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Autore: Fiby_Elle    18/03/2013    6 recensioni
Emma cercò a tentoni il suo flacone di pillole nel cassetto, prima di esprimersi e mettere fine a quel principio di rissa.
“Ma… se tu sei sicuro di essere gay… e tu sei sicura di essere lesbica… si può sapere quale è il vostro problema?”
I due studenti si girarono verso la psicologa, guardandola entrambi in un misto di confusione e imbarazzo.
(...)
“Il problema è che ogni volta che io e il figlio illegittimo di Timon, del duo Timon e Pumbha, ci incontriamo succedono due cose…”
“…”
“O ci scanniamo…”
E Sebastian spostò il colletto mostrando un graffio profondo che partiva dalla clavicola e finiva poco vicino al mento.
Santana si soffiò fiera le unghie lunghe come gli artigli di una iena.
“Oppure?” farfugliò la signorina Pillsbury, non proprio sicura di volerlo sapere davvero.
L’ispanica e l’Usignolo si lanciarono un’occhiata d’imbarazzo ed intesa.
“O finiamo a letto, a scopare come due puttane…”
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Emma Pillsbury, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Santana/Sebastian
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Di Masterchef e strane sensazioni
 


Sebastian chiuse la cerniera del suo borsone, lo sistemò su una spalla, in modo da non avvertirne eccessivamente il peso, dopodiché saluto gli ultimi compagni attardati negli spogliatoi, prima di raggiungere le porte della palestra.

Dannazione! Non c’era un solo muscolo del proprio corpo che non stesse chiedendo pietà al dolore, se la dignità non lo avesse trattenuto, a quell’ora sarebbe già corso in infermeria per farsi dare una barella ed evitare il tortuoso tragitto che lo divideva dai dormitori.

E dire che il giorno dopo, in quanto capitano, avrebbe dovuto guidare la sua squadra di lacrosse alla vittoria di una delle più importanti partite del campionato… si chiese come avrebbe fatto anche soltanto a camminare, visto il bruciore lancinante che avvertiva alla base della schiena.

Represse un brutto gemito di dolore e affrettò il passo –per quanto possibile- lungo l’androne centrale.

Di male in peggio.

La Dalton era affollatissima a quell’ora di sera. La maggior parte degli studenti aveva appena concluso le attività extra curricolari e si preparava alla cena, mentre i più diligenti si attardavano accanto alle porte della biblioteca con la speranza di recuperare quell’unico, maledetto volume, sul quale avrebbero perso la testa, con ogni probabilità, tutta la notte.

Sebastian cercò con ogni mezzo di evitare i corpi impazziti degli altri studenti, ma quelli puntualmente gli finivano addosso, peggiorando lo stato dei suoi muscoli indolenziti e guadagnandosi imprecazioni da far impallidire Gordon Ramsay. All’ennesima collisione, il ragazzo inveì verso il cielo e abbandonò definitivamente l’idea di arrivare incolume –e soprattutto il più in fretta possibile- fino alla propria camera.

Con uno scatto felino, si rifugiò quindi nella sala prove dei suoi Warblers, nella speranza di poter tornare a muoversi non appena il traffico di formiche avesse smesso di brulicare.  

Poggiò il borsone a terra, proprio accanto ai suoi piedi e subito si premurò di chiudere la porta dietro la schiena, in modo da potersi beare, almeno per qualche secondo, del pacifico silenzio che già stava avvolgendo le sue membra. Purtroppo per lui, però, nel medesimo istante in cui anche soltanto pensò di poter tirare un sospiro di sollievo, un’immagine misteriosa lo rubò alla sua quiete, occupandogli la visuale e attirando tutta la sua curiosità.

I Warblers -di cui Sebastian non aveva neanche avvertito la presenza, fino a quel momento-se ne stavano accalcati intorno ad una delle poltroncine da capitano, con lo sguardo rivolto verso il centro del cerchio e chiacchierando l’un con l’altro, molto concitati.

Sebastian avanzò verso di loro perplesso, dato che non ricordava fosse mai stata indetta una riunione e la sua confusione non migliorò di certo, quando tra le teste dei suoi Usignoli poté scorgere finalmente ciò che tanto rapiva la loro attenzione.

