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Autore: path94    04/10/2007    6 recensioni
Oscar ha deciso di vestirsi da donna e di partecipare al ballo di corte per Fersen. I pensieri di André ed Oscar prendono voce dalle loro menti ad un ipotetico diario, ma non tutto sarà come hanno immaginato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Non pensavo potesse essere così difficile, finire un racconto…

Ho passato giorni e notti, dopo averlo scritto, a rimuginare e chiedermi se avessi scritto bene, o male, o peggio, questo ultimo capitolo, se non avessi esagerato, da una parte o dall’altra…

Ho passato giorni, prima di pubblicarlo, sebbene fosse già scritto, perché il mio stato d’animo non mi permetteva di rileggerlo a mente serena, perché lo stress e la fatica del vivere quotidiano e delle quotidiane arrabbiature annebbiavano la mia mente.

A tutt’oggi, non sono sicura che questa fine sia la migliore possibile, la miglior scritta, la miglior pensata. Ma così è, e prego chi ha avuto la forza, la costanza, la curiosità e, perché no, il coraggio di seguirmi ed incoraggiarmi in questa avventura, di non aversene a male, se questo capitolo dovesse risultare deludente.

Io ci ho messo me stessa… spero che basti.

 

Grazie a tutti.

Path94.

Capitolo 14

 

 

Il Diario in una mano, percorro lentamente i viottoli del giardino, curati amorevolmente dal solerte giardiniere che ha trovato, in questo parco, la splendida realizzazione del sogno di tutta una vita.

Camminando, accarezzo una siepe, fino ad arrivare ad un roseto.

Delle rose, alcune sono schiuse, altre appena sbocciate, altre ancora in bocciolo.

Ma tutte, tutte quante, sono di ineguagliabile bellezza, capolavori di Madre Natura.

Ne colgo una, la più bella di tutte, rossa come il sangue e la passione.

La colgo, e le sue crudeli spine mi feriscono, più nell’anima che nella carne.

Mi ricorda tanto Oscar, anche se le ferite che lei mi ha inflitto sono molto più profonde.

La porterò con me, unico ricordo sulla fredda tomba di un uomo senza nome.

 

La spada nel fodero batte ritmicamente contro la mia gamba, seguendo la cadenza dei passi che mi portano verso la parte più remota del giardino.

Il mio sguardo è alto, il volto fiero, ma chi mi dovesse guardare fisso negli occhi scoprirebbe facilmente il dolore che mi sta dilaniando dentro.

Costeggio una siepe, è fatta di rovi intricati, fra i quali timida spunta una magnifica candida rosa.

È delicata, pura, eppure così forte e tenace da essersi fatta spazio fra i dolenti artigli dei rovi.

Mi ricorda tanto André…

Infilo la mano tra i rovi, la colgo, e le gelose spine lacerano la mia pelle, lasciando una bruciante striscia di sangue sulla mia mano.

Dolorosa, ma non quanto la consapevolezza del male che ho fatto ad André, ed a me stessa.

 

Cammino a testa bassa, l’oscurità della notte, accentuata solo dai pallidi raggi di una luna che stenta a fare capolino dalle scure nubi cariche di minacce di tempesta, impedisce di vedere chiaramente la via, ma le mie gambe continuano a percorrere sicure i viali che tante volte hanno battuto in sua compagnia.

Esco dalla proprietà attraverso un cancelletto celato dalle folte siepi che delimitano il giardino, e mi dirigo verso il largo ponte sulla Senna che sarà il punto d’arrivo del mio breve viaggio.

 

Il cancello principale è pesante, stanotte, forse pesante come mai lo è stato prima, quasi a volermi impedire di compiere la mia insana missione.

Lentamente, faccio forza e riesco a scostarlo di un poco, abbastanza però da passarci faticosamente ed uscire sulla strada.

Là in fondo, lo so anche se la notte mi impedisce di vederlo chiaramente, c’è il ponte, e sotto di esso, le bramate acque.

