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Autore: YummiHoran    14/03/2013    1 recensioni
La freddezza l'aveva resa questo. Samantha era ora una ragazza che rifuggiva il sentimento, che aveva paura del contatto fisico, che temeva gli altri. Per colpa di una persona, legarsi era per lei impossibile. Il suo cuore, però, sapeva ancora amare. Solo che lei non lo sapeva.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno dopo Sam decise che avrebbe fatto meglio ad uscire e farsene un giro. Doveva “esplorare la zona”, se doveva viverci. Lei era così, un posto doveva sentirlo suo. Senza gente intorno, però. Uscì di casa e il freddo pungente di fine novembre la investì, facendole lacrimare gli occhi. Sperò di non incontrare nessuno, voleva stare da sola. Si incamminò nel viale, girando a vuoto, svoltando un angolo sì e uno no, fino a trovarsi in un parco. Varcò il cancello guardandosi intorno: il parco era mezzo vuoto. E sembrava davvero enorme. Scorse una casetta di legno, con l’insegna di bar, che sembrava carina e accogliente. Era già decorata con le ghirlande, nonostante mancasse un mese a Natale. Entrò e un dolce caldo la investì; notò che anche dentro era tutto “vecchio stile”, prevalentemente in legno. Si sedette a un tavolo, dopo essersi tolta sciarpa e giacca. Prese il menù e fece per leggerlo, quando una ragazza, da dietro le disse un forte e allegro:
- Ciao! Vuoi ordinare qualcosa? – le chiesero un paio di occhioni azzurri.
- Una cioccolata con panna, grazie. – rispose Samantha, forzandosi di sorridere. La ragazza si allontanò dopo aver annuito. Le servì la sua cioccolata continuando a sorridere, dietro di lei stava in piedi un’altra ragazza, coi capelli nerissimi.
- Ciaaaaao! Ma sei di qui? – disse la nera, con una voce a dir poco acuta. Sembrava amichevole. Fin troppo, per i gusti di Sam.
- Sì. Cioè, lo sono da adesso. –
- Piaceeeere – disse lei, con vocali troppo lunghe – Io sono April e lei è Rebecca – continuò, porgendole la mano.
A quel gesto, istintivamente Samantha si fece indietro, timorosa di qualsiasi mano le si avvicinasse. Le ragazze la guardarono piuttosto confuse, così lei finse di non avere nulla, sorrise e allungò loro la mano.
- Samantha – disse in un mezzo sorriso.
- Da dove arrivi? – disse la nera, sedendosi di fianco a lei. Samantha constatò come tutti in quel paese fossero troppo amichevoli e impiccioni. Prima Louis che non le si schiodava da casa, però era anche Louis Tomlinson, adesso questa qua.
- Abitavo vicino a Londra. – disse, più per cortesia che per intrattenere una conversazione.
- Come mai ti sei trasferita? – continuò lei, mentre la bionda tentava evidentemente di sparire, imbarazzata dal comportamento dell’amica.
-  E’ complicato. Scusate, devo andare. – disse Sam con un groppo in gola, mettendo i soldi della cioccolata sul tavolo.
April tentò di prenderle un braccio con un “Noo” con un’intonazione che Sam credeva inesistente da quanto era alta, mentre Rebecca bloccava l’amica.
- Hai visto che hai combinato? – sentì dire Samantha da Rebecca.
- Ma io non ho fatto niente, cercavo di essere gentile e amichevole. – rispose April, facendo il labbruccio.
Sam si sentì subito in colpa per essere stata così scortese, ma quelli erano punti troppo deboli. Aveva paura delle persone, aveva paura dei sentimenti, aveva paura di tutto e di tutti. E di certo non era colpa sua.