Trent Nixon singhiozzava disperato sulle gambe di Thad, seduto sul bracciolo; il suo volto paffuto era rigato da brutti lacrimoni e il suo corpo se ne stava quasi del tutto ricoperto da una montagna di fazzolettini, umidicci e appallottolati.

Sebastian aggrottò le sopracciglia e avvicinatosi a Jeff, poco distante, lo chiamò con un cenno del capo per farsi spiegare cosa diavolo stesse succedendo.

“Si può sapere cosa gli prende? Penso di non aver mai assistito a una scena così pietosa…” fece Sebastian, col suo rinomatissimo tatto.

Jeff scrollò le spalle.

“Nessuno lo sa. È da un’ora che va avanti così. E ogni tanto delira… frasi senza soggetto…”

“Ha detto che sono pingue e giallognolo come Winnie The Pooh! Mi ha chiesto se avessi visto in giro Pimpi oppure Ih-Oh!”

“Ecco appunto…”

Trent soffiò il naso rosso in una delle sue diecimila salviettine e tornò a piagnucolare più forte di prima.

“Avanti Trent, perché non provi a spiegarti meglio, così potremmo darti una mano…” provò Thad, donandogli un sorriso sincero e un paio di amichevoli pacche sulla spalla.

L’usignolo sembrò rincuorarsi un pochino e cercò di calmare i singhiozzi, per poter parlare correttamente.

“Era… era una strega! Era mora… e vestita di rosso! Si aggirava per i dormitori e faceva tanta, tanta paura!”

Ecco, bastarono quelle semplici parole per far venire a Sebastian tutta la voglia di buttarsi sotto a un treno.

C’era una sola persona al mondo che rispecchiasse tale descrizione.

Sola una a parte la sposa di Satana!

“Aspetta, ma stai parlando di una donna?” chiese Flint, quasi divertito, totalmente ignaro di quanto fossero veritiere le parole e il terrore di Trent.

Quella non era una donna qualsiasi: quella era la reincarnazione di Medusa!

C’era già da ritenersi fortunati se Trent si reggesse ancora sulle proprie gambe o lo shock di guardarla negli occhi, non gli avesse sottratto l’uso della parola.

“Fammi indovinare, era una studentessa della scuola pubblica, vero Trent?” domandò rassegnato, giusto per avere una conferma definitiva.

L’usignolo annuì febbrilmente e “Oddio sì! E cercava te!” urlò, tornando a piangere, ma questa volta nascondendo il viso tra le dita paffute.

Sebastian, invece, recuperò al volo la sua borsa e si affrettò con uno sbuffo fuori dalla sala coro.

Ormai imboccata l’area dei dormitori, era ancora indeciso se fermarsi a frignare come Trent o cadere volontariamente giù dalle scale, giusto per auto causarsi un coma.

 


“Alla buon ora!”

Sebastian chiuse con uno scatto brusco la porta alle sue spalle e lanciò sul letto il borsone con l’attrezzatura da lacrosse, prima di rivolgersi alla sua ospite indesiderata.

Santana Lopez –canotta bianca e skinny aderenti come una seconda pelle, tacchi affilati come coltelli e giubbotto di pelle, da biker, rosso sangue- ondeggiò i lunghi capelli corvini e si aprì in un sorriso malizioso, salutandolo dal basso della poltroncina, su cui se ne stava mollemente seduta.

Un’altra persona -pensò inevitabilmente Sebastian - avrebbe chiamato la sicurezza o come minimo si sarebbe spaventata del fatto che qualcuno potesse entrare così nella propria camera, pur non avendo mai ricevuto uno straccio di chiave; nella realtà, tuttavia, il giovane Warblers non si sorprese neanche un po’ che la ragazza avesse già trovato il modo di forzare la sua serratura, ben conoscendo le sue origini e l’inevitabile vena criminale che da sempre la distingueva.

Spostò il peso da una gamba all’altra e la osservò con un cipiglio superbo, arricciando le labbra.

“Hai fatto piangere Trent!” la accusò.

Santana accavallò le gambe flessuose.

“Non è colpa mia se qualcuno dei tuoi usignoli somiglia più ad una quaglia farcita! Sei il capitano, dovrebbe essere compito tuo metterli a stecchetto!”

