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Autore: Clairy93    13/03/2013    10 recensioni
Trieste. 1942.
Nel pieno di una guerra all'apice della sua degenerazione, i destini di due giovani, Massimo e Vera, si incroceranno in una calda giornata di settembre. Lui, giovane tenente dell'esercito italiano. Lei, diciannovenne ebrea.
Una storia di sacrifici, di dolore e paura dalla quale però l'amore può trionfare persino sulle ideologie inconfutabili e sui pregiudizi.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mi avevano portato via anche la luna'
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Una brezza leggera entra dalla finestra aperta della camera.
Sbatto le palpebre e sorrido sognante. Pensare a Massimo rende il mio risveglio più dolce e mi travolge di un’energia nuova che ancora stento a tenere a freno.
Mi alzo e mi sorprendo nel porre particolare attenzione agli abiti da indossare, anche se la mia scelta è piuttosto ridotta per le nostre condizioni economiche non troppo propizie.
Al fine opto per un grazioso abito rosa antico che mi ero quasi scordata di possedere e mi dirigo in cucina, salutando felicemente la mia famiglia.
“Ma come siamo allegre questa mattina!” dichiara zia Baba, alzando lo sguardo e sorridendomi dolcemente.
“E quel vestito?” chiede mamma incredula “E’ una vita che provo a convincerti ad indossarlo ma lo hai sempre disdegnato.”
“Non è mai troppo tardi per cambiare idea mamma.” la bacio sulla guancia e mi osserva alquanto divertita.
“In ogni caso ti dona Vera, sei bellissima.” afferma mia madre, sistemando le maniche un poco arruffate per passare poi ai capelli “Dovresti legarli, si vedrebbe meglio il colore dei tuoi occhi tesoro.”
“Dai mamma!” mi scosto imbarazzata “Non è il momento delle tue lezioni di stile. Per di più sono già in ritardo, devo scappare.”
Afferro un biscotto dal contenitore sul tavolo e lo sgranocchio rapidamente.
“In ritardo per cosa?” domanda papà piuttosto interessato.
“Mi vedo con…Elena, la ragazza con la quale lavoro per il signor Tommasi.”
Incrocio lo sguardo serio ed eloquente di zia Baba, la quale ha indubbiamente intuito il motivo della mia bugia. Eppure ha mantenuto la nostra promessa. Non ha rivelato niente ai miei genitori riguardo la notte in cui mi ha scoperta uscire di nascosto, nonostante io sappia perfettamente quanto per la zia sia terribile mentire.
“Ah sì, mi hai parlato di questa tua amica. Ultimamente esci davvero più spesso Vera.” afferma papà, accarezzandosi la barba.
Fingo di non aver sentito e mi dirigo all’uscita.
“Ma non fai nemmeno colazione Vera?” chiede mia madre preoccupata.
Prendo un altro biscotto e le sorrido, tuttavia mi guarda poco convinta.
Riesco a sviare ulteriori domande e finalmente esco di casa.
“Vuoi dirmi dove stai andando Vera?”
Mi volto e scorgo Gabriele a pochi passi da me, inflessibile e con un’espressione particolarmente seria in volto.
“Vi ho appena detto che esco con Elena!” gli rispondo spazientita.
“Non penserai veramente che io creda a questa fesseria.”
Adoro mio cugino, ma vorrei strozzarlo ogni volta che assume quest’atteggiamento ossessivo nei miei confronti.  
“Sei incredibile Gabriele! Ogni volta che mi allontano da casa dovrei temere un tuo interrogatorio?”
“Se non hai niente da nascondere verrò con te. E mi presenterai la tua amica.”
“No!” urlo preoccupata.
Provo con scarsa abilità a celare la preoccupazione che nel frattempo mi assale. Tuttavia il sorriso soddisfatto che appare sul volto di Gabriele, non mi permette certo di fingermi rilassata.
“Voglio dire…noi ci vediamo tutti i giorni Gabriele.” tento di spiegargli, cercando disperatamente di risolvere il danno commesso “Ricordi quando mi dissi che ti sentivi soffocare? Lo stesso vale per me, anch’io ho bisogno di qualche momento per stare da sola. Mi capisci?”
Gabriele abbassa lo sguardo sospirando tristemente e nascondendo le mani in tasca.  
“D’accordo, fai come vuoi Vera…”
“Grazie Gabriele, sei sempre tanto carino a preoccuparti ma non è necessario.”
Lo abbraccio e lo bacio sulla guancia. Gabriele arrossisce ma tenta dolcemente di nasconderlo mentre rientra in casa.
Tiro un lungo sospiro di sollievo e mi allontano rapidamente.
Dopo qualche passo, scorgo con mia grande sorpresa Massimo e ringrazio il cielo che Gabriele non abbia insistito ad accompagnarmi. Se avesse visto Massimo non so che spiegazione sarei riuscita a inventarmi sul momento. Avrei dovuto improvvisare, ancora una volta. E ho notato che mi viene alquanto spontaneo in questo periodo.  
“Cosa non fai pur di impedirmi di raggiungere la caserma!” dico a Massimo, richiamando la sua attenzione.
Sorride raggiante e mi accoglie tra le sue braccia.
“Ero indeciso se bussare alla tua porta.”
“Ma sei matto?!”
“Perché ti sorprendi tanto Vera? Mi piacerebbe conoscere i tuoi genitori.”
Massimo i
ntanto cerca le mie labbra, tuttavia mi allontano leggermente per guardarlo negli occhi e richiamare la sua attenzione.
“Massimo ne abbiamo già parlato, voglio aspettare.”
“Pensi di nascondere la nostra relazione ancora per molto Vera?”
“No, non sarà per sempre. Solo fino a quando sarò certa che i miei genitori non impazziscano nell’apprendere la notizia.”
“Qualcosa mi fa presumere che mi terrai nascosto alla tua famiglia per molto tempo…” afferma Massimo, enfatizzando le ultime due parole.
Gli sorrido e lo bacio sulla guancia. Massimo prende prontamente il mio viso tra le mani e posa le sue labbra sulle mie.
“Non voglio nasconderti Massimo.” gli dico cercando di stabilizzare i battiti incalzanti del mio cuore “Ma non credo sia il momento adatto. Non capisco perché sei così interessato a conoscere i miei genitori...”
“Ed io non comprendo perché sei tanto contraria Vera. Voglio solo rassicurarli e convincerli che la loro amata figlia è in ottime mani.”
“Questo ancora non posso dimostrarlo per certo.”
Massimo mi guarda fintamente indignato, ma scoppiamo entrambi in una risata allegra. Mi imprigiona tra le sue braccia baciandomi il collo e lancio uno grido divertito quando mi morde giocosamente il lobo dell’orecchio.
Attiriamo immediatamente l’attenzione dei passanti che ci scrutano insistenti, alcuni piacevolmente incuriositi e altri alquanto irritati.
“Vera per piacere! Ma pensa che figuraccia mi tocca fare!” mi provoca Massimo, mentre trattiene una risata.
Provo ad allontanarlo ma evidentemente non m’impegno a sufficienza poiché ne approfitta per stringermi e baciarmi. E come potrei oppormi?

