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Autore: Petronilla    05/10/2007    11 recensioni
QUESTA STORIA NON TIENE CONTO del 6° e del 7° libro di Harry Potter perchè è stata scritta molto prima della loro pubblicazione - Attesissimo seguito di "Segreti dal Passato"! E' il 7° anno ad Hogwarts: Harry e Hermione sono finalmente insieme, ma il loro amore è in pericolo, minato dall'arrivo a scuola di una nuova, misteriosa studentessa. Nel frattempo la guerra magica si è fatta sempre più sanguinosa. Voldemort ha in mente un piano perfetto per distruggere il suo nemico mortale e vincere la guerra. Riuscirà il nostro eroe a padroneggiare i suoi poteri da Veggente e cambiare il suo destino? Leggete e commentate numerose, grazie!
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(N/A: Carissimi amici, devo scusarmi con voi per il ritardo nel pubblicare. Questa volta me la sono presa un pò troppo comoda! Il motivo è semplice: finchè il capitolo non mi piace, io non lo pubblico. Quindi, questo significa che adesso il nuovo capitolo  ha finalmente superato tutti gli esami ed è stato promosso a pieno titolo. Ed è pronto per essere letto dai miei amatissimi lettori. Scherzi a parte, ho lavorato davvero tanto su questo capitolo, perchè è uno degli ultimi e voglio che sia perfetto. Si iniziano ormai a svelare tutti i retroscena dell'intera storia, quindi ogni messaggio che vi dò deve essere calibrato, almeno ci provo. Colgo l'occasione per ringraziare Stella, DarthSteo e Marco per le loro graditissime recensioni. A Marco faccio i miei auguri per la sua nuova carriera di scrittore di Fan Fictions, inaugurata poco tempo fa dalla pubblicazione di una breve FF molto particolare, nella quale Harry diventa... vampiro! Se vi ho incuriosito almeno un pò, potete andare a dare un'occhiata sulla sua pagina personale, inserita su questo stesso sito di Erika. Volevo anche salutare un'altra bravissima scrittrice che mi sta appassionando tanto ultimamente. Il suo nickname è Apple90 e la storia pubblicata sul sito di Erika si intitola "Destiny - nel ricordo dei suoi occhi", ma di sicuro molti di voi la conoscono già. Adesso vi lascio al nuovo capitolo di Segreti dal Futuro, che è molto lungo e pieno di colpi di scena. Spero di cuore di potervi far leggere presto anche il capitolo 27, che è ancora in fase di scrittura. Bacioni a tutti e buona lettura!)

 

Capitolo 26. DOPPIO GIOCO

 

Il treno di Hogwarts filava via veloce. Dai finestrini si intravedevano in lontananza boschi e vallate.

Una ragazza di appena undici anni, avanzava per il corridoio affollato, scansando gli altri studenti che ridevano e scherzavano fra loro. Trascinava con sé un pesante baule, e si sentiva impacciata e tanto, tanto sola in quel posto sconosciuto. Aveva i capelli color rame e due begli occhi verdi, pieni di vita. D’un tratto, vide alcuni ragazzi che uscivano da uno scompartimento. Stavano ridendo fra loro in modo sguaiato, agitando i pugni in aria, come per mimare una scena estremamente divertente per loro.

Appena quei bulli se ne furono andati, la ragazza si fece coraggio e raggiunse lo scompartimento. Guardò dentro e vide che un ragazzo se ne stava seduto tutto solo, vicino al finestrino. Lanciò uno sguardo agli altri scompartimenti stracolmi di giovani e decise che quello era il posto migliore che potesse trovare. Aprì la porta scorrevole ed entrò.

“Posso sedermi?” chiese lei, educatamente, ma il ragazzo non rispose, continuando a fissare fuori dal finestrino.

Lei non si perse d’animo, nonostante la freddezza di quell’atteggiamento. Sistemò il suo baule sul porta pacchi e prese posto proprio davanti a lui. Era un tipo curioso. Aveva i capelli neri e lisci che gli arrivavano fin sulle spalle, e il viso pallido e smunto. Il suo naso pronunciato era leggermente sporco di sangue.

La ragazza provò un’immediata simpatia per lui; intuiva il suo disagio, perché era lo stesso che sentiva lei nel suo cuore. Non era facile trovarsi improvvisamente catapultati in un luogo sconosciuto e fra persone sconosciute.

“Mi chiamo Lily Evans, e tu?”

Non arrivò nessuna risposta, ma Lily non volle cedere.

“Non ci crederai, ma non ho trovato un solo posto libero in tutto il treno,” spiegò lei, fissandolo sorridente, ma il ragazzo restò ostinatamente in silenzio.

Lily provò allora un approccio diverso. Si frugò in tasca, prese un fazzoletto inamidato e glielo porse.

“L’unica cosa saggia da fare, è cercare di evitarli la prossima volta.”

Il ragazzo si volse a guardarla, fissandola con gli occhi a fessura. “Di cosa stai parlando?”

“Di quei bulli. Li ho visti che uscivano dal tuo scompartimento.”

“Evitarli?” Fece lui, scrollando le spalle. “La prossima volta li sistemerò per le feste, vedrai.”

Lily lo fissò sorridendo. Le piaceva quell’espressione corrucciata che aveva. Gli dava un’aria misteriosa.

“E’ il tuo primo anno, vero?”

“Già…” rispose lui, prendendo il fazzoletto dalle mani di lei, e rigirandoselo tra le dita.

“Anche per me. E non ho neanche un amico,” aggiunse Lily, tristemente.

Il ragazzo accennò un timido sorriso. Allungò una mano verso di lei e si presentò.

“Mi chiamo Severus Piton, piacere.”

Lei gli strinse la mano con trasporto. “Io sono…”

“Lily Evans. Lo hai detto prima.”

Il volto di Lily si illuminò. “Si, è vero.”

“Dicevi di non avere neanche un amico a Hogwarts?” domandò Severus, stranamente interessato.

“Infatti.”

“Beh, per la verità neanche io.”

Un largo sorriso comparve sul volto di Lily. Sembrava proprio l’inizio di una nuova amicizia.

Come un inerme spettatore, Harry aveva assistito a quel primissimo incontro fra sua madre e colui che sarebbe diventato il temuto professore di Pozioni.

Erano amici, si disse scioccato. E’ assurdo! Non posso crederci.

Ancora stupito da quello che aveva appena visto, a mala pena si rese conto che la scena era mutata. Adesso si trovava all’interno di una grande casa di campagna. Un Severus Piton adolescente stava salendo i gradini che portavano al primo piano; aveva gli stessi capelli neri, lisci e untuosi, e lo stesso naso leggermente ricurvo. Camminava trascinando i piedi, e teneva le mani dentro le tasche dei pantaloni.

D’un tratto si udirono delle voci, e Piton si fermò a metà strada. Con passo felpato, salì gli ultimi gradini, e raggiunse una porta nel corridoio. Si chinò e si mise a sbirciare dalla serratura. Quello che vide, lo fece barcollare dalla sorpresa.

Una donna dai capelli neri tagliati corti, sembrava trovarsi in dolce compagnia. Dinanzi a lei, un uomo alto e dai tratti piacenti, le stava facendo il baciamano, in modo estremamente galante.

“Oh, Tom. Lo sai che non posso dirti di no, se me lo chiedi in questo modo,” disse la donna, ridendo.

“Lo so bene. E’ per questo che mi piace così tanto stare in tua compagnia, Evelyn.”

Lord Voldemort – perché di lui si trattava – strinse la donna fra le sue braccia e i due si baciarono con passione.

Il giovane Piton si allontanò dalla porta. Era pallido in viso e sembrava sconvolto. Non avrebbe mai immaginato che sua madre fosse diventata… l’amante di Lord Voldemort. Chiunque altro al posto suo si sarebbe sentito onorato. Poter entrare nelle grazie del Signore Oscuro, sarebbe stato il desiderio di ogni mago dal sangue puro. Ma Piton provò soltanto un profondo disgusto. Folle di rabbia tornò sui suoi passi e corse giù per le scale.

“No, non può essere vero,” continuava a ripetersi. “Non può essere. Non te lo lascerò fare.”

Con il fiato corto per la corsa, il giovane oltrepassò l’ingresso e si precipitò in giardino, continuando a correre come un matto.

“Non te lo lascerò fare. Non la farai soffrire. NO, NON TE LO LASCERO’ FARE!” Urlando disperato, Harry aprì gli occhi, risvegliandosi così dall’ennesimo incubo. Ansimando, cercò gli occhiali sul tavolino accanto al letto e li indossò.

Si portò le mani alla fronte, sforzandosi di fare ordine in tutta quella confusione che aveva nella testa. Perché aveva fatto quel sogno assurdo? La madre di Piton, era stata veramente l’amante di Voldemort? E soprattutto, cosa diavolo c’era stato fra Piton e sua madre Lily?

Ancora fuori di sé, si guardò attorno, cercando disperatamente di tornare alla realtà. Si trovava in una sorta di camera da letto ricavata in un angolo della caverna; la camera era riparata dal resto grazie ad una tenda, sulla quale si riflettevano delle ombre scure create dalla luce di un fuoco acceso nella stanza accanto, da dove proveniva un brusio di voci sommesse.

Confuso, abbassò il suo sguardo e vide che Hermione stava dormendo beatamente con la testa poggiata sul suo petto. La strinse dolcemente a sé, poggiando le sue labbra sui suoi morbidi capelli. Chiuse gli occhi e cercò un po’ di conforto in quel contatto colmo di tenerezza. Alcune ore prima si erano addormentati assieme, mentre Ron e Theo erano rimasti svegli nell’altra stanza, per fare la guardia a Draco Malfoy.

