Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: DaGio    16/03/2013    2 recensioni
"Molte sono le storie che narrano di leggendarie imprese, in mondi ed emisferi inesplorati, riguardanti città incantate e intere civiltà perdute. Nel continente di Beastarh, però, ce n'è una in particolare che sembra essere nota a tutti".
Questo fantasy non mira tanto all'utilizzo della magia, comparsa di creature o personaggi con abilità innate o doti soprannaturali. Si tratta invece di un libro contenente un storia in parte realistica in cui gli umani hanno un modo di pensare simile a quello delle persone che abitavano il mondo nel medioevo. E' un libro fantasy semplicemente perché la storia si svolge in un mondo inventato e le creature ed alcuni fatti narrati sono del tutto frutto dell'immaginazione. Una grande tematica è sicuramente quella riguardante la religione vista da punti di vista differenti ma ora sta al lettore comprendere appieno il significato che si cela all'interno del racconto.
Genere: Fantasy, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4 -Tumulti dai confini-


Ombre sinistre si muovevano silenziose nella notte, tra il freddo e l'oscurità dietro agli alberi e lungo le staccionate attorno ai campi coltivati. Con sguardi assetati di sangue, crudeli come pochi esseri, si avvicinavano alla frontiera e ai piccoli villaggi composti da poche case lontane le une dalle altre.
"Hai disposto per la guardia?" domandò Anvol ad uno dei suoi ufficiali.
"Si mio signore! Il confine tra il nostro feudo e quello dei Pemry è vasto ma almeno abbiamo sotto controllo le zone abitate dai nostri contadini" rispose un'uomo piuttosto alto che reggeva una torcia.
Le armature dei pochi soldati presenti in quella determinata zona erano appannate e in alcuni casi, coperte da un sottile strato di acqua o da qualche goccia che portavano alla formazione di una patina di vapore acqueo. Il gelo era quasi insopportabile ma quegli uomini sarebbero dovuti rimanere a sorvegliare le fattorie che si stagliavano da lì a chilometri di distanza fino a nuovo ordine.
Il nobile Anvol era riuscito a portare con sé centotrenta soldati, di cui solo poco più di una ventina gli facevano da scorta, mentre il resto era sparpagliato lungo parte del confine tra i due feudi. L'uomo aveva organizzato diverse pattuglie composte da dieci uomini ciascuna e inviato un paio di piccole squadre, composte da due o tre cavalieri, a presidiare dei vecchi avamposti in modo da avere almeno sempre un po' di uomini fissi in un punto che fungevano da vedette, e per ricevere e trasmettere messaggi alle guardie più lontane. Non che si aspettasse davvero un attacco in un periodo come quello ma nulla era da escludere, inoltre il cielo e la luna stessa erano oscurati completamente da nuvoloni grigi carichi di pioggia o neve. Un segno che lasciava pensare a mantenere un atteggiamento guardingo.
Dopo un'ora passata a ultimare i preparativi per il presidio di quella zona, Anvol si concesse finalmente un po' di riposo e scese da cavallo per recarsi alla locanda dove avrebbe alloggiato fino a quando non fossero giunti nuovi ordini dal fratello. L'ufficiale si tolse le calzature sudicie, come il resto dei vestiti, sporche di fango e impregnate d'acqua, quindi le mise in un angolo vicino al grande camino che emanava un gran calore, rendendo accogliente il piccolo edificio. Ma l'uomo non fece in tempo a salire le scale e salutare il proprietario al bancone, che uno dei suoi cavalieri giunse gridando dopo aver spalancato la porta, facendola urtare violentemente contro la parete.
Si trattava in un soldato sulla trentina, quasi irriconoscibile perché sporco di terriccio in faccia e sulla armatura. Le due guardie rimaste all'esterno nn avevano fatto in tempo a fermarlo che il cavaliere si era precipitato dentro alla locanda ma non era una minaccia, anche perché si trattava di uno dei più nobili e fidati uomini del feudo.
"Aiuto! Stanno arrivando, stanno arrivando! Sono troppi..." urlò con affanno l'uomo.
