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Autore: Rhaenyra17    17/03/2013    3 recensioni
[Dal capitolo 3:
«Menti a tuo fratello?»
«Non ti sto mentendo».
«E io sono solo un’illusione: il vero me è a casa».
«Plausibile».
«Impossibile, otouto. Dimmi, per caso ti piacciono i ragazzi?»
Beccato.
«Fatti gli affaracci tuoi!»
«Ti piacciono i ragazzi».
«Taci!»]
[ItachixSasuke; Uchihacest; Yaoi; accenni NaruSasu]
[QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA TREDICESIMA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA SESTA AL CONTEST "TEMPO DI LACRIME - FLASH CONTEST" INDETTO DA CHISANA KITZUNE SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA QUARTA AL CONTEST "A SENTENCE TO DREAM" INDETTO DA KIRAME27 E MARY DB SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "RED CARPET, FANFICTION DA OSCAR!" INDETTO DA CLALLA97 SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "QUELLO CHE NON UCCIDE FORTIFICA" INDETTO DA SHIZUE ASAHI SUL FORUM DI EFP.]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 4 – Explosive evening!

Test d’inglese.
Naruto era una schiappa in inglese!
Sasuke, invece, era l’indiscusso genio che riusciva a beccarsi tutte “A” dal primo all’ultimo giorno di scuola. Fortuna, per l’Uzumaki, avercelo come amico. Nemmeno quarantacinque minuti dopo l’inizio del test, l’Uchiha aveva già concluso e si apprestava a consegnare. Un’ora e quindici minuti per riuscire a covare qualcosa dalla testa vuota e poi Naruto avrebbe dovuto beccarsi l’ennesima “F” alla sua lunga lista di voti.
Il più grande, dal canto suo, sapeva di dover fare qualcosa prima che quella testa quadra ne combinasse un’altra delle sue e, se non voleva che perdesse l’anno e trascorressero anche il successivo insieme, l’ultimo peraltro, doveva darci dentro.
«Mei-sama», appellò la docente alzandosi, il busto eretto e la solita imperscrutabile espressione fissa sul volto, «posso andare al bagno?»
«Certo, Sasuke, va’ pure», rispose lei, non mancando di fare gli occhi dolci al suo studente modello, l’alunno prediletto.
«Arigatou gozaimasu», il moro la ringraziò accennando ad un inchino, poi si avviò fuori dall’aula, lanciando rapidamente un foglietto ripiegato al biondo.


«Tranquillo, dobe, ti salverò il culo anche questa volta. Tieni il telefono a portata di mano senza farti sgamare!»