“Mi dispiace Lopez, ma è la vita! Qualcuno è destinato a permettersi il cibo…” e indicò la Dalton con un movimento rotatorio del dito “Qualcuno è destinato alla fame nera!” concluse, puntando questa volta l’indice sottile verso la ragazza.

Santana non si scompose, anzi sorrise, mentre scuoteva il capo lievemente e aggiustava le piccole increspature della sua canotta.

Sebastian ricacciò indietro il pensiero, ma il contrasto tra la sua pelle e quello del tessuto, così teso intorno alla curva abbandonante del seno, lo incantarono per un vergognoso, interminabile minuto.

“Dio! Già ti vedo ordinare una di quelle brodaglie francesi e tirartela neanche fossi Joe Bastianich!”

“Io ho un palato raffinato, Lima Heights!”

“Non ne dubito, deve essersi affinato parecchio a furia di spingerti roba giù, fino alla gola!”

Sebastian alzò gli occhi al cielo, ma ben consapevole che una sua risposta avrebbe scatenato la solita serie infinita di battute al veleno, per questa volta decise di lasciar perdere ed ignorare Santana fin quando non se ne fosse andata. Non aveva né la forza né il tempo di dedicarsi ai suoi sbalzi d’umore, così cominciò a svuotare la sua borsa da palestra e scegliere la roba da buttare in lavatrice, dandole addirittura le spalle.

Sentì gli occhi della ragazza sulla propria pelle, ma continuò ugualmente la sua revisione dei calzini.

“Qualsiasi cosa tu abbia da dire, dilla in fretta, perché come vedi, ho da fare!”

“Non hai la servitù per questi lavoretti sporchi, Smythe? Puoi addirittura avvicinarti ad un pantaloncino lercio di fango senza avere una crisi?”

Sebastian afferrò al volo la sua canotta umida di sudore e la lanciò all’improvviso contro la ragazza, che squittì schifata. La afferrò con la punta delle dita e la buttò a terra, lontano dalla sua vista e dal suo corpo, il tutto mentre uccideva con lo sguardo un Sebastian che sghignazzava soddisfatto.

“Stai tranquillo, uccellino!” ringhiò, cominciando a giocherellare con le proprie unghie, finalmente un po’ più corte dell’ultima volta che il ragazzo ricordava.

Era passata una settimana dal loro ultimo incontro e ancora i graffi sulla sua schiena facevano fatica a rimarginarsi…

“Sono venuta soltanto a dirti che questa è l’ultima volta che mi vedi! Quella cosa tra me e te che è successa nella nostra sala prove…”

“E un paio di volte alla Dalton, una decina a casa tua, negli spogliatoi della bettola che voi chiamate scuola, nei bagni dello Scandals, sulla lavatrice di casa Duval…”

“Non era sulla poltrona d’ufficio di suo padre?”

“Quella era casa di Wes! E no, ancora non mi parla per la storia del preservativo che abbiamo lasciato lì!”

“Abbiamo?!”

“Non lo avrei lasciato per terra se tu mi avessi dato il tempo di buttarlo, prima di saltarmi addosso di nuovo!”

“Se la memoria non mi inganna non mi sembra che tu mi abbia allontanato. Anzi, mi pare tu abbia talmente apprezzato l’arte della mia bocca da aver svegliato la signora al piano superiore e averle fatto credere di essere nel pieno di un’invasione tedesca! A proposito, è tornata a casa o è ancora in ospedale?”

Sebastian, che aveva cercato in tutti i modi di non prestare troppa attenzione alla ragazza, affondò le mani con poca grazia tra le pieghe della malcapitata maglietta con su scritto il suo cognome e il suo numero da giocatore e prese a stropicciarla e stringerla tra le dita, immaginando il collo di quella gallina al posto della soffice stoffa.

Con un sorriso di una sincerità disarmante si voltò verso di lei.

“Stavi dicendo che è l’ultima volta che ci vediamo! Perfetto! Addio! Bon voyage!”

“Sì, è l’ultima volta! Tanto, come prevedibile, vi abbiamo battuti alle Regionali e il prossimo anno io comincerò la mia brillante carriera newyorkese, quindi… sì! A mai più rivederci!”