Mentre percorriamo tranquillamente le vie di Trieste, scorgo Elena intenta ad osservare una vetrina di un negozio.
Mi allontano da Massimo e raggiungo svelta la mia amica.
“Cosa ci fai qui Vera?” chiede felicemente sorpresa, appena mi vede correrle incontro.
“Sto facendo una passeggiata con Massimo! Ho promesso che te lo avrei presentato e finalmente è arrivata l’occasione.”
Un sorriso raggiante appare sul volto di Elena che agita entusiasta le mani.
La afferro per un braccio e ci voltiamo ridendo allegramente, trovando Massimo davanti a noi.
“Elena, lui è Massimo. E Massimo, questa è la mia migliore amica Elena.”
La reazione di Elena non è esattamente quella che immaginavo.
Ero pronta a grida vivaci, abbracci e salti di gioia. Invece la sento irrigidirsi e il suo sorriso scompare improvvisamente.
Esamino Massimo osservare inspiegabilmente inquieto Elena.
Appena si accorge della mia espressione confusa di fronte a quella scena insolita, Massimo mi sorride distogliendo lo sguardo da Elena che lo fissa insistentemente.
“…Vi conoscete per caso?” chiedo titubante, provando a interrompere quell’atmosfera gelida di sguardi.
Non ricevendo alcuna risposta, do un colpetto a Elena che pare finalmente destarsi, ponendo fine a quel persistente contatto visivo con Massimo.
“No…non credo proprio.”
Elena gli porge pigramente la mano e Massimo la stringe.
“Forse ci siamo incrociati da qualche parte, Trieste non è poi una città così estesa. Vera mi ha parlato molto di te Elena.”
“Sì…anche lei di te.”
Ripiomba un silenzio imbarazzante. Mi avvicino a Massimo e mi stringe a sé.
“Elena, se ha voglia puoi venire con noi. Facciamo una passeggiata.”
“No Vera, ti ringrazio.” Elena abbozza un sorriso “Ho alcune commissioni importanti che non posso rimandare. Vi auguro un buon pomeriggio. E divertitevi…”
Lo ammetto, il mio era un semplice gesto di cortesia. Se avessi dovuto sopportare questa situazione imbarazzante ancora per molto, probabilmente sarei corsa a nascondermi.
Elena mi abbraccia rivolgendo un ultimo sguardo fulmineo a Massimo e si allontana rapidamente.
“Non capisco, di solito Elena è sempre così allegra.”
“Magari non si sentiva tanto bene oggi.” ipotizza Massimo.
“Non credo, prima sembrava così entusiasta di conoscerti.”
“Forse non le ho ispirato molta fiducia.”
“Ne dubito…Tu sei davvero sicuro che non vi siate mai incontrati?”
“Vera te l’ho già detto, mi avrà visto da qualche parte. Io proprio non me la ricordo.”
“Eppure da come ti guardava sembrava che Elena ti conoscesse molto bene…”
“Si sarà confusa con un altro, può capitare.”
Abbasso lo sguardo e sospiro tristemente.
“Dai Vera, non farne un dramma. Domani chiederai spiegazioni alla tua amica e scoprirai che le tue preoccupazioni sono infondate.”
Su quest’ultima affermazione non sono del tutto convinta ma preferisco non rivelarlo. Dopotutto io confido in Massimo e so che non avrebbe motivo di mentirmi.
“Forse hai ragione tu Massimo. Non devo preoccuparmi inutilmente.”
“Brava.” mi bacia i capelli e mi stringe dolcemente a sé “Dai ti riaccompagno a casa.”

