza ormai prossima.

«Ci rivediamo a giugno, papà. Ciao mamma. Salutatemi...», fece una pausa titubante, scoccando una rapida occhiata oltre il vetro lindo, dove, oltre la lastra di vetro, James Potter litigava con un ragazzino Serpeverde, «Petunia» concluse, rianimandosi.

Circa quattro minuti dopo – ma forse erano sette – il treno sussultò e sferragliò sui binari, raggiungendo poi una velocità costante e sostenuta.

«Allora», squittì Mary, adottando il classico tono da mi-aspetto-che-ti-sia-accaduto-qualcosa-di-interessante, «come hai trascorso le vacanze, Lily?»

In rapida sequenza, diversi sprazzi di ricordi si successero, tutti collegati dal filo conduttore James Potter.

«Bene, grazie. E tu?»

«Oh, deliziosamente! Ho conosciuto un ragazzo, siamo stati insieme una settimana e poi...»

Marlene e Lily si sporsero in avanti.

«E poi?»

«Be’, poi le vacanze sono finite e sai com’è, lontano dagli occhi, lontano dal cuore».

«Mary, il tuo comportamento in campo sentimentale è un tantino deprecabile, ne sei conscia?»

Mary rise sprezzante.

«Mi godo la vita. E mi sarei goduta anche Sirius Black se lui... che spreco, che spreco».

Marlene increspò il viso in una smorfia perplessa.

«Se lui cosa?»

«Se lui non fosse innamorato di...», fece una pausa strategica, di quelle che irritavano Lily almeno quanto la rottura della punta di una piuma nel mezzo di un esame, «Remus Lupin».

Marlene boccheggiò stupidamente, poi sorrise maliziosamente.

«Mary, tu ripaghi anni e anni di prese in giro da parte di quel buffone» le batté una pacca sulla gamba e scappò via.

«Hai messo Black in un bel casino, sai?» rilevò Lily; non che fosse particolarmente dispiaciuta, comunque. Era ancora certa che lui avesse spifferato a Potter che lei era a Godric’s Hollow.

«Oh, sarà interessante» mormorò lei, accasciandosi contro lo schienale e sorridendo soddisfatta.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Peter Minus entrò nello scompartimento.

Era terreo in viso e tremava appena. Ma soprattutto, teneva ostinatamente gli occhi fissi su James (che stava sciorinando parole molto poco lusinghiere sul piccolo Serpeverde che lo aveva deriso circa la sua prestazione da Cacciatore) volendo a tutti i costi evitare Remus e Sirius.

E siccome non era un tipo particolarmente vivace o loquace, sedette accanto a James, estraniandosi dalla conversazione.

«Ehi, Peter» lo chiamò Remus e balzò in piedi così bruscamente che la testa impattò contro il tettuccio.

«Peter? Stai bene?»

«Io... sì... certo... come no» emise una risata roca, forzata e penosa.

«Peter», iniziò Sirius, sporgendosi in avanti, «io so riconoscere l’amore. E i tuoi occhietti annacquati mi dicono che tu sei innamorato. No, no, non guardarmi a quel modo! Davvero, noi siamo tuoi amici. Allora, chi è lei?»

Peter Minus arrossì sino alla punta dei suoi capelli biondicci.

«No, Sirius, non è... non sono innamorato. È che... senti», esplose ed indicò lui e Remus, «sta girando una voce sul treno, su voi due. Ne parlano tutti» calcò sulla parola tutti con una certa drasticità che allarmò Sirius, il cui viso virò in una delicata sfumatura di giallognolo.

«Quale voce?» domandò Remus, perfettamente padrone di sé e con il naso ancora affondato nel romanzo che stava leggendo; sorrideva appena, rilassato.

Peter, nel mentre, tendeva in maniera preoccupante al violaceo. James lo squadrò, ipotizzando che stesse per avere un colpo aploplittico o come diavolo si diceva.

«Ecco... bene... dicono che voi due, insomma, che state insieme e che Sirius», e qui lo guardò di sottecchi, accartocciandosi un po’, «abbia rifiutato Mary Macdonald perché è innamorato di te, dicono che lui stesso lo abbia... confessato».

