I tre giorni
successivi furono i peggiori della mia vita. Nonostante l’esplosione di una
delle tre navi, le altre rimaste non avevano alcuna intenzione
di lasciarci andare.
Erano sempre
lì, con l’Occhio sulla vela che sembrava fissarci carico d’odio e di ira…
Perché non succedeva nulla…?
Mare a destra,
a sinistra, davanti a noi, dietro di noi…
Tutti eravamo nervosi, il capitano aveva smesso di sorridere e
parlare con tutti, Danny sembrava sempre sul punto di
piangere… sinceramente non capivo il perché…Kevin non
parlava più… beh, non è che fosse proprio un problema, a volte un po’ di
silenzio fa piacere, ma alle lunghe stanca… Khym era
sempre più cupo e pensieroso, passava le sue giornate nella sua cabina, a
rimuginare su qualcosa… Joanne guardava cupa il mare,
le navi nemiche… aveva ripreso a rispondere in modo acido a tutti, fulminando
con lo sguardo chiunque la disturbasse… beh, adesso che ci penso non è che
fosse poi molto cambiata…
Persino Aira non sorrideva più, teneva sempre la testa bassa, seguendo
il Dottor Ross ovunque andasse, come un cagnolino
triste…
Il Medico di
bordo la trattava con freddo distacco, quasi ignorandola…
Red e Wil
parlottavano sempre tra di loro, non so di cosa, ma sembravano comunque nervosi.
L’unica che
sembrava non risentire del clima d’ansia era Risalima, la cuoca. Continuava a svolgere i suoi lavori
tranquillamente, canticchiando sommessamente mentre cucinava.
La invidiavo
per la sua serenità. Io, in ogni momento, non potevo fare a meno di pensare a
cosa sarebbe successo se i Pirati ci avessero raggiunti…
Non conoscevo
il piano di Dyar. Credo che ne avesse
parlato solo con Willym e Danny.
Il quarto
giorno dopo la distruzione della nave dalla polena a teschio, stavo
passeggiando nervosamente con Khym sul ponte.
Io nervoso e
lui cupo. Ma che bella coppia davvero.
Vidi delle
nuvole all’orizzonte. Grandi nubi nere, che potevano voler dire una cosa
soltanto…
- TEMPESTA IN
ARRIVO!!! – esclamò Red,
dalla cima dell’albero.
Quella era una
brutta notizia.
Ogni volta che
arrivava un problema il Capitano ci diceva in modo
molto esplicito di andare in cabina. Capimmo che era l’idea migliore, dopotutto
sul ponte saremmo stati solo d’intralcio.
Un lampo
illuminò il cielo nero, subito seguito da un tuono. Lampi e tuoni. Vicini,
sempre più vicini.
Dyar sospirò appoggiandosi pesantemente al
parapetto della nave.
Una tempesta.
Poteva essere una cosa buona, ma anche portare solo guai.
Buona
perché le due navi, forse, si sarebbero stufate di seguirli, non volendo
correre il rischio di uccidersi tutti. Il problema veniva se la tempesta era forte, come quelle
che nascevano in quei mari. Mare delle Tempeste, lo chiamavano, e a ragione.
Centinaia di navi, ogni anno, affondavano in quel mare, senza lasciare traccia.
“Manca poco…” cercò di rassicurarsi il capitano “ Tra poco saremo
all’isola delle piume… non dobbiamo preoccuparci!”
Guardò Willym, che in quel momento era al timone, con Red seduta vicino a lui.
Era bravo, un
giorno sarebbe potuto diventare lui stesso un capitano… se solo ne avesse avuto voglia. Non sapeva molto del ragazzino che,
due anni prima, era entrato nella locanda in cui lui alloggiava. Un ragazzino esile, ben vestito, quasi certamente il figlio di un
nobile.
- Voglio salire sulla vostra nave – aveva detto, con un forte accento
della Città di Ghiaccio, che oggi si era lievemente smorzato – Posso usare il
timone –
così era cominciato tutto. In due anni non
aveva saputo praticamente nulla di lui, non delle cose
che gli interessavano, almeno.