*
Si conclude un’altra giornata estenuante di lavoro e non ho nemmeno la consolazione di poter vedere Massimo questo pomeriggio.
Elena non si è presentata al lavoro oggi, problemi di salute mi ha riferito il signor Tommasi. Conoscendo Elena, mi sarei aspettata una scusa più elaborata per giustificare la sua assenza. E’ ovvio, la ragione di questo suo inspiegabile comportamento sono io ma vorrei poterle parlare per comprenderne appieno il motivo.
Attraverso il vialetto svogliatamente quando, con immenso stupore, scorgo Massimo e a stento riesco a contenere la mia felicità nel vederlo.
“Avevi detto che oggi non ci saremo visti!”
“Volevo farti una sorpresa. Se preferisci che me ne vada…”
Scuoto lo testa repentinamente e lo abbraccio forte per impedirgli di allontanarsi. Mi rifugio nel suo petto accogliente e Massimo mi stringe dolcemente a sé  
“Sono tanto felice di vederti Massimo…”
“Anche io piccola.” dice accarezzandomi i capelli “E allora perché hai quell’espressione così malinconica?”
“…Elena non è venuta al lavoro oggi.”
“Non sapevo lavoraste insieme...”
“Da qualche anno ormai, ci siamo conosciute proprio in questa casa.”
“D’accordo, la tua amica oggi non si è presentata al lavoro. Perché ciò dovrebbe turbarti Vera?” mi chiede perplesso.
“Il signor Tommasi mi ha riferito che Elena ha avuto dei problemi di salute e non sarebbe venuta.”
“Questo dunque conferma la mia teoria!”  
Guardo Massimo piuttosto dubbiosa e mi sorride.
“Ricordi quando abbiamo incontrato la tua amica ieri pomeriggio e il suo comportamento ti era sembrato ambiguo? In realtà non si sentiva bene. Avrà avuto bisogno di riposarsi e questo spiegherebbe perché oggi non si è presentata al lavoro.”
“Non credo Elena sia davvero indisposta…” affermo con aria sconsolata “Mi pare invece un’ottima scusa per non incontrarmi.”
“Dai Vera! Perché dovrebbe nascondersi?”
“Forse teme di doversi giustificare per il suo atteggiamento di ieri. Ma non ha importanza, avrà avuto le sue buone ragioni. Vorrei solo parlarle e sistemare questa situazione. Eppure ho il timore di aver rovinato la nostra amicizia…”
“Vera non farne una tragedia! Come potrebbe essere arrabbiata con te?”
Mi volto e Massimo mi osserva comprensivo, sorridendomi amorevolmente e dandomi un bacio sulla fronte.
“Un’amicizia non finisce per così poco Vera. Stai tranquilla, vedrai che si aggiusterà tutto.”
Annuisco non pienamente convinta. Tuttavia cerco di ignorare per un momento le mie preoccupazioni verso Elena e godermi la compagnia di Massimo.
“Ti ho già detto quanto io sia felice che tu sia venuto a prendermi?”
Massimo annuisce allegro, stringendo le mie dita tra le sue e baciandomi.
“Sei sicuro che non avrai problemi ad allontanarti così spesso dalla caserma per colpa mia?”
“Vera! Puoi per un momento smetterla di incolparti per qualsiasi cosa?”
Rido e appoggio il capo sulla sua spalla.

