Capitolo
XVI
Quando mi svegliai trovai l’altra parte del
letto vuota è fredda.
Lui non c’era.
Possibile che avevo sognato tutto?
Mi alzai in preda alla disperazione. No, non
c’era davvero. O sen’era andato o avevo immaginato ogni cosa. Guardai la gamba.
Era veramente ingessata quindi non avevo sognato tutto, era davvero successo.
L’unica spiegazione possibile era che se ne fosse andato.
Tentai di vestirmi perché dovevo andare a
scuola. Mia madre entrò in camera dicendomi che non era necessario che andassi
ma io volevo andare a tutti i costi. Non mi andava di restare a casa senza far
nulla e poi non volevo perdermi spiegazioni importanti quindi decisi di
compiere il mio dovere di brava studentessa. Mi aiutò a vestirmi e poi scese a
preparare la colazione.
Bussò il campanello. Chi poteva essere a
quell’ora del mattino?
Corsi di sotto per vedere e con mio grande
stupore assistetti ad una scena incredibile: Derek stava parlando con mia madre
ed indossava una maglietta a mezze maniche blu che gli faceva risaltare ancora
di più il fisico mozzafiato.
O MIO DIO.
-Sei carino a preoccuparti per lei, ma posso
accompagnarla io a scuola-.
Accompagnarla? Scuola?
Cosa?
-No, la prego, insisto. Voglio rendermi utile-.
“Vuole
rendersi utile, vuole rendersi utile!”.
Ok. Mi
calmo.
Scesi le scale per farmi vedere.
Come si accorse della mia presenza mi venne più
vicino per aiutarmi.
-Ce la faccio, grazie- cercavo di non
zoppicare.
Mamma ci guardava stupiti.
Era la prima volta che si presentava un ragazzo
per me a casa nostra, eccetto Scott e Stiles ma loro non contavano, ovviamente.
-Allora buona giornata, signora McGuinness-.
-Oh, ti prego, chiamami Rebecca e dammi del
tu!-.
Mia madre che si fa dare del tu da un perfetto
estraneo e si fa chiamare per nome.
Il fascino di Derek Hale non ha limiti.
-Perché te ne sei andato stamattina?- gli
chiesi una volta in macchina.
Mi fissò perplesso.-Dovevo almeno cambiarmi la
maglietta, altrimenti tua madre si sarebbe insospettita vedendomi vestito
uguale alla sera prima-.
Era chiaro. Aveva intenzione di farsi vedere
anche il giorno dopo.
Lo osservai meglio. Indossava una maglietta
bianca molto aderente, che lasciava decisamente poco spazio all’immaginazione.
–Questa t-shirt non è la tua taglia- gli dissi.
Abbozzò un sorriso guardandomi con quella
solita aria da si-lo-so-sono-sexy-lo-stesso.
-Me ne sono fatta prestare una da Scott, anche
se non gli ho detto perché-.
Perché non glielo aveva detto che era stato con
me tutta la notte? Aveva forse paura di qualcosa?
Decisi che era meglio non saperlo e gli chiesi
come mai portasse la maglia a mezze maniche nonostante la giornata fosse
abbastanza fresca.
-Era l’unica disponibile e poi la temperatura
dei lupi mannari è molto più alta di quella degli umani, quindi io non sento il
freddo come lo sentite voi-.
Ecco tutto quel calore che percepivo.
-Devi stare attento, Jacob Black,
altrimenti la gente potrebbe insospettirsi vedendoti girare a mezze maniche
mentre fuori nevica-.
Strinse più forte il manubrio. -Non mi importa
ciò che pensa la gente- aggiunse poi. Ecco il Derek che conoscevo.
-Deve importarti, è per la tua sicurezza-.
-L’unica persona che voglio sia al sicuro sei
tu, non mi importa di nient’altro-.
“Oh”.
-Siamo arrivati, vai a scuola da brava bimba-.
Cercai di farlo arrabbiare- Una volta dicevi
che ero una ragazzina, sono tornata ancora più indietro con gli anni?-gli dissi
mentre scendevo dalla macchina.
