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Autore: CinderNella    18/03/2013    6 recensioni
"Davvero perfetto. La sua auto nemmeno partiva. Probabilmente la batteria s’era scaricata e lei avrebbe dovuto passare la nottata lì, perché il meccanico che aveva chiamato le aveva fatto chiaramente capire che non sarebbe potuto andare ad aiutarla. Uscì dall’auto sbattendo la portiera e lanciando un urlo liberatorio. Quella giornata proprio non andava. Come doveva fare, ora?
L’aria fresca del tardo pomeriggio era quasi benefica, riusciva a ridarle un po’ di speranza. Forse.
«Hai… bisogno di una mano?» Joseph la guardava, incuriosito. Si era addirittura fermato per osservarla, e lei di tutta risposta aveva continuato a guardare i corti riccioli color miele e gli occhi chiari."

[Seguito di "Help me, I'm alive" - Coppia Candice Accola X Joseph Morgan]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice Accola, Ian Somerhalder, Joseph Morgan, Joseph Morgan, Michael Trevino, Nina Dobrev
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Okaaay, questo è il penultimo capitolo. Mi dispiace perché poi ne rimane solo un'altro ed è finita quest'altra long ç_ç ma spero di rincontrarvi tutte in altre storie, sia mie che vostre! Comunque la canzone di riferimento è -> http://www.youtube.com/watch?v=d5PGTim1YfI (Jar of hearts - Christina Perri) E buona lettura!