“Capirai vero, se aspetto cinque minuti prima di organizzare una festa nazionale? Ho da fare una lavatrice!”

E dicendo questo Sebastian prese a camminare avanti e indietro per la stanza, afferrando un cestino e raccattando tra le sedie o nei vari angoli della sua stracolma e immensa cabina armadio, alcuni vestiti da mettere a lavare insieme alla divisa.

Non voleva farsi vedere da Santana, altrimenti quell’arpia avrebbe sicuramente notato l’ombra più scura che i suoi occhi avevano assunto dopo le sue parole. In effetti, non si era mai soffermato sul particolare che, tolti i loro incontri/sveltine casuali, non avrebbe più avuto modo di vederla o avere a che fare con lei. Una parte di sé stava gioendo e ballando la ola, certo, ma un’altra, più profonda e sincera, un po’ era dispiaciuta da quella nuova eventualità.

Dopotutto stare con Santana non era così male, era divertente, ormai quando guardava la tv era diventato una specie di rito pensare a lei e segnarsi gli insulti migliori, in modo da poterli utilizzare o lasciarglieli semplicemente sentire, dopo essersi rotolati tra le lenzuola.

Preso dalle sue elucubrazioni, si accorse a stento che la ragazza non aveva lasciato la camera come si sarebbe aspettato, così quando la vide ancora seduta sul suo divanetto, armata di uno sguardo crucciato, non poté che posare la sua cesta colorata su un mobile e spalancare le braccia.

“Che c’è? Perché mi guardi come se fossi verde?”

Santana non parve cogliere la battuta, anzi, stranamente abbassò gli occhi scuri verso il pavimento, a contemplare le sue scarpe alte.

“Devi esserti fatto scopare proprio per bene, se cammini in quel modo. Strano… almeno nel sesso, ho sempre pensato non fossi tipo a cui piace stare sotto…”

Sebastian inclinò il capo, incuriosito.

“Ma di che diavolo stai parlando?”

“Del fatto che ti muovi storto come una scimmia, Smythe! Chissà mai perché!” e detto questo si alzò di scatto, sempre osservando il pavimento e incamminandosi verso l’uscita.

Se mai avesse dovuto spiegare a qualcuno il perché di quel gesto, Sebastian ancora adesso non avrebbe saputo da che parte cominciare. L’unica cosa certa fu che quella sera, senza sapere né come né perché, il suo corpo si frappose fra la porta e i passi di Santana; quella Santana che non voleva avere più nulla a che fare con lui, ma non appena aveva avuto anche soltanto il dubbio che fosse andato a letto con un altro uomo, si era turbata; la stessa Santana che lo insultava e lo faceva imbestialire, ma anche sorridere, quando lo provocava; la stessa Santana che adesso lo guardava intensamente negli occhi, sorpresa come lui da quell’azione e dalle sue intenzioni.

Rimasero immobili per un’infinita manciata di secondi, una di fronte all’altro, prima che qualcuno trovasse il coraggio di spiccicare una parola.

“Gli allenamenti di lacrosse.”

“Che cosa?”

“Gli allenamenti di lacrosse, è per questo che cammino così! Quell’imbecille di Mark mi è venuto addosso e adesso penso di avere tutta la schiena bloccata.”

 “Non eri tenuto a darmi nessuna spiegazione.”

“E tu non dovresti essere gelosa…”

E Santana a quel punto avrebbe dovuto contraddire quell’assurda insinuazione.

E, in effetti, aprì le labbra, col suo solito cipiglio battagliero, ma poi dovette accadere qualcosa dentro di lei, qualcosa che Sebastian non afferrò in pieno, ma qualsiasi cosa fosse impedì alle sue parole di uscir fuori e la fece sciogliere, abbandonare un po’ le sue difese, tanto che ad un tratto, dal nulla, cominciò a ridere, di una risata leggera però, dolce come acqua, scuotendo la testa e lasciando che alcune ciocche scure le ricadessero sul volto.

Sebastian restò a osservarla in silenzio, quasi incantato e non mosse un muscolo, forse nemmeno le palpebre, almeno finché non si accorse di essersi avvicinato a lei, senza rendersene conto. Sollevò la mano lentamente, come costasse tutta la fatica del mondo, afferrò una manciata di quei fili dispettosi, che ormai le nascondevano buona parte del sorriso e li sistemò dietro l’orecchio, in modo da potersi beare a pieno di quella fila di denti bianchi.