1) Chi fosse
in realtà
2) Per quale
ragione aveva voluto diventare un marinaio
3) se fosse
nei guai con la legge.
Conosceva le
risposte per tutto l’equipaggio, ma non
per lui…
Si trovò a
sorridere. Stava cercando in tutti i modi di scoprire qualcosa su una persona…
che, se non avessero avuto fortuna, sarebbe potuta morire tra pochi minuti…
- Al Diavolo!
– esclamò – Non ci hanno ancora preso e non siamo ancora morti! –
“Finché c’è vita c’è speranza!” diceva sempre sua madre.
Capiva che, effettivamente aveva ragione…
- Wil, il Capitano mi sta facendo preoccupare… da quando c’è
stato quel piccolo incidente con la
nave pirata mi sembra sempre più giù… - mormorò Red,
appoggiando il mento alle ginocchia, scuotendo il capo – Almeno una volta
parlava con Danny… m
a adesso… -
- Non ti
preoccupare Red. Sarà preoccupato… chi non lo è..? Un grande impegno grava sulle sue spalle… - il
timoniere scosse il capo – sa cavarsela da solo. – le
sorrise, incoraggiante
- sarà… ma
sono comunque preoccupata! –
E Red non era
l’unica persona preoccupata per il capitano, in quel momento.
Sottocoperta,
mentre fingeva di leggere un libro e con Aira che
canticchiava una strana canzone, anche il Dottor Ross
era tormentato dai sensi di colpa. Da quando la sirena era entrata a far parte
dell’equipaggio, infatti, non aveva più parlato al Capitano… non come prima
almeno. I loro rapporti si erano notevolmente raffreddati… ed era un peccato.
Si conoscevano da talmente tanto tempo…
Un’altra
persona con cui non aveva molto parlato era stata Joanne.
Era cambiata… troppo. E non in bene, di questo ne era
certo. Appena aveva saputo che sarebbe salita sulla nave il medico ne era stato felice. Ricordava quella ragazza, un po’
malinconica e pensierosa, neppure troppo abile con la spada, ma dal grande cuore, che anni prima aveva conosciuto, grazie ad una
serie di strane coincidenze.
Ma perché pensare a questo?
Osservò Aira, cercando di non farsi notare. Si stava pettinando i
capelli, ora. Le chiome turchine, dello stesso color del mare… quegli occhi…
Chiuse di
scatto il libro. Un’idea stava nascendo nella sua mente…
Quando vidi il
Dottore entrare simile a una furia, seguito
dall’inseparabile Aira, nella cabina in cui ci
eravamo riuniti pensai al peggio. Fortunatamente, notai, un grande
sorriso illuminava il suo volto.
Ne fui
rassicurato. Dopotutto nessuno poteva portare cattive notizie con quel volto
allegro…
- Ho un’idea!
– esordì – Conoscete la rotta che vuole seguire il
Capitano? –
Tutti lo guardammo straniti.
- Dovremmo andare nelle Isole del Nord – spiegai io. Non
credevo, comunque, che quella fosse la risposta che il
ragazzo desiderava: figurarsi se Dyar non lo aveva
informato della meta del viaggio!
- Prima, per
far perdere le nostre tracce, vuole trovare rifugio all’Isola delle Piume.. ma è troppo lontana… e quelle navi non vorranno farcela
raggiungere facilmente, senza contare la tempesta… - sembrava eccitato.
Immagino che anche io dovevo sembrare come lui, mentre
spiegavo a Kev delle quattro Gemme e via dicendo. Ma immagino che tutti, quando parliamo di qualcosa per noi
importante, facciamo così.
- E … allora? – commentò Kevin, che
evidentemente non seguiva il discorso. Dubito comunque
che le importasse qualcosa sulla nostra destinazione.
- Beh… il
Capitano non mi ascolterebbe mai… ma ascolterebbe voi… una di voi in particolare… - fissò Jo per
qualche attimo, ma lei lo ignorò, come di solito si ignora una mosca
fastidiosa. Decisamente poco gentile.