19. But I have grown too strong to ever fall back in your arms.

«Quindi… dov’è questa casa che hai trovato?» chiese Joseph, ormai più che bello e sistemato nella sua cucina, con tutti gli scatoloni che occupavano salotto e camere. E bagno. Giusto in tempo per concludere i contratti e tutto, e trasferirsi. E dopotutto… poteva esserci tutta la confusione che volevano, erano già solo loro due in quella casa.
«Uhm, vicino a dove l’hanno presa Ian e Nina. Il proprietario è lo stesso.» omise il fatto che fossero sopra casa loro… ancora per poco. Il ragazzo si voltò per scrutarla attentamente: «Mi nascondi qualcosa. L’hai già vista?»
«No. Aspettavo te!» rispose lei con il tono che andava a sottolineare il fatto che quella fosse la cosa più ovvia del mondo. Allora le sorrise, sincero: «Che tenera.»
«Sì, hai proprio ragione!» convenne lei, motteggiandolo con quel vanto e avvicinandosi alla porta dato che avevano suonato «Se vuoi possiamo andare dopo cena… magari il proprietario ce la lascia vedere!»
«A quest’ora? Non penso proprio. Magari domani mattina…» ma non ricevendo risposta dalla ragazza lasciò la cucina per andare a capire cosa stesse succedendo alla porta: e che Michael Trevino stesse lì davanti a loro non era qualcosa che lo faceva sentire a suo agio.
«Cosa… cosa ci fa lui qui?» chiese Joseph, più sinceramente curioso che geloso, o nervoso. Per il nervosismo ci sarebbe stata Candice, a breve.
«Ed è proprio quello che mi sto chiedendo anch’io, fidati.» convenne la ragazza, a braccia incrociate: osservava l’ex amico con sguardo truce, mentre Joe le stringeva lievemente un braccio con la mano per farle sentire il suo sostegno.
«Possiamo parlare in privato?» chiese l’ispanico, insofferente alla vista di Joseph in quella casa, come se fosse la sua.
«No. Qualsiasi cosa mi devi dire la potrà ascoltare anche lui, non ci sono segreti.» rispose Candice, ancora con lo sguardo truce e le braccia incrociate.
«Hai paura di non poterti controllare, sola con me?» ammiccò il ragazzo, ricevendo un sonoro ceffone sul collo: «Si, perché potrei farti il culo, ammazzarti e seppellire il cadavere senza nessun testimone.»
«Ouch!»
«…Aspetterò al bancone della cucina.» convenne Joseph, sgranando lievemente gli occhi. Sapeva decisamente come difendersi e come difendere la loro… “cosa”, la sua ragazza.
«Che-cosa-vuoi? E rispondi decentemente, o ti caccio a pedate. E lo faccio sul serio, con i piedi
«Serbi così tanto rancore perché mi ami ancora, per caso?»
Altro schiaffo. Avesse fatto qualche altra allusione e sarebbe finito dritto in una bara.
«In realtà no, serbo rancore perché mi hai fatta stare uno schifo e ora che sto davvero bene ti ripresenti alla mia porta? Sei davvero uno stronzo, ecco cosa sei.»
«Possiamo trasformare tutto questo odio in qualcosa di più produtt—
«E prenderti a calci nel sedere? Con piacere!» gli tirò un calcio su uno stinco, e dalla cucina Joseph udì provenire un altro gemito di dolore. Si trattenne dal ridere, perché poteva sembrare poco gentile e consono da parte sua origliare e godere del dolore di un’altra persona… ma quello stronzo voleva fregargli la ragazza, quindi era più che legittimo che ridesse. Candice lo stava facendo fuori, senza dargli il permesso di parlare. Era davvero fiero di lei.
«La smettiamo con questa farsa? Sul serio stai con l’inglese inquietante? Che cosa diavolo ci trovi in lui? Chiodo schiaccia chiodo come Zach, eh?... Ouch!» la ragazza gli si avvicinò solo per mollargli una ginocchiata nello stomaco: «E continuo, se preferisci. Se dici altre cazzate. E, prima di tutto, è gallese, semmai. E non è inquietante. E non è un chiodo schiaccia chiodo, e comunque non sarebbero affari tuoi.»
Ma cosa diavolo voleva quel piccoletto? Decise di uscire allo scoperto dagli scatoloni che ormai occupavano e coprivano tutta la visuale del salotto all’entrata, avvicinandosi alla ragazza: «Io penso che sia meglio che tu te ne vada.» passò le mani sulle spalle di Candice, provando a scioglierle: era tesa come una corda di violino.
«Ah sì? Ora impartisci anche ordini in casa?» ribatté l’altro, con l’ascia di guerra proprio come Candice.
«Sì, lo fa perché sa che se stai qui un minuto di più ti spacco la faccia e neanche il miglior chirurgo plastico del mondo potrebbe rimettertela a posto!» sbottò la ragazza, ancora a braccia incrociate e con lo sguardo di fuoco rivolto verso di lui.
«Possiamo parlare? Come persone civili…?»
«No.» rispose lei, sempre di fronte a lui, sempre pronta a bloccargli il passaggio.
«Dai, non ti sto chiedendo molto…»
«No… tu stai chiedendo tutto. Di rimetterti in mezzo nella mia vita, quando tutto va bene. E io non ti voglio qui, non so se l’hai capito. Io non voglio mai più vederti fuori dagli ambienti lavorativi, o ricomincerei a prenderti a botte. E non penso che tu voglia tornare a casa con i lividi di una colluttazione.»
«Ma dai, in nome di quello che c’è stato, procione…»
«Vai via!» gli tirò una ginocchiata alle parti basse e il ragazzo arretrò, uscendo di casa.
«Ma sei matta?!»
«Procione un paio di palle! Chiamami un’altra volta così, e le stacco, piuttosto. E buona giornata, spero ti soffochi con la tua stessa saliva.» neanche il tempo di risponderle che si ritrovò la porta d’ingresso piantata in faccia.
«Candice? Tutto… bene?» chiese Joseph, pronto ad abbracciarla. Abbraccio che ci fu, ma senza le lacrime che si aspettava.
«…Sì. Dovrebbe ripresentarsi spesso alla nostra porta, è divertente picchiarlo. È un ottimo punch ball.»
L’altro scoppiò a ridere, scuotendo la testa: «Per quanto ti appoggi completamente, non puoi andare in giro picchiando la gente… anche se, in questo caso, ne avresti completamente il diritto. E avresti ragione.»
«Non voglio picchiare la gente, voglio picchiare solo quel rozzo maiale.»
Joseph simulò un colpo di tosse: «Intanto lo amavi. E ti piaceva.»
«Non esageriamo ora. Sì, mi piaceva, ma non lo amavo sul serio. Credevo di amarlo… ma non era così. E poi ho avuto momenti bui, ecco»
Il ragazzo alzò un sopracciglio, confuso, mentre l’altra riprendeva la parola: «A piacermi lui. E Zach… uhm…»
«È una sorta di complimento molto contorto, Candy?» commentò lui, confuso, abbracciandola da dietro: la ragazza si voltò a guardarlo male: «…Forse. Forse è così.»
«Forse?» la seguì, certo di quello che fosse il suo pensiero.
«Mi hai chiamata Candy, non so se ti meriti un complimento.» ribatté la ragazza, alzando il muso, altezzosa.
«Oh piantala. È un soprannome tenero carino e coccoloso, ringrazia che Nina abbia creato qualcosa di simile e non qualcosa di… scurrile e orrendo. O forse preferisci che ti chiami “procione”?» ammiccò quello, con un sorriso malizioso.
«E finirai sterile anche tu come il tipo che è appena stato cacciato a pedate fuori da questa casa, sì sì.» rispose quella, sorridendo malefica.
«Non ti chiamerei mai così. E poi non è che i procioni siano proprio il massimo della bellezza. O della coccolosità. O di qualsiasi cosa che—
Interruppe volontariamente il flusso di parole piantandosi addosso al ragazzo, baciandolo.
«D’accordo, puoi chiamarmi Candy.»
«Posso anche pavoneggiarmi con Nina per questo?»
«No, sennò poi tormenterà me per i successivi venti giorni, o più.»
«Ma adesso non è mica in questa casa!»
Candice lo guardò attentamente, meditando se riferirgli o meno dove stessero andando a vivere: «Ehmmmm…»
«Sì, Candy? Qualcosa da dirmi?» chiese quello, incrociando le braccia con aria minacciosa – o almeno quello era il suo intento. In realtà stava per spanciarsi dalle risate, e lei l’aveva notato.
«In realtà, la casa… il mezzo appartamento, sarebbe…»
«Proprio sopra casa di Nina e Ian, vero? Ecco perché, se glielo dicessi, ti tormenterebbe… vero?» terminò il ragazzo, cercando di continuare a guardarla minacciosamente, ma scoppiando irrimediabilmente a ridere.
«Sei arrabbiato?» chiese la ragazza, mordendosi il labbro inferiore, preoccupata.
«Ti sembro arrabbiato? Certo, potevi dirmelo prima… ma non fa nulla!» scoppiò nuovamente a ridere, guardando l’espressione affranta della ragazza «Seriamente, non c’è problema. Mi è dispiaciuto solo un po’ saperlo da Nina, ma… era ovvio. Cioè non è che me l’aspettassi… ma quasi. Avete vissuto insieme per due anni buoni, poi ci si affeziona, e—
Lo costrinse nuovamente al silenzio forzato, baciandolo appassionatamente: «Al prossimo ringraziamento saprò per cosa dire grazie, oltre alle solite cose.»
«Il fatto che non sia arrabbiato perché andiamo a vivere sopra la casa della tua migliore amica?»
«No. Grazie per te.» disse semplicemente quella, facendo spallucce.
«E a cosa chiederai grazie, a Dio, alla nazione o a qualche altra entità— non gli lasciò nuovamente terminare la sua obiezione ironica: «Fa’ meno lo spiritoso, era una cosa dolce. Però se vuoi mi limiterò a dire grazie sempre le solite cose, e il buon proposito appena espresso se ne va a fars—
«Sta’ zitta, accetto volentieri il Ringraziamento. E i ringraziamenti al Ringraziamento.» fu il suo turno di bloccarla, con le parole e con un bacio. Allora lei gli rivolse uno sguardo contento e spensierato, e poi iniziò ad annusare l’aria: «Joe… ma… la pasta…»
«Oddio, per colpa di quel cretino l’ho lasciata sul fuoco!» il ragazzo saltò in piedi e corse via in un modo così buffo e così strano, per come lo vedeva normalmente, che non poté fare a meno di ridere per molto, ma molto tempo.