Entrato nell’isolato bagno dei ragazzi, l’Uchiha si mise nel punto cieco della sala e prese a scrivere le risposte ai quesiti di letteratura straniera al proprio compagno, cercando di variare le parole usate sostituendole con quelle meno ricercate che conosceva; così magari la professoressa avrebbe pensato che, ahimè, almeno una volta nella vita, Naruto si stava impegnando in qualcosa.
«È più difficile scrivere cose semplici per quel dobe dei miei stivali, che sostenere un esame di livello C2», realizzò, dopo dieci minuti di continuo scrivere e, infine, dopo aver premuto il tasto d’invio, decise di sciacquarsi il volto; poteva anche rimanere sino alla fine del test, sicuramente, il problema era che si annoiava a morte.
Sciabordandosi il viso, si rese conto di essere davvero felice per la prima volta dopo nove anni interi nascosto nella penombra di una falsa gioia. E doveva tutto alla pazienza infinita del fratello, e perché no anche alla solarità dell’uragano biondo che si era scelto come compagno. Non si erano mai trovati a parlare del proprio passato, anche se qualche volta era capitato che, melanconicamente, Naruto si trovasse a fissare delle foto dei genitori, dimenticandosi totalmente della presenza di Sasuke in casa propria. Ma parlare di ciò che fa male è una cosa troppo intima ed entrambi concordavano su quel punto; ragion per la quale avrebbero lasciato passare tutto il tempo necessario prima di concedersi una confessione tale.
«Ci ritroviamo, finalmente, Uchiha Sasuke», di nuovo quella voce e di nuovo il diciassettenne sobbalzò udendola così all’improvviso. Possibile che quel tizio adorasse apparire nei momenti meno opportuni e soprattutto mentre era distratto?
Si voltò verso quell’uomo e di nuovo la figura autoritaria, tuta nera, stemma del clan Uchiha e armatura rossastra fasciavano il corpo di Madara, i capelli del medesimo colore e della stessa lunghezza dell’ultima, e d’altronde anche della prima volta che l’aveva visto. Possibile che non si cambiasse mai? Sembrava immutato, nonostante fossero trascorsi tre mesi da allora. Sarà che una volta diventati uomini, non si sarebbe più cambiati? Eppure Itachi cambiava a vista d’occhio, giorno dopo giorno era sempre più mascolino, la sua bellezza sfigurava quella del minore che non riusciva a far altro se non bearsi di cotanta magnificenza e abbracciarlo e baciarlo e desiderare di poter urlare al mondo che sì, quel ragazzo era suo; suo cosa?, avrebbero chiesto. Suo fratello, suo amato, suo “ragazzo”?, suo punto di riferimento, o semplicemente tutto, per quanto potesse sembrare scontato?
«Che ci fai qui, Madara? Non dovresti stare nascosto nell’ombra e soprattutto alla larga da Konoha? Sei un ricercato oppure ho capito male?»
«Cos’è la vita senza un po’ di pazzia?», ghignò sadicamente, «D’altronde, sono diventato uomo libero da quando ho mandato a quel paese la giurisdizione di questi ipocriti di Konoha».
«Cosa ti hanno fatto?», o forse avrebbe dovuto chiedere cosa LUI avesse fatto a Konoha, per indurre i tre Kage ad esiliarlo?
«Sas’ke!», strillò Naruto, abbracciando il moro, «Mi hai salvato la vita, grazie!»
Stranito, il più grande abbracciò il compagno, fissando Madara che ghignava vittorioso.
«Naruto, tu non vedi niente?», sibilò sorpreso.
«C’è qualcosa che dovrei vedere’ttebayo?»
«Guardati le spalle, Sasuke».
Cosa voleva dire?!
Il mondo parve scomparire, il buio sembrò risucchiare via l’Uchiha ed isolarlo da tutto il resto, la paura impossessarsi di lui.
«…uke!»
Solo.
«’ke!»
Naruto…
«…ka!»
Itachi!
«Teme!», imprecò il biondo, «mi hai fatto prendere uno spavento!»
«Cosa…?»
L’Uzumaki spalancò gli occhi.
«Mi sei praticamente svenuto tra le braccia per qualche secondo, mentre mi abbracciavi e dicevi: “Ma tu non vedi niente?”… Si può sapere che ti è preso e cos’avrei dovuto vedere?!»
«Nulla, mi girava la testa e non ci ho capito nulla», si rialzò a fatica, barcollando lievemente e trovando subito la mano bronzea del biondino a supportarlo, pur di non farlo finire col sedere per terra.
«Grazie», mormorò, imbarazzato da quel tocco. Da quando si era lasciato andare con Itachi, aveva evitato ogni contatto possibile con il biondo, a parte un battito di cinque, lo scombinarsi i capelli o affogarlo a mare durante l’estate; per il resto zero. Aveva la sensazione che avrebbe potuto infastidire il maggiore, anche se quest’ultimo non lasciava trapelare nulla dalle espressioni e si comportava come al solito: frequentava Sakura più assiduamente di quanto Sasuke volesse, ma ogni volta gli assicurava che tra loro non c’era altro che una semplice amicizia e che aveva chiarito la situazione, anche se non spiegò cosa intendesse con “chiarito”; il loro rapporto andava a gonfie vele e alla fine non si era modificato più di tanto, al massimo i due si erano avvicinati più di prima ed erano più uniti che mai. Rimanevano sempre Itachi e Sasuke, con la sola differenza che si amavano non solo fraternamente, ma anche passionalmente, col corpo, col cuore, con l’anima, con tutti se stessi.
Insomma, il più piccolo degli Uchiha sapeva che non ci sarebbe stato niente di male nel riavvicinarsi a Naruto come amico, ma una parte di lui lo induceva a pensare che fosse meglio stargli lontano; aveva la netta sensazione che sarebbero potuti saltarsi addosso a vicenda e il pensiero di Itachi si sarebbe dileguato nel nulla, non consentendogli di pensare con lucidità e compiere atti di cui si sarebbe poi pentito. Il fratello aveva chiarito che ormai Sasuke apparteneva solo a sé e il minore sentiva che l’altro avesse capito che la stessa cosa valeva per lui; anche se non aveva avuto il coraggio di dirlo. Quelle parole erano davvero troppo per lui, specialmente dopo le confessioni piccanti ed imbarazzanti fatte quella notte.
«Sas’ke, posso farti una domanda?», Naruto lo colse alla sprovvista e fu per questa ragione che, con pacatezza, il moro gli fece un cenno d’assenso col capo, stringendo la presa delle loro mani e cercando di riprendere fiato.
«Sono passati mesi ormai da quella notte, ma non ne abbiamo più parlato. Forse questo non è il momento più adatto per discuterne, ma io ci terrei che tu mi dicessi qualcosa a riguardo; qualunque cosa», rivelò con un bisbiglio l’Uzumaki, portando la mano libera sul fianco del compagno e attirandolo a sé; gli posò un bacio sulla fronte e lo abbracciò nuovamente, stringendo al proprio petto il capo corvino e accarezzando la nuca eburnea e scarna. Fu proprio in quel momento che notò qualcosa di insolito per la pelle pallida del compagno: sul lato destro vi era un segno rosso – violaceo, nascosto grazie ai capelli, che si erano allungati, e al colletto della camicia.
«Naruto», incominciò Sasuke, «io…»
«Ci ho ripensato, teme, non dire niente», annunciò staccando i loro corpi, grattandosi il capo dorato come al solito e sorridendo incoraggiante, convinto che l’altro non percepisse il senso di disagio che si era appropriato di sé e quanto forte fosse la stretta di quella morsa ferrea al proprio stomaco, «non mi devi alcuna spiegazione. Scusa… Io torno in classe e faresti bene a fare lo stesso, altrimenti Mei-sama si preoccuperà e ti verrà a cercare… e magari violenterà, dattebayo!».
«Ma cosa ti salta in mente, dobe!», la risata cristallina dell’uragano biondo risuonò per il bagno e per il corridoio dell’Accademia, sparendo e zittendosi non appena il più piccolo tra i due si era allontanato dai bagni.
Sasuke sospirò: «Che gli sarà preso?»