"Che cosa è successo?!" domandò furente Anvol, chiedendo spiegazioni, "che fine ha fatto il resto della tua scorta?"
Il pover'uomo crollò a terra, nel pavimento di legno ormai fradicio, mentre una serva accorse per aiutarlo a riprendersi, insieme ad altri soldati che irruppero dopo aver sentito il fracasso.
"Voglio che aduniate tutti gli uomini! Illuminate bene le strade e le vie di collegamento con gli altri avamposti. Voglio che nessuno rimanga solo e tutti gli abitanti devono ritornare nelle loro abitazioni" ordinò Anvol tentando di prendere in mano la situazione con prontezza.
"A quanto pare ha iniziato a piovere là fuori, signore" commentò il proprietario della locanda, un vecchio amico di famiglia.
"Già. A quanto pare non potrò riposare questa notte..." rispose Anvol guardando la finestra che faceva rumore e vibrava per il forte vento all'esterno.
Là fuori gli uomini che presidiavano quella zona si riunivano in gruppi più numerosi che potevano e si dirigevano verso le strade della zona abitata, facendo la ronda per evitare che qualcuno potessero arrivare a minacciare il loro comandante. Quei pochi contadini e civili che erano ancora fuori vennero costretti a rientrare immediatamente nei loro capanni e tutti gli animali trovati all'aperto finirono chiusi nelle stalle, ben protette perché contenevano quasi tutti i cavalli.
Le torce e lampade erano state accese dentro e intorno al villaggio, anche se molte fiamme si spegnevano con il vento e la pioggia e dopo poco dovevano accorrere più uomini a riaccenderle. Non si sapeva con esattezza chi aveva eliminato la piccola scorta di messaggeri provenienti dal paese vicino ma gli avvenimenti si susseguivano uno dopo l'altro proprio come era accaduto per la piccola cittadina di Terrival, rasa al suolo dopo il primo attacco da parte degli Oskaret. La storia si ripeteva e quella notte nessun messaggero sarebbe potuto uscire per dare notizie a Foraz-Dor.
Ma quel confine non era esattamente l'unico a rischio, perché un fronte ben più esteso aveva altri problemi da risolvere.
Dopo una giornata intera di festeggiamenti, Rart e gli altri due capitani che lo affiancavano avevano proposto anche un'ora dedita al ricordo e al dolore delle perdite subite, in memoria di tutti i caduti durante quell'attacco. Almeno trecento secondo alcuni ufficiali, ma le statistiche non erano ciò che veramente contava e il capitano dei Tenbri sapeva che le vittime erano almeno una cinquantina di più. In quel momento il sole era quasi tramontato del tutto, mentre si poteva avvertire nell'aria l'odore di foglie secche e legna bruciati. Il falò più grande era proprio situato al centro della linea del fronte controllata da Rart, dove si erano riuniti migliaia di soldati per festeggiare ancora un po', anche se con più autocontrollo rispetto alla volta precedente, quando Rion si era ridotto piuttosto male a forza di bere.
"Allora come stai? Credi di farcela?" chiese Jirk, uscendo da un capanno e aiutando un'altro ragazzo ad uscire.
"Si, grazie. Ora mi sento un po' meglio" rispose Eonas Felictis, aiutandosi ad avanzare con una stampella e grazie all'amico Lubers.
"Ahah, ma dai quindi è così! Che fortuna però, solo il mignolo. Meglio del pollice di sicuro" esclamò Derath vedendolo uscire dal piccolo abitacolo.
"Spiritoso! Ora ti amputo io qualcosa e poi sappimi dire..." replicò il ragazzo con la mano ancora avvolta da un panno bianco.
Eonas doveva ancora ringraziare gli dei per essere salvo, mentre i due amici ridevano per la battuta e continuavano a scherzare per sdrammatizzare la situazione in cui erano. La realtà in cui si trovavano era ben più terribile di quanto non volessero immaginare e le grida e urla di dolore e sofferenza per le atroci ferite avevano colpito a fondo l'animo di quei soldati poco più che ventenni.
"Che dici? Andiamo a prendere qualcosa da mangiare e da bere?" domandò Jirk Lubers ascoltando la musica e le risate provenienti dal grande falò.