Allungò una mano per afferrarmi la maglietta e
stamparmi un bacio sulle labbra.
Come feci a sopravvivere ancora non lo so.
-Le brave bambine non fanno questo- e dopo
avermi lasciato senza parole e senza fiato se ne andò, facendo rombare la
macchina.
Il mio cuore era impazzito e la testa mi
girava, come se fossi appena scesa dall’ottovolante.
Mi voltai per andare in classe cercando di
avere la mante lucida ma davanti a me non si prospettava niente di buono-
Stiles aveva assistito alla scena.
-Che cosa ci facevi con quello!?- mi urlò
contro una volta entrati a scuola.
-Calmati, Stiles! Mi ha dato un passaggio
perché mi sono rotta una gamba, è stato gentile-
-Gentile?!-sbraitò Stiles come un animale –Ho
visto delle lingue che si incrociavano!-.
Mi feci tutta rossa per l’imbarazzo.
-Non c’è stata nessuna lingua, comunque-.
Il ragazzo mi si mise le mani in faccia per
coprirsi gli occhi.
All’uscita Scott e Stiles se ne tornarono a
casa assieme, con l’auto di Stiles. Feci una corsa perché volevo parlare con
loro a tutti i costi ma, mi resi conto che non avevo tempo, altrimenti avrei
perso il pulmino. Salii sul pullman, pregando che non fosse lento come il
solito.
Ovviamente la macchina di Stiles arrivò prima.
Fermo sul vialetto di casa mia c’era Derek, appoggiato alla sua macchina
metallizzata.
Cercai
di correre verso di lui ma Scott scese dall’auto velocissimo per andargli
incontro. L’afferrò prendendolo per la maglietta che gli aveva prestato e lo
fece sbattere sul cruscotto dell’auto.
-Cosa vuoi da lei, Derek!? È mia amica, se le
fai del male giuro che…-.
-Non le farei mai del male, Scott, credimi. È
l’ultima persona che vorrei soffrisse-.
Scott lo guardò allucinato. -Vuoi dire che… no,
non è possibile! Non puoi esserti innamorato di lei!-.
Innamorato di me? Ancora non riuscivo a
crederci.
-Non te lo permetterò Derek!-.
Lo stava per assalire se non si fosse messo in
mezzo Stiles a dividerli.
-Non posso farci niente. Non dipende da me,
credimi-.
Scott gli afferrò un braccio e tentò di
girarglielo.
Gli corsi in contro zoppicando (perché non mi
ero fatta dare un paio di stampelle?) e poi mi misi in mezzo tra loro due e
cercai di calmare le acque.
-Non mi sembra proprio il caso di dare
spettacolo-.
In realtà non c’era nessuno a guardarci, ma
conoscevo i vicini e avevo paura che potessero riferire qualcosa di spiacevole
a mia madre.
-Sali in macchina- ordinò con la solita vecchia
espressione da capo.
Scott non disse niente ma lo guardò con aria di
sfida.
Salii in macchina con non poca difficoltà e poi
sfrecciamo nuovamente in strada.
Non dicevo una parola. Non osavo. Non avevo
neanche la più pallida idea di dove stessimo andando. Era arrabbiato con Scott
e avevo paura lo fosse anche con me. Strinse forte le mani sul manubrio, come
faceva quando era arrabbiato o preoccupato.
Alla fine mi feci coraggio e lo affrontai.
-Perché vi siete arrabbiati così tanto tu e
Scott?-.
Cambiò marcia.
-Crede che io voglia farti del male-.
“Oh”.
Pensai a quello che mi aveva detto Stiles e che
forse mi stava usando per arrivare a qualcosa.
-E tu potresti farmene?-.
Fermò l’auto di scatto.
-Scendi- disse sempre con la solita aria di
comando.
Feci come aveva detto, sempre facendo
attenzione a dove mettevo i piedi. Ormai ero diventata abilissima e zoppicare.
Davanti a me c’era la casa che avevo visto
quella volta in sogno, quando l’avevo sognato per la prima volta.
Era vecchia e mal tenuta. Possibile che
abitasse in un posto simile?