Occhi negli occhi, rimasero immobili, a respirare il profumo l’uno dell’altra, per un tempo incalcolabile.

Poi Santana si ritrasse, dandogli le spalle.

 “Spogliati e sdraiati sul letto.” ordinò perentoria, mentre toglieva il giaccone e le scarpe, appoggiandole accanto alla stessa poltroncina dove prima stava seduta.

Sebastian alzò gli occhi al cielo e “Poi mi chiedono perché sono diventato gay!” imprecò, cominciando tuttavia a slacciarsi la cintura. “Voi donne siete così lunatiche! Pensate A, dite B, volete C! Fino a qualche secondo fa non volevi avere più niente a che fare con me e adesso eccoci di nuovo qui a ricominciare d’acc…”

“Ok, ok, ok! Risparmiaci i tuoi isterismi da mestruata, dolcezza e limitati a eseguire gli ordini!” lo interruppe immediatamente la ragazza, dopodiché prese a gironzolare per la sua stanza, rovistare nei cassetti e mettere a soqquadro tutta la roba. Riemerso dalla stoffa della maglietta, Sebastian la vide dirigersi a passo di marcia verso la porta del bagno e a giudicare dai rumori per niente promettenti, ripassò mentalmente il numero di quella garbata signora delle pulizie che era solita inviargli sua madre, almeno una volta al mese, giusto per impicciarsi degli affari suoi.

Aspettò pazientemente seduto sul letto, vestito ormai dei soli boxer, finché la Cheerios non parve riemergere dall’oltretomba, con una misteriosa boccetta tra le mani.

“Su! Che fai ancora lì? Sdraiati sulla pancia!” affermò autoritaria, come fossero ovvie ormai le sue intenzioni.

Ma Sebastian continuava a non capire, soprattutto dopo aver riconosciuto nel flacone trasparente la confezione di olio per la pelle Johnson Baby che utilizzava ogni mattina, dopo la doccia.

Un brivido di terrore, arcuato in particolar modo dalle parole per niente confortanti della ragazza, gli rizzò i capelli sulla nuca.

Che Pocahontas volesse sperimentare qualche pratica sessuale su di lui e magari sodomizzarlo, facilitando il lavoro col suo amatissimo olio per bambini?

Arretrò terrorizzato fino a cozzare con le spalle al letto, guadagnandosi un’occhiataccia da Santana.

“Che diavolo ti prende, adesso?”

“Stai lontana da me! Non mi piacciono questi giochetti di ruolo!”

“Non eri della stessa opinione quando ti ho mostrato il mio vestito da inferimiera…”

“Non mi piacciono i giochetti di ruolo che… prevedono un lubrificante in mani altrui, ecco!”

“Lubrificante?”

“E a che cavolo ti servirebbe l’olio, altrimenti?”

Santana guardò in ordine prima il flaconcino che aveva in mano e poi quell’idiota di Sebastian, il quale continuava ad arretrare lontano da lei, arrampicandosi quasi sul muro neanche fosse l’uomo ragno.

Le servirono trenta secondi buoni per impedirsi di saltargli al collo e magari rendere realtà le sue paure insensate, ma alla fine scelse semplicemente di braccarlo sul letto, reprimere i suoi patetici tentativi di ribellione e costringerlo con la guancia sul cuscino bianco, come lei gli aveva ordinato.

Naturalmente Sebastian continuò ad agitarsi come un’anguilla e a mugolare neanche avesse cinque anni, tuttavia i suoi capricci cessarono immediatamente, non appena avvertì i rivoli profumati dell’olio colare sulle proprie spalle.

Fu solo allora che sentì Santana sistemarsi a cavalcioni sul suo sedere, abbassargli di pochi centimetri l’elastico dei boxer e cominciare a lavorare sui suoi muscoli indolenziti, coccolando e accarezzando la sua pelle chiara.

Cercò di trattenersi, ma si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

Lima Heights non solo gli stava facendo un massaggio di sua sponte, ma era anche dannatamente brava.