"Sbrighiamoci dai! Che ho voglia di sbronzarmi per bene e riempirmi la pancia come un porco. Oggi non avevo appetito dannazione" aggiunse Derath impaziente.
"Non mi pare il caso. È già tanto se non vomito e l'odore si farà più pesante, a meno che tu non voglia una bella crema direttamente prodotta all'interno del sottoscritto?" rispose Eonas alludendo al suo stato di salute momentaneo.
Gli amici fecero gesto come per chiedere silenzio dato le parole che lasciavano a desiderare e provocavano loro solo nausea.
Anche Rion si trovava laggiù, tra la massa di gente che iniziava a festeggiare prima che i capitani facessero i loro discorsi volti a farsi notare. Le tenebre cominciarono ad oscurare tutt'intorno il paesaggio ma non l'accampamento che rimase ben illuminato, in quella vasta landa desolata, strappata ai nemici dopo uno scontro andato a buon fine.
Ogni genere di persona partecipava con entusiasmo o molta euforia a quella sorta di banchetto, dai soldati dei Villi, a quei pochi Pemry presenti solo per approfittare del pasto decente. Solo dopo mezzanotte i festeggiamenti si conclusero, dato la giornata pesante e traumatizzante che aveva stancato quasi tutti, fatta eccezione per diversi ufficiali rimasti seduti a discutere mentre si svolgeva la battaglia.
Alla fine Eonas non era riuscito a mangiare granché ma al suo posto ci avevano pensato i due amici che, senza pensarci due volte, si erano lanciati fra i tavoli apparecchiati e i vassoi colmi di cibo.
Derath aveva bevuto almeno cinque o sei boccali di densa birra e un paio di calici di vino rosso, il più denso che avesse mai assaggiato, rimanendo così intontito per il resto della nottata che sembrò concludersi al meglio. Anche per Rart non c'erano stati problemi riguardo a finti ubriachi che cercassero di fuggire dal fronte, quindi non fu costretto a decapitare nessuno.
Quel lasso di terra era molto più caldo rispetto alla loro precedente posizione, prima che conquistassero l'accampamento nemico più vicino dopo la battaglia vinta, per merito del capitano dei Tenbri. Ma nonostante i soldati si sentissero più comodi e al riparo dal freddo, quella quiete così sonnolenta non poteva fare altro che favorire eventuali minacce, perché di guardie rimaste sveglie, soprattutto vicino al contingente comandato da Rart, ce n'erano ben poche.
Era notte fonda ormai, così oscura e la luna non riusciva ad illuminare per bene il territorio circostante, anche se Rion aveva deciso di farsi una piccola camminata riflettendo sulle attuali circostanze, ammirando il cielo. Suo cugino il capitano lo aveva salvato durante lo scontro quella mattina e le perdite subite erano molto inferiori rispetto a quelle che si aspettavano. La strategia ideata poteva dirsi praticamente perfetta e in poco tempo avevano scacciato da quella zona gli avversari, come se Rart rappresentasse la svolta che l'intero esercito della regione avrebbe compiuto. Una magnifica svolta.
Ma una minaccia incombeva proprio lì vicino, dove le tende erano state sistemate in modo irregolare, separate anche per molti metri le une dalle altre, forse a causa del tanfo che proveniva dal centro dell'accampamento. Tre figure avvolte da neri mantelli si avvicinarono di soppiatto ad una tenda in particolare.
