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Autore: Jelsa    14/03/2013    5 recensioni
Lo guardai un’ultima volta, prima di chiudere gli occhi, proprio mentre lui riapriva i suoi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Louis aveva chiesto ai miei se poteva sposarmi. Io non ero pronto per dirglielo, non ero pronto per tutto. Avevo infondo solo 18 anni e tutto mi sembrava così distante, ma nel momento in cui Louis me lo chiese io ero sicuro che quello sarebbe stato il futuro che avrei scelto.
Mio padre era incredulo, sperava forse che Louis stesse scherzando: mi avevano sempre immaginato con una ragazza affianco, con una famiglia “normale”. Il fatto è che io non ero normale. I secondi passavano, la frase si ripercorreva nelle nostre menti e Louis si sentiva sempre meno sicuro dell’atto che aveva appena fatto. Perché si era appena ricordato che forse sarebbe stato meglio parlarne insieme prima. Ma lui era fatto così, prendeva le decisioni sul momento e non si poteva mai essere del tutto certi se quel che faceva era davvero quello che voleva. Mia madre aveva gli occhi sbarrati e una mano a mezz’aria incerta se parlare o semplicemente aspettare che quello che era stato detto si dimenticasse. Non era però un lavoretto veloce dimenticare una domanda come quella.
“Capisco il momento di chock, ma questo sarebbe il momento per dire qualcosa…”
dissi io cercando in tutti i modi di sollevare la situazione.
I miei restavano ancora in silenzio, mi passò per la testa l’idea che probabilmente qualcuno negli ultimi attimi aveva tagliato loro la lingua. Accennai un sorriso a quell’idea perché era piuttosto divertente, ma mi accorsi che non era quello il momento.
Alzai lo sguardo dalle mie gambe nude che ciondolavano dal lettino per ritrovarmi negli occhi color cielo del mio amato Louis che cercavano perdono per quello che aveva fatto. Ma io non lo potevo perdonare, infondo era quello che volevo.
“Harry…” mio padre chiamò la mia attenzione. Sentii il sangue gelarmi e contemporaneamente mi sembrò che il tempo si fosse fermato: non una singola foglia si muoveva, i passi si facevano lontani, le parole lente, ma il cuore – quello mai – andava fortissimo come stesse per esplodere. Il mio respiro si affannò finche poi mio padre continuò.
“La prossima volta che devi dirci qualcosa non farci aspettare 18 anni e un incidente!”
Io non capivo: era felice o arrabbiato? Sapevano già tutto? Sapevano di me e Louis? Ci avrebbero appoggiato? Che sarebbe successo?
“Ma… allora…” Louis probabilmente si stava ponendo le mie stesse domande. Sperava, sperava che tutto andasse bene e che tutto si sarebbe svolto nei migliori dei modi.
“Allora sapevamo tutto! Lo sapevamo dal primo giorno in cui Harry iniziò a frequentarti perché non faceva altro che parlare di te. Lo sapevamo quando per Natale ti volle fare un ciondolo con un cuore. Lo sapevamo quando al ballo di fine anno invece che con una ragazza ci andò con il suo migliore amico, con te. Lo sapevamo quando gli feci un video con tutte le vostre foto. Lo sapevamo quando Harry si chiudeva in camera sua perché magari avevate avuto una discussione. Lo sapevamo quando veniva a casa nostra a cena e non smettevate di mangiarvi con gli occhi. Lo abbiamo sempre saputo.”
Mia mamma mentre parlava si commosse e questo fece commuovere anche me e Louis. A quella vista mio padre non potè far altro che commuoversi anche lui. Diciamo che era un momento bellissimo perché per la prima volta ero davvero sicuro che da ora in poi le cose sarebbero state più semplici. Ero sicuro che io e Louis saremo stati insieme per sempre. Ero sicuro che niente, niente, avrebbe potuto dividerci; tecnicamente era davvero impossibile: eravamo davvero troppo legati per essere divisi, eravamo l’uno la metà dell’altro. Nessuno dei due sarebbe mai riuscito a vivere senza, semplicemente non ne sarebbe stato capace.
Con ancora le lacrime agli occhi dissi “Quindi, quindi possiamo sposarci?”
“Credo che siate ancora troppo piccoli per farlo, dovreste aspettare qualche anno come minimo, poi dovreste fare i conti per il costo, gli invitati, dovrete fare coming out ufficiale, dovret…”
Mia mamma fermò mio padre nel parlare di tutti i vari piccoli problemi che avremmo dovuto affrontare per dire la sua
“Io credo che non dovremmo fermarli. Secondo me potrebbero benissimo sposarsi domani stesso. Non credo che il loro sia un amore passeggero, guardali: si amano più di me e te!”
“Ma lo sai vero che sono solo all’inizio della loro vita?”
“Ma lo sai che l’amore non ha limiti?”
Così qualche ora dopo, in quella stanza di ospedale, finimmo per organizzare il matrimonio mio e di Louis. Sarebbe stato perfetto, già me lo immaginavo con tutti i fiori, gli invitati, Louis bellissimo che mi aspetta all’altare, io che arrivo con il mio vestito stupendo, gli invitati che si alzano, mio padre che mi accompagna all’altare, le nostre madri si commuovono e poi… poi ci sposiamo. Era tutto perfetto.
 