Remus sorrideva ancora quando il libro precipitò sul linoleum. Fissava un punto imprecisato del vuoto e i suoi tratti facciali parevano come congelati.

Il viso di Sirus invece aveva dato il colorito giallognolo in permuta, acquistandone uno grigiastro e decisamente meno gradevole.

«Ah, be’», iniziò James, giulivo, «guardate il lato positivo: adesso la verità è di dominio pubblico e non dovrete più nascondervi».

Sirius e Remus gli furono addosso in un amen.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

La cena fu particolarmente squisita quella sera.

Ovviamente, la squisitezza culinaria era inversamente (molto, molto inversamente) proporzionale alla squisitezza d’animo che si respirava in un preciso punto di un preciso tavolo.

Anzi, in due punti.

Lily non aveva dubbi sulla natura di quella scelta. Sirius Black sedeva al capo sud e Remus Lupin a quello nord.

Peccato che nel mezzo sostasse una notevole quantità di studenti che fissavano ora l’uno, ora l’altro, proprio come se stessero guardando una partita di tennis di rilevante importanza.

I più arditi addirittura commentavano, correndo il rischio di ritrovarsi coperti di zuppa o con un bicchiere misteriosamente incastrato tra i denti.

E se Remus si sforzava di mangiare e assumere un atteggiamento tranquillo, Sirius Black era così furioso che il campo magico sopra la sua testa era alterato; così, mentre su tutta la sala splendeva un cielo trapunto di stelle, su di lui giacevano grossi cumuli di nubi, attraversate da frequenti scariche elettriche. Una di queste colpì James, per inciso.

Poi, la già precaria situazione degenerò quando Joseph Edison ricordò ai suoi vicini di quell’incidente avvenuto al terzo anno, sostenendo che erano destinati sin da allora.

Sirius fu dominato da un istinto animalesco che lo spinse a balzare sul tavolo, percorrerlo a carponi – travolgendo tutto ciò che intralciava il suo passaggio – e gettarsi infine sul malcapitato Edison.

La colluttazione ebbe vita breve.

Silente intervenne prontamente e i risultati furono: una sgridata collettiva a tutti i presenti in sala; cinquanta punti sottratti al signor Black; una punizione a tempo indeterminato al signor Black motivata dalla recidività dei suoi attacchi fisici e verbali; dieci punti sottratti ad ogni Casa per aver incoraggiato così spudoratamente la colluttazione (qualcuno, mentre i due scalciavano e si agitavano, aveva preso a ripetere: “Botte, botte, botte! Ragazzi, apriamo le scommesse!”); una punizione di giorni tre al signor Lupin per aver afferrato un pugno di pudding e spalmato sul viso di uno dei compari di Edison; una punizione al signor Potter di giorni cinque per aver colpito anch’egli Edison (le cose in realtà erano andate così: James si era alzato con l’intenzione di dividere i due, ma Edison gli aveva sferrato un calcio nello stinco così doloroso che, dopo averlo apostrofato in maniera piuttosto pesante, James aveva reagito d’istinto e allontanato a calci il piede del ragazzo); una punizione di giorni quindici al signor Edison per aver provocato la rissa (e qui gli studenti si divisero; alcuni sostenevano che era stato Sirius ad iniziare, altri Edison; altri ancora tirarono fuori il nome di Potter perché, qualunque cosa accadesse, Potter c’entrava sempre); una punizione di giorni tre alla signorina Evans per non aver adempiuto al suo compito di Caposcuola (alla domanda: “Signorina Evans, lei sapeva dell’atmosfera al suo tavolo e dei pettegolezzi che stavano circolando?” aveva ingenuamente risposto di sì e questo le era costato una punizione; in realtà Lily non ci aveva capito assolutamente nulla ed era rimasta immobile e sgomenta mentre tutti gridavano e incoraggiavano Sirius e Edison a picchiarsi).

 

Tutto sommato, comunque, non fu una serata affatto noiosa.

 

 

 

 

°        °        °

 

 

 

 

Silente decise che James, Lily e Remus avrebbero scontato la punizione assieme, accomunati dal fatto che i loro ruoli all’interno della gerarchia di Hogwarts non erano stati soddisfatti.