Jirk Lubers aveva spento la candela da un pezzo e dormiva come mai aveva fatto in vita sua, sentendosi schiacciato e oppresso da tutta quella stanchezza e quello stress accumulati in pochi giorni. Ad un tratto un'uomo incappucciato irruppe silenziosamente ed estrasse con estrema lentezza un coltello lungo una quarantina di centimetri, ponendo la lama a pochi millimetri dal collo del ragazzo. La sua vittima era spacciata e per l'accaduto i suoi familiari avrebbero chiesto giustizia, arrivando a mettere a rischio la diplomazia di Ennearel. Dopotutto il giovane cavaliere si trovava nell'accampamento dei Tenbri e Rart aveva la responsabilità di mantenerlo in vita, come segno di rispetto e amicizia nei confronti dei Lubers. Era deciso e il fato voleva quel ragazzo, tanto che una mano si preparava a coprire la bocca della vittima per evitare rumori inopportuni. Solo per un secondo l'assassino tentennò, dopo aver avvertito un rumore alle sue spalle, pur sapendo che due suoi compagni facevano la guardia per evitare che qualcuno scoprisse l'azione. Un secondo che si rivelò decisivo per l'uomo che dopo essersi voltato vide scaraventarglisi contro uno degli uomini di vedetta. I due fecero tanto frastuono quanto bastò a Jirk per svegliarsi allarmato, senza contare poi che proprio il suo assalitore gli era caduto sulla gamba sinistra. Fuori dalla tenda Eonas fronteggiava un'altro degli aggressori posti di guardia e lo spinse anch'esso all'interno, afferrando l'amico per la mano e facendolo uscire.
Il cavaliere aveva fatto in tempo a prendere e sfoderare la sua spada e si preparava ad affiancare lo scudiero per difendersi.
"Dove sono le guardie?" domandò
"Ne ho trovata una morta qui vicino, quando mi sono precipitato alla tua tenda e ho visto questi tizi" rispose Eonas, ancora debole per la ferita alla mano sinistra che per sua fortuna non era fondamentale per combattere.
I tre aggressori scattarono contro i ragazzi, estraendo pugnali e spade, quindi cominciarono un combattimento che avrebbe potuto attirare l'attenzione di altri soldati, se solo non fossero così distanti dal resto dell'accampamento.
Jirk si difendeva egregiamente ma doveva badare anche all'amico che sembrava essere quasi privo di forze, dopo aver affrontato inizialmente quegli uomini da solo nonostante dopo e durante il combattimento avesse perso una grande quantità di sangue. Gli assassini avevano la meglio e uno di loro riuscì con un calcio ad atterrare lo scudiero, il quale non riusciva più a rialzarsi. Sembrava impossibile tentare di tener testa a quei tre che ormai li avevano in pugno, ma ecco che qualcuno aveva udito il rumore metallico provocato dalle spade, accorrendo in loro aiuto.
Uno degli assassini morì trapassato da una lunga lama che dalla schiena trovò forza a sufficienza per oltrepassare anche il petto dell'uomo, il quale dopo pochi attimi stramazzò a terra sputando sangue.
"Lasciate stare mio cugino e il mio amico! Anzi, morirete comunque solo per aver provato ad ucciderli!" sbottò all'improvviso Rion, estraendo la spada dal corpo privo di vita che aveva trafitto. Jirk ne approfittò subito e afferrò velocemente Eonas rimettendolo in piedi, quindi provò a contrattaccare mentre uno dei due avversari rimasti si mise ad affrontare l'ufficiale arrivato dalle loro spalle. La situazione si era capovolta e gli assalitori non potevano fare altro che tentare di eliminare almeno il loro obiettivo, anche se la questione si fece per loro ancor più critica quando Rion disarmò e amputò la mano al suo nemico. Un gemito si udì in gran parte della zona ma nessuno sembrava accorrere, magari pensando che poteva trattasi di qualche ubriaco o forse perché qualcuno aveva rimediato prima.
Eonas riuscì anche a distrarre il loro aggressore gettandogli in faccia del pietrisco misto a sabbia, lasciando all'amico l'opportunità di agire una volta per tutte, ponendo fine allo scontro. Jirk afferrò l'occasione al volo, uccidendo il nemico con un'affondo che fu talmente veloce da non dare all'assassino nemmeno il tempo di riaprire gli occhi per vedere in faccia la morte.
Lo scudiero infierì tagliandogli anche la gola, in segno di disprezzo per l'atto che volevano compiere i tre.
Ma sfortunatamente i due riuscirono a percepire troppo tardi un quarto uomo che con il pomo della spada mise fuori combattimento Rion, il quale perse i sensi rotolando a terra. Si trattava di uno dei sette capitani della regione e a giudicare dallo stemma sullo scudo: un sole raggiante, doveva appartenere alla casata dei Pemry.
