Note Dell’Autrice: Questa è l’ultima parte di questa breve storia. Scusate se non ho potuto aggiornare prima. Spero vi piacerà; io trovo che il finale sia divertente^^
Grazie a chi ha letto e recensito, come al solito mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Un bacio e alla prossima!
IGNORING HIM,
IGNORING HER
(Part Two)
Draco non riusciva a dormire.
Il che non sarebbe sembrato così strano se si pensava che, pur di non stare
nella stessa stanza con sua madre, aveva deciso di dormire con quell’animale
immondo.
Era davvero seccato del fatto che avessero nascosto lì l’ippogrifo che qualche
anno prima suo padre aveva dato l’ordine di far fuori.
Fierobecco sembrava averlo sfortunatamente riconosciuto quando era entrato
nella stanza, e aveva dimenato le ali e graffiato gli artigli per terra, in
modo da allontanarlo. Cosicché adesso Draco si trovava con la schiena poggiata
alla porta, in mezzo a topi morti e altre schifezze non ben identificate, a
rimpiangere di non aver fatto pace con sua madre.
Verso le tre del mattino, aveva preso in seria considerazione l’idea di
suicidarsi. Dopodichè, più saggiamente, aveva lasciato la stanza.
Nella casa, il silenzio era quasi palpabile. Draco non era particolarmente
forte di cuore, specie se doveva brancolare nel buio più totale senza una
particolare meta.
Iniziò ad agitarsi, le mani fredde, e una voglia matta di svenire in
quell’istante per poi risvegliarsi al mattino. Ma niente di tutto ciò stava
avvenendo.
Uno stridio di una porta che si apriva.
Draco prese ad agitare le braccia come due eliche; la paura che gli ghiacciava
il sangue nelle vene. Faceva freddo, realizzò. D’altronde, aveva dormito con
una camicia addosso. Rimpianse il pigiama, sua madre, la stanza accogliente.
Rumore di passi. Draco mosse le eliche a velocità supersonica,
tanto da poter sentire il fruscio delle braccia a contatto con la stoffa.
Sempre più vicino. Più vicino. La fronte aveva preso a sudargli freddo.
Un colpo ai suoi gioielli di famiglia. Draco mugolò dal dolore, realizzando con
una parte della mente di trovarsi completamente disteso a terra, con qualcosa
di sospetto sotto di lui. Quel qualcosa gemette e cercò di spingerlo da
parte. “Chiunque tu sia, mi stai rendendo sterile.”
Draco sentì il sangue fluirgli alle guance rapidamente e ringraziò di trovarsi
al buio. Il qualcosa era Ginny Weasley.
Questo significava che lui si era quasi preso un collasso per… Ginny Weasley.
Si spostò di malavoglia, e cercò di darle la mano perché si alzasse. Un gesto
del tutto involontario di cui non ebbe il tempo per pentirsene, poiché lei
l’aveva già afferrata.
“Cavolo, non trovo la bacchetta. Puoi fare luce?” la sentì dire.
Draco, che si era incantato tenendole ancora la mano, si ridestò di colpo
mentre il sangue gli defluiva in ben altre parti che le guance. Perlomeno
funzionano ancora, si ritrovò a pensare.
“Lumos.” Sussurrò, e un bagliore di luce illuminò la scena. Ginny Weasley era
adesso davanti a lui, con i capelli scarmigliati, la bocca sorprendentemente
rossa e un vestitino davvero troppo corto.
“Ah, sei tu.” Disse, fissandolo imbarazzata.
Un rumore alle spalle di Draco li avvertì di una serratura che si stava
aprendo. Ginny afferrò improvvisamente Draco dal polso e lo spinse nel bagno
accanto a loro, chiudendo poi la porta.
“Ma che cazzo fai?” le chiese, contrariato.
“Pensa se ci vedeva mio padre… avrebbe pensato che stavamo facendo qualcosa di
male.”
“Benissimo! Ho passato la peggiore nottata della mia vita, e per di più sono
chiuso in un bagno con una babbanofila. Davvero meraviglioso.” Commentò velenoso.
Ginny si morse il labbro. “E’ la seconda volta che ti salvo la vita dai miei
parenti in un giorno… potresti almeno essere cortese.”
“E’ colpa dei tuoi parenti, non certo mia.”
Ginny lo ignorò deliberatamente. “Cos’è questa puzza orribile?” chiese invece.
Draco camminò fino al lavello e prese a sbottonarsi la camicia.“Ma- ma che
fai?” Ginny era diventata rossa quasi come i suoi capelli.
“La puzza.” Spiegò Draco, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
“Anch’io ti sto salvando la vita da un soffocamento sicuro. Stanotte ho dormito
nella stanza dell’ippogrifo.”
Ginny rise sfacciatamente. “Stai scherzando? Che schifo!”
“No, purtroppo. Questo è il prezzo da pagare se litighi con Narcissa Black.”
Ginny spalancò gli occhi. “Vuoi dire che… che ti ci ha mandato lei a dormire
lì?!?”
“Certo che no.” Draco sembrava divertito dall’equivoco. “Non avevo nessuna
intenzione di dargliela vinta.”
Ginny si sentì quasi sollevata. Per un attimo aveva creduto che Narcissa fosse
capace anche di quello. “In pratica, è come se gliel’hai data vinta ugualmente.
Sei tu che hai dormito tra i topi morti, non lei.”
“In effetti, vista così la cosa. Ma uno come me non cederà mai davanti a queste
inezie.”
