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Autore: Laylath    17/03/2013    1 recensioni
Che cosa sarebbe successo a tutti loro? Potevano continuare a proteggersi a vicenda?
In poche ore gli uomini di Mustang ricevono l'ordine di trasferirsi negli angoli più pericolosi del paese: gli scacchi vengono allontanati dal loro re.
E' il pedone che, in poche ore, deve fare i conti con le paure e i dolori della separazione e alcuni tremendi sospetti; perché ogni pezzo è indispensabile alla vittoria finale.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Non mi sento più le gambe. Mi dispiace, mi ritiro.
Quelle parole continuavano a risuonare nella testa di Fury ed avevano il potere di sconvolgerlo più del resto degli avvenimenti che si erano susseguiti in quelle giornate.
Eppure sembravano poca cosa in confronto a quanto era capitato.
Il Colonnello aveva salvato per miracolo sia lui che il tenente Hawkeye contro una creatura mostruosa che non erano riusciti a ferire minimamente, per quanto avessero scaricato su di essa i proiettili di almeno due pistole. Non ricordava di aver mai provato una così grande ansia mentre correva per aiutare il tenente, dopo aver sentito quegli spari nella radio, così come non aveva mai sentito le fiamme del Colonnello passare così vicine a lui, tanto da sentirne il calore.
Aveva visto per la prima volta due membri della sua squadra ricoverati in ospedale, salvi per miracolo dopo uno scontro disastroso contro un altro di quei mostri.  Il colonnello si era cauterizzato una ferita mostruosa con il fuoco e Havoc era stato trafitto senza pietà, con quel danno immane alla spina dorsale.
E poi, scoprire che la preda che il suo superiore stava agganciando era addirittura il Comandante Supremo, o comunque alti vertici dell’esercito…
Queste erano le cose che avrebbero dovuto sconvolgerlo: erano entrati in un tunnel in cui si poteva solo andare avanti, senza sapere quali rischi si sarebbero incontrati.
 
 
E invece erano state quelle poche parole a turbarlo tanto.
Perché avevano spezzato il gruppo.
Era profondamente sbagliato quello che era successo: Havoc era l’elemento più vitale con le sue battute, la sua faccia tosta. Nei suoi occhi non aveva mai letto una sconfitta e una rassegnazione simili: quelle di una persona che sta rinunciando a vivere.
Non doveva succedere proprio a lui.
“Ehi Fury che stai combinando qui, tutto solo?” chiese Breda avvicinandosi al tavolo della mensa dove era seduto.
“Oh, sottotenente – salutò il ragazzo – niente di particolare. Volevo solo riflettere un po’.”
“Sei spaventato per quello che è successo?”
“No… spaventato non è proprio il termine giusto” si sorprese a dire, anche se avrebbe avuto tutto il diritto ad esserlo.
“E allora cosa ti turba, ragazzo? – gli chiese ancora Breda arruffandogli i capelli. Ogni tanto i suoi compagni si lasciavano ancora andare a questi gesti nei suoi confronti – Hai lo sguardo perso e non è da te.”
“E’…è per Havoc…” mormorò, ben consapevole che Breda era il miglior amico del sottotenente e quindi era abbastanza rischioso parlare dell’argomento. Ed infatti il robusto soldato dai capelli rossi rimase per qualche secondo in silenzio, tanto che Fury iniziò a maledirsi per la sua linguaccia.
“Ascolta, – disse infine Breda, sedendosi accanto a lui – so che ora sembra che Havoc non si debba mai più riprendere da quello che è successo. E se è strano per me vederlo in queste condizioni, posso immaginare quanto lo possa essere per te, che hai sempre fatto affidamento su noi più grandi.”
Fury annuì, lieto che il sottotenente avesse dato voce ai suoi turbamenti
“Però non devi lasciarti ingannare. – continuò il suo superiore – Quel tonto del nostro sottotenente avrà mille difetti, ma non quello di arrendersi.”