Poco a poco, riaffiorarono nella sua mente i ricordi di quanto era accaduto la notte precedente: il loro viaggio a Godric’s Hollow, la casa dei suoi genitori, lo scontro con i Mangiamorte. E poi la visione orrenda, in cui Voldemort uccideva Lucius Malfoy senza alcuna pietà. Le urla disperate di Lily Jane risuonavano ancora nella sua mente.

Come per voler cancellare quei ricordi, Harry premette forte una mano sulla fronte. Non poteva restare lì disteso a rimuginare, era arrivato il momento di alzarsi. Scostò delicatamente Hermione e sistemò meglio le coperte, in modo che non sentisse freddo. Poi si tirò su e rimase a sedere sul letto.

Lanciò uno sguardo verso il comodino. L’orologio da polso segnava le sei, ma non avrebbe saputo dire con certezza se si trattava delle sei del mattino oppure delle sei della sera. Accanto all’orologio c’era il carillon che aveva trovato a Godric’s Hollow.

“Già, il carillon!” esclamò, sorpreso di vederlo lì sopra. Erano successe talmente tante cose, che si era completamente dimenticato di aprirlo. Esausto, doveva averlo poggiato sul comodino, prima di crollare sul letto.

Harry prese il carillon con mani tremanti e lo rigirò tra le dita. La scatola non era molto grande e gli intarsi nel legno ricordavano vagamente delle foglie di edera attorcigliate in modo intricato. Fu sul punto di aprirlo, ma poi temette di svegliare Hermione.

Con indosso ancora il pigiama, si avviò a lenti passi verso la tenda, che separava la camera da letto dal resto della caverna. Rimase in ascolto per alcuni istanti, riuscendo a distinguere la voce di Ron.

“Allora, come sarò nel futuro?” Domandò lui, tranquillamente, come se stesse parlando del tempo.

“Sarai un buon padre.” Rispose Theo, con una nota di emozione nella voce. “E’ questo che volevi sapere vero?”

Harry sorrise, riflettendo su quanto fosse assurda quella strana situazione. Sarebbe stato inconcepibile per chiunque, poter avere la possibilità di incontrare il proprio figlio venuto dal futuro. Comprendeva benissimo quali sentimenti stava provando Ron in quel momento. Anche lui si sarebbe sentito orgoglioso e felice, se fosse stato al suo posto. Harry sperò con tutto il suo cuore di poter riabbracciare Lily Jane al più presto.

Quando entrò, trovò Ron e Theo seduti sul pavimento, che si scaldavano attorno ad un fuoco acceso e scoppiettante. Dall’altra parte della stanza, accasciato nel punto esatto dove Harry lo aveva “gentilmente fatto accomodare” diverse ore prima, Draco Malfoy sembrava profondamente addormentato.

Ron prese un lungo ramo di legno e sistemò alcuni tronchi per farli bruciare meglio.

“Chi sa cosa dirà Luna quando lo saprà.”

Theo sorrise. “Mamma dirà… ehm volevo dire, Luna dirà che lo aveva sempre sospettato.”

“Immagino già la scena,” disse Ron, ricambiando il sorriso.

Harry prese posto sul pavimento accanto a loro. Si mise il carillon sulle ginocchia e allungò le mani verso il fuoco, per riscaldarsi.

“Sei già sveglio?” Gli chiese Ron, sorpreso di vederlo. “Avresti potuto dormire ancora un po’.”

“Non avevo più sonno,” rispose lui, senza dare ulteriori spiegazioni. “Com’è la situazione qui?”

“Nessuna novità. Malfoy ha dormito per tutto il tempo. Proprio come avrei voluto fare io.”

Ron sbadigliò sonoramente, stiracchiando le braccia sopra la testa. “Credo proprio che ne approfitterò adesso. Sono stanchissimo.”

“Quello cos’è?” domandò Theo, indicando il carillon.

Harry lo prese tra le mani , mostrandolo all’amico. “L’ho trovato nascosto a casa dei miei genitori.”

Ron lo squadrò da capo a piedi. “Cosa aspetti ancora? Aprilo!”

Con una certa trepidazione, la mano di Harry esitò ancora per un’istante. Si sentiva nervoso, e anche intimorito al pensiero di quello che avrebbe scoperto di lì a poco. Quale arcano segreto nascondeva quell’innocuo carillon? Perché suo padre lo aveva nascosto con tanta tenacia, poco prima dell’arrivo di Voldemort? Era come se tutto il suo passato fosse racchiuso in quella piccola scatola di legno.

Quando infine si decise ad aprirlo, una musica melodiosa riempì la caverna. Al suo interno, un minuscolo giglio bianco aprì i suoi candidi petali dinanzi ai suoi occhi.

Harry, Ron e Theo rimasero rapiti a guardare quel fiore. Erano letteralmente ipnotizzati da quel suono celestiale che sembrava riportare alla mente, i ricordi più belli e sereni di ognuno di loro.

Il giorno in cui Harry aveva scoperto di essere un mago; il primo bacio che aveva dato ad Hermione; il Natale appena trascorso, insieme a tutti i suoi amici e alla ragazza che amava.

Harry chiuse gli occhi, assaporando ogni attimo. Sarebbe rimasto per sempre così, rapito da quella musica. Poi, d’un tratto, la musica cessò di colpo, e a lui sembrò di essersi risvegliato da un bellissimo sogno. Riaprì gli occhi, e guardò il carillon. Con sua grande sorpresa,  vide che la base al di sotto del fiore si era sollevata, rivelando un doppio fondo nascosto.

I tre ragazzi si fissarono ad occhi spalancati. Harry deglutì a fatica, prima di alzare lentamente la base del fiore bianco.

“Di che si tratta?” Lo esortò Ron, sollevandosi sui gomiti, per vedere meglio.

“E’ un… un libro.”

Harry tirò fuori dal carillon un piccolo libro dalla copertina rossa e lo mostrò ai suoi amici.

“E’ solo un libro?” commentò Ron, profondamente deluso. “Io mi aspettavo… che so… un tesoro!”

“Anche un libro potrebbe contenere un tesoro.” Volle sottolineare Theo. Ron gli lanciò un’occhiata poco convinta.

Harry sfogliò velocemente alcune pagine con le dita, notando che erano scritte a mano.

“Non è proprio un libro. E’ un diario.”

“E chi lo ha scritto questo diario?” Theo sembrava sinceramente interessato.

Harry aprì la prima pagina e si soffermò sull’intestazione. “Maurice Didier.”

Ron sbuffò, scocciato. “Chi sarebbe?”

Theo scosse la testa. “Mai sentito nominare. 

“Io invece lo conosco!” esclamò Harry, sorprendendo gli altri due. Immagini provenienti dal passato, affollarono la sua mente. Voldemort che conquistava il Ministero della Magia e che penetrava nell’Ufficio Misteri; Voldemort che minacciava un vecchio mago dai capelli bianchi, ferito e provato dagli anni. “L’ho visto… l’ho visto in una delle mie visioni. E’ stato rapito da Voldemort, la notte della caduta del Ministero.”

Theo lo fissò, pensieroso. “Se questo è il suo diario, allora quello che c’è scritto deve essere importante.”

Harry sfogliò ancora qualche pagina, e si mise a leggere a voce alta, in modo che anche Ron e Theo potessero sentire. “Nel mio diario, racconterò i motivi che mi hanno spinto a compiere questa difficile ricerca, e illustrerò come ho fatto a sconfiggere la morte…. Aspettate un momento!”

Harry spostò la sua attenzione su Draco, che sembrava ancora profondamente addormentato.

Un altro ricordo gli era appena tornato alla mente. Il ricordo delle parole pronunziate proprio da Draco Malfoy, nelle segrete del castello di Hogwarts, durante la prova di Difesa contro le Arti Oscure.

 “Hai preso delle nuove precauzioni? Stai forse cercando di eguagliare il famoso Monsieur Maurice Didier?” Lo punzecchiò Draco, sogghignando. “Immagino che Silente ti abbia già parlato delle sue ricerche segrete. Ma come, il Preside non ti ha messo al corrente di un’informazione così importante?” continuò Draco, in tono provocatorio. “Se fossi in te, non perderei altro tempo e inizierei con le ricerche. Dopo tutto, non dovrebbe essere così difficile, se ci è riuscito un francese!”

Maurice Didier… le sue ricerche segrete… Harry cominciò a ripetere mentalmente quel nome e quelle parole. Nel suo vano tentativo di fargli commettere un’imprudenza, Draco si era accidentalmente tradito, rivelando delle informazioni di vitale importanza.

“Ma certo!” esclamò Harry all’improvviso. “Credo di aver capito di cosa si tratta.”

Forse c’era riuscito. Forse, questa volta aveva trovato la pista giusta per raggiungere l’Arcano Sentiero.

 

***O***

 

Nove, otto, sette… tra poco si daranno il cambio, si disse Lily Jane, senza perdere mai di vista i due Mangiamorte, che misuravano il corridoio a lenti passi. Indossavano dei mantelli neri e sulla testa, portavano degli inquietanti cappelli a punta. Alcune torce appese alla parete di pietra, lasciavano intravedere le loro terrificanti maschere a forma di teschio.

Cinque, quattro, tre…

Seduta sul suo giaciglio di paglia, la ragazza se ne stava rannicchiata con le braccia attorno alle ginocchia.

Due, uno…

Si udì l’assordante cigolare di un chiavistello e subito dopo, la pesante porta dei sotterranei, si aprì lentamente. Attraverso la griglia di ferro della sua cella, Lily Jane rimase ad osservare con attenzione quanto stava accadendo al di fuori.

“Ci sono novità, Rookwood?” chiese uno dei due Mangiamorte appena arrivati.

“La ragazza e il vecchio sono tranquilli,” rispose Rookwood. “Il babbano, invece, non ha fatto altro che armeggiare con la muffa delle pareti. Credo che sia ormai andato fuori di testa!” esclamò, ridendo in modo sguaiato.

“Dovremmo scommettere su quanto resisterà ancora,” aggiunse un’altro Mangiamorte.