"Potete rassicurarvi, perché quando le guardie hanno chiesto che cosa fosse successo, ho risposto loro che io in persona sarei andato a controllare" annunciò l'uomo con un ghigno che faceva venire i brividi, parendo cinico oltre l'immaginabile. Perché aveva appena aggredito un suo stesso alleato? Cosa aveva intenzione di fare con loro? Di sicuro non doveva avere buone intenzioni e nonostante i due ragazzi tentarono disperatamente di farlo ragionare, il capitano continuò ad avanzare lentamente verso di loro, con la spada ancora sguainata. Solo un appena percettibile rumore riuscì a distrarlo per un momento. Rart aveva sempre saputo destreggiarsi nelle strategie e in tecniche furtive ma era tanto tempo che non si esercitava veramente e quella volta si fece notare per un soffio. Difatti la lama del capitano dei Tenbri vibrò e sibilò per la velocità con la quale era stata agitata, che il comandante Pemry andò a parare il fendente diretto alla gola, giusto in tempo.
"Maledizione" mormorò il traditore digrignando i denti.
Rart spinse via con forza la spada dell'avversario che riprese immediatamente a contrattaccare con ferocia, pur sapendo che i suoi colpi erano inutili se effettuati a quel modo. L'impeto e la velocità non erano tutto e il capitano dei Tenbri lo sapeva fin troppo bene, pensando subito che il nemico traditore si sarebbe stancato immediatamente o quasi.
"Tu sei Oscar Pemry, ora mi ricordo di te. Ti ho battuto durante l'ultimo combattimento a cui partecipai anni fa. Il tuo stile di combattimento non è cambiato di molto!" disse Rart, premendo sulla spada dell'avversario, facendola roteare mentre avanzava, fino ad allontanare la lama di quel tanto che bastò per eseguire un deciso affondo, preannunciato da un forte gemito da parte dello sconfitto.
Era fatta e questa volta per davvero. I ragazzi e il capitano si guardarono ancora bene attorno, per sicurezza, poi presero e trascinarono fino alla tenda per le cure l'ufficiale Rion, che avrebbe così ricevuto le medicazioni e i controlli per l'urto subìto.
"Ma chi erano quelli?! Si può sapere?" urlò Jirk in preda alla disperazione.
"Ora calma, calma!" gridò Rart per far tacere i due ragazzi che continuavano a fare avanti e indietro da una parte all'altra della tenda, ancora agitati.
"Ma come si può stare calmi? Quattro tizi sconosciuti appaiono dal nulla avvicinandosi di soppiatto per ammazzarci, senza un motivo e rischiando di riuscirci per davvero!" rispose Eonas abbassando lo sguardo.
"A tutto c'è una spiegazione e il panico spesso può nascondere molte cose..." lo avvisò il capitano, che nel frattempo aveva fatto chiamare Gunìn Villi per metterlo al corrente sulla situazione.
"Ah si?una spiegazione dici? Quale sarebbe, tanto per sapere?!" domandò il giovane scudiero, nervoso.
Rart rimase un attimo in silenzio, come se si fosse bloccato improvvisamente e i due ragazzi immaginarono che in realtà l'uomo non sapesse proprio un bel niente, intuizione che risultò assolutamente errata.
"Innanzitutto ho ragione di credere che l'obiettivo dell'aggressione fosse proprio Jirk Lubers, secondo a ciò che mi avete detto. Inoltre è stato un capitano del feudo Pemry ad attaccarci rassicurando le altre guardie, per questo anche gli altri uomini sconosciuti, come li hai definiti, altro non erano che soldati al servizio dei nostri alleati. Con ogni probabilità si trovavano già qui sul confine e devono aver ricevuto l'ordine di uccidere Jirk per fare in modo che la colpa venisse addossata a me e quindi ai Tenbri stessi, dato il rapporto ancora instabile tra le nostre due casate. In parole povere si tratta di tradimento e più esplicito di così non potrebbe essere. Avete altri dubbi ora?" rispose l'uomo dopo aver parlato a raffica per spiegare come realmente stessero le cose.