“Orgoglio maschile, puah.” Ginny rise a fior di labbra, poi si accorse che lo
stava osservando. Gli era sempre sembrato mingherlino e ossuto. Invece ora che
poteva vederlo a petto nudo si rese conto che il Quidditch gli aveva modellato
i muscoli delle braccia, e poteva vantare dei discreti pettorali. Si chiese cosa
si provava a sentirli sotto le dita.
“Puoi anche smetterla di divorarmi con gli occhi, piccola ninfomane.” Draco
sorrise attraverso lo specchio.
Ginny arrossì fino alla radice dei capelli. Poi avanzò verso il lavello. Draco
tenne la bocca socchiusa, e la osservò mentre gli si avvicinava. I suoi muscoli
si tesero al massimo mentre Ginny lo sfiorava. Rimase per qualche secondo come
inebetito.
Lei lo osservò maliziosa. Poi, quando si accorse di aver ottenuto l’effetto
voluto, avvicinò una mano al rubinetto e lo schizzò, scappando dall’altra parte
della stanza. “Ci sei cascato in pieno, eh?”
La sua risata risuonò cristallina tra le pareti.
Draco sentì l’imbarazzo farsi spazio dentro di lui. “La metti così? E allora…
beccati questa!” Ginny non riuscì a scostarsi e fu presa in pieno.
Dopo una decina di minuti, inutile dirlo, Draco e Ginny non avevano una sola
parte asciutta e il bagno era diventato più che altro una piscina.
“Basta! Ti supplico, non ce la faccio più!” Ginny si appoggiò alla parete,
ansimando.
Draco la osservò divertito. Gli era quasi passato per la mente chi fosse. Non
aveva pensato a lei come ad una Weasley, come alla sorella di quel Ronald, come
l’adoratrice di Potter, come l’amichetta della Granger.
Lei era semplicemente quella ragazza dalle efelidi ribelli e dal carattere
ancor più ribelle che fino ad allora lo aveva ignorato.
Ma adesso non lo stava ignorando. No.
Lo stava fissando con docile curiosità, e un pizzico di timidezza. Lo sguardo
cedevole su di lui, una carezza soffiata a mezza voce.
Gli occhi che si chiudevano, mentre lui le soffiava sul collo. Il vestitino
corto, leggero, bagnato che la rivestiva come una seconda corteccia mettendone
in risalto il corpo sinuoso ed esile, tanto fragile da dare l’idea che sarebbe
bastato sfiorarla con la punta delle dita perché si sgretolasse; il suo
colorito chiaro che sembrava emanare un soffio di luce evanescente,
impalpabile; le sue ciglia chiare scese a far compagnia alle palpebre chiuse;
le guance arrossate e bollenti; le braccia abbandonate lungo i fianchi,
invitanti; le labbra lievemente dischiuse che attendevano ignare la sua bocca
per sigillarsi.
Era un angelo.
L’accarezzò con lo sguardo mentre le sue mani esitavano, intimorite dal gesto
che avrebbero potuto fare.
Non.
Si chinò verso di lei lambendo con le mani tremanti le ciocche dei suoi capelli
fulvi, grondanti acqua, e riavviandoglieli dietro le orecchie.
Poteva.
Trattenne il fiato per paura di svegliare quel sogno e di vederla abbozzare un
cipiglio altero, stranita da quei gesti.
Essere.
Era bella? Oh, sì. Lei lo attendeva. Era una comprensione che gli
baluginò per la testa tra un respiro soffocato e l’altro, mentre quelle labbra
rosse, e socchiuse, e turgide, lo facevano lentamente impazzire.
Altrimenti.
Lei lo attendeva.
Non poteva essere altrimenti.
E Draco finalmente la baciò.
Il Natale arrivò.
Ginny era intenta a scartare privatamente i suoi regali. Qualcuno di sopra
stava cantando all’ippogrifo Tu scendi dalle stelle, oh Fierobecco, in
onore- evidentemente- di Sirius. Dal pianterreno, invece, proveniva un effluvio
svenevole di leccornie e altre prelibatezze- cosa che fece decidere a Ginny di
scartare i regali in fretta e furia.
Aveva ricevuto un profumo, dei dolci, il solito maglione marca Weasley e tanti altri
piccoli oggetti.
Il lato buono di avere l’Ordine della Fenice sparso per la casa era di ricevere
il triplo dei doni che otteneva di solito.
Sorrise, poi si soffermò con lo sguardo sull’ultimo pacco. Non c’era nessun
biglietto. La carta era verde, i nastri argento. Solo questo particolare la
illuminò su chi poteva esserne l’artefice, ma le sembrava davvero assurdo che
le avesse fatto un regalo.
Incuriosita ed emozionata, prese a strappare la carta. Una scatola.
E dentro la scatola c’era… una camicia perfettamente inamidata.
Ginny iniziò a ridere sguaiatamente, pensando che il regalo che lei aveva fatto
a lui era decisamente peggiore.
“Dove diamine sei stato stanotte?”
“Da nessuna parte.”
“E perché hai la voce rauca?”
“Non ho la voce rauca.”
“Sì che ce l’hai. E hai anche delle occhiaie spaventose.”
“Ma no, non ho le occhiaie.”
“Mi prendi in giro, Draco?”
“Ti voglio bene, mamma.”
“Stai forse cercando di distrarmi?”
“Nooo! Non farei mai una cosa del genere…”
“Draco? Chi ti ha regalato questo vestitino scandaloso?!?”
The End