“Molto poco, direi.”

Rookwood e il suo compagno si avviarono fuori dalla porta, mentre i due nuovi Mangiamorte presero il posto di quelli appena andati via e si posizionarono di fronte alla cella, in modo tale da non perdere mai di vista i prigionieri.

Lily Jane li squadrò entrambi con attenzione. Li aveva già visti nei giorni precedenti. Ce n’era uno che aveva sempre il mantello sporco di fuligine e che gli altri chiamavano Rowle; mentre l’altro che era un po’ più alto, si chiamava Dolohov.

Rowle tirò fuori dalla tasca un grosso sigaro; lo accese e se lo mise in bocca.

“Ehi, ma sei impazzito?” Lo redarguì Dolohov, dandogli una gomitata. “Se ti scoprono, finiamo nei guai tutti e due.”

“Rilassati. Non ci scoprirà nessuno. Ne vuoi uno?”

Dolohov si guardò attorno, poi con mano lesta afferrò uno dei sigari del suo compagno e se lo mise in bocca.

Lily Jane emise un profondo sospiro, girandosi dall’altro lato. La cella aveva una dimensione talmente striminzita, che se si metteva in piedi e allargava le braccia, riusciva a toccare entrambe le pareti allo stesso tempo. Non c’erano finestre e il pavimento era ricoperto di paglia sudicia. La griglia di ferro era tenuta chiusa da un grosso lucchetto.

Sarebbero trascorse altre sei ore prima del prossimo cambio della guardia. La ragazza aveva cercato di registrare il maggior numero di informazioni riguardo a quello che accadeva attorno a lei. Certo, non avrebbe saputo dire se fuori da lì fosse giorno oppure notte, ma si ricordava benissimo quanti Mangiamorte si erano avvicendati ad ogni turno e aveva memorizzato persino alcuni dei loro nomi.

Durante la sua permanenza, aveva più volte pensato alla fuga, ma tutte le varie possibilità che aveva vagliato, sembravano una più impossibile dell’altra. I sotterranei erano protetti da un Incantesimo Anti-smaterializzazione, e probabilmente anche tutto il palazzo; essendo il nascondiglio dei Mangiamorte, dovevano essercene almeno un centinaio, senza contare la presenza di Volemort in persona. Fuggire via di lì sarebbe stato praticamente impossibile, anche avendo una bacchetta magica.

Esausta, Lily Jane chiuse gli occhi e poggiò la testa contro la parete. I folti capelli neri, sudici e impiastricciati di sangue raffermo, le ricaddero scompigliati sulla fronte; sul viso riportava i segni di ferite rimarginate da poco e il suo vestito, ormai logoro e sporco, era quasi ridotto in brandelli.

Avrebbe tanto avuto voglia di piangere e di commiserarsi, ma il suo orgoglio le imponeva di resistere. Continuava a ripetersi che se lo meritava. Dopo tutto, era stata soltanto colpa sua, se si trovava in quella situazione.

Sono caduta nella trappola di Draco Malfoy, proprio come una dilettante, si diceva con rabbia.

Fuggire via da Villa Paciock era stata un’idea avventata. Aveva lasciato quel nido sicuro, sotto le ali protettive di Harry, e senza rifletterci, si era lanciata nel vuoto, incurante del pericolo.

Spinta dalla rabbia del momento, si era recata al castello di Hermitage, per cercare rifugio. Poi le era venuta l’idea di recuperare le Pietre di Cronos, e provare a tornarsene nel futuro, lasciandosi tutto alle spalle. Era convinta di aver fallito la sua missione, di aver addirittura peggiorato le cose. Adesso, aveva veramente peggiorato le cose. Come avrebbe fatto ad aiutare Harry, se era proprio lei ad avere bisogno di aiuto?

Ho combinato un disastro, e adesso mio padre e mia madre mi odiano! Continuava a ripetersi, facendosi solo del male.

Le parole di Harry le avevano lasciato un segno profondo nell’anima.

 Io non sono tuo padre… Non hai fatto altro che mentirmi, per tutto questo tempo, mentre io invece mi fidavo di te… Ti guardo ed è come se non ti conoscessi. Ormai non so più chi sei.”

Un senso di sconforto le strinse il cuore come una morsa. A nessuno importa di me.

Con la mente, ripercorse gli ultimi giorni appena trascorsi, da quando Draco Malfoy l’aveva portava via e rinchiusa ad Azkaban. L’aura pestilenziale dei Dissennatori, le era sembrata come un pesante manto di sofferenza premuto forte sul suo spirito.

Poi erano venuti a prenderla e ancora stordita, senza neanche rendersene conto, si era ritrovata in quel nuovo nascondiglio. Anche se non c’erano Dissennatori a minacciarla, la presenza  malefica di Voldemort bastava a farla sentire continuamente in pericolo. L’immagine di Lucius Malfoy disteso sul pavimento, con gli occhi spalancati e privi di vita, continuava a tormentarla notte dopo notte.

E adesso, cosa avrebbe fatto? Sapeva bene, che la sua vita era appesa ad un filo sottilissimo. Non l’avevano ancora eliminata, perché di sicuro Voldemort la stava usando come esca, per attirare Harry in una trappola. E se questo fosse accaduto, se Harry ci avesse rimesso la vita per colpa sua, allora non se lo sarebbe mai perdonato. Lily Jane non sapeva se sperare che suo padre la venisse a liberare presto, oppure se augurarsi di marcire tutta la vita in quella prigione, pur di non fargli correre rischi. Si sentiva tra l’incudine e il martello.

 “Ehi, Bambina. Dovresti mettere qualcosa...” Una voce gentile, la scosse dai suoi pensieri nefasti. “Su quella ferita, intendo. La ferita che hai sul braccio.”

Lily Jane si voltò lentamente verso il suo interlocutore. Da una fessura nella parete, un uomo dai capelli brizzolati fece capolino, fissandola con i suoi vivaci occhi azzurri. Anche lui aveva il volto emaciato, e sembrava che non mangiasse un pasto decente da mesi.

La ragazza si avvicinò alla fessura, lanciando occhiate nervose verso i Mangiamorte, che si stavano godendo i loro sigari in tranquillità.

“Te lo dico, perché altrimenti potrebbe infettarsi,” continuò l’uomo, in tono professionale. “Come sai, Bambina, io sono un medico. Beh… per la verità sono un dentista, ma è più o meno la stessa cosa.”

Senza rispondere, Lily Jane alzò la manica del vestito, scoprendo il braccio sinistro, dove c’erano i segni di una ferita profonda, ancora coperta di sangue.

“Se mi permetti, posso provare ad usare un po’ di questo unguento.” L’uomo aprì un sacchetto di tela e con il dito raccolse una sostanza gelatinosa. “Sono riuscito a procurarmela utilizzando le muffe agli angoli delle pareti. Non è molto, ma dobbiamo accontentarci.”

“La ringrazio… sig. Granger.” Lily Jane accennò un timido sorriso e allungò il braccio ferito attraverso la fessura nella parete.

“Oh, chiamami Carl,” rispose lui, iniziando a spalmare l’unguento sul braccio.

Lily Jane sapeva bene che quello era il padre di Hermione. Lo aveva intravisto già durante i primi giorni di prigionia, ma soltanto di recente, aveva avuto l’opportunità di scambiare qualche parola con lui.

I Mangiamorte gli rendevano la vita impossibile, soltanto perché lui era un babbano. Gli davano da mangiare a giorni alterni, e il più delle volte gli scaraventavano la ciotola per terra. Spesso si divertivano a tenerlo sospeso a mezz’aria a testa in giù, ridendo a crepapelle. Nonostante questo, il sig. Granger non aveva mai perso la speranza di poter ritornare dalla sua famiglia, un giorno.

“Ho un messaggio per te,” sussurrò lui, non appena fu abbastanza vicino da poterle parlare in sicurezza. “E’ da parte di Magnus Erudio, il vecchio stregone che sta nella cella qui accanto.”

Lily Jane prese a fissarlo con attenzione.

“COSA accidenti state facendo voi due?” Urlò uno dei Mangiamorte, sporgendosi per vederli meglio.

“Sono un medico!” esclamò il sig. Granger a voce alta, mostrando il sacchetto di tela. “Immagino che il vostro… Signore Oscuro… non sarebbe contento se questa ragazza si ammalasse.”

Senza aggiungere altro, il Mangiamorte tornò al suo posto, continuando a guardarlo storto.

Il sig. Granger si concentrò nuovamente sulla ferita, fasciandola con una benda stretta e lunga.

“Erudio mi ha chiesto di ricordarti, di continuare a praticare Occlumanzia.” Le disse, sussurrando in modo appena percettibile. “Lo devi fare assolutamente, per non rischiare che Colui-che-non-deve-essere-nominato possa riuscire a leggere nella tua mente.”

Lily Jane annuì, lanciando un’altra occhiata furtiva verso i Mangiamorte.

“Ha anche detto di stare tranquilla, perché tuo padre verrà a salvarti presto.”

A quelle parole la ragazza si girò verso di lui, fissandolo ad occhi spalancati.

Il sig. Granger sorrise, sinceramente contento per lei. “Coraggio. Presto sarai libera.”

Lily Jane ricambiò il sorriso. Harry stava venendo a salvarla. Per un attimo sentì il cuore sobbalzare dalla gioia. Poi però, si rese conto che era una follia. Harry non doveva venire in quel posto maledetto, non doveva rischiare la vita per venirla a salvare. Bisognava fare qualcosa per impedirglielo, ma cosa?

 “Ahhhh!”

Improvvisamente, il Sig. Granger si accasciò sul pavimento urlando. Lily Jane spalancò gli occhi, inorridita. Un grosso serpente a sonagli si era appena materializzato attorno al suo braccio destro, e adesso stava strisciando verso il suo petto, minacciandolo con i suoi denti affilati.