***

Rientrata a casa, uscita dall’incubo di dover.. Stare con la gente, si ritrovò di nuovo in un incubo. Perché quel ragazzo non aveva intenzione di lasciarla andare? Era seduto al tavolo della casa di Pattie e si girò, facendole un segno di saluto con la testa mentre teneva un biscotto solo coi denti. Era ridicolo. Cioè era meravigliosamente meraviglioso e fantasticamente fantastico. Però era anche ridicolo.
- Fao Famanfa! – farfugliò incurante di tutto ciò che aveva in bocca, con gli occhi illuminati.
- Ciao Tomlinson. – disse, prima di lasciare sul divano la sua borsa e imboccare le scale.
- Samantha! Vieni qui, non essere scortese! – la ammonì sua zia. La nipote le rivolse uno sguardo disperato e d’implorazione, ma lei non si raddolcì, richiamandola di nuovo al tavolo.
Sbuffò scontenta e si avvicinò a Louis, con un finto sorriso.
- Mio caro Louis! Come stai? – chiese, fingendosi cortese.
- Benissimo prima e ora anche meglio, Samantha cara. – rispose lui, portandole una mano sulla coscia. Samantha, sconvolta, fissò a bocca aperta prima la sua faccia, poi la sua mano, poi di nuovo la sua faccia. Cercò aiuto nel viso di Pattie, che però era indaffarata a preparare qualcosa sul bancone della cucina. Con due dita, toccò la mano di Louis in modo quasi schifato e la spostò dalla sua gamba. Rimettendo la mano sulla gamba del proprietario, voltò il polso della mano verso l’alto. Louis sbiancò, boccheggiò e aprì la bocca per parlare, a occhi spalancati, ma poi la richiuse.
Le fece un occhiolino e le mandò un bacio, dicendo, piano:
- Non hai scampo. -. Samantha rimase sconvolta. Cioè, più delle altre volte.
- E’ ora che tu vada, Louis, dobbiamo preparare la cena! – lo fece alzare e lo spinse verso la porta.
- E’ stato un vero piacere – continuò – ma ora è tardi, ti rivorranno anche in casa non credi? Ciao ciao e tanti saluti, un bacione! – lo spinse fuori dalla porta, uscendo anche lei, per poi rientrare e chiuderla. Si appoggiò alla porta dall’interno e sbuffò. Poi riuscì, finalmente, a raggiungere la sua camera.

***

Louis, rientrando in casa, continuò a pensare a ciò che aveva visto. Era certo di aver visto delle cicatrici sui polsi di Samantha, mal nascosti da un tatuaggio con un nome. Ecco perché, quando la volta precedente aveva indicato qualcosa sul suo braccio, prima di dire che intendeva il bracciale, lei era sbiancata. Sentì da dentro che voleva scoprirne di più. In un certo modo lui.. Ci teneva a lei. Cioè, non voleva che stesse male. Non la conosceva, ma era così. Scosse la testa. Il fatto che lei lo rifiutasse e ignorasse così, lo faceva imbestialire. Come si permetteva di dire “Non mi interessa se sei famoso”. Lui era Louis Tomlinson, dannazione. E la voleva. E l’avrebbe avuta. Anche a costo di fingersi qualcun altro.

***

Samantha non era proprio una che seguiva il gossip. Anzi, non lo era per niente. Però evidentemente  April lo faceva. Ed ecco perché ora era sulla sua porta, sventolandole una rivista davanti al naso. E intanto sbraitava qualcosa, eccitata.
- April, April, calmati per favore. Si può sapere cosa fai qui? – chiese lei, piuttosto scocciata ma fingendosi cortese.
- Ho un’amica famosaaaaaaaa!! – strillò quella.
- Oookkkeeeeiii…. E quindi?!? –
- Ma comeee seiii tuuuuu guardati sei sul giornaleeee. –
“Io sua amica? Ma se ci ho parlato una volta” pensò Sam.
Poi prese in giornale in mano; recitava: “Nuova fiamma? Vecchia fiamma? Nella città Natale, Louis Tomlinson trova l’amore?” con stampata enorme la foto di lei e Louis fuori dalla sua casa. Impallidì. Era la foto di quando lei lo aveva spinto fuori da casa ma qualcuno era riuscito a scattare una foto nell’unico momento in cui lei non aveva un atteggiamento scocciato e in cui non lo stava cacciando. Come?
Boccheggiò.
- Dove.. April, cosa.. Da dove.. Com’è.. –
- Esci con Louiiiiiiiiis? – disse April lanciando un urletto.
- Ma no! Veramente mi piomba in casa ogni tipo due ore e mi rompe –
- Che cosa fa? Quindi potrebbe, tipo, arrivare qui adesso? – April spalancò gli occhi – Oddio, non sono in ordine! –
- Non gli aprirò okkei? Comunque, io non c’entro niente, non sono niente se non la vicina di casa di un pazzo montato. –
- Ma lui non è un pazzo.. –
- Fidati, lo è. E’ pazzo, montato, superbo, prima donna, sì proprio prima donna e anche odioso. Anche io la pensavo come te, poi l’ho conosciuto. Non sempre le persone sono ciò che sembrano. – gli occhi di Samantha si rabbuiarono, mentre lei ripensava a quanto sua madre sembrasse disponibile, cortese e soprattutto… Normale, quando non era sotto l’effetto dell’alcool.
- Ehi Sam… tutto bene? – chiese ansiosa April.
- Sì, scusa – disse, come uscita da una trance, in modo fin troppo veloce.
- Beh, ora vado! – annunciò la vocettina stridula ma dolce dell’ospite, capendo che il momento stava diventando non adatto alla sua presenza.
- Ciao April, grazie per la visita. –
L’altra tentennò sulla porta, poi disse: - Se.. Mai ti dovesse servire qualcosa, lo so che non siamo amiche né nulla però… Mi stai simpatica, io ci sono. E mi piacerebbe conoscerti meglio. Ciao, Sam –
Samantha annuì sorridente, sorpresa dalla dolcezza della ragazza. Non la conosceva, eppure le aveva offerto il suo aiuto.