Esattamente sette mesi dopo, tutto quel che avevo immaginato si realizzò. Proprio come volevo, come volevamo. E Louis era sempre più meraviglioso. Non credevo esistesse qualcosa comparabile a lui, era semplicemente tutto ciò di cui avevo bisogno… perché lo amavo.
Allora eccomi lì davanti all’altare col tutti gli occhi a fissarmi, coi i suoi occhi a contemplarmi quasi fossi un regalo da scartare. Il parroco ci fissò e finalmente pronunciò la tanto attesa formula. Dopo qualche attimo dissi subito sì, lo stesso sì che avevo dato a Louis sette mesi prima nella stanza d’ospedale, lo stesso sì a cui non avrei mai rinunciato. Poi lo disse lui e rise, il suo sorriso mi faceva morire ogni volta, era così perfettamente bello. Così il prete ci diede il permesso di baciarci e ci dichiarò marito e marito. Ci dichiarò sposati, una famiglia, la nostra nuova famiglia.
Non avrei mai pensato che tutto questo sarebbe successo a me, che tutto questo sarebbe mai potuto accadere, che finalmente io e Louis avremmo potuto passare il resto della nostra vita insieme finchè morte non ci separi.
Morte.
Ecco ciò che stonava con il nostro matrimonio. Ecco cosa non poteva lasciarci vivere. Ecco ciò che ci avrebbe impedito di stare insieme. Ecco cosa non sapevamo ancora.
Vivevamo come nulla fosse, come se tutto ciò che ci accedeva era normale, come se respirare era normale, come se le cose che facevamo non avessero senso. Pensavamo che avremmo continuato così a fare cose stupide, a osare, a ridere per sempre. Pensavamo che nulla ci avrebbe mai diviso. Ma ci sbagliavamo.
 
