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Autore: Laylath    18/03/2013    2 recensioni
Che cosa sarebbe successo a tutti loro? Potevano continuare a proteggersi a vicenda?
In poche ore gli uomini di Mustang ricevono l'ordine di trasferirsi negli angoli più pericolosi del paese: gli scacchi vengono allontanati dal loro re.
E' il pedone che, in poche ore, deve fare i conti con le paure e i dolori della separazione e alcuni tremendi sospetti; perché ogni pezzo è indispensabile alla vittoria finale.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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L’ordine di trasferimento era così immediato che già la sera stessa si era trovato costretto a preparare le valigie.
Quello che per qualche settimana era stato il suo piccolo rifugio ora appariva dolorosamente svuotato.
Aveva passato diverse ore a risistemare le radio dato che, il giorno prima, il colonnello si era introdotto in casa e le aveva usate in maniera davvero poco ortodossa; poi si era reso conto che non le avrebbe potute portare con sé e le aveva smontate e riposte in alcune grosse scatole di cartone che avrebbe affidato a qualcuno, ma non sapeva ancora chi. Mentre finiva di sistemare l’ultima radio si trovò a sfiorare con rammarico le cuffie: negli ultimi due anni i giorni in cui non le aveva indossate si potevano contare sulle dita di una mano. Adesso non gli sarebbero servite e sarebbe stato costretto a svolgere un ruolo che non era il suo: cosa poteva aspettarlo?
Sospirando aprì la finestra per smontare l’antenna e si sorprese a guardare il cielo.
Una volta, da piccolo, in un libro di avventure aveva letto di una stella che veniva usata dai mercanti del passato per orientarsi senza bisogno di mappe. Aveva trovato l’idea molto bella ed era rimasto sorpreso quando aveva scoperto che una stella del genere esisteva davvero; il cielo gli era sempre sembrato diverso, con puntini luminosi che una notte c’erano e quella successiva no, proprio come le nuvole.
Era stato il maresciallo Falman a raccontargli della stella polare, una notte che erano appostati sopra un terrazzo ad aspettare l’inizio di una nuova missione. Il cielo era così pieno di stelle che lui aveva tirato fuori quella vecchia storia, ed era rimasto sorpreso quando l’uomo gli aveva confermato che quella stella guida esisteva davvero. L’aveva anche aiutato a individuarla nel firmamento e, per diverse notti di seguito, lui era andato fuori nel terrazzo del quartier generale a controllare se davvero fosse sempre lì a indicare il nord. E ogni volta che la trovava, sorrideva, come se una piccola magia si fosse avverata.
Adesso, dal suo appartamento di Central City, cercava disperatamente quella stella, invocando silenziosamente un aiuto per il senso di smarrimento che provava. Ma le luci della città erano sempre troppo forti e così dopo diversi minuti dovette cedere con un sospiro: la magia qui non funzionava.
Chiudendo la finestra ripensò alla scena di quella mattina. Per qualche minuto aveva sperato che l’ordine riguardasse solo loro, ma poi era arrivata un’altra busta bianca.
Da domani il tenente Riza Hawkeye prenderà servizio al Quartier Generale di Central, come assistente personale del Comandante Supremo
Come l’aveva sollevato la prima parte della frase: almeno lei sarebbe rimasta accanto al Colonnello.
Ma poi era arrivata la seconda parte e la sorpresa era stata terribile. Quell’incarico era molto più pericoloso del trasferimento in un punto qualsiasi di Amestris.
Per la prima volta in vita sua aveva visto il tenente realmente sconcertato. Quella donna l’aveva guidato nei suoi primi delicati passi all’interno della squadra del colonnello, gli era stata vicino nell’orrore della sua prima uccisione, e in qualche modo gli aveva sempre offerto un riparo emotivo, come una madre; l’orrore nei suoi occhi era l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere.
Lei e il Colonnello erano irrimediabilmente separati, più di quanto potessero fare miglia e miglia di distanza. E proprio su di loro il controllo sarebbe stato maggiore e spietato, pronto a distruggerli al minimo errore.
In una situazione come questa, come potevano continuare a proteggersi a vicenda?