“Così impari a chiacchierare troppo,” sbraitò Dolohov, con la bacchetta ancora puntata verso di lui.

“Lasciatelo in pace! Non stava facendo niente di male.”

A nulla valsero le proteste della ragazza. I due Mangiamorte continuarono a ridere, mentre il povero sig. Granger si dimenava come un pazzo, lottando per non farsi mordere dal serpente.

“Ho detto di smetterla!” urlò ancora lei. “Se avessi la mia bacchetta magica, io… io…”

“Hai sentito, Rowle?” Commentò Dolohov, divertito. “E cosa ci faresti, se avessi la tua bacchetta?”

Lily Jane strinse i pugni dalla rabbia, desiderando con tutte le sue forze di potergliela fare pagare in qualche modo.

“Aiuto! Aiutami, ti prego!” Il sig. Granger era riuscito a bloccare il serpente, afferrandolo per la testa, ma non avrebbe resistito ancora per molto. Quella orribile creatura continuava a puntare i suoi occhi terrificanti verso il suo collo, e aveva la bocca spalancata, pronta ad attaccare.

Devo assolutamente aiutarlo, si disse, disperata. Ma non aveva la bacchetta magica, e senza di quella, non era in grado di fare un bel niente. Ci deve pur essere un altro modo!

D’un tratto, ebbe un flash. L’immagine di Harry e Ron che si esercitavano insieme nello studio di Villa Paciock, balenò con forza nella sua mente.

Presa da una subitanea intuizione, Lily Jane puntò le mani verso il serpente, e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi il più possibile. Iniziò a sudare freddo. La vita del sig. Granger dipendeva unicamente da lei.

EVANESCO! Le bastò pronunciare le parole magiche mentalmente, e quando riaprì gli occhi, vide che il serpente era svanito nel nulla.

Il sig. Granger si guardò attorno, ansimando. “D-dove è andato a finire il serpente?”

Ancora incredula, la ragazza volse il suo sguardo verso i due Mangiamorte, che la fissavano sbalorditi. Con una punta d’orgoglio, notò che avevano smesso di ridere.

“Che razza di diavoleria è mai questa?”

“Si può sapere come hai fatto?”

Incoraggiata da quel subitaneo successo, Lily Jane si avvicinò alla grata di ferro. Adesso le sue mani erano puntate verso di loro e con trepidazione, lanciò un secondo incantesimo.

ACCIO BACCHETTA!”

La bacchetta di Dolohov volò ubbidiente nella sua mano destra. Senza lasciargli il tempo di reagire, la ragazza lanciò lesta uno schiantesimo a Rowle, che cadde fulminato sul pavimento.

“Ma cosa?”

Un altro schiantesimo, e anche Dolohov cadde a terra, privo di sensi. Ormai sicura di sé e sentendo salire l’adrenalina, Lily Jane puntò la bacchetta contro la grata di ferro della sua cella.

“ALOHOMORA!”

Il chiavistello scattò, la porta si aprì.

“Si!” esclamò trionfante.

In un baleno, si precipitò nella cella accanto, per liberare il sig. Granger.

“Accipicchia, Bambina!” esclamò lui, positivamente colpito. “Ho una figlia che se la cava piuttosto bene con la magia, ma devo dire che tu sei un vero portento.”

Lily Jane puntò la bacchetta verso il lucchetto della grata di ferro. “Ti ringrazio Carl, ma fammi un favore, ti prego. Non chiamarmi più Bambina. Il mio nome è Lily Jane Potter.”

“Potter, hai detto? Come… Harry Potter?” domandò lui, incuriosito. “Siete per caso parenti?”

La ragazza si limitò a sorridergli, fiera di portare lo stesso cognome del “bambino sopravvissuto”. Una volta liberi entrambi, i due raggiungero la cella dove Magnus Erudio era tenuto prigioniero, e Lily Jane forzò nuovamente la serratura.

“Professor Erudio, presto! Dobbiamo fuggire via.”

Lo stregone se ne stava seduto in un angolo, immobile, con le mani strette attorno al suo bastone di legno e gli occhi spalancati che fissavano il vuoto. Non indossava più il suo solito cappello a forma di corno per nascondere la testa pelata, e la sua barba grigia, una volta lunga e fluente, ormai era corta e bruciacchiata.

“Non c’è altro tempo da perdere.” Lo esortò il Sig. Granger, afferrandogli il braccio per aiutarlo ad alzarsi. “Si appoggi a me.”

Erudio scosse la testa. “Io non vengo,” disse, in tono fermo. “Non vedo niente di buono in ciò che state per fare.”

“Erudio, ragioni!” Cercò di insistere il Sig. Granger. “Questa potrebbe essere la nostra unica occasione.”

“Ho detto di no!”

Lily Jane lo fissò preoccupata, domandandosi il motivo di tanta ostinazione.

“Ma non capisce? La cosa più saggia da fare è tentare noi stessi la fuga!” Gli spiegò lei con fermezza. “Se Harry provasse soltanto ad avvicinarsi a questo palazzo, verrebbe fatto fuori all’istante, e noi non possiamo permetterlo.”

Le labbra di Erudio si incurvarono, in una smorfia che assomigliava tanto ad un ghigno. “Dovresti riporre più fiducia in quel ragazzo. Ti assicuro che se lo merita.”

Lily Jane fu sul punto di controbattere, ma il sig. Granger si intromise nel discorso.

“Ascoltatemi bene, tutti e due. Sono rimasto in quella putrida cella anche troppo. Non ho nessuna intenzione di tornare a marcire là dentro!”

“Ve lo ripeto. Non è questo il momento,” disse Erudio, in tono enigmatico.

Il sig. Granger stava per replicare, quando si udirono dei rumori in lontananza. Lui e Lily Jane si scambiarono un’occhiata colma di tensione.

“Presto! Appiattitevi contro il muro,” ordinò Erudio, e i due obbedirono prontamente.

Lily Jane sentì il cuore battere selvaggiamente nel suo petto. Come avrebbero fatto a farla franca questa volta? Solo diventando invisibili, avrebbero avuto qualche possibilità di sfuggire ai Mangiamorte. Ma di fatto, sarebbe stato impossibile.

Si portò una mano alla fronte per asciugarsi il sudore, quando con sua grande meraviglia, si rese conto che la sua mano era diventata … trasparente. L’abbassò lentamente e sorpresa oltre ogni dire, vide che stava assumendo il colore grigiastro della parete di pietra. Si girò di scatto verso il sig. Granger, che la fissava ad occhi spalancati. Come un camaleonte gigante, anche lui era diventato dello stesso colore della parete. Lily Jane ringraziò mentalmente Magnus Erudio, che continuava a fissare nel vuoto, impassibile.

D’un tratto, la porta dei sotterranei si spalancò, e un paio di Mangiamorte si fece strada verso le prigioni.

“Ma… ma… Cosa diavolo è successo qui?” Si domandò uno di loro, trovando gli altri due Mangiamorte svenuti sul pavimento.

 “Ehi, voi due! Vi sembra questo il momento di dormire?” Li richiamò l’altro, smuovendoli con la punta del suo stivale.

Dopo un bel po’, Rowle e Dowlish si svegliarono dal loro sonno e sostenendosi alla parete,  si misero in piedi, massaggiandosi il capo.

“E’… è stata la ragazza,” disse Rowle, ancora confuso.

“Ha ragione. Riusciva a lanciare incantesimi senza usare la bacchetta,” spiegò Dolohov, frugandosi nelle tasche. “E si è anche presa la MIA, di bacchetta!”

“Siete soltanto degli incompetenti!” sbraitò l’altro Mangiamorte.

“Il Signore Oscuro ha chiesto di vedere la ragazza. Se non la portiamo subito da lui, siamo spacciati.”

Dowlish si mise subito sull’attenti. “Dobbiamo dividerci allora. Setacceremo ogni angolo di questo palazzo.” Poi in tono aspro, si rivolse ad Erudio. “Tu, vecchio! Ne sai qualcosa?”

Erudio rimase impassibile.

“Ehi, sei diventato pure sordo oltre che cieco?” Lo insolentì Rowle.

“Ah, è meglio lasciar perdere con quello là. Coraggio, muoviamoci!”

I quattro Mangiamorte uscirono di corsa, sbattendo la porta alle loro spalle. Un silenzio carico di tensione riempì i sotterranei.

“Dobbiamo approfittarne adesso,” disse Lily Jane, scostandosi dalla parete.

Il sig. Granger si mise ad esaminare le proprie braccia e le gambe, che cambiavano colore e consistenza a seconda dei suoi movimenti. “Possiamo usare questo trucco portentoso anche fuori da qui?”

Erudio chinò il capo in gesto affermativo. “Anche se non condivido il vostro modo di agire, non significa che non vi aiuterò.”

Lily Jane si sentì un po’ più sollevata. Con l’aiuto di Erudio, forse avrebbero avuto qualche speranza di farcela.

“E’ sicuro di non voler venire?” domandò la ragazza, provando un doloroso nodo allo stomaco al pensiero di dover lasciare Erudio in quella cella.

“Sicurissimo,” rispose lo stregone, senza battere ciglio. “Mi raccomando, state molto attenti.”

“Lo faremo,” disse il sig. Granger, con un velo di tristezza nella voce. “Grazie di tutto e addio.”

“Addio, professor Erudio.” Lo salutò Lily Jane, sinceramente rammaricata della sua decisione di non venire via con loro. Con ogni probabilità, quella sarebbe stata l’ultima volta che lo vedeva e che gli parlava.

Inaspettatamente, Erudio sorrise. “Oh, ma questo non è un addio. Ci rivedremo Lily Jane. Ci rivedremo molto presto.”