Eravamo nella nostra nuova casa, era il settembre del quarto anno che ci eravamo sposati e tutto andava a meraviglia. Stavamo guardando un film, il nostro film preferito e chiacchieravamo come ogni coppietta. Ogni giorno che passava lo amavo sempre di più e non avevo intenzione di lasciarlo. Louis si alzò per andare in bagno, disse che voleva rinfrescarsi un po’. Era pallido e fragile. Erano un po’ di giorni che non si sentiva bene, pensavo fosse la stanchezza. Si diresse verso la porta, ma si blocco. Si sostenne alla parete e si portò una mano al cuore. Mi preoccupai e andai da lui.
“Louis stai bene? Guardami, Louis!” non era in sé, e piano piano si lasciò cadere a terra con un soffio d’aria. Lo tenni, non sapendo bene che cosa dovessi fare. Lo adagia piano al pavimento, gli tolsi la maglia e gli sentii il battito del cuore. Non pulsava. Presi il telefono e chiamai l’ambulanza. Chiusi la cornetta e cercai di rianimarlo con le solite mosse inutili. Iniziai a piangere mentre spingevo le mani sul suo petto cercando di far mettere in moto il suo cuore.
“Louis ti prego non lasciarmi… Louis Louis ti prego reagisci!”
Sentii il fischio di freni dell’ambulanza, corsi ad aprire la porta, la barella e i volontari entrarono velocemente. Lo presero e lo misero in ambulanza, io andai con lui. Cercavano di rianimarlo. Il suo battito non accennava a pulsare. Non mi lasciavano tenergli la mano, dissero che la scossa poi sarebbe arrivata anche a me. Volevo stringerlo ancora. Gli andai vicino facendo ben attenzione a non entrare in contatto con lui. Piansi tutta l’anima in quel viaggio di 3 minuti. Il viaggio più veloce che io abbia mai fatto in un auto.
Lo portarono direttamente in clinica: codice rosso.
Il cuore di Louis aveva smesso di battere da ben 7 minuti. Non volevo cedere all’idea che forse non sarei più potuto stare con lui. I medici avevano avvisato i suoi genitori e i miei erano accorsi subito. Quando entrarono io ero in lacrime, ancora. Non riuscivo a smettere di piangere. Corsi nelle braccia di mamma.
“Mamma non può essere vero, è tutto un incubo vero? È solo tutta una finzione! Louis è ancora qui vero? Louis mi sta aspettando a casa felice, vero?? Mamma aiuto… Ho così paura… Mamma sono così dispiaciuto… Ma…” Non riuscii a continuare la frase per i troppi singhiozzi. Mio padre venne ad abbracciarmi. Nessuno parlò più.
Il dottore si presentò 10 minuti più in là. Stava per dire la solita frase. Non volevo ascoltarla, non volevo che diventasse vero, non volevo che fosse successo davvero. Capì il mio stato d’animo e quello che fece fu solamente aprire la porta della clinica e lasciò che mi fiondassi dentro. Mentre parlava con i suoi genitori io ero lì dentro con lui. Era sulla barella, aveva gli occhi chiusi; cercai in tutti i modi di cancellare i rumori, i suoni perché non volevo sentire che il suono del suo cuore non c’era. Caddi in ginocchio e mi appoggiai al bordo della barella. Nascosi la testa tra le braccia e tutto quello che feci fu piangere. Gli presi la mano, finalmente ora potevo rifarlo. Era così dannatamente freddo, era così inanimato.
“Perché Louis? Perché te ne sei andato così? Perché è successo proprio a noi? Non doveva finire così, avevi promesso che saremmo stati insieme per sempre, dicevamo che avremmo adottato dei bambini… Non volevamo andasse così… Non puoi lasciarmi ora Louis. Tu non puoi farlo…” iniziai a singhiozzare più forte, mi sentivo mancare il respiro. Entrò un infermiera che mi chiese di lasciare la stanza, ma io non volevo lasciare Louis. Furono costretti a trascinarmi via con la forza mentre urlavo, piangevo e imprecavo. Mi chiusero fuori dalla clinica e io mi attaccai alla porta supplicando di lasciarmi stare con lui ancora. Non me lo permisero. Stavo dando spettacolo e le persone presenti iniziarono a fissarmi, non volevo che lo facessero. Se Louis non poteva più guardarmi nessun’altro l’avrebbe potuto fare.
Mi sedetti e iniziai a pensare a quello che avrei potuto fare. Non trovavo nulla. La mia vita si era svuotata in meno di una ventina di minuti. In meno di venti minuti avevo perso la mia unica ragione di vita. In meno di venti minuti la mia anima, il mio cuore erano spariti. In meno di venti minuti il mio migliore amico non c’era più. Continuavo a chiamarlo migliore amico semplicemente perché mi ci avevano abituato. Avrei voluto chiamarlo amore, avrei voluto salutarlo. Avrei voluto fare tante cose. Ma la cosa che mi venne meglio fare in quel momento fu pensare a quel giorno di Settembre in cui Louis mi chiamo Hazza e non potei far a meno che sussurrare ‘Boobear’. Mi coprii gli occhi con le mani e sentii la fede fredda toccarmi lo zigomo. Avrei voluto toglierla perché senza Louis non aveva senso, ma poi mi pentii di averlo pensato: quella fede era la prova del nostro amore.
Avrei voluto tanto poterlo baciare un ultima volta prima che…. Prima che se ne fosse andato. Ma non mi rattristii tanto.
L’avrei raggiunto poche ore dopo.
Eravamo un po’ come le due facce di una moneta: uniti e divisi per sempre.
 
Fine





Bene si questo è l'ultimo capitolo e spero che la fanfiction vi sia piaciuta...
in caso contrario mi scuso... èwè...
Vabbuono non c'è bisogno di fare il riassunto credo...
bene uhm... recensite e ditemi cosa ne pensate... ^^
  
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