Non
pensavo potesse essere così difficile, finire un
racconto…
Ho
passato giorni e notti, dopo averlo scritto, a rimuginare e chiedermi
se avessi
scritto bene, o male, o peggio, questo ultimo capitolo, se non avessi
esagerato, da una parte o dall’altra…
Ho
passato giorni, prima di pubblicarlo, sebbene fosse già
scritto, perché il mio
stato d’animo non mi permetteva di rileggerlo a mente serena,
perché lo stress
e la fatica del vivere quotidiano e delle quotidiane arrabbiature
annebbiavano
la mia mente.
A
tutt’oggi, non sono sicura che questa fine sia la migliore
possibile, la
miglior scritta, la miglior pensata. Ma così è, e
prego chi ha avuto la forza,
la costanza, la curiosità e, perché no, il
coraggio di seguirmi ed
incoraggiarmi in questa avventura, di non aversene a male, se questo
capitolo
dovesse risultare deludente.
Io
ci ho messo me stessa… spero che basti.
Grazie
a tutti.
Path94.
Capitolo
14
Il
Diario in una mano, percorro lentamente i viottoli del giardino, curati
amorevolmente dal solerte giardiniere che ha trovato, in questo parco,
la
splendida realizzazione del sogno di tutta una vita.
Camminando,
accarezzo una siepe, fino ad arrivare ad un roseto.
Delle
rose, alcune sono schiuse, altre appena sbocciate, altre ancora in
bocciolo.
Ma
tutte, tutte quante, sono di ineguagliabile bellezza, capolavori di
Madre
Natura.
Ne
colgo una, la più bella di tutte, rossa come il sangue e la
passione.
La
colgo, e le sue crudeli spine mi feriscono, più
nell’anima che nella carne.
Mi
ricorda tanto Oscar, anche se le ferite che lei mi ha inflitto sono
molto più
profonde.
La
porterò con me, unico ricordo sulla fredda tomba di un uomo
senza nome.
La
spada nel fodero batte ritmicamente
contro la mia gamba, seguendo la cadenza dei passi che mi portano verso
la
parte più remota del giardino.
Il
mio sguardo è alto, il volto fiero,
ma chi mi dovesse guardare fisso negli occhi scoprirebbe facilmente il
dolore
che mi sta dilaniando dentro.
Costeggio
una siepe, è fatta di rovi
intricati, fra i quali timida spunta una magnifica candida rosa.
È
delicata, pura, eppure così forte e
tenace da essersi fatta spazio fra i dolenti artigli dei rovi.
Mi
ricorda tanto André…
Infilo
la mano tra i rovi, la colgo, e
le gelose spine lacerano la mia pelle, lasciando una bruciante striscia
di
sangue sulla mia mano.
Dolorosa,
ma non quanto la
consapevolezza del male che ho fatto ad André, ed a me
stessa.
Cammino
a testa bassa, l’oscurità della notte, accentuata
solo dai pallidi raggi di una
luna che stenta a fare capolino dalle scure nubi cariche di minacce di
tempesta, impedisce di vedere chiaramente la via, ma le mie gambe
continuano a
percorrere sicure i viali che tante volte hanno battuto in sua
compagnia.
Esco
dalla proprietà attraverso un cancelletto celato dalle folte
siepi che
delimitano il giardino, e mi dirigo verso il largo ponte sulla Senna
che sarà
il punto d’arrivo del mio breve viaggio.
Il
cancello principale è pesante,
stanotte, forse pesante come mai lo è stato prima, quasi a
volermi impedire di
compiere la mia insana missione.
Lentamente,
faccio forza e riesco a
scostarlo di un poco, abbastanza però da passarci
faticosamente ed uscire sulla
strada.
Là
in fondo, lo so anche se la notte
mi impedisce di vederlo chiaramente, c’è il ponte,
e sotto di esso, le bramate
acque.
Le
mani appoggiate al parapetto, una di esse stretta al Diario,
l’altra a tenere
delicata la purpurea rosa colta poco fa, mi sporgo a guardare.