“Conti di farmi rilassare e spezzarmi il collo appena abbasso la guardia?” sussurrò, mordendosi le labbra a sangue per impedire ad un altro gemito di sfuggire via.

 “Per una volta che decido di fare la brava, sei pregato di non provocarmi, Smythe.” e detto questo, puntellò una ad una le sue vertebre sporgenti, provocandogli una nota di dolore e di piacere insieme.

Continuò ad occuparsi di lui in silenzio, muovendosi sapientemente tra i punti più dolenti e portando con sé la dolcezza e l’odore delicato dell’olio, il quale veniva assorbito dalla pelle morbida di Sebastian, non appena le mani di Santana scorrevano su di lui.

Strinse tra le dita la consistenza ruvida della nuca e ne sciolse i nervi tesi con movimenti circolari, passò poi alle scapole, dove esercitò una leggera pressione dei palmi, per poi seguire naturalmente la curva della colonna, fino a centrare coi pollici quei deliziosi buchetti di venere che adornavano la sua schiena.

Una volta lì, sfregò con decisione i polpastrelli fino al coccige, provocandogli un altro sospiro di piacere.

“Dai versetti che fai, devo dedurre che sono brava…” disse Santana, prendendolo in giro e allungandosi sul suo corpo, fin quasi a combaciarvi perfettamente.

Il leggero contatto coi suoi seni gli fece venire la pelle d’oca.

“Dove hai imparato?” si affrettò a chiedere Sebastian, soprattutto per stemperare quel velo di eccitazione che sembrava volersi far strada dentro di lui.

Santana tornò al suo posto, mentre cospargeva la sua pelle di altro olio.

“Sono un’esperta di dolori muscolari. La coach Silvester ci ha sempre massacrate agli allenamenti, perciò o ci improvvisavamo massaggiatrici oppure potevamo tenerci i nostri dolori, fino allo strappo. Dio, hai un sacco di nodi qui…” spiegò e forzando un po’ le dita alla base del collo prese a scioglierli uno per uno, finendo con l’essere costretta, molte volte, a fargli scrocchiare le ossa.

Ad un scatto un po’ più brusco, Sebastian sussultò per l’improvvisa fitta di dolore e strinse tra le dita lunghe la federa del cuscino, lasciandosi andare a un solo piccolo, sibilo di fastidio. Pensò di riuscire a resistere ai movimenti successivi, invece Santana applicò tutta una serie di manovre dolorose, le quali lo facevano sentire benissimo dopo, ma sul momento gli causavano delle fitte quasi insopportabili.

Affondò il volto nella morbidezza del cuscino, per impedirsi di urlare come avrebbe voluto.

All’ennesima spinta, quando ormai Sebastian sembrava essere sul punto di strappar via la malcapitata federa con la sola forza dei denti, qualcosa di estremamente delicato si posò sulla sua pelle, distraendolo per un attimo dal dolore e donandogli una piacevole sensazione di frescura.

Santana, coi soliti capelli troppo lunghi a solleticare la base della schiena, posò dei piccoli baci lungo tutto il dorso del giovane Warblers, risalendo delicatamente fino alla nuca, dove virò verso l’orecchio nel quale mormorò leggera: “Adesso passa, passa tutto, te lo prometto…”

E, in effetti, ci furono altre mosse vigorose, sul bacino e lungo le anche, ma Sebastian non sentì dolore questa volta, non ne sentì neanche un briciolo, perché non appena quello anche solo si avvicinava ai suoi muscoli ormai quasi distesi, Santana era lì a scacciarlo via con baci sempre più umidi e carezze sempre più delicate

Ben presto, l’aria pastosa si riempì di sospiri e gemiti malcelati, mentre il massaggio giungeva al suo termine, trasformandosi lentamente in un languido fruscio di pelli, ghirigori immaginari che la ragazza si divertiva a disegnare sul dorso quasi opalescente dell’usignolo sotto di lei.

Quando Sebastian diede segno di volersi muovere, Santana non si oppose, sebbene cercò di prolungare il più possibile il contatto con la pelle morbida e bollente. Lasciò che si girasse supino, disteso di schiena tra le sue gambe, ma non appena tentò di alzarsi dal letto, per evitare il contatto troppo diretto con le sue iridi smeraldo, il ragazzo impedì ogni suo movimento, riportandola sul suo bacino, nella stessa posizione di prima.

