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Autore: Slyth    18/03/2013    9 recensioni
Dal prologo:
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'Ti prego, no’… pensò sconfortata Hermione Granger.
'Per le chiappe dell’Oscuro Signore, ti prego, no’… pensò un po’ meno sconfortato e un po’ più terrorizzato Draco Malfoy.
“…il signor Draco Malfoy e della signorina Hermione Granger”.
“CHE COSA?” urlò Ron.
“PROFESSORESSA MCGRANITT!” esclamò Harry, con espressione ferita.
“Oh porca…” imprecò Ginny.
[...]
“Oh numi…” gracchiò la McGranitt.
“Oh numi un cazzo” sibilò Draco, afferrando una mela verde e mordendola selvaggiamente. “Non c’è ancora un posto libero ad Azkaban, vero?”.
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E' fondamentalmente una storia che ho scritto per divertirmi e far divertire. Sono una gran fan della coppia Draco/Hermione, e quindi ho voluto renderle omaggio.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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                                                      CAPITOLO I.
                                                 “Per me ha le sue cose!”




“Questa faccenda non porterà a niente di buono!”, sbottò Hermione per quella che doveva essere la trentesima volta nel giro di dieci minuti. Mescolava furiosamente la pozione verdastra nel calderone, schizzando senza pietà le divise di Ron ed Harry, che le sedevano accanto. 

“Herm, il tuo calderone si è scheggiato” le fece notare Harry, osservando accigliato il punto in cui poco prima la sua migliore amica aveva sbattuto selvaggiamente il mestolo e ripulendosi la cravatta. “Non potresti –ehm- tipo…calmarti?”

“Calmarmi?” strillò la ragazza, con un acuto decisamente degno della Signora Grassa. “Calmarmi!”, ripeté poi, smettendo di affaccendarsi attorno al suo calderone –Ronald sospirò sollevato, affrettandosi a togliere il mestolo dalla portata dell’amica-, e fissando con un’occhiata di scuse il professor Lumacorno, che era prorotto in un pomposo ‘Signorina Granger, qualcosa non va?’.

“Sai, Mione, penso che Harry non abbia tutti i torti”, rincarò Ron, “cerca di calmarti. Dopo Pozioni andrai dalla McGranitt e le dirai chiaramente che non intendi minimamente accettare questa situazione”. 

Sfoderò un sorriso soddisfatto, come se avesse appena scoperto una cura per la licantropia, o battuto Silente in persona a duello. 

Hermione emise uno sbuffo esasperato, portandosi teatralmente entrambe le mani ai capelli.
Pochi banchi più in là, le gemelle Patil la guardarono compassionevolmente, attribuendo la disperazione della compagna di casa alle pessime condizioni in cui versava la sua incolta ed indomabile chioma castana. Padma si attorcigliò fra le dita una ciocca di capelli corvini perfettamente in ordine, ringraziando mentalmente Merlino di non avere la sfortuna della Granger.

“Caspita Ron, che idea brillante!”, sibilò Hermione, aggiungendo del Baobab tritato alla sua pozione, che assunse una più piacevole sfumatura verde smeraldo. “Credo però ti sia sfuggito il fatto che quella della McGranitt non fosse esattamente una proposta!”. Pronunciò l’ultima parte della frase con una nota vagamente isterica nella voce, ed abbassò gli occhi castani: il karma volgeva a suo sfavore, come sempre. Ma perché non poteva avere un anno normale ad Hogwarts, un anno come tutti gli altri studenti?

Harry storse la bocca, mentre Ron borbottò qualcosa che suonava molto come ‘hey, scusami tanto se ho tentato di consolarti!’ e tornò a concentrarsi sugli ingredienti della sua –malriuscita- pozione con l’aria della vittima sacrificale.

“Avanti, Hermione, non sarà così male” tentò Harry, ma si bloccò di colpo ad uno sguardo assassino dell’amica, per poi continuare più timidamente. “No, d’accordo, sarà terribile. Ma non è detta l’ultima parola!” aggiunse speranzoso. Sei anni di sfortuna e perpetue disgrazie non erano valsi a nulla: Harry Potter non poteva evitare di essere sempre, irrimediabilmente ottimista. “Natale è fra una settimana, sono sicuro che ci inventeremo qualcosa”.