«Itachi, sono a casa!», si annunciò, non appena un’altra giornata scolastica giunse al termine. Si liberò delle scarpe, provando un senso di libertà e scricchiolando le dita dei piedi, sgranchendosi le ossa di tutto il corpo, schiena, braccia, gambe e collo.
«Bentornato, Sasuke», lo salutò il maggiore, avvicinandosi a lui e sbucando dalla cucina, «com’è andata oggi?», si premurò di domandare, come faceva ogni sera.
«Bene…», rispose poco convinto il giovane, «te all’università?»
«Bene», pronunciò con decisione il nii-san, «torno a cucinare, raggiungimi quando sei pronto».
Annuendo, il diciassettenne si apprestò a raggiungere la sua camera, varcando la soglia e gettandosi a capofitto sul letto, annusando il profumo di lavanda emanato dalle lenzuola pulite, sostituite quella mattina stessa prima di andare a scuola e di cui non si era potuto beare, poi prese a spogliarsi con estrema lentezza.
«Forse potrei…», sghignazzò l’Uchiha, indossando solo i pantaloni della tuta e scendendo al piano inferiore a torso nudo. Era una sorta di complessa provocazione al fratello, che aveva colpito fulminea i pochi neuroni disponibili di sera del ragazzo.
«Non hai freddo così, Sasuke?», aveva chiesto Itachi vedendolo camminare tranquillo per la cucina, prendere il suo posto e accendere distrattamente la tv, mentre sorseggiava del succo d’arancia.
«No», aveva sentenziato, ridendo sotto i baffi e nascondendo l’espressione soddisfatta e mezza corrucciata, in un vago tentativo di sviare il percorso di pensieri del maggiore, nella tazza scura.
«Come vuoi», si era arreso il fratello.
Trascorse una mezz’ora, il religioso silenzio stroncato dalle voci stridule di alcune concorrenti di un reality show musicale. Quando il fratello aveva posato sul tavolo la cena, il minore aveva prestato poca attenzione, chinato il capo e si era morsicato il labbro inferiore. Avrebbe dovuto parlare al fratello di Madara? Improvvisamente tutte le ulteriori intenzioni che aveva per la conclusione di quella serata gli parvero superflue e quasi inutili, un ripiego per non pensare a quell’assillante sensazione di pesantezza che aveva arcuato il proprio animo.
«C’è qualcosa che vuoi dirmi, otouto?»
Eh, certo, il minore non aspettava altro che essere incitato dalla voce magnetica del nii-san.
«In effetti sì», bisbigliò, «ma non saprei…»
«Ti ascolto», Sasuke non ricordava una volta in cui aveva saputo resistere, se non quel vano tentativo la notte del suo compleanno… ma che problemi aveva?
«Conosci un certo… Madara Uchiha?»
Il fratello s’immobilizzò, le bacchette in bilico tra le sue dita, la bocca chiusa e lo sguardo fisso sul cibo.
«Sì, otouto. Perché me lo chiedi?», Itachi sperò davvero che i suoi presentimenti fossero errati, che il fratellino avesse curiosato in giro per casa marinando la scuola una di quelle mattine e si fosse infiltrato nel passaggio sotterraneo di villa Uchiha, scovando vecchi libri con la storia di famiglia e beccando proprio la pagina di Madara.
«Forse ti sembrerà strano, ma io l’ho visto».
Proprio come temeva.
«Quando?», inutile chiedere il luogo: era risaputo che Madara non varcasse due volte la stessa soglia, che non sostasse per più di un paio di minuti in un posto e svanisse nel nulla, lasciando un’evanescente scia di menzogne ed illusioni.
«Beh, l’ho incontrato per la prima volta il giorno prima del mio compleanno, mentre ero nelle docce», Itachi sospirò.
«Otouto, sono passati mesi, perché non me l’hai detto prima?», poi ripeté nella propria mente le parole pronunziate dal suo otouto. «Aspetta, hai detto “la prima volta”? Quindi significa che l’hai rivisto».
«Esatto», assentì Sasuke, «oggi a scuola, mentre ero in bagno».
Avrebbe potuto fargli del male. Ha avuto due occasioni e non gli ha torto un capello. Che maledette intenzioni ha quel criminale?
«Cosa ti ha detto, Sasuke?»
«In spiaggia si era presentato a me come Madara Uchiha, poi è stato… strano», tentò di spiegare. «Vedevo le sue labbra muoversi e sono certo che stesse parlando, ma non riuscivo ad udire le sue parole. Sorrideva di tanto in tanto e le uniche parole scorte dal suo labiale sono state “Uchiha” e “assassino”».
«Oggi?», lo incitò monocorde il maggiore, cercando di sembrare a suo agio e posando le bacchette nel piatto.