- Tra i
marinai circola una leggenda… la leggenda dell’Isola-che-c’è-ma-non-si-vede…
- alzò le braccia, come per impedire ogni interruzione – So che vi potrà
sembrare solo una sciocca storia per bambini, ma esiste. Ne sono certo. E so dov’è. Vicina, molto più vicina dell’altra. –
La ragazza in
nero lo guardò per qualche attimo. – Vuoi forse ucciderci tutti? Ci sono stata
anche io sull’isola, se non ricordi. E non è stato
piacevole… niente affatto! – il tono era tagliente. I suoi occhi brillavano di ira…
- E’
pericolosa, certo. Ma meglio un pericolo, che potrebbe
non esserci, o una morte certa? –
Tutti riflettemmo per qualche attimo.
Mi trovavo
d’accordo con Ross. Primo perché aveva ragione,
meglio un pericolo incerto che una morte certa… secondo perché Joanne mi era sempre sembrata un po’ catastrofica.
- Bene, fate
come vi pare – esclamò la ragazza – ma poi non venitevi a lamentare da me! – si alzò e uscì, come un
cavallo imbizzarrito.
Ovviamente
scelsero me, come ambasciatore.
La mia solita
fortuna.
Fyoreh aprì un occhio giallo. Subito dopo
sollevò la testa. Era tardi, era riuscito a salire su quella nave per pura fortuna…
era stato per giorni accovacciato nella stiva, in
mezzo alle casse.
Era arrivato
il momento di agire? Inclinò lievemente il capo. No. Ci voleva ancora del
tempo… mosse lentamente la coda, annoiato.
Era stanco di
seguire gli ordini.
“Segui quel ragazzo.
Sali su quella nave. Non nutrirti per giorni e giorni… ma si, tanto sei solo
uno stupido Ehsten” ringhiò, fermandosi un momento prima di scaraventare per terra una cassa.
Sentì dei
passi. Qualcuno stava scendendo.
In occasioni
normali, qualcuno sarebbe stato sinonimo di pasto.
“maledetti
quei quattro…”
Un piccolo umano scese le scale, lasciando impronte sulla polvere.
“Non devi
mangiarlo, non devi mangiarlo… non… devi…” si alzò sulle leonine zampe
posteriori, posando quelle anteriori sulle casse davanti a lui.
Il Mini-umano era rivolto da un’altra parte, così non lo vide…
Grattò con gli
artigli sul legno della cassa, su cui era scritto “pericolo”.
- Non infrangere gli ordini… - gli disse
una voce nella sua testa.
Maledizione,
ancora loro. Non potevano lasciarlo in
pace?
- C’è
mancato poco… è difficile, se non impossibile, controllare quell’essere! - esclamò la solita ragazza vestita di verde.
Ora, davanti alla fonte, erano sedute solo lei ed Emya,
la donna con indosso abiti color del sangue.
- L’ho detto, io. “Non essere serviti da
qualcuno più potente di te!” Lo capisci che, se in uno di questi giorni si
stuferà di lavorare per noi, saremo davvero
nei guai? –
La prima
annuì. – E’ troppo spaventato.
Ha paura della magia, troppa paura. Per ora non oserà rivoltarsi. Ma appena capirà che la nostra è solo una voce nella sua
mente, che non lo può nuocere in alcun modo… -
- Stai dicendo
che è meglio, per noi, lasciargli fare quello che vuole? Uccidere e fare quelle
cose orrende? – Emya fissò l’altra, con astio. – Se lo pensi davvero sei peggio di lui!! –
L’altra scosse
il capo. – Sono
realista. E poi non li ucciderebbe tutti. Al massimo
uno… o due… -
La donna si
alzò, infuriata. – Come… come… come puoi anche solo pensare…! –
Le mancavano le
parole. Del resto, che cosa avrebbe potuto dirle…?
- Io non ti
capisco! – si girò di scatto, allontanandosi.
- Fa ciò che desideri… - commentò lei, quasi divertita.
Danny sentì un brivido freddo lungo la
schiena. C’era qualcosa di strano nella stiva… qualcosa che non era sicuro di
voler trovare.