“Lo spero davvero” rispose Hermione, spostando la sua attenzione su una testa bionda china sul calderone ribollente, tre file di banchi davanti a loro.

Draco Malfoy era fastidiosamente tranquillo. ‘D’altronde’, si ritrovò a pensare Hermione, ‘ne va della salvezza della sua casa. E’ logico che sia disposto ad accettare qualsiasi compromesso. Probabilmente lo farei anche io’.
Un momento! Era forse comprensione quella malsana sensazione che stava provando? Si costrinse a scacciarla il più rapidamente possibile e tornò ad osservare il ragazzo.

Il Serpeverde sollevò il capo, lasciando che parte del suo profilo aristocratico fosse visibile. Diede un’occhiata veloce al libro ‘Il pozionista pratico- edizione delux’ e corrugò leggermente le sopracciglia chiare. 
Non era bello, Draco Malfoy. Forse avrebbe potuto essere considerato affascinante, con quei suoi lineamenti spigolosi, la pelle diafana e quegli occhi così chiari da sembrare trasparenti, ma di certo non bello. Blaise Zabini era bello, Theodore Nott era decisamente bello, Hermione doveva ammetterlo, nonostante il cattivo sangue –‘interessante scelta di vocaboli’- che correva fra loro. Ma non Malfoy.
Vi erano, in lui, un’altezzosità ed una sfrontatezza che rendevano impossibile ad Hermione provare verso di lui anche il pur minimo accenno di simpatia. E poi, non aveva certo dimenticato –non poteva e non voleva- da che parte si fosse schierato durante la guerra. Quello, sopra a tutte le altre cose, la feriva, e la convinceva del fatto che Draco Malfoy fosse l’essere più vigliacco sulla faccia della terra.

Come se avesse sentito lo sguardo di lei bruciargli sulla nuca, Draco si voltò improvvisamente, fissandola a sua volta. 
Se le occhiate avessero potuto parlare –o meglio, lanciare maledizioni-, uno dei due sarebbe di certo caduto morto stecchito con la faccia nel calderone fumante. 
Si scrutarono in cagnesco per qualche interminabile secondo, poi Malfoy scosse leggermente il capo e si massaggiò le tempie con le mani ossute. Quando tornò con gli occhi su di lei, ad Hermione parve che le stesse sussurrando qualcosa a fior di labbra.

La Grifondoro si convinse che i fumi della pozione dovevano averla stordita parecchio e, facendo come se niente fosse, tornò a conversare con Harry e Ron –che avevano instaurato una costruttiva discussione sui manici di scopa e i bolidi, ed avevano abbandonato qualsivoglia speranza di completare l’esercizio-.
Tuttavia, quando sentì nettamente un ‘psst, Granger!’ provenire dalla direzione del banco di Malfoy, si costrinse a voltarsi di nuovo.
La stava fissando. 
E le stava sillabando qualcosa a bassa voce.

‘Aspetta un momento. Ma che cos…?’’

“Pssst, Granger! Ma sei sorda, o quel rovo di spine che hai in testa ti ostacola l’udito?”

Hermione arrossì di rabbia. 

“Che c’è, Malfoy? Che vuoi?’’

“Sei sempre così acida o oggi hai le tue cose?”

“Sei sempre così demente o oggi è un giorno particolare?’’

Un ghigno.

“Sono sempre così demente”

“Già, lo sape…aspetta, cos’hai detto?’’ domandò allibita, strabuzzando gli occhi, per poi ridurli a due fessure l’attimo dopo.

Un altro ghigno, stavolta meno amichevole.

“Voglio parlarti”

“Stiamo parlando”

“Stupida Mezzosangue, non stiamo parlando. Stiamo sillabando frasi sconnesse nel bel mezzo di una lezione di Pozioni. Voglio parlarti in privato”. Scandì le ultime due parole con maggior veemenza.

“Te lo scordi”, decretò Hermione, e si voltò di nuovo, dandogli le spalle con la massima nonchalance.

Non ne era del tutto sicura, ma avrebbe potuto quasi giurare di aver sentito un insulto poco carino nei suoi riguardi pronunciato dalle labbra del Serpeverde.
Qualcosa che somigliava molto a ‘ti farò ingoiare i tuoi stessi denti da Mezzosangue zannuta insieme a quei tuoi stupidi ed orrendi capelli, giuro su Salazar!’.