I due ragazzi rimasero impietriti e lo scudiero comprese il perché dal compito affidatogli dal cugino stesso.
"È per questo che mi hai chiesto di tenerlo d'occhio..." mormorò Eonas.
L'amico lo guardò storto, come sconvolto da quella dichiarazione che non gli era piaciuta affatto, come se non avesse mai dovuto fidarsi del ragazzo di cui aveva preso le difese quando Derath lo aveva accusato.
Ma non c'era tempo di litigare e chiedere ancora chiarimenti, perché qualcosa di ben più grosso era in atto, senza parlare del fatto che si trovavano ancora tutti in pericolo.
Quando Gunìn Villi entrò nel grande capanno, chiedendo immediatamente cosa fosse successo e perché gli era stato ordinato di svegliarsi nel bel mezzo della notte, Rart cominciò a spiegagli quel che era accaduto e quindi del tradimento dei Pemry.
"Cosa?! Spero tu voglia scherzare, anche se non sembra che tu abbia intenzione di prenderti gioco di me, però ciò che affermi è grave" disse Gunìn dopo aver ascoltato tutta la storia.
"È così purtroppo e bisogna che gli altri Pemry presenti lungo tutto il fronte non sappiano nulla, è imperativo, mi hai capito?" domandò Rart, confidando sull'altro più vecchio capitano.
"Va bene ma come si fa? È un disastro e perderemo la guerra! Come hai intenzione di agire adesso?" chiese il Villi trattenendo a stento uno sbadiglio.
"Devo tornare indietro e portare sano e salvo Jirk, per mostrare ai Lubers che i Pemry li vogliono usare per iniziare un conflitto contro di noi".
Erano parole dure, davvero tremende e se ascoltate a quell'ora che erano tutti ancora storditi dal sonno, sembravano ancora più angoscianti ma l'esercito al fronte sarebbe rimasto dov'era e nessun messaggero avrebbe potuto avvertire i Pemry del loro piano fallito. Ma se qualcuno avesse comunque dato per scontato l'omicidio di Jirk, allora sarebbe stata la fine e gli ex alleati dovevano aver messo degli uomini lungo la strada per accertarsi che messaggeri non portassero notizie sul vero stato del nobile Lubers.
Sarebbero partiti quella sera, anche se Rart non poteva certo dirsi solo per affrontare il viaggio di ritorno a Foraz-Dor.
Intanto, più a nord-ovest di lì, il tempo non voleva azzardarsi a migliorare e le pattuglie erano in subbuglio, mentre si parlava di mercenari inviati da oltre il confine per sterminarli. Anvol riusciva a malapena a trovare un secondo per fermarsi o una breve tregua a causa della notte insonne e per via dell'allarmante notizia del cavaliere sopravvissuto all'agguato. Per fortuna alla fine non era accaduto niente e aveva potuto inviare due messaggeri quella mattina, anche se non aveva idea di come organizzarsi e che strategia usare, poiché privo delle informazioni necessarie. L'uomo si chiedeva se quegli aggressori fossero in molti; magari erano dei nomadi e si spostavano di continuo. Ad ogni modo il suo compito era quello di proteggere i villaggi, gli abitanti e le fattorie da qualunque minaccia, quindi si sarebbe dato da fare nonostante avesse con sé pochi uomini.
"Signore, notizie da Cerefoll" disse un soldato, avvicinandogli una piccola pergamena.
"A quanto pare chiedono istruzioni sul da farsi" riassunse Anvol dopo aver letto attentamente. Effettivamente nemmeno lui sapeva bene come e cosa fare, perché gli uomini a disposizione erano già pochi e inviarne una parte in cerca di briganti per i boschi, non poteva dirsi una saggia decisione.
Cerefoll era uno dei piccoli e lontani villaggi tra quelli situati poco prima della linea di confine con il feudo Pemry, luogo ancora insicuro per via delle recenti aggressioni, forse dovute agli alleati stessi. Chi poteva saperlo? Di certo l'accorto Anvol in persona comprendeva l'idea del fratello maggiore ma un contingente così minuto, composto da poco più di cento uomini, non avrebbe potuto competere nemmeno lontanamente contro l'esercito di prima classe dei vicini oltre il confine ovest. I Tenbri speravano soltanto che tutto potesse risolversi in maniera diplomatica, magari organizzando un matrimonio tra il primogenito Kitran e la figlia dei Pemry. La soluzione non pareva certo semplice in ogni caso e la criticità della questione si manifestò tutta in una sola notte.