 

Le mani appoggiate al parapetto, una di esse stretta al Diario, l’altra a tenere delicata la purpurea rosa colta poco fa, mi sporgo a guardare.

Chissà cosa, poi, visto che è tutto così buio che potrebbe passarmi accanto un esercito, ed io forse nemmeno me ne accorgerei.

L’acqua è solo leggermente agitata, lo sento dal rumore lieve che fa scrosciando contro le basi del ponte, e dall’odore salmastro che giunge alle mie narici.

Basta poco, per lasciarsi andare…

Chissà, se sarà fredda…

E, d’improvviso, mi rendo conto di un fatto.

Tale padre, tale figlio …

Mio padre, anni fa, si gettò da un ponte simile a questo, disperato per non poter pagare i debiti contratti per sfamare la famiglia.

Anni dopo, io sto per gettarmi da questo ponte, anch’io disperato, ma per un amore che mi ha dilaniato…

Il cerchio si chiude. Buffa, la vita, no?

Butto la testa indietro, e rido, forse per l’ultima volta, rido e rido ancora…

Ma quanto sa di amaro, questa risata… sembra fiele.

 

Eccomi, sono arrivata, ad un passo dall’inizio della fine.

Intravedo il parapetto del ponte, lo seguo con una mano, fino a che la curvatura del ponte stesso giunge al suo culmine.

Il legno è freddo, bagnato della brina notturna, ed il freddo mi entra nelle mani, nelle ossa, nel cuore.

Lo scroscio leggero dell’acqua culla i miei malsani pensieri.

Respiro a pieni polmoni, forse per una delle ultime volte.

D’improvviso, odo una risata dietro di me, cattiva, piena di odio.

Mi giro di scatto, e quasi, stupidamente, mi aspetto di trovarmi davanti il Diavolo in persona, venuto a prendere la mia inutile anima.

Ma, poi, il Diavolo veramente si scomoderebbe per una come me?

Mi giro, ed avverto la presenza di una figura, seppur non la riesca a distinguere nettamente per il buio.

È dall’altra parte della carreggiata, anch’egli sul culmine del ponte, girato di spalle rispetto a me.

Ride, ride ancora… e quella risata mi dà i brividi, mi fa fisicamente male, quasi quanto un fendente di spada od un colpo di pistola.

Faccio un passo avanti, causando la rottura di un ramoscello, e mi sento aggredire da un profumo che conosco bene, che solo poche ore fa inebriava la mia mente, che, nonostante la docciata gelata di poco fa, ancora non se ne è andato dal mio corpo…

Un fulmine squarcia crudelmente il cielo, inondandolo di luce quasi fosse pieno sole e…

 

È strano, ridere e piangere insieme…

Oscar è capace di piangere dal ridere, quando comincia è davvero difficile fermarla, ma ridere dal piangere è decisamente altra cosa, e decisamente più anomala…

Sento un rumore, dietro di me, come se qualcuno stesse camminando sul ponte ed avesse schiacciato un ramo caduto in terra, e mi volto fulmineo.

Un lampo potente e ramificato annuncia di un attimo il forte clamore del tuono, illuminando tutta la campagna circostante, e…

 

-         Oscar !

-         André!

 

Un secondo lampo segue il primo, e lei è lì, davanti a me, splendida nella sua uniforme di gala, la spada nel fodero ancorata alla cintura, un piccolo libro in una mano, una candida rosa nell’altra.

Il suo volto è una maschera di puro stupore, la bocca è aperta in una muta protesta che non riesce a trovar voce…

 

Lui… era lui che rideva, era lui che soffriva così…

Apro la bocca per parlare, per dire cosa poi non so… ma qualcosa.

Ma le mie labbra, traditrici, non proferiscono suono.

Sento le lacrime pungermi gli occhi, forzare la mia volontà e cominciare a scorrere senza freno alcuno.