Le parole sibilline dello stregone risuonavano ancora nell’aria, quando Lily Jane e il sig. Granger si avviarono furtivamente fuori dai sotterranei. Tutto sembrava deserto. Trovarono subito una rampa di scale, illuminata da alcune rade torce che pendevano dalle pareti. Salite le scale, imboccarono un breve corridoio, sempre stando attenti a camminare rasenti alle pareti, ma dovettero fermarsi subito. Sul corridoio si aprivano tre porte -  due ai lati e una di fronte a loro.

“Da quale parte andiamo adesso?” Domandò la ragazza, sudando freddo.

Il sig. Granger si grattò la testa, pensieroso. “Non potresti usare un’altra delle tue magie?”

“Ecco… non saprei.” Lily Jane si mise a riflettere. “Forse l’Incantesimo Quattro Punti potrebbe esserci utile, anche se scoprire dove si trova il Nord non ci aiuterebbe poi molto.”

“Credo allora che dovremmo affidarci all’intuito,” disse il sig. Granger, in tono pratico. “La porta di fronte mi dà l’idea di essere un trabocchetto. Tu cosa ne dici, andiamo a destra o a sinistra?”

D’un tratto, udirono delle voci provenire proprio dalla porta di fronte a loro. Mossa da un fortissimo istinto di sopravvivenza, Lily Jane prese il sig. Granger per mano e si precipitò verso la porta di destra.

“Scelgo questa. Andiamo!”

Entrarono in tutta fretta e richiusero la porta alle loro spalle. Subito furono inghiottiti dalle tenebre. Non riuscivano a vedere ad un palmo dal naso e l’aria attorno a loro era gelida e inquietante.

“Non mi sembra che questa sia la porta giusta,” commentò il sig. Granger, guardandosi attorno con sospetto.

Lily Jane accese la sua bacchetta e la puntò in alto sopra la sua testa. Si trovavano in una grande stanza, completamente vuota, e con le finestre sbarrate. Ma presto, la sensazione di non essere del tutto soli in quella stanza, si fece strada prepotentemente dentro di lei.

“C’è… c’è qualcosa che si muove là in fondo.”

A Lily Jane venne la pelle d’oca, e rabbrividì.  “Andiamocene via di qui.”

Il sig. Granger, invece, non sembrava spaventato. Anzi, mosso da gran curiosità, si stava avvicinando lentamente per vedere meglio. “Chi è là? C’è qualcuno?”.

“NON TI AVVICINARE!” urlò Lily Jane, terrorizzata. Il sig. Granger si fermò all’istante.

“S-sono… sono Dissennatori,” spiegò la ragazza, indicando il fondo della stanza, anche se soltanto lei poteva vederlo; era un essere alto, ricoperto di un pesante velo scuro che levitava dinanzi a loro, con aria minacciosa. “Stammi vicino e non allontanarti per nessun motivo.” Gli ordinò, scandendo ogni parola.

“Ma di che stai parlando?” domandò il sig. Granger, sorpreso. “Non c’è proprio niente da quella parte. L’unica cosa che vedo è l’uscita.”

In effetti, dall’altra parte della stanza, proprio dietro al Dissennatore, c’era una seconda porta. Dovevano raggiungerla a qualunque costo, per sperare di potersi salvare.

“Dammi la mano,” gli ordinò Lily Jane e lui obbedì, senza aggiungere altro. “Quando ti dico di correre… corri. Siamo intesi?”

Il sig. Granger annuì, continuando a fissare l’uscita. Il Dissennatore se ne stava ancora immobile, e non accennava ad attaccarli. Era come se stesse studiando le loro mosse, per vedere cosa avrebbero fatto. Lily Jane percepì il suo malefico influsso. Immagini di disperazione e morte iniziarono a comparire nella sua mente.

“Aaaah, Lily Jane!”

La ragazza si voltò di scatto. Con orrore, vide che un secondo Dissennatore aveva afferrato il sig. Granger da dietro le spalle e si stava avvicinando pericolosamente alle sue labbra, preparandosi a dargli il suo bacio mortale .

“Noooo!”

Puntando la bacchetta contro quelle infime creature, la ragazza pronunciò forte a chiaro le parole magiche, che avrebbero salvato loro la vita.

“EXPECTO PATRONUM!” Una luce accecante riempì tutta la stanza, mentre un bellissimo daino argentato trotterellò fuori dalla sua bacchetta, caricando i dissennatori con gran vigore ed energia. Le creature malefiche si dileguarono all’istante, liberando il cammino.

Con il cuore in gola, i due si precipitarono correndo verso la seconda porta, che fortunatamente si aprì con facilità. Senza farsi troppe domande sul DOVE questa porta potesse condurli, oltrepassarono la soglia e la richiusero alle loro spalle, ansimando.

Nessuno dei due ebbe il tempo di guardarsi attorno, che un blocco nel pavimento cedette, facendoli scivolare giù, sempre più giù, per un lungo cunicolo che sembrò non finire mai.

Un brivido di terrore e sgomento invase il cuore di Lily Jane, mentre urlava a squarcia gola, allargando le braccia alla ricerca disperata di un appiglio qualsiasi. Il sig. Granger stava facendo altrettanto, ma tutti i loro tentativi sembravano inutili. Le pareti erano scivolose e non esistevano appigli di sorta. Stavano forse raggiungendo il centro della terra?

Ma alla fine, anche quella folle corsa terminò. Con un tonfo sordo, Lily Jane e il sig. Granger atterrarono sul gelido pavimento di pietra dei sotterrani. Erano tornati al punto di partenza. D’un tratto, la ragazza si sentì afferrare per la gola da due grosse mani muscolose, che erano talmente forti da riuscire a tenerla sospesa per aria ad un metro di altezza dal pavimento.

“La corsa è finita,” gracchiò il Mangiamorte che la teneva stretta. Avvicinò il suo volto sudicio a quello terrorizzato di lei, mostrando con aria trionfante un largo sorriso sdentato. “Si torna in gabbia, piccioncina.”

 

***O***

 

Nel gelido silenzio della caverna, la luce di un focolare illuminava una tavola apparecchiata. Harry, Hermione, Ron e Theo stavano consumando una cena semplice, a base di zuppa di patate.

Il silenzio era rotto unicamente dal rumore dei cucchiai che sbattevano contro i piatti. I quattro amici sembravano profondamente assorti nei loro pensieri. In lontananza, Draco Malfoy se ne stava accovacciato nel suo angolo, con gli occhi chiusi. A turno, non lo perdevano di vista neanche per un momento.

La stessa scena si ripeteva ormai da giorni. Draco si era chiuso in un ostinato silenzio, mentre il tempo volava via ed Harry non era ancora riuscito a trovare il modo di farlo parlare.

Nel tentativo di procurarsi gli ingredienti per produrre il siero della verità, Hermione e Theo erano usciti per qualche ora dalla caverna, ma era stato tutto inutile. In quel periodo dell’anno era impossibile trovare delle erbe valide, per non parlare della neve alta che copriva la quasi totalità del suolo.

Al contrario di quanto previsto da Theo, le loro scorte alimentari stavano iniziando a scarseggiare. Dopo tutto, erano in cinque in quella caverna, anche se Draco continuava a rifiutarsi di mangiare. L’unica soluzione, sarebbe stata quella di tornare a Villa Paciock, ma fin tanto che tenevano Malfoy prigioniero, non sarebbe stato prudente. Non potevano rischiare di mettere in pericolo la vita di Neville, Ginny e Luna.

Subito dopo il loro arrivo nella grotta, Harry aveva inviato un Patronus a Neville, per fargli avere loro notizie. Dopo quella volta però, non aveva più provato a comunicare con l’esterno, per paura di commettere qualche imprudenza e farsi scoprire.

Nel frattempo, si erano create due distinte fazioni fra loro quattro: da una parte c’erano Hermione e Theo, che concordavano sul fatto di lasciare libero Draco e cercare aiuto presso i maghi dell’Ordine della Fenice; mentre dall’altra parte, c’erano Harry e Ron, che erano fermamente convinti che presto Malfoy avrebbe ceduto, rivelando ogni dettaglio sul luogo dove tenevano nascosta Lily Jane. Secondo loro, lasciare andare ora Malfoy sarebbe stato un errore madornale, soprattutto dopo tutta la fatica che avevano fatto per catturarlo.

Quella sera, la tensione fra i quattro amici si tagliava con il coltello.

“Non credete che dovrebbe mangiare qualcosa anche lui?” sussurrò Hermione, incerta.

Harry lanciò un’occhiata in direzione di Malfoy. “Ci abbiamo già provato, ma è più testardo di un mulo.”

“Ti preoccupi troppo, Hermione,” commentò Ron. “E poi, non se lo merita. Un po’ di digiuno gli farà abbassare la cresta.”

Hermione lo fulminò con lo sguardo, per sottolineare il suo disaccordo. Senza indugiare oltre, la ragazza si alzò dalla sedia in silenzio, riempì un piatto di zuppa e, sotto lo sguardo perplesso degli altri tre, si avvicinò a Draco.

“Ti ho portato qualcosa di caldo.”

Draco non si mosse. Rimase immobile, con la schiena poggiata alla parete, la testa piegata da un lato, e i capelli biondi che gli ricadevano sulla fronte. Le catene magiche gli cingevano ancora le braccia, rendendogli impossibile la fuga.

Hermione posò il piatto lì accanto a lui, su di una sporgenza della roccia. Aveva appena mosso alcuni passi per tornare al tavolo, quando improvvisamente Draco aprì gli occhi e diede un calcio al piatto, mandandolo in frantumi.

“Non voglio niente da te, sporca Mezzosangue!”

Ron si alzò in piedi di scatto, impugnando la bacchetta con aria minacciosa. “Te lo avevo detto Hermione. Non si merita le tue attenzioni.”

Anche Harry sembrava indignato. “Si può sapere perché diavolo lo hai fatto?” domandò, frenando l’impulso di afferrarlo per il collo.