Chissà
cosa, poi, visto che è tutto così buio che
potrebbe passarmi accanto un
esercito, ed io forse nemmeno me ne accorgerei.
L’acqua
è solo leggermente agitata, lo sento dal rumore lieve che fa
scrosciando contro
le basi del ponte, e dall’odore salmastro che giunge alle mie
narici.
Basta
poco, per lasciarsi andare…
Chissà,
se sarà fredda…
E,
d’improvviso, mi rendo conto di un fatto.
Tale
padre, tale figlio …
Mio
padre, anni fa, si gettò da un ponte simile a questo,
disperato per non poter
pagare i debiti contratti per sfamare la famiglia.
Anni
dopo, io sto per gettarmi da questo ponte, anch’io disperato,
ma per un amore
che mi ha dilaniato…
Il
cerchio si chiude. Buffa, la vita, no?
Butto
la testa indietro, e rido, forse per l’ultima volta, rido e
rido ancora…
Ma
quanto sa di amaro, questa risata… sembra fiele.
Eccomi,
sono arrivata, ad un passo
dall’inizio della fine.
Intravedo
il parapetto del ponte, lo
seguo con una mano, fino a che la curvatura del ponte stesso giunge al
suo
culmine.
Il
legno è freddo, bagnato della brina
notturna, ed il freddo mi entra nelle mani, nelle ossa, nel cuore.
Lo
scroscio leggero dell’acqua culla i
miei malsani pensieri.
Respiro
a pieni polmoni, forse per una
delle ultime volte.
D’improvviso,
odo una risata dietro di
me, cattiva, piena di odio.
Mi
giro di scatto, e quasi,
stupidamente, mi aspetto di trovarmi davanti il Diavolo in persona,
venuto a
prendere la mia inutile anima.
Ma,
poi, il Diavolo veramente si
scomoderebbe per una come me?
Mi
giro, ed avverto la presenza di una
figura, seppur non la riesca a distinguere nettamente per il buio.
È
dall’altra parte della carreggiata,
anch’egli sul culmine del ponte, girato di spalle rispetto a
me.
Ride,
ride ancora… e quella risata mi
dà i brividi, mi fa fisicamente male, quasi quanto un
fendente di spada od un
colpo di pistola.
Faccio
un passo avanti, causando la
rottura di un ramoscello, e mi sento aggredire da un profumo che
conosco bene,
che solo poche ore fa inebriava la mia mente, che, nonostante la
docciata
gelata di poco fa, ancora non se ne è andato dal mio
corpo…
Un
fulmine squarcia crudelmente il
cielo, inondandolo di luce quasi fosse pieno sole e…
È
strano, ridere e piangere insieme…
Oscar
è capace di piangere dal ridere, quando comincia
è davvero difficile fermarla,
ma ridere dal piangere è decisamente altra cosa, e
decisamente più anomala…
Sento
un rumore, dietro di me, come se qualcuno stesse camminando sul ponte
ed avesse
schiacciato un ramo caduto in terra, e mi volto fulmineo.
Un
lampo potente e ramificato annuncia di un attimo il forte clamore del
tuono,
illuminando tutta la campagna circostante, e…
-
Oscar !
-
André!
Un
secondo lampo segue il primo, e lei è lì, davanti
a me, splendida nella sua
uniforme di gala, la spada nel fodero ancorata alla cintura, un piccolo
libro
in una mano, una candida rosa nell’altra.
Il
suo volto è una maschera di puro stupore, la bocca
è aperta in una muta
protesta che non riesce a trovar voce…
Lui…
era lui che rideva, era lui che
soffriva così…
Apro
la bocca per parlare, per dire
cosa poi non so… ma qualcosa.
Ma
le mie labbra, traditrici, non
proferiscono suono.
Sento
le lacrime pungermi gli occhi,
forzare la mia volontà e cominciare a scorrere senza freno
alcuno.