«Che da quando ha lasciato Konoha è un uomo libero e di guardarmi le spalle», disse, «ma la cosa che mi ha lasciato perplesso non è questa».
«Cos’altro è successo?»
«Ecco, vedi, gli avevo chiesto cos’era successo per avercela così tanto con Konoha e in quel momento è entrato Naruto. Il fatto bizzarro è che lui non lo vedeva, eppure era davanti a noi! E dopo avermi detto di guardarmi le spalle, Madara è scomparso e a quanto pare sono svenuto per qualche secondo», spiegò, gesticolando a causa dell’ansia che s’impossessava di lui e mordicchiandosi le labbra. «Itachi, che significa? Chi è Madara Uchiha?»
«È un criminale, otouto, è un assassino spietato che fu esiliato da Konoha molto tempo fa».
«Ha ucciso qualcuno qui?»
«Sì», assentì il maggiore.
«E gli Hokage non potevano semplicemente arrestarlo invece di lasciarlo in libertà?», domandò, come se fosse la cosa più sensata da fare.
«Lo pensarono, ma Madara è un po’… diverso dagli altri assassini. È l’essere più spietato che possa esistere e non basta la prigione a fermarlo».
«Perché non ucciderlo, allora?»
«Nemmeno questo è possibile».
«Per quale ragione? Non dirmi che ha la forza di Hulk e l’immortalità dei vampiri, per piacere!»
«È più complicato di così, otouto, ma non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti», lo rinfrancò Itachi, allungando un braccio per scombinargli i capelli e sorridendogli incoraggiante, «ora mangiamo, okay? Dopo verrà a trovarmi un amico».
«Un amico?»
«Deidara, ricordi il biondo con la fissa per i fuochi d’artificio ed ogni tipo di esplosivi?», sorrise il maggiore, grato alla volontà dell’altro di cambiare discorso.
«Come dimenticarlo!»