I messaggeri sarebbero tornati entro due, al massimo tre giorni, anche se il comandante e fratello di Fendaron aveva un brutto presentimento. Quando calò il sole, Anvol era riuscito a richiamare a sé una decina di uomini che aveva inviato più ad est la mattina precedente. In quel momento erano una trentina i soldati a presidiare quel paesino e il coprifuoco vedeva impegnati piccoli gruppi di guardie reclutate temporaneamente tra gli abitanti locali, i quali avevano il compito di far rientrare gli altri civili e non permettergli di uscire di casa dalle diciotto e mezza fino all'alba. Ecco però che le ombre con sguardi assetati di sangue riapparvero più numerosi e non si limitarono a guardare passivamente come la sera prima. Questa volta avrebbero soppresso tutti i nemici e non potevano certo dirsi in svantaggio numerico, essendo almeno in mille. Un gruppo di tre cavalieri che facevano la guardia all'ingresso del paese, ebbero la sfortuna di essere le prime vittime.
Uno degli ufficiali sembrava particolarmente audace e rideva e scherzava rincuorando i commilitoni, sollevandoli da tutte le preoccupazioni accumulate, come se la speranza fosse più accesa e viva che mai.
I sorrisi si spensero all'istante quando l'uomo venne colpito e trafitto al collo da un pugnale scagliato dal nulla a gran velocità, facendolo stramazzare a terra coperto da un rivolo di sangue che sgorgava di continuo. I due sguainarono le spade e si guardarono intorno ma non videro nulla, quindi decisero di scappare per dare l'allarme.
Uno di loro non fece in tempo a gridare aiuto che un'altra lama lo centrò, questa volta alla schiena, mentre il compagno che continuava a correre più avanti emise un grido prima ancora di essere ucciso, per avvertire gli altri. Tutti e tre erano morti e l'ultimo ad essere stato colpito era riuscito a vedere in faccia uno degli assalitori, coperto da un'armatura leggera nera e rossa e con lo sguardo da assassino quale era.
Naturalmente Anvol non riuscì a sentire subito l'urlo di quella vittima, però i soldati più vicini al luogo dell'attacco avevano udito eccome, mentre uno di loro si era diretto subito alla piccola campana per avvertire tutti dell'attacco in corso. Fortunatamente quei soldati posti di guardia erano tra i più preparati di quel modesto presidio e non ebbero problemi né si fecero scrupoli, utilizzando gli scudi in dotazione per proteggersi l'un l'altro dalle frecce avvelenate che avevano già ucciso una delle sentinelle, morta agonizzante sotto l'effetto della sostanza intinta nella punta del dardo che lo aveva colpito al petto. I cinque uomini presenti in quella zona, non distante dalla locanda dove alloggiava il loro comandante, continuarono a resistere e uno di loro possedeva un'arco con almeno venti frecce. Inutile dire che quel soldato fu l'eroe della serata, sebbene fu anche l'obiettivo numero uno degli avversari e per questo cadde ferito da un pugnale dopo un paio di minuti, quando aveva già ucciso sei nemici.
"Chiamate tutti gli uomini, date l'allarme e preparatevi alla difesa del paese!" sbraitava Anvol rivolgendosi a chiunque gli capitasse davanti, non sapendo né chi fossero i nemici, né quanti erano. In realtà era già da almeno un minuto che una guardia faceva squillare la tromba dando il segnale di pericolo, prima ancora che il comandante lo ordinasse. Ai quesiti che si era posto il nobile Tenbri, la risposta si era fatta strada da sola e apparve di fronte agli occhi dell'uomo sotto forma di un mare di uniformi rosse e nere, tra le quali era possibile distinguere più vessilli dei Pemri.