Passeggiamo tranquillamente quando sento in lontananza un coro esultante.
Guardo confusa Massimo e lui abbassa le spalle scoraggiato.
“Oggi è il 27 ottobre, Vera.”
Un pensiero fulmineo mi attraversa la mente. Mussolini. Sento le ginocchia cedermi e un senso di inquietudine che mi travolge.
“Vuoi che torniamo indietro?”
Scuoto il capo e sospiro lentamente, provando a scacciare il nervosismo.
Proseguiamo a passo rapido e raggiungiamo il municipio.
La piazza straripa di triestini esultanti che inneggiano l’uomo sul balcone principale del maestoso edificio.
“Noi ci auguriamo che in queste ultime ore si raggiunga una soluzione pacifica e se questo non è possibile, che il conflitto eventuale sia limitato e circoscritto. Ma se questo non avvenisse Trieste si trova di fronte ad una nuova situazione, ma Trieste è pronta ad affrontarla e a superarla; Trieste conta sulle sue forze, Trieste non può voltare, non volta, non volterà mai le spalle al suo mare!”
Un applauso giunge clamoroso dalla folla. Nella sua uniforme scura e impreziosita da un numero cospicuo di medaglie e da una fascia rossa e gialla portata a tracolla, Mussolini osserva la piazza con sguardo corrucciato e severo.
La sua voce cadenzata, sicura e inflessibile, non sembra avere su di me l’effetto incoraggiante che invece suscita nei presenti.
Mussolini gesticola insistentemente, come se volesse rafforzare i concetti da lui pronunciati e già violentemente espressi attraverso il suo tono autoritario.
“Nei riguardi della politica interna il problema di scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie. Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito ad imitazioni, o peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti, ai quali non sappiamo se dirigere il nostro disprezzo o la nostra pietà. Il problema razziale non è scoppiato all'improvviso, è in relazione con la conquista dell'Impero, poiché la storia ci insegna che gli Imperi si conquistano con le armi, ma si tengono col prestigio. E per il prestigio occorre una chiara, severa coscienza razziale, che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità nettissime. Il problema ebraico non è dunque che un aspetto di questo fenomeno.”
Mi sembra di essere abbandonata miseramente dalle mie energie. Avverto la stretta di Massimo sulla mia mano farsi più forte e rassicurante ma non riesco a percepire il coraggio che sta provando a infondermi.
La paura per le parole che Mussolini sta per pronunciare mi inducono a scappare il più rapidamente possibile. Eppure mi accorgo di non avere la forza di compiere nemmeno un passo e per quanto l’angoscia mi stia lentamente divorando, resto immobile accanto a Massimo.
“L'ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo. Tuttavia gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibili meriti militari o civili, nei confronti dell'Italia e del Regime, troveranno comprensione e giustizia. Quanto agli altri si seguirà nei loro confronti una politica di separazione. Alla fine, il mondo dovrà forse stupirsi più della nostra generosità che del nostro rigore!”

…Generosità? Voi state per distruggere la mia vita e quella di intere famiglie, di persone oneste e laboriose, che si ritroveranno a essere confinate per il vostro fanatismo… Con quale coraggio vi definite generosi?

Ma esporre questo pensiero sarebbe la mia condanna. Per di più un membro delle camicie nere presenti nella piazza per assicurare il regolare svolgimento del discorso, mi osserva insistentemente impugnando saldamente tra le mani un fucile. Accenna un sorriso malizioso, come se potesse leggermi dentro e sapere chi sono. Come se avesse capito che sto morendo di terrore.






Angolino dell'autrice: Ciaooo! Approfitto per ringraziare tutti, ma proprio tutti, coloro che hanno letto, commentato e stanno seguendo la mia storia. Per me è una gioia immensa e mi infondete tanta determinazione che mi spinge a continuare. Grazie di cuore!
Infine, ci tenevo a sottolineare che le frasi dette da Mussolini in questo capitolo, sono riprese da un discorso che avvenne proprio a Trieste nel municipio di Piazza dell'Unità d'Italia. Ho ripreso i passaggi che ho ritenuto più significativi e spero non sia stata un'aggiunta troppo pesante.

Grazie ancora per tutto e un abbraccio!

 
 
 
   
 
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