***

Il sole già alto illuminava la stanza di Samantha, che però dormiva beata, sconvolta e stravolta dalla nottata passata a piangere pensando a sua madre. Perché sua madre non era tale? Perché una persona a cui non interessa niente di se stessa dovrebbe pensare di generare una vita di cui dovrebbe interessarsi? Se le interessavano le sporche parti intime di sporchi uomini con sporche vite, buon per lei, ma perché fare soffrire qualcun altro? La odiava. Era così tremendamente brutto da dire, ma odiava sua madre perché lei odiava sua figlia. Solo per odio si può far soffrire tanto una persona. Una persona che era venuta a conoscenza del mondo a 10 anni, quella sera in cui era stata dimenticata alla scuola di danza. Nessuno rispondeva al telefono e Samantha era stata costretta a tornare a casa a piedi. A 10 anni e mezzo, pochi mesi dopo, aveva conosciuto il dolore fisico e la felicità del sangue che ti scorre addosso e gocciola piano. Aveva sempre avuto un qualcosa di ipnotico e ancora oggi Samantha si domandasse se fosse proprio quell’ipnosi a renderla estranea a ciò che si faceva. E, quel che era peggio, è che ne era dovuta uscire da sola. “Nessuno si salva da solo” dice la Mazzantini, ma lei si era salvata da sola. Si era salvata andando in un centro d’aiuto per ragazzi. Si era salvata tenendo stretta la foto di suo padre. Ora, scappata da una persona tanto orribile, si era salvata del tutto e dormiva sonni tranquilli. Fin quando il telefono trillò. “Non ti affacci alla finestra, mio amore?” non potè fare a meno di sorridere, ancora persa nel dormiveglia.
Era troppo debole per essere scontrosa. Anzi, aveva un estremo bisogno di qualcuno.
“Vieni qui, Louis?” digitò. Indugiò sul tasto invio, poi lo fece. In quelle condizioni aveva bisogno di qualcuno da stringere e forse lui non era la persona più adatta, ma era la persona che l’avrebbe resa felice.
Nella casa di fianco, Louis cantava sotto la doccia, cantava dentro per quel messaggio. Se avesse vissuto tutto da fuori, nemmeno lui avrebbe creduto a quanto tre parole l’avevano reso allegro. Arrivò da Samantha in fretta, il tempo di una doccia e di due risvolti ai pantaloni.








------------------------------------- Olga.
Ci sono ragazze! Sta volta non vi ho abbandonate, contente? :)
Avrei voluto davvero aggiornare prima, ma sono stata indaffarata perchè martedì
io e il mio ragazzo abbiamo festeggiato i due anni di fidanzamento (*fa gli occhi a cuoricino*)
Allora, che ne dite di questo nuovo capitolo? Rebecca e April vi piacciono? Spero di sì,
ne avrete per molto anche con loro!
Se vi va recensite e un grazie enorme a tutte quelle che mi seguono
Ciao bellissime xx
  
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