“Però si è tirato fuori dal gruppo… non è più in grado di…” non riuscì a terminare la frase
“E tu ci credi davvero?- sogghignò - Andiamo, ragazzo, eppure sei con noi da tempo ormai. Pensi davvero che il Colonnello lo lascerà andare? E credi che Havoc rinunci così facilmente a tutto questo? Ai suoi compagni? Tranquillizzati, Fury, non lasciarti spaventare da frasi dette nel pieno dell’angoscia: quello stupido è così depresso solo perché gli hanno concesso solo una sigaretta al giorno.”
“Non so come farà a resistere!” si trovò a sorridere il sergente. Le parole di Breda erano state dette con tanta sicurezza che riuscì a sentirsi confortato.
“Vero? Bene, così ti voglio, soldato. Anche perché ho proprio voglia di farmi una bella partita a scacchi e non mi serve un avversario musone.”
“A scacchi?”
“Sì, se non sbaglio la scacchiera del Colonnello la dovrebbe avere Falman. Voglio proprio vedere come te la cavi.”
 
“Scacco matto!” esclamò Breda posizionando la torre davanti al suo re
“Cosa? No, un attimo! Non è possibile!”
“Una delle sconfitte più rapide di tutta la storia - commentò Falman dando una pacca amichevole sulla spalla di Fury – Le mie lezioni a East City non ti sono servite a nulla, sergente maggiore.”
“Accidenti, ora che so che sei ancora una schiappa, mi pento di non aver scommesso nemmeno una cena! – sogghignò Breda – Non me l’aspettavo che eri così ingenuo da farti fare scacco matto in nemmeno due minuti!”
“Non mi piace questo gioco” si lamentò Fury con il broncio di un bambino, suscitando le risate dei suoi compagni. Ma dopo qualche secondo non potè far a meno di unirsi a loro, lieto di questo momento di vecchio cameratismo di cui aveva proprio bisogno.
“Come penitenza almeno prepara di nuovo la scacchiera: adesso voglio sfidare un avversario più decente. – dichiarò Breda indicando Falman – Io e il maresciallo intanto andiamo a prendere un caffè per tutti.”
“Va bene, va bene” continuò a ridacchiare Fury iniziando a raccogliere i pezzi sparsi per il tavolo.
Come i due si furono allontanati, si stiracchiò e si mise a disporre i pezzi nelle loro posizioni. Per quanto avesse imparato da piccolo a giocare a scacchi e successivamente avesse ricevuto qualche lezione “di ripasso” anche da Falman, non era mai riuscito a venire a patti con questo gioco di strategia che invece era la passione di diversi suoi compagni. Non che avesse difficoltà a ricordare le regole, ma le sue mosse si rivelavano sempre inutili davanti a menti molto più affinate in quel campo come potevano essere Breda o Falman.
Però anche se faceva il broncio davanti alla sconfitta, era sempre felicissimo di passare del tempo coi suoi amici.
“Il sergente maggiore Kain Fury?” disse una voce alle sue spalle. Girandosi si trovò davanti a un ufficiale mai visto in vita sua.
“Sissignore!” si alzò in piedi, facendo il saluto.
“Sono dell’ufficio personale. Ho l’ordine di consegnarle questa disposizione nei suoi confronti” disse impassibile porgendogli una grossa busta bianca.
“Ufficio personale?” chiese, prendendo in mano il documento
“Esattamente. E’ pregato di rispettare quanto riportato nell’ordine” disse l’uomo girandosi e andando via.
Il ragazzo guardò quella figura inquietante che si allontanava, senza nemmeno aver atteso che prendesse visione del documento. L’ufficio personale? Non capiva che cosa potessero volere da lui  che era un membro del team personale del colonnello. Forse era solo qualche problematica relativa al suo recente trasferimento a Central City: a volte la burocrazia poteva fare qualche errore.