Lo ignorò elegantemente e tornò ad inserirsi nella conversazione dei suoi due migliori amici, commentando che ‘sì, adorava i nuovi manici di scopa dei Cannoni di Chudley’.

“Ehm, Herm, veramente stiamo parlando del nuovo portiere dei Tornados”, la corresse Ron titubante, guardandola pietosamente.

Donne e Quidditch –Hermione e Quidditch, si corresse mentalmente il rosso-, davvero incompatibili.

“Sì, Ronald, è quello che ho detto!” lo freddò lei, scattando in piedi e schizzando fuori dall’aula dopo aver raccattato alla bell’e meglio le sue cose, al suono della campanella.

“Questa cosa di Malfoy la stressa” commentò Harry, fissando la porta dei sotterranei oltre la quale era appena sfrecciata via. 

“Mah, non lo so Harry, mi sembra fin troppo acida perfino per una persona che è stata costretta a trascorrere le vacanze di Natale ed estive con Malfoy” borbottò Ronald, incerto. “Secondo me ha…sì, insomma… secondo me ha le sue cose!”, concluse infine.

Arrossirono in sincrono, in muto accordo sul fatto di non sfiorare mai più quell’argomento. 
Certe cose era meglio non saperle.

 
                                
                                                                                                                                               *



Hermione camminava –o meglio, marciava spedita- per i corridoi di Hogwarts senza una meta. 
Finito Pozioni, controllando l’orario delle lezioni, aveva scoperto di avere un’ora buca. 

Dopo essere salita nel dormitorio delle ragazze ed aver aggredito la povera Calì (“No, non ti passerò il mio tema di Trasfigurazione, e nemmeno quello di Storia della Magia, ok? E smettila di fissarmi i capelli!”), aver fatto un salto alla serra ed essere letteralmente inciampata su Neville, che se ne stava seduto a terra a curare una Mandragola (“Ma che cosa…? Oh, Neville, perdonami, davvero, scusa, io non...devo andare!”), aveva infine deciso di andare a rintanarsi in biblioteca, in solitudine, dove –sperava- non avrebbe dovuto incontrare nessuno. 

Aveva un assurdo bisogno di stare sola, riflettere, maledire mentalmente il destino crudele, e pensare ad un modo per tirarsi fuori da quella scomoda –per dirla con un eufemismo- situazione.

Ma ovviamente, ancora una volta, la pace che la ragazza tanto agognava sembrava una meta decisamente troppo ardua da raggiungere.

Dei passi leggeri alle sue spalle la fecero bloccare nel bel mezzo del corridoio deserto. 
Inspirò profondamente, per poi espirare rumorosamente, afflosciando le spalle. 

‘Magari è solo Ronald, o solo Harry’ pensò speranzosa.

Tuttavia, quella speranza non durò nemmeno un secondo. Svanì prima ancora di poter raggiungere il cervello, evitando così che Hermione si illudesse invano.
Sentì la persona dietro di lei prendere aria come se fosse in procinto di parlare, ma lei la anticipò.

“No, non dire niente” biascicò sconfortata “lasciami indovinare. Sono in un corridoio vuoto mentre mi dirigo in biblioteca in cerca di tranquillità, ho un diavolo per capello” –si rese conto dell’infelice scelta di vocaboli e immaginò la figura alle sue spalle ridacchiare silenziosamente- “…e l’ultima persona che vorrei vedere in questo momento –come in tutti gli altri, d’altronde- è un certo Serpeverde ossigenato e terribilmente presuntuoso”.

Silenzio.

“Perciò, lasciami indovinare” ripetè “stando alla mia fortuna –che è pari a zero-…Malfoy?”. 
E così dicendo si voltò.

Effettivamente, Draco Malfoy la fronteggiava in tutto il suo metro ed ottanta abbondante, la postura diritta, le braccia conserte e un’espressione tra il divertito e lo sprezzante in viso.
Applaudì lentamente, mimando un appena accennato inchino con la testa.

“Le tue doti deduttive non finiscono mai di stupirmi, Granger”, disse, fingendosi profondamente ammirato. “Se il tuo aspetto fosse gradevole quanto lo è il tuo acume, potresti persino essere il mio tipo”.

Si scostò elegantemente una ciocca di capelli dalla fronte, portandosela dietro l’orecchio, e contemporaneamente avanzò di un passo verso la ragazza che, automaticamente, indietreggiò di due.