[ Benny Hill Theme Song ]

Dopo cena, i due fratelli si erano appollaiati sul divano e avevano trascorso il tempo scambiandosi delle tenere coccole. Alla fine, sgamato come al solito da Itachi, Sasuke aveva dovuto confessare di volerlo “provocare” rimanendo senza maglietta, dopo che il fratello l’ebbe bloccato sotto il peso del proprio corpo, facendogli il solletico e poi baciandolo e provocandolo a modo suo.
«Basta chiedere, otouto; e ciò che vuoi ti sarà dato», aveva assentito vittorioso, prima di ristendersi supino sul divano e attendere che il fratello tornasse da lui, accoccolandosi al suo petto e giocherellando con le dita, disegnando simboli immaginari o gli ideogrammi dei propri nomi.
Verso le otto e trenta circa, una chioma lunga e bionda si era affacciata dalla porta di casa Uchiha, invitandosi di propria spontanea volontà ad entrare e non sospettando nemmeno minimamente che all’interno dell’abitazione i due fratelli potessero essere beccati per caso in atteggiamenti compromettenti.
«Itachi-senpai!», aveva urlato, fiondandosi tra le braccia del maggiore degli Uchiha e mordendogli una guancia, «Ne è passato di tempo!»
«Ti trovo bene, Deidara», aveva risposto Itachi, scombinandogli la folta zazzera bionda, «Sasori?»
«Eh, Sasori…», il biondo sbuffò e si sedette a gambe incrociate sul parquet, limitandosi ad un’alzata di sopracciglia; dal canto suo, il ventiduenne rise e annuì divertito.
Sasuke sentiva qualcosa di strano. Era come se qualcosa gli stesse solleticando la pelle, eppure quando si era grattato non c’era nulla fuori posto, né aveva sfiorato in alcun modo il divano. Voltatosi di colpo, aveva scrutato per bene dietro di sé, ma non aveva intravisto nemmeno un movimento, un minimo spostamento d’aria che lo facesse sembrare meno matto di quanto non credette fosse sul serio.
«Tu credi nei fantasmi… Sasuke?», il giovane Uchiha si voltò di scatto, gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, verso Deidara che si era avvicinato pericolosamente a lui; di scatto indietreggiò e bloccò la propria schiena al divano.
«BU!»
«AHHHH!», urlò il minore degli Uchiha, scatenando le risate a stento soffocate dei presenti.
«Stronzi!», sbraitò, poi una chioma rossa apparve dal pavimento, una scrollata di spalla e un sorriso appena accennato, gli occhi color cioccolato malinconici, la pelle chiara.
«Io sono Sasori, è un piacere conoscerti, Sasuke».
Il minore, di scatto, si alzò dal divano e fulminò Itachi con lo sguardo, che ancora se la rideva, mentre Deidara era steso, quasi morto stecchito per le risate.
«Nii-san!», sbraitò e poi, irritato dalla risata isterica del biondo, strepitò: «Ti faccio ridere io adesso, bastardo!»
Itachi e Sasori iniziarono a ciarlare del più e del meno, con la massima tranquillità, mentre Deidara scherniva Sasuke e quest’ultimo lo rincorreva; ad un certo punto, stanco della corsa, finse di tornare dal fratello, che notò ogni suo movimento ma tacque.
«Ti sei stancato! HA! Ho vinto!»
«Un paio di palle!», e così dicendo, il minore degli Uchiha gli lanciò due shuriken; di poco, il giovane dai capelli dorati e lunghi li scansò e mostrò il medio al piccolo.
«Guarda che Itachi ha insegnato anche a me ad usarli! E poi non conosci il mio ragazzo», indicò con un cenno del capo il rossino, «è una bomba! Esplosivo non solo a letto, ma anche…»
«AH! Non sento! Non mi interessano i dettagli!»
«L’astinenza dagli esplosivi gli fa un po’ male, scusatelo», dichiarò Sasori, scrutando incuriosito il fratello di Itachi e il ventiduenne stesso. «Comunque siete due gocce d’acqua».
«Che intendi con “astinenza dagli esplosivi”?», chiese il moro dai capelli lunghi.
«Ah! Voleva che impiegassi il mio tempo con “l’arte che resta nel tempo”, sai com’è, Sasori non concorda con la mia definizione di arte», il compagno annuì, «e allora mi sono messo a scrivere!»
Silenzio.
«Scrivere, uhm?»
«Sì», annunciò fiero.
«E cosa scrivi?»
«Sto acquisendo una discreta dimestichezza nello scrivere poesie!», ridacchiò, «Vuoi sentirne una?»
Sasori scosse il capo in direzione di Sasuke, speranzoso.
«Credi davvero che a qualcuno interessi delle tue stupide “poesie”?», lo derise Sasuke, fintamente schifato. «Ma che diavolo…?!»
Ignorandolo, Deidara afferrò una sedia e ci salì sopra, sciolse i capelli e abbassò la testa, li mosse con celerità e poi si rialzò; sistemò il ciuffo alla sua sinistra e, schiarendosi la voce, cominciò a poetare.