Nessuno dei tre si premurò di ribattere o mettere sul tavolo le presunte prove a discolpa.

È bene specificare che, nello studio ovale di Silente, l’atmosfera era molto, molto tesa. A renderla tale contribuiva maggiormente la presenza della McGranitt, più arcigna e severa del solito.

James e Lily, in momenti diversi, l’avevano sorpresa a fissarli con astio, come se stesse rimuginando su qualche loro ingiuriosa malefatta. Ma né l’una né l’altro arrivarono alla soluzione del mistero.

«Tornate nei vostri dormitori, adesso; confido che la notte vi porti consiglio e magari un po’ di saggezza» buttò Silente, agitando blandamente la mano.

I tre sfilarono via in processione, le spalle curve e gli occhi piantati sul pavimento (quelli di James erano piantati un po’ più su, a dire il vero, su un punto ben preciso della gonna di Lily).

«Sentite», li affrontò di petto Lily, quando furono fuori dalla portata dei professori, «Black è fuori controllo; fate in modo di tenerlo al guinzaglio, avete capito?»

James e Remus si scambiarono uno sguardo che sottintendeva tante cose, riassumibili in: piccola, ingenua, Lily; cosa pensi abbiamo fatto negli ultimi sette anni?

«Sirius ha un forte problema di rabbia repressa; è una creatura incompresa, scaraventata in un mondo che non lo vuole, che ha sofferto da qua-»

«Stai per caso facendo di Sirius un martire?» domandò Lily, la cui domanda in realtà voleva dire: Sirius ha un forte problema di rabbia repressa e tu un forte problema di imbecillità patologica.

«Senti, Evans, io e Remus abbiamo una vita

«Senti, Potter, a me la questione non interessa, se proprio ci tieni; ma vorrei tanto evitare altre punizioni».

«Eh, già; povero il tuo curriculum scolastico» la provocò.

«Ti saluto».

La velocità con cui Lily abboccava alle provocazioni era sinceramente deliziosa.

La vide ancheggiare via, quasi a passo di marcia, stizzita.

«Non sarebbe, non so, il caso di smetterla?» intervenne finalmente Remus, dopo aver a lungo taciuto.

«Dovremmo tutti smetterla, in effetti».

Si incamminarono al dormitorio.

«Cosa intendi?»

«Ma sì; tu, Sirius, la vostra tensione sessuale...»

«Non c’è nessuna tensione sessuale!»

«... il vostro girarvi intorno dal terzo anno...»

«Nessuno gira intorno a nessuno!»

«... la facilità con cui reprimete i vostri sentimenti...»

«Non reprimiamo un bel niente, James!»

«... la pessima abitudine di interrompere qualcuno mentre parla...»

«Ma... oh» tacque, un po’ imbarazzato dallo sguardo severo di James.

«Senti», si risolse infine, afferrandolo per le spalle, i loro visi vicini, «è ora che tu e Sirius chiariate questa cosa. E gli altri vogliono parlare? Che lo facciano!»

CLICK!

Si voltarono immediatamente, nello stesso momento, ma fu troppo tardi: Adam First aveva già scattato la fotografia e stava scappando a gambe levate, seguito dalla sua ghenga.

«Credo», iniziò James, raddrizzandosi, «che questo a Sirius non piacerà».

 

 

 

 

 


  

 

NdA: Incredibile, ma ce l'ho fatta!

Sul filo del rasoio, ma ce l'ho fatta, ooooooh yeah!

Detto ciò, come vedete, stavolta ho deciso di buttarmi su un capitolo old-style, nel senso che presenta forte ironia e, si spera, momenti divertenti.

Ah, mi pare giusto avvertirvi che questa storia, giunti a questo punto, avrà vita breve perché: a) sarebbe già dovuta finire secoli fa; b) Lily&Co sono in Aprile e la scuola finisce a Giugno; c) il tempo per scrivere è sempre di meno. Quindi, tra tre, al massimo quattro capitoli, la storia finirà.

Ve lo dico così siete preparati, insomma.

E niente, mi congedo dato che al momento non ho altro da dire, il mal di testa mi sta pungolando impietosamente e la mia canA deve mangiare.

Alla prossima!

 

 

 

Passo e chiudo.

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Roxar