Si guardò
intorno. Il suo istinto gli aveva detto che c’era qualcuno di pericoloso,nella stiva. Non sapeva chi, o cosa ci facesse
lì… o, più semplicemente, come aveva fatto ad arrivarci. Prima della partenza,
infatti, si controllava il carico, per trovare eventuali clandestini e farli
scendere.
Annusò l’aria.
Nulla. Tornò a guardarsi intorno… ma nella stanza, sarebbe
stato facile trovare un nascondiglio. Centinaia di casse vi erano
contenute…
Si mise in ascolto.
Neanche un respiro. Forse si era sbagliato… gia,
doveva essere per forza così.
Scuotendo il
capo salì nuovamente le scale, ignaro del pericolo che aveva corso.
- Ehm…
Capitano? – mi avvicinai io, timidamente
- Che cosa c’è, Jyk? – mi chiese,
scrutandomi con i suoi occhi scuri.
- Ehm… sa…
Noi… abbiamo pensato che… magari… potremmo cercare un’isola
qui vicino…che…. –
Lui sospirò – Ve l’ha consigliato il Dottore, vero? O Joanne? – rimasi sorpreso. Come
faceva a sapere…? – No, l’isola delle
Piume è più sicura. –
Guardai il
mare… le due navi dietro di noi… le nuvole nere sopra di noi…
- La Dama Kevin… ha detto che… -
Sbuffò
nuovamente – Me lo sta
ordinando…? –
- Beh,… più o meno… - beh, mi immaginavo una reazione peggiore.
- Me lo
immaginavo, ma devo garantire la loro sicurezza prima di tutto… quindi la mia
risposta è sempre la stessa.-
Rabbrividì. Kev non l’avrebbe presa bene,
anzi. L’avevo vista una sola volta arrabbiata… e non era stato divertente…
- Capitano…
non è… -
- Jyk. Era la mia ultima parola. –
Sopirai. Nulla
di buono, in arrivo.
Fyoreh sferzò l’aria con la lunga coda da
lucertola, producendo un suono simile a quello di una frusta.
“Basta! Non
avevo così fame da secoli! Al diavolo gli umani e tutti i loro sortilegi!”
Si alzò sulle
due zampe, cominciando a salire le scale…
Bhyrh era salito sulla nave di Dyar quattro anni fa. E da quattro
anni faceva sempre la stessa noiosissima cosa.
Camminava per
i corridoi. Era nervoso, si, ma anche annoiato. Perché
non succedeva nulla…?
Vide la porta della
stiva aperta. Chi era stato così idiota da aprirla? Volevano che qualcuno
rubasse il carico?
Si preoccupò
quando vide le impronte polverose che uscivano dalla stiva. Erano di un leone,
o era solo la sua fantasia?
Non lo seppe
mai. Sentì solamente un forte dolore alla base del collo… poi
piombò nell’oscurità.
A Fyoreh non piaceva uccidere in quel modo. Ma non poteva lasciare troppo tracce. Trascinò il cadavere
del marinaio in una delle stanze, per poterlo divorare con calma. Dopotutto,
chi avrebbe sospettato di lui?
E poi, finalmente, si sarebbe saziato…
Come mi ero immaginato la Dama non la prese bene.
- La MIA
Sicurezza!!! Io so badare da sola a me stessa!!! Non
ho bisogno del suo stupido consiglio!!! – battè il
palmo della mano sul tavolo
Il Dottore sospirò – Ha la testa dura… troppo. –
Improvvisamente
Aira sorrise – ma non ci dobbiamo preoccupare…
qualcuno ci sta guidando là! –
Tutti la guardammo. Era impazzita?
- Cos stai dicendo..? – le chiese Khym
stupito, come tutti noi.
- Sentite le
Parole del Vento? Sta cantando dell’Isola Che C’è Ma Non Si Vede … stiamo
andando là! –
- Se stessimo
davvero andando là il Capitano lo saprebbe… e
modificherebbe la rotta… - la corresse il Dottore, con dolcezza
- No! Ne sono
sicura – sorrise – Ci arriveremo tra poco e la tempesta non ci sfiorerà
neppure! –
La guardai.
Ora ero sicuro che fosse pazza.