«…E questa è la camera da letto. È piccolina, questo è vero… più di quella della vostra amica al piano di sotto, ma è ben arredata e sistemata. Non ci sono da fare lavori, che invece loro avranno. Il bagno è buono per due persone…»
«Ci piace molto, a dire il vero.» commentò Candice, tornando a guardare la cucina. In realtà era un salotto – cucina una zona molto ampia ma meno moderna rispetto alla casa che condivideva con Nina. Era proprio carina, abbastanza vintage e rustica per essere per lei. Si voltò verso Joseph per ricevere uno sguardo di approvazione, che ebbe poco dopo: «Sì, è davvero molto bella. Quando potremo trasferirci, ultimare il contratto…?»
«Già il prossimo fine settimana. Siete a posto con il prezzo, con l’altra casa?» Joseph guardò Candice interrogativo. Allora lei prese parola: «In verità dovremmo lasciare l’altra casa tra due settimane… ma va benissimo il prossimo fine settimana, grazie. Allora ci sentiamo venerdì per metterci d’accordo per le chiavi?»
«Certamente. È un piacere fare affari con voi!» disse l’uomo, chiudendo la porta di casa dopo aver dato loro la possibilità di un’ultima occhiata alla loro futura casa.
Non appena si salutarono, i piccioncini andarono al piano di sotto a bussare ai “nuovi” vicini.
«Guarda un po’ chi si vede in giro… vi siete già impossessati del piano di sopra?» Nina abbracciò l’amica, lasciandoli poi entrare.
«Nah. Tra qualche giorno, però.» commentò quella, mentre salutava Ian con una mano, dato che lui era intento a dare alcune pacche a Joseph, ma non era a conoscenza del perché.
«Cioccolata calda?» propose Nina, conducendoli in cucina. Era davvero molto simile alla loro futura casa, quella.
«Candy, puoi mantenere un attimo…» Joseph le passò la giacca.
«Sì, certo…» rispose tranquillamente, prendendo la giacca e alzando lo sguardo verso l’amica, che la guardava trucemente oltre il bancone con una cucchiaia di legno in mano.
«Ehm…»
«Lui può chiamarti Candy? LUI PUÒ?!» iniziò a rincorrerla per tutta casa con il cucchiaio in mano, mentre quella scappava abilmente.
«Lo sai che abbiamo il giardino in comune e queste faranno così per metà del nostro tempo libero, vero?» Ian si posò sul bancone della cucina, accanto a Joseph.
«Mhmh.» annuì l’altro, guardando le due ragazze che vagavano da una camera all’altra, correndo.
«E che probabilmente non avremo un attimo di pace, vero?»
«Completamente al corrente di tutto ciò. Anche a te avevano nascosto che saremmo venuti noi ad abitare qua sopra?»
Ian lo guardò come se lo compatisse: «Ci daremo manforte a vicenda.» commentò poi, dandogli un’altra pacca che l’altro ricambiò, per poi dirigersi ai fornelli a preparare la cioccolata calda promessa.
  
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