«Oh tu mia esplosiva argilla
che m’impastocchi le mani;
oh, argilla che al sole brilla
senza di te non vedo il domani.

Oh se mi piace costruire dardi
d’argilla bianchi e belli duri
co’ste rime mi mangio pure Leopardi!

Tu, mia fedele compagna di vita
so che non mi faresti mai del male,
ma semmai mi portassi via le dita
ti farei mangiare da un animale.

Una buona idea è anche il mare
e sai la ragione?
Perché lì ti potrei affogare!»

Silenzio.

Solo silenzio.

«PERCH
É?! SASORI, SPIEGAMI PERCHÉ!
», urlò Sasuke.
«Sasuke, calmati…»
«Ah, calmarmi un corno! È la vergogna della letteratura, delle persone, degli uomini e dei gay! Fanculo!»
«Ma chi ti credi di essere, neh, bimbetto!»
«Ma prima di “poetare”, almeno informati su com’è formato un sonetto!»
«Lo so! Due quartine e due terzine!»
«E tu hai rispettato questa regola?!»
«Certo! Devo per caso ripetertela?»
«NO!», urlarono i tre all’unisono, poi Sasuke battendosi un palmo sulla fronte, si avvicinò a Deidara nel vano tentativo di tenere la calma.
«Deidara, quartina, quartina, terzina, terzina: ecco com’è composto un sonetto. E la tua poesia, se così possiamo definirla, è incredibilmente squallida e insensata!»
«Ma come osi!», il biondo frugò nelle tasche e poi strepitò sulla sedia, «Voglio la mia argilla! Ti farò esplodere, bastardello!»
«Mi sfidi conoscendo il nome degli Uchiha? Scoprirai a tue spese cosa vuol dire questo nome!», Sasuke provò a correre verso Deidara per stenderlo, ma Itachi lo bloccò.
«Basta, otouto».
«Ma… nii-san!»
Il fratellone scosse la stessa sorridendo e il minore annuì, lasciando che il più grande prendesse la sua mano e lo portasse al suo fianco, seduto sul divano, come prima che quel biondo poeta, artista o quel che era, da strapazzo rovinasse la quiete di villa Uchiha.
La serata trascorse tra l’ilarità generale, dei battibecchi tra Sasuke e Deidara e chiacchierate tranquille, finché non giunse l’ora che i due ragazzi se ne andassero. Li salutarono con un sorriso e uno sbuffo sprezzante tra i due litiganti; poi, rimasti soli, Itachi e Sasuke andarono a letto.
«Dormiamo, otouto?»
«Io avevo altre idee…»


_______________________________________________________________________________________________________________________________

NB:
Ho cercato di rendere il capitolo un po’ più “soft”, giusto perché i drammi dal capitolo cinque in poi si susseguiranno fino alla fine…
Inoltre ci tenevo a dare un po’ di spazio a Sasori e Deidara, una coppia che shippo u_u e mi piacciono troppo, per cui non ho potuto farne a meno! E ridicolizzare il nostro artista esplosivo era una cosa che sognavo di fare da un sacco xD Quindi non potevo proprio non approfittarne! Ovviamente la composizione del “sonetto” in maniera errata e lo squallore posto in esso è del tutto voluto e non è scandito dalla mia ignoranza in materia!
Pian piano comunque si vengono a scoprire determinate cose su Madara, ma tutti i chiarimenti ci saranno poi!

Note dell'autrice:

Hello! Posto alle due di notte il capitolo perché domani sarò assente per tutta la giornata e non avrò assolutamente tempo di farlo. "Domani", pf, più tardi, diciamo così. Comunque è 17 e non volevo tardare. Almeno quando ho le storie complete vorrei essere puntuale ç_ç
Posterò il prossimo capitolo il giorno 22.
Ringrazio tutte le persone che seguono, preferiscono e recensiscono la storia.
Bacioni, Giacos.

  
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