“Hermione voleva soltanto essere gentile con te,” aggiunse Theo, sforzandosi di mantenere la calma. “Ma a quanto pare è tutta fatica sprecata.”

“Non voglio niente da lei, e nemmeno da voi tre. Preferisco morire di fame,” sentenziò Malfoy, fissandoli con odio.

“Beh, allora sarai accontentato!” esclamò Ron.

Harry alzò una mano in direzione di Ron, per farlo tacere. “Ti conviene essere più collaborativo, Malfoy.” Gli disse con calma, intenzionato a farlo ragionare.

“Altrimenti cosa mi fai? Mi togli di mezzo?”

“Se fossi in te, mostrerei un po’ più di riconoscenza,” continuò Harry, alzandosi in piedi e muovendo qualche passo verso di lui. “Se non ti avessimo portato via con noi, adesso Voldemort avrebbe ucciso anche te!”

Malfoy si dimenò in modo rabbioso. “Vuoi il mio aiuto? Allora toglimi di dosso queste maledette catene.”

“Prima dimmi dove si nasconde Voldemort.”

“No, prima toglimi queste catene!”

I due si fissarono in silenzio per alcuni istanti. Sembravano intenzionati a fare a gara a chi avrebbe abbassato lo sguardo per primo.

“Credo che dovremmo liberarlo.”

“Hermione, sei impazzita?” La redarguì Ron.

“Cosa può fare senza la sua bacchetta?” aggiunse la ragazza, allargando le braccia.

“Uhm… vediamo un po’. Ucciderci nel sonno, ad esempio?”

“Non farà niente del genere. Vero Malfoy?” Harry sembrava sicuro di sé. “Immagino che dopo tutti questi giorni di digiuno, un piatto caldo ti semberà il paradiso. Se collabori con noi, avrai da mangiare e avrai la protezione che ti serve.”

Malfoy continuò a fissarlo dritto negli occhi, temporeggiando.

“Vuoi vendicare la morte di tuo padre? Si o no?”

Alle parole secche di Harry, Malfoy rispose dimenandosi come un animale in gabbia.

“Tu liberami e avrai tutte le informazioni che ti servono.”

Harry lo guardò con attenzione per alcuni istanti. Poi, si girò verso Hermione e le fece un cenno con la testa. Lei agitò prontamente la bacchetta e le catene scomparvero per magia. Finalmente libero, Draco si massaggiò le braccia intorpidite.

“Accomodati pure,” disse Hermione, indicando la tavola apparecchiata.

Con una certa circospezione, Draco si alzò in piedi sostenendosi alla parete. Poi, si mosse con passo felino verso la tavola. Quando fu abbastanza vicino, si fiondò sul primo piatto di minestra che vide e lo divorò in pochi istanti. Hermione gli porse una fetta di pane, e lui la fece sparire in due bocconi.

“Allora? Dove si trova il nascondiglio di Voldemort?” Harry riformulò la domanda che gli stava più a cuore.

“A Londra… vicino Hyde Park,” spiegò Draco, masticando furiosamente un’altra fetta di pane.  “Da fuori sembra un vecchio albergo abbandonato, ma all’interno è un attrezzato quartier generale. E’ impossibile entrarci dentro e tanto meno uscirne vivi. Ci sono rivelatori magici ad ogni passo e centinaia di Mangiamorte fanno la guardia.”

“Sarebbe un vero suicidio anche solo pensare di andarci,” osservò Ron, riluttante.

“Conosco qualcuno che potrebbe aiutarci,” aggiunse Draco, divorando il secondo piatto di minestra che Hermione gli aveva appena servito. “Potrei chiedere il suo aiuto, ma ad una condizione.”

“Quale?” domandò Harry, fissandolo con sospetto.

“Chiedo protezione, per me e per mia madre.”

Harry incrociò le braccia sul petto, finalmente soddisfatto. “Faremo del nostro meglio.”

 

***O***

 

Ho freddo. Tanto freddo. Lily Jane tremava dalla testa ai piedi. Con gli occhi chiusi, se ne stava immobile, distesa sul sudicio pavimento di una cella remota. Lontano da tutto e da tutti, immersa in un buio fitto e profondo.

Si sentiva completamente svuotata e senza forze. La speranza se ne era andata dal suo cuore e non sapeva più per chi avrebbe dovuto ancora lottare.

Dopo la sua bravata, l’avevano messa in una cella d’isolamento, nei meandri più solitari dei sotterranei. Da alcuni giorni non vedeva anima viva e la sua unica compagnia erano i ratti, che si aggiravano indisturbati attorno a lei, incuranti della sua presenza.

Probabilmente volevano vedere fino a che punto la sua testardaggine l’avrebbe sostenuta. Lily Jane premette con forza le labbra una contro l’altra e percepì il gusto salato delle lacrime. Aveva pianto tanto, non era riuscita a resistere ed ormai aveva perso tutte le sue ultime speranze.

Era come se una forza oscura si stesse lentamente, ma inesorabilmente impossessando di lei. E quella forza oscura le stava ordinando di mollare, e lasciarsi andare. Era finita.

D’un tratto, credette di sognare. Le parve di sentire un rumore di passi in lontananza. Dopo giorni di solitudine, qualcuno si era ricordato che lei esisteva. Era un bene o un male? Non le importava più.

“Deve essere per forza qui, da qualche parte.”

“Dividiamoci e controlliamo in ogni cella.”

Ma no, non stava sognando. C’erano davvero delle voci nel corridoio. Con uno sforzo estremo, cercò di aprire le palpebre, ma il buio era troppo fitto per poter distinguere qualunque cosa.

“EXPECTO PATRONUM!”

Una lampo accecante si propagò nell’etere, illuminando la cella di una luce argentata. Lily Jane richiuse gli occhi, portandosi le mani sul viso.

“I Dissennatori sono sistemati. Siamo vicini, me lo sento.”

La ragazza si domandò di chi potesse essere quella voce. Aveva un tono familiare, ma non riusciva ancora a realizzare chi fosse.

Con un rumore assordante, la porta della cella si spalancò, sbattendo sulla parete di pietra. Ancora distesa sul pavimento, ed incapace di muovere un muscolo, Lily Jane riaprì lentamente gli occhi.

Sulla soglia, erano comparse due figure incappucciate, entrambe con la bacchetta accesa dinanzi a loro.

No! Sono Mangiamorte, si disse, provando un tuffo al cuore. Anche l’ultimo barlume di speranza era andato in fumo. Un raggio di luce la illuminò per un istante, e lei si coprì nuovamente il volto con le mani.

“Lily Jane?”

Uno di loro rimase sulla porta, mentre l’altro la raggiunse e si chinò su di lei.

“S-stai bene? Ti hanno fatto del male?” chiese il mago incappucciato, scuotendola per le spalle.

La ragazza non rispose, ancora incerta su quanto le stava accadendo.

“Va tutto bene. Siamo venuti a liberarti.” Le disse lui, in tono rassicurante, ma il cuore di Lily Jane era ancora in tumulto.

“C-chi sei tu?” domandò, confusa.

“Sono io, Theo. C’è pure Ron, siamo venuti a liberarti. Ce la fai ad alzarti in piedi?”

Ancora incredula, Lily Jane scrutò il suo interlocutore con attenzione.

“Non è vero, non sei Theo!” esclamò lei terrorizzata, scalciando contro il pavimento per allontanarsi, e arrivando a toccare la parete con le spalle. “Tu sei… sei uno di loro.”

“E’ solo un travestimento. L’ho usato per entrare qui dentro.” Il mago puntò la bacchetta verso la sua maschera a forma di teschio e questa improvvisamente si dissolse come se fosse stata fatta di fumo. Lily Jane trattenne il respiro, quando riconobbe quei dolcissimi occhi azzurri, gli occhi del suo amico di sempre.

“Theo! Sei proprio tu?”

Senza riuscire a trattenersi, il giovane la prese tra le sue braccia e la strinse forte a sé. “Ti ho ritrovata finalmente. Adesso, non ti lascerò più andare via.”

Lily Jane non poteva credere ai suoi occhi. Era sveglia oppure stava sognando? Perdendo ogni tipo di inibizione, scoppiò a piangere come una bambina. Calde lacrime le solcarono il viso, mentre si stringeva a lui, come un uccellino ferito che ritrova il suo nido sicuro. Per un istante, ebbe il timore che il suo cuore potesse esplodere dalla gioia. L’avevano ritrovata, l’incubo stava per finire.

“Dobbiamo sbrigarci!” La voce severa di una donna, proveniente dal corridoio, li richiamò all’ordine. “Non è sicuro restare ancora qui.”

“Ce la fai ad alzarti?” Le chiese Theo, asciugandosi il viso con la manica della veste.  “Vieni, sostieniti a me.”

“N-no, ce la faccio da sola,” rispose la ragazza, provando ad alzarsi. Ma rimase in piedi solo per un istante, e poi crollò giù quasi subito, sentendo le gambe cedere. Non si era resa conto di quanto fosse diventata debole; non mangiava da giorni e con ogni probabilità, i muscoli delle gambe si erano atrofizzati.

“Coraggio ragazzi!” Li esortò Ron, che era rimasto sulla porta. “Lasciate per dopo i convenevoli. Stiamo perdendo troppo tempo.”

“Non ce la fa a camminare,” rispose Theo, preoccupato. “Dovrò portarla in braccio.”

Senza perdere altro tempo, sollevò la ragazza di peso e raggiunse Ron; Lily Jane si lasciò andare completamente, poggiando la testa sulla spalla di Theo e cingendogli il collo con le braccia.

Nel corridoio, c’era una terza persona ad aspettarli. Era una donna alta, dai capelli lisci e biondissimi, che le ricadevano lunghi sulle spalle.

“Presto, mancano pochi minuti prima che la passaporta si metta in funzione,” disse la donna, in tono autoritario, tirando fuori dal mantello un grosso anello dorato.