“Malfoy” sputò con disprezzo “se i tuoi capelli non fossero tinti, se non fossi pallido come Nick-Quasi-Senza-Testa e se sotto a quella camicia non avessi tatuato il Marchio Nero…no, non saresti il mio tipo nemmeno in quel caso”, concluse laconica.

‘Hermione, non essere maligna’, la apostrofò una vocina nella sua testa, ‘sai bene che Draco non ha scelto di imprimersi quel marchio sulla pelle di sua spontanea volontà’. 

Hermione lo sapeva.
Eppure, lo detestava.

Lo detestava ancora di più di quanto lo avrebbe detestato se avesse scelto lui stesso di diventare un Mangiamorte.

Lo detestava perché non era stato capace di scegliere da solo.

Lo detestava perché aveva preferito essere un vigliacco, ed ora che era tutto finito aveva anche la sfrontatezza di tornare a scuola a testa alta.

Frugò con la mano sotto al mantello in cerca della bacchetta, pronta, se necessario, anche allo scontro.

“I miei capelli non sono tinti.” 

“Eh?”

“Ho detto: i miei capelli non sono tinti”.

Fra tutte le cose che Hermione aveva immaginato di sentirsi rispondere –tra le quali ‘lurida feccia Mezzosangue’, ‘vali meno di un elfo domestico cieco’ e ‘Avada Kedavra’ risultavano le più gettonate-, quella era davvero l’ultima. 

“Ah”. Fu tutto ciò che riuscì a proferire in risposta.

Ah?

AH?

“Eh”

“Oh”

“Granger, vogliamo smetterla?”

Hermione sembrò riprendersi dallo shock causatole dal fatto che primo) Malfoy non le aveva ancora lanciato nessuna maledizione e secondo) Malfoy non aveva i capelli tinti –anche se a quest’ultima rivelazione non era certa di voler credere-.

“Una volta tanto, Malfoy, sono d’accordo con te” decretò, volgendogli di nuovo le spalle e facendo per andarsene. “Meglio smetterla”.

Draco colmò la distanza che li separava in pochi passi, e le si piazzò davanti, sbarrandole la strada bruscamente.
I suoi occhi lampeggiavano come un cielo in tempesta, e la sua mascella era contratta, come se quello che era lì lì per dire gli costasse una fatica sovrumana.

“No, adesso tu mi stai a sentire”.

“Vedi di abbandonare questo tono minaccioso, Malfoy, o l’unica cosa che sentirai sarà la mia bacchetta contro la tua gola”, sibilò Hermione.

“Non sei neppure lontanamente abbastanza veloce da potermi puntare la bacchetta in nessun posto, tantomeno alla gola”. La schernì lui di rimando, continuando ad intralciarle il passo mentre lei cercava di trovare una via di fuga  zigzagando a destra e a sinistra.

Non sarebbero mai riusciti ad instaurare una conversazione civile.

Non ne erano in grado.

“Bene. Allora che ne dici del mio ginocchio dritto nelle tue pall-”
“Non andare dalla McGranitt”.

Ecco. L’aveva detto.

‘E’ stato facile’, pensò.

“Prego?”. Hermione alzò un sopracciglio, smettendo di tentare la fuga. “Non credo di aver capito bene. Ti spiacerebbe…?”

Draco serrò i pugni e la guardò con odio.
Quelle parole gli costavano quasi più di quanto fosse disposto a concedere.

Quasi.

“Ho detto ‘non andare dalla McGranitt’. Non tentare di convincerla  a revocarti l’obbligo di trascorrere del tempo con me. Non cercare di sottrarti a… a questa cosa’’. Terminò, senza smettere di fissarla.

“Mi stai chiedendo di fare qualcosa per te?” 

Draco vacillò.

“Te lo sto ordinando”.

“Me lo stai…ordinando?’’.

Silenzio.

Glielo stava ordinando?

Glielo stava imponendo?

Poteva?

“…Te lo sto chiedendo”.

Sì, glielo stava chiedendo.

“Quindi potrei anche non accettare”. Hermione lo scrutò di sottecchi, cercando di capire perché tutto d’un tratto Malfoy sembrasse tanto accondiscendente a scontare quella ‘condanna’ insieme a lei. 
La sua Casa valeva dunque tanto per lui?
“Sì, potresti, Granger. Ma non lo farai”. Sembrava aver riacquistato un po’ della sua solita sicurezza. 
Ora sembrava tutto meno insolito.