Entrammo e uno strano senso di inquietudine mi
opprimeva.
C’erano alcuni scalini che feci senza
difficoltà. Non riuscivo a capire perché non volesse aiutarmi.
Aprii la porta e vidi l’interno. Era
esattamente come lo avevo sognato.
-Sono già stata qui- confessai.
-Quando?- domandò interrogativo.
-Non hai ancora risposto alla mia domanda- gli
ricordai. Avevo bisogno di risposte più io che lui.
Abbassò la testa per poi rialzarla con quel
solito sguardo che mi faceva impazzire.
-Lascia che ti dia una dimostrazione- rispose
poi tranquillamente.
Non potevo crede a ciò che avrebbe fatto.
Iniziò a chiudere le mani e stringersele sempre
di più. Indietreggiò con il piede sinistro e fece scricchiolare il collo. Poi
iniziò ad ansimare. Non riuscivo a capire dove volesse arrivare finchè non mi resi conto: stava per trasformarsi.
Lanciò un urlo spaventoso, avrebbero potuto
sentirlo a distanza di chilometri, o almeno così mi era sembrato.
Il suo volto cambiò completamente. Le orecchie
erano più lunghe, così come i denti che erano decisamente più aguzzi. Avrebbe
potuto strapaprmi la carne e rendermi in brandelli se avesse voluto.
Per la prima volta avevo paura di lui.
Non riuscivo a capire il perché di questa
trasformazione proprio davanti a me. Forse aveva ragione Stiles, avevo qualche
piano malefico in mente ma non volevo crederci. Quello che avevo conosciuto
nell’arco dell’ultimo giorno era un Derek diverso.
Si avvicinò di più e io istintivamente
arretrai.
Era vicinissimo ormai e io non potevo più
muovermi perché avevo le spalle al muro. Ero impotente, piegata alla sua
volontà.
La mia vita era nelle sue mani.
L’unica cosa che potevo fare era fissarlo.
Guardai tutte le pieghe sul suo volto, il naso più schiacciato, le basette e i
suoi occhi. Quelli erano sempre uguali. Sempre verdi e bellissimi.
-Questo sono io-.
Era diversa la sua voce, sembrava davvero il
suono del male.
Spavalda alzai il braccio. Volevo toccare il
suo viso e lo feci. Quello che non mi sarei mai aspettata fu la sua reazione.
Si fece toccare.
Sentiva perfettamente il mio dito sul suo
volto.
Chiuse gli occhi. Forse era più sensibile al
tatto da trasformato rispetto che da umano.
Gli toccai le basette. Erano ruvide e
pungevano, ma mi piacevano lo stesso.
-Tu non sei così. Sei stato costretto a
recitare una parte che non ti appartiene-.
Passai il dito sul suo braccio, aveva sempre i
muscoli tesi. Quando ebbi finito di percorrerlo, passai alle sue mani grandi,
prendendole nelle mie. Mi resi conto solo allora che la temperatura del suo
corpo era effettivamente più alta di quella di un umano.
Non rispondeva ma continuava a tenere gli occhi
chiusi. Istintivamente mi venne da accarezzarlo ancora di più e poi pensai di
fare quello che avrei dovuto fare molto tempo prima, perciò, noncurante delle
conseguenze presi il suo volto e lo portai con verso il mio. Non sembrava
dispiaciuto per quella mia decisione e quelli che erano iniziati come baci leggeri
divennero sempre più passionali, fino a farmi venire in mente il mio sogno.
Con noncuranza iniziò a percorrere piccoli
cerchi dietro la mia schiena, salendo sempre più su fino a miei capelli.
Mi mancava l’aria, anche se stavo respirando
attraverso di lui. Mi staccai per prendere fiato.
Guardandolo vidi che non era più un lupo ma un
umano. Erano le emozioni la sua cura e io volevo essere la sua medicina.
I suoi occhi verdi erano nuovamente fissi nei
miei.
-Chi l’avrebbe mai detto, Cappuccetto Rosso e
il lupo cattivo- sussurrò sulle mie labbra.
-Tu non sei il lupo cattivo, sei il mio lupo-.