“E’ sicura che questa passaporta ci farà uscire di qui?” Domandò Ron, squadrandola con sospetto.

Lei lo fulminò con lo sguardo. “Osi forse dubitare di me? Di Narcissa Malfoy?”

Theo e Ron si fissarono incerti. Soltanto con l’aiuto di quella donna avrebbero potuto sperare di uscirne vivi. Allungarono le braccia e furono sul punto di toccare la passaporta, quando Lily Jane li fermò.

“Aspettate!” Improvvisamente, si era ricordata che in quelle prigioni non c’era rinchiusa soltanto lei. “Magnus Erudio è qui. E anche il sig. Granger. Sono al piano di sopra. Vi prego, salvate anche loro.”

“Avevamo parlato solo della ragazza.” Protestò Narcissa. “Non intendo portare via altri prigionieri.”

Ron l’afferrò per il braccio, prima che lei potesse azionare la passaporta. “Dobbiamo farlo!” Narcissa lo fissò adirata. Lily Jane ebbe la sensazione che se quella donna avesse potuto, lo avrebbe incenerito seduta stante. Ma Ron non vi diede importanza, e continuò a mantenere la presa. “Datemi ancora un paio di minuti e sarò di ritorno. Aspettatemi qui.”

Theo annuì, in segno di assenso. “Fai attenzione.”

Ron si allontanò come un fulmine, scomparendo su per le scale. Lily Jane si abbandonò nuovamente tra le braccia di Theo. Si sentiva sfinita, ma allo stesso tempo eccitata all’idea che presto avrebbe riabbracciato anche Harry ed Hermione. Sentiva il sangue pulsare forte nelle vene, e l’adrenalina salire sempre di più. Però, sarebbe bastato un solo passo falso per rovinare tutto quanto.

Dopo alcuni minuti che a Lily Jane sembrarono ore, Ron ridiscese le scale dei sotterranei, sostenendo a spalla Magnus Erudio. Il sig. Granger camminava al loro fianco, con l’eccitazione negli occhi.

“Lily Jane!” Non potè fare a meno di esclamare il sig. Granger. “Sapevo che ti avrei incontrata ancora una volta.”

La ragazza gli sorrise, sollevando una mano in segno di saluto.

“Coraggio, dovete toccare la passaporta e saremo salvi.” Li incalzò Narcissa.

Theo, Lily Jane, Ron, Erudio e il sig. Granger si disposero a semi cerchio.

“Al mio tre,” ordinò la donna, tenendo in alto l’anello dorato. “Uno… due… tre.”

Gli altri cinque strinsero la passaporta nello stesso esatto momento e tutto attorno a loro sembrò scivolare via, come cera liquida. Si sentirono tirare per la cintola e trascinare via da una forza incontrollabile. Quando alla fine rimisero i piedi sul pavimento, barcollarono un po’ per riprendere l’equilibrio. Ce l’avevano fatta. Era stato fin troppo facile…

Theo aiutò Lily Jane a mettersi in piedi e lei si guardò attorno, spaventata e sorpresa. In che posto si trovava? Tutto era avvolto nella penombra. Sembrava una grotta, tetra e oscura.

“Lily Jane!”

Hermione si precipitò ad abbracciarla, avvolgendola con la sua massa di capelli fluenti. La ragazza ricambiò l’abbraccio, con il cuore in tumulto.

“Eravamo tutti così in pensiero per te. Promettimi che non scapperai mai più in quel modo. Promettimelo!”

“T-te lo prometto,” rispose lei, sinceramente pentita del suo gesto sconsiderato.

“Hermione, bambina mia!”

Il sig. Granger richiamò timidamente l’attenzione di sua figlia. Sembrava il più sorpreso di tutti in quel momento. Hermione rimase a guardarlo ad occhi spalancati.

“Papà!” esclamò lei, correndo ad abbracciarlo. “Oh, papà. Sapessi quanto mi sei mancato.”

“Anche tu, piccola. Anche tu.” Ripetè lui, carezzandole i capelli con affetto.

Lily Jane osservò quella scena con gioia. Sembrava che il sereno stesse tornando un po’ per tutti. D’un tratto, sentì venir meno le forze e barcollò, allungando le braccia per cercare sostegno; qualcuno le fu subito accanto. Quando lei alzò lo sguardo, trovò Harry che la fissava, commosso, mentre la teneva stretta fra le sue braccia. I due rimasero in silenzio per alcuni istanti, occhi negli occhi.

“Harry… io,” Lily Jane non riusciva a trovare le parole giuste. Un doloroso nodo alla gola le impediva di esprimere tutto quello che il suo cuore stava provando in quel preciso momento. L’unica cosa di cui era certa, era che finalmente si sentiva al sicuro e protetta. “Io credevo… credevo di aver rovinato tutto. Mi… mi dispiace così tanto.”

“Non è stata colpa tua.” Le disse Harry dolcemente. “Sono io che avrei dovuto capire, mentre invece non l’ho fatto.”

Harry continuava a fissare sua figlia, senza riuscire mai a stancarsi di guardarla. Gli sembrava così fragile, così spaventata. Avrebbe voluto dirle talmente tante altre cose, che non sarebbe bastato un giorno intero. Avrebbe voluto dirle che le era mancata in modo insopportabile, che aveva creduto di impazzire senza di lei, e che le voleva un bene dell’anima.

Harry deglutì a fatica, trattenendo a stento le lacrime, e sforzandosi di non perdere il controllo. Sapeva bene, che non era ancora finita. Senza darlo a vedere, volse lo sguardo in direzione di Draco Malfoy e di sua madre. I due se ne stavano in piedi, in un angolo della grotta, ed erano intenti a confabulare fra loro.

 “Theo, ascoltami.”

Il ragazzo si avvicinò, fissandolo con serietà.

“Ti affido Lily Jane. Sai cosa devi fare.” Gli  disse Harry, in tono grave e l’altro annuì. Poi si girò verso sua figlia  e aggiunse, “Non avere paura, andrà tutto bene. Ti prometto che ci rivedremo prestissimo.”

La ragazza gli sorrise, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Theo le mise un braccio attorno alla vita e insieme si avviarono nell’altra stanza, sparendo dietro la tenda divisoria.

Harry sospirò profondamente, mentre li seguiva con lo sguardo. Le aveva appena fatto una promessa, ed era intenzionato a mantenerla.

“E’ una gioia incontrarti nuovamente, ragazzo mio.”

La voce di Magnus Erudio lo fece voltare verso di lui. “Anche per me, professore.”

“Sono veramente fiero di te,” continuò Erudio, con un certo orgoglio nella voce. “Ma non è ancora finita. Immagino che tu sappia… cosa accadrà fra poco, vero?”

Harry annuì, lanciando un’occhiata furtiva verso Draco Malfoy.

“Ne ho una vaga idea, si,” rispose, mantenendo il suo sangue freddo. “Ma stia tranquillo. Siamo già preparati.”

  “Lo immaginavo ragazzo. Lo immaginavo.”

Il sig. Granger si avvicinò, posando affettuosamente una mano sulla sua spalla.. “Harry, non potrò  mai ringraziarti abbastanza.”

“Non deve ringraziare soltanto me, sig. Granger. Il merito è soprattutto di Sua figlia,” puntualizzò il giovane, educatamente. Poi, si rivolse ad Hermione, “Theo e Lily Jane sono già andati. Vi consiglio di fare lo stesso.”

La ragazza annuì, senza chiedere ulteriori spiegazioni. “D’accordo, andiamo subito. Ma tu stai attento, mi raccomando.”

“Stai attenta anche tu.”

Hermione prese il sig. Granger per mano, e insieme si mossero anche loro in direzione della tenda divisoria.

D’un tratto, tutte le luci si spensero, e Harry estrasse prontamente la bacchetta.

“Ron! Stai in guardia!” sussurrò, percependo la presenza dell’amico al suo fianco.

Quando le luci si riaccesero, Harry si accorse con orrore che Hermione e suo padre non avevano fatto in tempo a mettersi in salvo. Draco li aveva raggiunti ed ora minacciava la ragazza puntandole la bacchetta alla gola.

“Lascia stare la mia bambina!” esclamò il sig. Granger, furente.

“Stai zitto tu, lurido babbano.” Narcissa gli lanciò un incantesimo per immobilizzarlo, e tutto il suo corpo si irriggidi all’istante.

“Vigliacchi!” Hermione si dimenò per cercare di liberarsi, ma Draco era decisamente più forte di lei.

“Mi sa che dovrete restare in nostra compagnia ancora per un pò.” Le disse Malfoy, in tono sarcastico. Poi, rivolgendosi a sua madre aggiunse, “Gli altri due sono nell’altra stanza. E’ meglio che vai subito a controllare.”

“Non scomodare inutilmente tua madre, Malfoy.” Gli suggerì Harry tranquillamente, sforzandosi di mantenere la calma e la lucidità necessarie. “Tanto non troverà nessuno.”

Narcissa non gli diede retta e spostò la tenda di lato. Quando vide che la stanza era vuota, tirò via la tenda con rabbia. “Maledizione!”

Le luci vacillarono ancora una volta, poi una voce altisonante riempì la stanza, e la sua eco si propagò per tutta la caverna.

“Sorpresa!”

In quel momento, proprio dinanzi a loro comparve Bellatrix Lestrange; il suo viso era semi coperto da folti capelli ispidi, ormai ingrigiti dagli anni, e i suoi occhi erano illuminati da una vena di follia.

“Ci rivediamo ancora una volta Harry Potter.”

Il cuore di Harry iniziò a battere violentemente. Ogni volta che la incontrava, non poteva fare a meno di ricordare quella notte nefasta al Ministero della Magia. La notte in cui quella stessa strega uccise Sirius Black a sangue freddo, proprio dinanzi ai suoi occhi.

“Il piacere è tutto tuo,” rispose Harry, a denti stretti.