La tenne stretta per le cosce magre, imprigionate nel tessuto aderente degli skinny, cercò i suoi occhi di brace in quella cascata di fili neri e per trovarli ripeté il gesto precedente, riportando all’ordine qualche ciocca dispettosa.

Restarono incollati così, a studiarsi in quel silenzio pastoso, mentre i cuori perdevano battiti e i pensieri divenivano pericolosi.

Poteva essere incredibile, ma in realtà solo in quel momento, in quel preciso, insignificante istante, Santana e Sebastian si resero conto, per la prima volta da quando si erano conosciuti, quanta voglia e quanto forza si celasse dietro il loro legame.

Era più semplice far fare tutto alla passione, lasciare che ella li guidasse e li rapisse, li travolgesse all’improvviso senza bisogno di parole o spiegazioni, ma adesso che invece erano lì, immobili, a studiarsi l’un con l’altro, come sull’orlo di un burrone, a volersi disperatamente, ma con la paura di quelle assurde sensazioni, tutto sembrava diverso, quasi spaventoso.

La mano di Sebastian si spostò lungo il fianco di Santana, intrufolandosi sotto il tessuto della canotta.

La sentì tremare sotto il suo tocco.

 “Cosa stiamo facendo?”

“Non lo so…”

E le sue mani scorsero delicate fino ai seni, sotto le ascelle e lungo le braccia toniche per sfilare finalmente l’indumento, che venne abbandonato al suolo.

Sebastian ebbe giusto il tempo di ammirare il contrasto tra il pizzo nero e la pelle d’ebano, quando Santana si sporse verso di lui, per impegnare le sue labbra in un bacio.

Fu morbido, lento, lontano dalle solite lotte cui erano abituati, eppure altrettanto bello, forse addirittura più intenso vista la consapevolezza che si celava dietro i loro movimenti. Le dita della ragazza scorsero come serpenti lungo tutto il torace dell’usignolo, si chiusero gentilmente tra il collo e il mento e ne guidarono la direzione con dolcezza per approfondire il contatto e arrivare a lambire coi denti la gola tesa.

Sebastian ne approfittò per sbottonarle i jeans e intrufolarsi oltre l’orlo ricamato che lo divideva dalla morbidezza dei glutei, ma non appena riuscì ad arrivare alla meta agognata, il corpo di Santana ebbe un fremito, il quale fece collidere profondamente i loro bacini.

Il gemito sublime che si lasciò scappare il ragazzo, la fece sorridere e col puro intento di torturarlo, si sollevò sopra di lui e ripeté all’infinito quella carezza lenta.

In preda al piacere, dovuto soprattutto alla maggior frizione creata dalla stoffa ruvida che quei benedetti skinny parevano creare, Sebastian inarcò il collo, affondando la testa oltre il cuscino e tentò di sollevarsi a sedere per raggiungere la strega e baciarle via quel sorrisetto vittorioso.

Non appena fece per alzarsi, però, un dolore lancinante lo costrinse di nuovo sul materasso mozzandogli il fiato.

Che Santana avesse cercato veramente di ucciderlo prima?

La vide sgusciar via ai piedi del letto e armeggiare coi pantaloni, fino a sfilarseli con una carezza lunghe le gambe toniche.

“Non devi fare sforzi eccessivi, devi stare a riposo fino a domani mattina…” spiegò, mentre scivolava di nuovo su di lui, tra le sue gambe e sul suo bacino, questa volta con troppi pochi strati di stoffa a dividere la loro pelle.

Quasi poté sentire distintamente l’eccitazione umida della ragazza, poggiata sulla propria lunghezza e grugnì frustrato all’idea di dover restare immobile.

In quel momento aveva soltanto voglia di prenderla e farla sua tutta la notte, fino allo sfinimento, fino all’alba. Dover rimanere così, fermo e buono, addirittura alla completa mercé e ai capricci di Santana, non solo lo facevano imbestialire, ma soprattutto lo mettevano estremamente a disagio.