Ripensò con ansia al mostro che avevano cercato di uccidere. La mira di un cecchino provetto come il tenente non era servita a nulla contro quella creatura; decine di proiettili non l’avevano nemmeno graffiato… anzi, non era corretto: l’avevano colpito, ma si era rigenerato. E sicuramente di mostri come quello ce n’erano ancora in giro. Le fiamme del Colonnello potevano ancora salvarla ora che gli occhi erano puntati inesorabilmente su di lui?
E i suoi compagni?
Che sarebbe successo a tutti loro?
Perché ai loro nemici poteva non bastare allontanarli da Central City: i trasferimenti in zone di guerra potevano essere solo un mezzo pulito per giustificare la loro morte.
Depose l’antenna nella scatola e sigillò il coperchio con del nastro adesivo. Poi si girò verso il tavolo.
Dai bagagli che doveva portare con sè tirò fuori la sua M5. Con quella pistola aveva ucciso e spesso protetto i suoi compagni: gli era costata tanta fatica imparare a usarla. E adesso appariva così piccola di fronte alla possibilità di finire in trincea. La guerra per lui era sempre stata una remotissima possibilità: l’essere entrato giovanissimo nel team dell’alchimista di fuoco gli aveva evitato trasferimenti in zone belliche. Era stato un privilegiato, se ne rendeva perfettamente conto, ma adesso la situazione si era capovolta, trovandolo assolutamente impreparato.
Se ben ricordava solo lui e Falman non avevano mai partecipato a battaglie vere e proprie: loro erano la parte teorica della squadra, con la memoria dell’uno e la perizia tecnica dell’altro.
Da quello che sapeva con Drachma, a nord, la situazione era relativamente stabile e di recente non si erano avute battaglie. La parete di Briggs continuava a garantire incolumità a quel versante. Forse il maresciallo non sarebbe dovuto scendere nel campo di battaglia.
Ma a sud… oh, a sud c’era Aerugo: già da quando era in Accademia sapeva che lungo il confine sud c’erano continue e inesorabili lotte. A qualche mese di relativa calma seguivano sempre scontri sanguinosi e logoranti, senza che nessuno riuscisse a prevalere. Le perdite erano sempre numerose e lui sapeva bene che non sarebbe stato tenuto nelle retrovie.
Cercando di allontanare quei pensieri si girò e così facendo urtò un libro che stava in bilico sul tavolo che cadde a terra con un tonfo. Da esso uscì una fotografia e prendendola in mano sorrise: era una foto di gruppo fatta circa un anno prima in occasione di alcune esercitazioni congiunte tra il quartier generale dell’est e quello del nord.  Non si può dire che fossero presentabili: per esempio lui aveva un grosso cerotto sulla guancia destra e persino il tenente non aveva il solito aspetto ordinato e composto: infatti avevano appena terminato una competizione a squadre, vincendola. Avevano collaborato tutti come disperati e se ben ricordava lui aveva anche rischiato di soffocarsi con i fili delle cuffie quando era caduto a terra. Ma cavolo, quanto erano felici e uniti: persino il colonnello si era lasciato andare passando il braccio attorno ad Havoc e mostrando un sorriso furbo all’obbiettivo. In quel momento nessuno di loro pensava al grado: erano solo un gruppo unito, una famiglia.
L’idea di trovarsi in trincea, senza i suoi compagni, gli faceva venire un pesante senso di vuoto allo stomaco. Come poteva funzionare una squadra i cui membri erano così distanti? Come poteva fare senza le battute di Havoc, le prese in giro di Breda, i consigli di Falman? Come si sarebbe dovuto comportare senza il tenente ad approvare con lo sguardo le sue idee? E senza il Colonnello che guidava tutti quanti, infondendo determinazione con la sola presenza?
Si sentiva tremendamente dipendente da tutti loro.
No, l’essere andato a vivere da solo non significava niente: lui aveva bisogno degli altri. Aveva bisogno della sua squadra, della sua stella polare. Ma in quel momento Central City, con le sue luci troppo forti ed i suoi mostri, aveva oscurato il suo personalissimo cielo.
  
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