Non
era così, che pensavo sarebbe
andata…
Non
è facile, lasciarsi morire, ma è
ancora più difficile farlo, quando hai davanti a te quello
che avrebbe potuto
essere il tuo sole, e per tua stessa colpa è ora la tua
notte eterna…
Muovo
un passo avanti, è l’unica cosa
che riesco a fare…
Sta
piangendo, Oscar, sta piangendo…
È
strano, è un pianto di dolore, di sofferenza estrema, sembra
quasi, causticamente,
l’eco della mia dolente risata di poco fa…
Faccio
un passo avanti, senza rendermene conto, mentre l’unica cosa
di cui mi rendo
veramente conto è che anche lei sta avanzando verso di me.
Mosso
da una volontà che non riconosco come mia, continuo ad
avanzare, a ridurre la
distanza tra lei e me, dai pochi metri di larghezza del ponte, a pochi
centimetri, ormai…
Perché
sto andando verso di lui? Per
sentirmi di nuovo dire quelle gelide parole, per udirne altre ancora
più
cattive, come mi merito?
Ma
non riesco a fermarmi, anche se mai
lo volessi fare non riuscirei.
Lui
sta venendo verso di me, ed io
verso lui…
Lo
spazio fra noi si sta azzerando,
sono ormai a pochi centimetri dal suo volto, totalmente inebriata dalla
sua
presenza.
Mi
fermo, chiudo gli occhi a trovare
un coraggio che non ho, ma solo per un attimo, li riapro solerti ed
appannati
di nuovo di lacrime…
Il
suo profumo mi inebria, la sua presenza mi uccide…
Al
diavolo le mie “convinzioni”, non riesco a portarle
alcun rancore, non riesco
nemmeno a tenere fede allo stupido proponimento di poche ore
fa…
I
suoi occhi si chiudono per un attimo, lo posso vedere alla luce dei
fulmini che
sempre più numerosi e potenti squarciano il buio di questa
strana notte.
Si
riaprono, e li vedo splendere di lacrime, sono forse per me?
Gocce
pesanti cominciano a cadere attorno a noi, su di noi, inzuppandoci in
pochi
istanti come pulcini, ma non importa, nulla potrà
distogliermi da questo attimo
così incredibile che vorrei durasse in eterno…
-
Perdonami.
-
Perdonami.
Non
serve finire la parola, detta all’unisono, che i nostri cuori
cominciano a
battere all’unisono ugualmente.
Mi
getto verso di lei, e lei si getta verso di me, le nostre labbra umide
incollate, le braccia intrecciate in un caldo abbraccio, le anime,
finalmente, fuse
in un'unica entità.
Non
importa più ieri, non importa domani, non importa nulla, se
non lei, noi, ora.
Non
sento più freddo, non sento più
dolore, non sento più nulla, se non le sue labbra sulle mie,
le sue mani su di
me, il suo corpo premuto contro il mio…
Siamo
io e lui, lui ed io, noi, solo
noi…
Il
Diario mi è caduto di mano,
aprendosi e sparpagliando i suoi fogli sul terreno grondante di pioggia
che
lava via le parole ed il dolore contenuto in quelle pagine. Accanto ad
esso, la
rosa bianca sta perdendo i suoi petali, mischiandosi ugualmente ai
petali di
una rosa rossa.
Caro
Diario, non servi più…
Sei
caduto in mezzo al fango, lasciando liberi i tuoi fogli come ali di
gabbiano,
mischiandoti e fondendoti con le pagine di quello che so essere il
diario Oscar
come, ora, si stanno fondendo le nostre anime…
Sono
libero, sono vivo…
Sono
libera, sono viva…
-
Andiamo, André, torniamo a casa…
Mi
sciolgo dal suo abbraccio, gli
prendo la mano, lo conduco con me.
Domani
mattina, parlerò a mio padre ed
a mia madre, domattina smetterò la divisa per diventare
quello che avrei dovuto
essere già da molti anni: una donna.
Domattina,
però.
Ora,
ho qualcosa di molto più
importante da fare.
Ho
una vita da cominciare, ora, la
mia, la nostra.
THE
END.
So
che le dediche, di solito, si fanno all’inizio di uno scritto.
Ma
io non sono mai stata molto ligia al dovere, e la farò
dunque alla fine.
A mio marito, che mi ha
insegnato ad
amare.