“E perché no?”. Gli occhi di lei brillavano di sfida.

“Perché il tuo nobile cuore da Grifondoro-barra-eroina del mondo magico-barra-martire non lascerà che qualcuno paghi per l’errore di altri. Se tu ti rifiutassi e la casa di Serpeverde venisse davvero eliminata, non ci rimetterò solo io, figlio di un Mangiamorte –come ti piace chiamarmi-. Ci rimetteranno anche altri studenti innocenti; per non parlare del Professor Lumacorno, così affezionato alla sua Casa…”.

Concluse il monologo con un’espressione di trionfo negli occhi. 
Aveva capito di aver vinto nel momento in cui aveva parlato di ‘studenti innocenti’ e ‘pagare per i crimini altrui’. 

E infatti Hermione tentennò, indecisa su cosa replicare.

“…e tu, perché dovresti sottoporti a questa tortura, Malfoy? Le intere vacanze natalizie con me, per non parlare di quelle estive. E non ci dimentichiamo del fatto che, secondo il patto stretto dalla Preside con Primo Ministro, dovremo continuare a mantenere… rapporti amichevoli anche dopo lo scadere del tempo. Io ho il mio spirito di Grifondoro –e di sacrificio- a giustificarmi, ma tu? La tua Casa vale davvero tutto questo?”.

Aveva parlato sperando di spaventarlo, di costringerlo a cambiare idea.

Lei stava cedendo.

L’unica possibilità di salvezza era scardinare le sue, di sicurezze.

“Sì”, rispose invece il Serpeverde, con semplicità.

Silenzio, di nuovo.
Solo il rumore dei loro respiri e dei loro cuori attraverso i maglioni di lana.

Rosso-oro.

Verde-argento.

“Ti odierò sempre, Malfoy” disse infine Hermione. “Lo sai, vero, che questo non cambierà mai? Che, per quante maschere potremo indossare, il mio odio nei tuoi confronti rimarrà immutato?”.

Il biondo annuì.

“Allora abbiamo un accordo, Granger?”

“Suppongo di sì”.

“Bene. Ci vediamo in giro, allora”.

“Speriamo il meno possibile, Malfoy. Voglio godermi i miei ultimi giorni di libertà, se non ti spiace”. Replicò la ragazza, scostandolo bruscamente con un braccio, sorpassandolo e andandosene.

“Questo è lo spirito giusto”. Osservò mestamente Draco, mentre lei si allontanava, se possibile ancora più furiosa di prima.




                                                                                                                                       *




“Hermione, stai scherzando?”

“Per l’ultima stramaledettissima volta, Harry. NO”.

Se ne stavano seduti in Sala Comune, tutti e tre, davanti al fuoco scoppiettante. 

“Hermione, ma pensavo che tu non…”

“Beh, ho cambiato idea, Ronald”.

I due ragazzi si fissarono senza capire. 
L’avevano lasciata che malediceva Draco Malfoy e tutta la sua futura progenie, e ora lei gli stava dicendo che aveva intenzione di cedere al ricatto –‘perché, andiamo, di questo si tratta!, aveva borbottato Ron- della McGranitt. 

“Hermione, non sentirti obbligata…”
“Santo cielo, Harry, nessuno mi ha obbligata!”, esclamò scocciata, prendendo Grattastinchi in braccio e alzandosi dalla poltrona. “Me ne vado a letto!” decretò.

Salendo le scale del dormitorio, incrociò Ginny, che probabilmente si stava dirigendo in Sala Comune da Harry.

“Hey, Herm, ciao! Hai visto Ha-”

“E’ in Sala Comune a poltrire con Ron. Buonanotte”

“Hem, buonanotte?”.

Osservandola sbattere la porta del dormitorio con ferocia, Ginny si chiese cosa avesse la sua migliore amica che non andava.

Ok essere sconvolta per la faccenda di Malfoy e tutto il resto, ma il suo cattivo umore stava raggiungendo vertici mai toccati prima d’ora da nessun essere umano.

‘Mah’, si arrese la rossa alla fine, entrando in Sala Comune e sorridendo al suo ragazzo,
 ‘magari ha le sue cose’.

  
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