I nemici erano usciti completamente allo scoperto e mentre le loro trombe suonavano l'avanzata, quella dei Tenbri imponeva la ritirata, nonostante non fossero giunti comandi dall'ufficiale a capo del gruppo di pattuglia. Le diverse squadre situate più distanti e i gruppi di cittadini cui era stato affidato il compito di sorvegliare gli altri abitanti, si erano rivelati immediatamente degli obiettivi da eliminare per primi, essendo facili bersagli. Le cose non andarono male solo in quel paesino, poiché anche gli altri villaggi e i piccoli avamposti, uno dopo l'altro, erano stati assediati e presto non ne sarebbe rimasto più nulla oltre alla cenere. I soldati, sparsi in gruppetti e divisi da chilometri di distanza, non ressero quasi per niente l'attacco, essendo in quei luoghi per contrastare i briganti ma non di certo un'esercito intero. Mentre i messaggeri correvano da ogni presidio per avvertire Fendaron alla città-fortezza, i cittadini cercavano invano di fuggire verso est, scortati da pochi uomini armati. Purtroppo i Pemry avevano previsto un'eventuale fuga da quella parte e avevano sbarrato il passaggio agli abitanti dei villaggi, circondandoli tutti e facendo strage tra uomini, donne, vecchi e bambini. Intanto una decina di cavalieri avevano deciso di utilizzare la locanda che li ospitava, come fortezza, per quanto fosse vecchia e semplice ma si trattava della costruzione più grande; dove Anvol era rinchiuso e disperato, con le lacrime agli occhi. Non aveva paura tanto di morire, quanto di non poter avvisare nessuno e piangeva per gli abitanti indifesi che proprio dalla sua finestra poteva osservare, mentre correvano inutilmente per finire braccati e dissanguati o soffocati, bruciati e ammazzati in modi diversi. Era anche colpa sua se non aveva fatto preparare il villaggio per una eventuale evacuazione, che avrebbe potuto disporre comodamente quella mattina. Ma come poteva sapere? Inoltre gli ordini erano quelli di restare lì e difendere. Ormai non poteva fare altro che afferrare una delle ultime armi giunte tramite gli scambi commerciali con i Villi, puntarla contro gli assalitori e ucciderli dalla finestra, per quanto avrebbe potuto resistere. Si trattava di una balestra in legno e metallo: complicata e sofisticata ma allo stesso tempo, facile e comoda da usare. L'uomo infilò un primo dardo, aprì la finestra e premette la leva che fece scattare il meccanismo dell'arma, scagliando il proiettile che andò a centrare in testa uno dei nemici che lo avevano notato. Non passò molto prima che qualcuno sfondò il portone della taverna, già in fiamme a causa di una moltitudine di frecce infuocate. Anvol continuò imperterrito a sparare dardi per altri quattro minuti, tempo nel quale i cavalieri avevano combattuto e respinto orde di nemici che non potevano entrare troppo numerosi da una porticina come quella, così fino a quando una parte del soffitto gli cadde addosso, ferendone due e uccidendone uno sul colpo. I soldati dei Tenbri non ebbero proprio fortuna quei giorni e gli assalitori entrarono tutti assieme approfittando dell'incidente, riuscendo ad eliminare tutte le guardie.
Quando giunsero al piano di sopra, due soldati dei Pemry furono trapassati da un paio di dardi provenienti dallo stretto corridoio, dove Anvol si accingeva ad estrarre la spada. I nemici non si fecero intimorire e si gettarono contro l'unico avversario rimasto, che rimase vivo ancora per tre minuti buoni, uccidendo altri cinque aggressori, mentre sotto alla finestra un centinaio di soldati si erano fermati a osservare i quindici corpi privi di vita che quel Tenbri aveva causato tutto da solo.
Inutile dire come andò a finire quella notte. Inutile dire quanto sangue fu versato in poco tempo, senza un motivo apparente. La vita di centinaia di uomini e donne si era consumata dolorosamente e tragicamente, proprio come Anvol e il fratello avrebbero voluto evitare. Inutile dire anche, che di messaggeri non ne tornò nessuno a Foraz-Dor.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: DaGio