La ragazza aveva ragione prima: Sebastian odiava affidarsi agli altri, non avere il comando della situazione, sentirsi completamente in balia dei desideri altrui. Guardò la Cheerios e deglutì a vuoto, cercando di non far trasparire il proprio nervosismo per quella situazione.

“Questo non è proprio riposarsi…” mormorò, senza guardarla negli occhi.

Santana gli afferrò il mento come fosse un bambino e riportò gli occhi nei suoi.

“Rilassati…” disse semplicemente e così prese ad occuparsi del suo corpo, vezzeggiandolo e lusingandolo con baci lievissimi e carezze quasi impalpabili.

Modellò il suo torace tra le dita e scese giù lungo il busto, seguendo la linea degli addominali. Lasciò un morso leggero tra le grinze dell’ombelico, assaggiò la consistenza dell’anca fino ad incontrare l’elastico dei boxer, i quali vennero sfilati con un unico strappo fluido, lungo le gambe. Si prese cura della sua erezione bollente, allo stesso modo in cui aveva fatto con tutto il resto del corpo, sorridendo come al solito dalla sua cascata di capelli, ma stuzzicando il suo piacere in modo passionale e dolce, diverso dal vigore che solitamente guidava tutti i suoi movimenti.

Sebastian puntellò i talloni sul materasso e fece forza su se stesso per impedirsi di inarcare la schiena. L’aria era pregna ormai dei suoi gemiti e quasi strappò le povere lenzuola chiuse a pugno nelle sue mani, tanto era la voglia di alzarsi, mandare a quel paese il lacrosse e il dolore e attirare la ragazza a sé per un altro bacio.

Non l’aveva mai vista così, così dolce, così attenta e per un attimo non poté non sentirsi orgoglioso, intuendo quanto raramente e in pochissime occasioni ella avesse voluto mostrare quel lato del suo carattere.

Perso in queste elucubrazioni, non si accorse dei suoi spostamenti, così se la ritrovò di nuovo a cavalcioni su di sé, all’improvviso, senza aver il tempo di prepararsi psicologicamente alla visione mozza fiato che poteva essere Santana completamente nuda.

Strinse le sue gambe toniche, il pallore delle loro cuti che faceva botte e poi sembrava amalgamarsi proprio come loro; la aiutò a sistemarsi su di sé ed accogliere la sua erezione, mentre il respiro diveniva più lento e il sangue correva nelle vene velocemente, simile a una maratona.

Santana si mosse lenta, venendo incontro ai movimenti cauti del Warblers e accogliendoli dentro di sé senza fretta, ma rendendoli più profondi e vigorosi. Inseguirono il piacere l’un dell’altro senza impeti, senza lotte; Sebastian aprì gli occhi e trovò Santana di una bellezza selvaggia, sconvolgente, nello stesso momento in cui ella andava a raggiungere le sue mani ancora strette alle sue cosce e ci infilava in mezzo le dita, ancorandosi ad esse.

Fu diverso da tutto ciò che avevano provato l’un per l’altro fino a quel momento e forse proprio per questo l’orgasmo li colse impreparati, lasciandoli smarriti e toccando le corde più profonde delle loro emozioni, tanto da lasciare che brividi intensi, come di freddo, si librassero lungo i loro corpi tiepidi, facendoli sussultare.

Santana si affrettò a scostare il proprio peso dal bacino di Sebastian, tuttavia quest’ultimo le impedì di sgusciare fuori dal letto e la costrinse invece, a distendersi accanto a lui, sul materasso.

Occhi negli occhi, si osservarono a lungo, in completo silenzio, prima di addormentarsi.
 
 



Allora mie prodi, ecco finalmente sui vostri schermi la volta in cui il nostro Sebastian si è sentito più emotivamente vicino a Santana!

Come l’avete trovata? Vi sareste mai aspettati una cosa del genere? Fatemelo sapere sono molto curiosa!


Ho notato che le vostre recensioni si sono dimezzate, mentre i lettori sono raddoppiati in maniera vertiginosa, spero che non sia perché non mi avete ancora perdonato il mio periodo lontano dalla Sebtana o… che almeno questo capitolo sia riuscito d assolvermi definitivamente.

Ci vediamo come al solito il prossimo weekend tra domenica e lunedì!

Un bacione



 
   
 
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