Bellatrix si mise al fianco di Draco e di sua sorella Narcissa, senza mai abbassare lo sguardo da Harry, che rappresentava la sua preda per eccellenza.

Inaspettatamente, Ron si fece avanti, puntando la bacchetta contro Draco.

“Sei e rimani uno sporco traditore, Malfoy!”

“Ti sbagli. Non sono un traditore. Sono sempre rimasto fedele al Signore Oscuro, nonostante tutto.”

“Fedele?” Ribattè Harry, alzando la voce. “Come fai ad essergli ancora fedele? Voldemort ha ucciso tuo padre! Se ritorni da lui, farai la sua stessa fine.”

“Non sai quanto ti sbagli Harry Potter.” Un ghigno malefico comparve sul volto di Bellatrix. “Lucius ha pagato per tutti gli errori che ha commesso. Adesso spetta a Draco e a mia sorella Narcissa tenere alto il buon nome della famiglia. E quando finalmente ti consegneranno al Signore Oscuro, la casata dei Malfoy rientrerà nuovamente nelle sue grazie.”

“Siete solo degli illusi, se credete che Voldemort vi ricompenserà per questo,” commentò Harry, sprezzante. “La sua specialità è usare le persone, finchè gli fanno comodo, per poi toglierle di mezzo come se fossero degli stracci vecchi. Voldemort tiene unicamente a sé stesso e a nessun altro.”

Bellatrix gli puntò la bacchetta contro, fissandolo con gli occhi spalancati. “Non osare offendere il Signore Oscuro!”

“Comunque non ci avete colto di sorpresa,” spiegò Harry, senza abbassare lo sguardo. “Avevamo messo in conto un eventuale tradimento da parte di Malfoy. Ecco perché Lily e Theo sono già al sicuro, lontano da qui."

 “Poco male. Ci accontenteremo di catturare Harry Potter in persona." 

Harry alzò in alto le braccia, mentre un sorriso di sfida illuminò il suo volto. “Vienimi a prendere, se ci riesci.”

In quel momento, un vortice d’aria comparve dal nulla, e si mise a roteare vorticosamente attorno al corpo di Harry, sollevando oggetti e mobilia, come se fossero delle leggerissime piume. Tutti i presenti si coprirono il viso, per non farsi colpire. Quando alla fine il vortice si dissolse, Harry era sparito nel nulla.

Bellatrix si guardò attorno, disperatamente, ma di Harry si erano perse le tracce.

“Sei solo un codardo!” Urlò, rivolgendosi ad un punto indistinto al centro della stanza. “Vuoi che i tuoi amici paghino per la tua vigliaccheria?”

“Sono qui, non mi vedi?”

La voce di Harry proveniva dall’alto. Tutti alzarono la testa e rimasero a bocca aperta, quando lo videro levitare sospeso a mezz’aria.

“Sei mio!” Bellatrix puntò la bacchetta contro di lui e ne scaturì un raggio di luce purpurea. Harry però ebbe il tempo di smaterializzarsi e la maledizione colpì il soffitto di pietra, frantumandolo in tanti piccoli pezzi.

“Attenzione a dove lanci i tuoi incantesimi!”

Bellatrix si girò, e vide Harry appollaiato su di un mobile della cucina. Non fece nemmeno in tempo a puntargli la bacchetta contro, che il ragazzo si smaterializzò all’istante.

“Fermati una buona volta!”

“Sicuro!”

Harry ricomparve all’improvviso, proprio davanti a Narcissa. Senza nemmeno rifletterci sopra,  Bellatrix gli lanciò un’altra maledizione, ma quando Harry scomparve all’ultimo momento, la maledizione colpì Narcissa in pieno petto, scaraventandola contro la parete alle sue spalle.

“Ti sei ammattita, zia Bellatrix?” Urlò Draco, furioso. “Hai appena schiantato mia madre!”

Bellatrix digrignò i denti con rabbia. “Sono stanca di questi inutili giochetti. Esci fuori, oppure colpirò uno dei tuoi amici al posto tuo.”

Ad un certo punto, accadde qualcosa di inaspettato. La terra cominciò a tremare sotto i loro piedi e le rocce si sgretolarono sopra le loro teste.

“Cosa sta succedendo?” Si disse Bellatrix, spaventata, barcollando per mantenere l’equilibrio. “Il terremoto!”

“Hai fatto male i tuoi conti Lady Lestrange.” La voce di Magnus Erudio riecheggiò nella caverna, mentre il pavimento prese a dilaniarsi formando un profondo crepaccio. Con le braccia alzate sopra la sua testa, lo stregone stava controllando il terremoto.

“Dovevo immaginare che dietro a tutto questo c’eri tu, vecchio pazzo!” Un raggio di luce verde saettò fuori dalla bacchetta di Bellatrix in direzione di Erudio, ma Ron se ne accorse in tempo e si lanciò su di lui, scansando la maledizione.

La terra smise di tremare, ma approfittando di tutto quel trambusto, Hermione colpì Draco con una gomitata allo stomaco e riuscì a liberarsi. “Pensaci meglio la prossima volta, prima di importunare una ragazza.”

Draco rimase a terra, piegato in due dal dolore ed Hermione non perse altro tempo. Puntò la sua bacchetta verso il padre e lo liberò dall’incantesimo che lo teneva immobilizzato.

“Papà, come ti senti?” Gli domandò, chinandosi al suo fianco.

Il sig. Granger si massaggiò la testa confuso. “B-bene, credo.”

“Presto, dobbiamo andare via di qui, altrimenti… Haiaaaa!”

Hermione urlò dal dolore, quando Bellatrix la prese per i capelli. “Dove credi di andare, piccola Mezzosangue?”

“Lascia stare mia figlia, brutta strega!”

Il sig. Granger si lanciò con tutte le sue forze contro Bellatrix, che mollò la presa su Hermione e cadde sul pavimento. I due rotolarono insieme per alcuni metri, lottando fra di loro senza sosta.

“Papà!” urlò Hermione, temendo  per la vita di suo padre.

D’un tratto, Harry riapparve accanto a Ron, Hermione ed Erudio.

“Coraggio, aggrappatevi a me!” Li esortò lui, tendendo le mani verso di loro.

“Papà! Da questa parte, presto!”

Il sig. Granger riuscì finalmente ad avere la meglio su Bellatrix, e ad impadronirsi della sua bacchetta. Alzò lo sguardo verso la figlia e fece appena in tempo ad aggrapparsi alla sua mano.

Harry si concentrò intensamente per raggiungere Villa Paciock, proprio mentre Bellatrix gli urlava contro, estraendo dalla tasca il suo pugnale.

“Harry Potter, non finisce qui!”

Sotto lo sguardo furente della strega, il gruppo si smaterializzò immediatamente fuori dalla caverna. Quando riapparvero in un luogo caldo e confortevole, caddero tutti e cinque sul pavimento.

“Ce l’abbiamo fatta!” esultò Ron, aiutando Erudio a rimettersi in piedi.

“Oh, Harry! Sei stato grande!” esclamò Hermione, correndo ad abbracciarlo. “Per un attimo ho temuto che…”

La ragazza lasciò la frase a metà, quando vide il volto serio di Harry.

“Cosa c’è? Cos’è successo?”

“Tuo padre…”

Hermione si girò di scatto e si sentì sprofondare. Il sig. Granger era rimasto disteso sul pavimento e con le mani stringeva il pugnale di Bellatrix piantato sul suo petto. Stava perdendo molto sangue.

“No, papà!” Hermione fu subito accanto a lui.

 “Ron, va a chiamare Madame Piccoli.” Gli ordinò Harry, sudando freddo. “Corri, presto!”

Ron obbedì all’istante, mentre Harry si chinava al fianco di Hermione, per esaminare la ferita. Il pugnale gli aveva attraversato il torace da parte a parte. Sembrava che non ci fosse più molto da fare.

Ansimando, il sig. Granger strinse le loro mani tra le sue.

“Non mi resta più molto da vivere ormai.”

“Papà, ti prego, non dire così.” Cercò di confortarlo Hermione, senza riuscire a trattenere le lacrime.

“Harry, ho bisogno che tu mi faccia una promessa,” continuò il sig. Granger, respirando ormai a fatica. “Promettimi… promettimi che ti prenderai cura della mia bambina.”

Harry gli rispose in un sussurro, sentendo salire le lacrime agli occhi. “Lo farò.”

Il sig. Granger si volse verso sua figlia. “E tu, Hermione. Promettimi che… rimarrai la ragazza meravigliosa che sei sempre stata. E ti prego… devi dire a tua madre che è stata il più grande… amore della  mai vita.”

Hermione annuì, fra i singhiozzi.

D’un tratto, il sig. Granger si irrigidì e sotto gli occhi sconvolti di Harry e di Hermione, esalò il suo ultimo respiro.

“No! Ti prego, papà, non lasciarmi!” supplicò la povera Hermione, aggrappandosi al collo di suo padre, ma era ormai troppo tardi.

Erudio venne avanti lentamente, alzando le braccia al cielo. “Oh anima di luce, noi ti salutiamo. La nostra separazione non durerà in eterno. Presto ci ricongiungeremo e allora gioiremo nuovamente insieme, ricordando le vite che abbiamo entrambi vissuto. Questo non è un addio, ma un arrivederci.”

Sentendo la morte nel cuore, Harry abbassò la testa in segno di rispetto. Con sua grande sorpresa, sul pavimento accanto al corpo esanime del sig. Granger, vide una bacchetta magica. La strinse nella sua mano destra e questa emise delle scintille di luce. Era la bacchetta di Bellatrix Lestrange, che il padre di Hermione le aveva strappato prima di fuggire. In un moto di rabbia, gli venne in mente di spaccarla a metà, ma non lo fece e rimase a guardarla accigliato. Forse un giorno, quella stessa bacchetta gi sarebbe servita per fare giustizia, una volta per tutte.

   

   

  
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