Fu quindi con relativa tranquillità che aprì la busta e prese visione del documento.
Dovette rileggerlo due volte prima di capire perfettamente le parole, perché gli sembravano inverosimili.
“Sergente maggiore Kain Fury… trasferimento immediato... Quartier Generale del Sud…” mormorò sbiancando e sedendosi di nuovo nella panca, dato che le gambe iniziavano a cedergli.
Non era possibile, ci doveva essere per forza un errore in quelle disposizioni. Non aveva alcun senso un trasferimento del genere, senza alcun preavviso, senza alcuna reale ragione.
Il panico iniziò a salire. Che doveva fare? Lui non voleva assolutamente andare in quel posto, abbandonando la sua squadra e il Colonnello.
Giusto, il colonnello: lui sicuramente avrebbe potuto far qualcosa. Non avrebbe permesso un suo allontanamento. Doveva immediatamente andare a parlargli.
Decise di aspettare Breda e Falman per esporre loro questa assurda vicenda e trovare conferma nei suoi propositi di far intervenire il loro superiore. Fu quindi con grossa sorpresa che dovette attendere più del previsto; ed infine li vide arrivare con in mano delle buste bianche pericolosamente uguali alla sua.
Che cosa stava succedendo?
“Anche tu, Fury?” chiese Falman prendendo in mano il foglio che il sergente aveva lasciato nel tavolo
“Anche voi? – chiese incredulo – Ci deve… ci deve essere un errore!”
“No, Fury. – scosse la testa Breda – Non hai ancora capito?”
“Capire cosa? Noi… noi siamo nella squadra del Colonnello. Non possono trasferirci al quartier generale del Sud”
“Del Sud? – scosse il capo Falman – No, Fury. Io sono stato trasferito al Nord e Breda ad Ovest. Ci hanno spedito in punti completamente opposti del paese”
“Non possono farlo!”
“Svegliati, ragazzo! – lo sgridò Breda – Ci siamo spinti in un terreno pericoloso e lo sai bene anche tu. Evidentemente il Colonnello era sotto controllo più di quanto credesse e ora lo vogliono privare dei suoi uomini più fidati.”
“Prima Havoc e adesso noi - confermò Falman – e oltremodo dividendoci, così che non possiamo creare problemi”
Fury scosse il capo con ostinazione e si mise a fissare il legno del tavolo, rifiutando di accettare la realtà dei fatti. Poteva accogliere l’idea di rischiare la vita contro nemici non umani, di combattere contro un sistema corrotto, ma non senza i suoi compagni accanto. Era come se gli stessero dicendo di continuare a respirare senza aria.
“A quanto pare si sono mossi più in fretta del previsto. Forse la storia di Barry ha dato più fastidio  di quanto pensassimo” mormorò Falman
Ma Fury non seguiva quei discorsi: nella mente gli era venuto un pensiero agghiacciante. Si alzò di scatto, rovesciando la scacchiera. I due compagni lo fissarono con sorpresa, mentre i pezzi si sparpagliavano nel tavolo e per terra.
“Che ti succede?” chiese Falman
“Prima Havoc – mormorò con gli occhi che si sgranavano per l’improvvisa comprensione – poi noi… e poi…”
Prese in mano il documento che gli era stato consegnato e si mise a correre come un pazzo
“Ehi Fury! Dove vai?” la voce di Breda lo chiamava.
Ma lui non si voltò nemmeno a guardarlo. Con tutta la velocità che era possibile uscì dalla mensa e  inizò una folle corsa per i corridoi del quartier generale. Sentiva lo stesso senso di ansia e di urgenza che l’aveva attanagliato quando aveva sentito quegli spari dentro le sue cuffie e, come allora, sentiva che non poteva restare fermo... doveva correre!
Perché se il nemico stava risalendo la scala fino al Colonnello, dopo Havoc, Breda, Falman e lui stesso, c’era il tenente Hawkeye.
  
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