Non era così, che pensavo sarebbe andata…

Non è facile, lasciarsi morire, ma è ancora più difficile farlo, quando hai davanti a te quello che avrebbe potuto essere il tuo sole, e per tua stessa colpa è ora la tua notte eterna…

Muovo un passo avanti, è l’unica cosa che riesco a fare…

 

Sta piangendo, Oscar, sta piangendo…

È strano, è un pianto di dolore, di sofferenza estrema, sembra quasi, causticamente, l’eco della mia dolente risata di poco fa…

Faccio un passo avanti, senza rendermene conto, mentre l’unica cosa di cui mi rendo veramente conto è che anche lei sta avanzando verso di me.

Mosso da una volontà che non riconosco come mia, continuo ad avanzare, a ridurre la distanza tra lei e me, dai pochi metri di larghezza del ponte, a pochi centimetri, ormai…

 

Perché sto andando verso di lui? Per sentirmi di nuovo dire quelle gelide parole, per udirne altre ancora più cattive, come mi merito?

Ma non riesco a fermarmi, anche se mai lo volessi fare non riuscirei.

Lui sta venendo verso di me, ed io verso lui…

Lo spazio fra noi si sta azzerando, sono ormai a pochi centimetri dal suo volto, totalmente inebriata dalla sua presenza.

Mi fermo, chiudo gli occhi a trovare un coraggio che non ho, ma solo per un attimo, li riapro solerti ed appannati di nuovo di lacrime…

 

Il suo profumo mi inebria, la sua presenza mi uccide…

Al diavolo le mie “convinzioni”, non riesco a portarle alcun rancore, non riesco nemmeno a tenere fede allo stupido proponimento di poche ore fa…

I suoi occhi si chiudono per un attimo, lo posso vedere alla luce dei fulmini che sempre più numerosi e potenti squarciano il buio di questa strana notte.

Si riaprono, e li vedo splendere di lacrime, sono forse per me?

Gocce pesanti cominciano a cadere attorno a noi, su di noi, inzuppandoci in pochi istanti come pulcini, ma non importa, nulla potrà distogliermi da questo attimo così incredibile che vorrei durasse in eterno…

 

-         Perdonami.

-         ­Perdonami.

 

Non serve finire la parola, detta all’unisono, che i nostri cuori cominciano a battere all’unisono ugualmente.

Mi getto verso di lei, e lei si getta verso di me, le nostre labbra umide incollate, le braccia intrecciate in un caldo abbraccio, le anime, finalmente, fuse in un'unica entità.

Non importa più ieri, non importa domani, non importa nulla, se non lei, noi, ora.

 

Non sento più freddo, non sento più dolore, non sento più nulla, se non le sue labbra sulle mie, le sue mani su di me, il suo corpo premuto contro il mio…

Siamo io e lui, lui ed io, noi, solo noi…

Il Diario mi è caduto di mano, aprendosi e sparpagliando i suoi fogli sul terreno grondante di pioggia che lava via le parole ed il dolore contenuto in quelle pagine. Accanto ad esso, la rosa bianca sta perdendo i suoi petali, mischiandosi ugualmente ai petali di una rosa rossa.

 

Caro Diario, non servi più…

Sei caduto in mezzo al fango, lasciando liberi i tuoi fogli come ali di gabbiano, mischiandoti e fondendoti con le pagine di quello che so essere il diario Oscar come, ora, si stanno fondendo le nostre anime…

 

Sono libero, sono vivo…

 

Sono libera, sono viva…

 

- Andiamo, André, torniamo a casa…

 

Mi sciolgo dal suo abbraccio, gli prendo la mano, lo conduco con me.

Domani mattina, parlerò a mio padre ed a mia madre, domattina smetterò la divisa per diventare quello che avrei dovuto essere già da molti anni: una donna.

Domattina, però.

Ora, ho qualcosa di molto più importante da fare.

Ho una vita da cominciare, ora, la mia, la nostra.

 

 

 

THE END.

 

 

So che le dediche, di solito, si fanno all’inizio di uno scritto.

Ma io non sono mai stata molto ligia al dovere, e la farò dunque alla fine.

 

A mio marito, che mi ha insegnato ad amare.

  
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