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Autore: MarshallCosmo    19/03/2013    0 recensioni
..."Perchè sei qui Charles ?" Chiese sconcertato. “Pietro, sinceramente non lo so neanche io perchè sono qui a parlare con te. Forse mi serve solamente qualcuno con cui parlare.” “Beh, allora perchè non ti chiudi in un bar e parli con il barista mentre sei ubriaco ? Dovrebbe essere la stessa cosa.” “No, Pietro, non è affatto la stessa cosa, la differenza tra te e un barista sobrio è che il barista lo pagano per farmi ubriacare, per farmi sputare tutto ciò che ho dentro allo scopo di farmi sfogare e basta, mentre tu vieni pagato per tirarmi su di morale, per darmi consigli, per non farmi pensare a tutto il male che ho dentro, per esserci nel bisogno... forse non mi serve proprio uno psicologo, forse ho solo bisogno di un amico.”...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
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CAPITOLO 4 - PARANOIE \\ Ero a casa, seduto sul divano con una busta di pop corn in mano, un pc sulle ginocchia e la tv accesa con dentro inserito il DVD di “Arancia Meccanica”, in quel momento non potevo desiderare di meglio, già, non potevo desiderare di meglio perchè non c'era il meglio, il meglio sarebbe stata la mia ragazza, mia madre, mio padre, i miei parenti, i miei amici, ma no, non potevo desiderarli, non esistevano più, non facevano più parte della mia vita, non potevo più riaverli indietro, allora non mi restava che mangiarmi quei dannati pop corn, leggere news on line e continuare a guardare il mio film che avevo inserito nel lettore dvd. Non guardai quasi per nulla il film, ormai era la decima volta che lo vedevo, non ci stavo trovando più gusto così caddi in uno di quei momenti in cui pensavo alla mia vita, a come sarebbe diventata, a cosa era e come è stata fino ad adesso, arrivai alla conclusione che alla fine non era stata niente male, ovviamente per la strada ho avuto qualche acciacco ma fa parte del gioco della vita, un gioco in cui devi essere furbo, più furbo di altri, un gioco in cui devi far arrivare la tua pedina a un obbiettivo e dopo questo obbiettivo ce ne sarà un altro ancora più difficile da raggiungere, insomma, una lotta, una guerra pacifista che combatti ogni giorno. A volte pensi di dover mollare tutto, pensi che accasciarti a terra per strada e non rialzarti più sia la miglior soluzione ma spesse volte non è affatto così, spesso bisognava lottare per qualcosa o qualcuno che ci faceva continuare ad andare avanti, ma io ? Io cosa avevo dalla mia parte ? Cosa mi faceva alzare dal letto la mattina, a parte una sveglia e un lavoro di merda ? Non avevo una famiglia, non avevo una fidanzata, non avevo amici, non avevo un cazzo. Mi piaceva andare in centro a Firenze, mi piaceva guardare ubriaconi o zingari, mi piaceva immaginare a cosa stessero pensando, volevo entrare nelle loro teste, volevo capire come mai si alzavano la mattina, cosa li spingeva a continuare ? Li ammiravo, davvero. Il giorno dopo tornai a lavoro, c'era ancora Alessandra, eravamo al bar insieme, parlavamo, ancora. “Charles, lo sai ? Mi sei molto simpatico, penso che io e te dobbiamo uscire un giorno.” Disse lei, mi stupì. “Chi ? Io e te ? Ma dai, non funzionerebbe mai.” “Hack, ma cosa hai capito ? Intendo come amici !!”. Precisò lei. “Lo so cosa intendi, ho capito, per questo ti dico che non funzionerebbe, io non ho amici”. Ci tenni a ribadire. “Charles, c'è sempre una prima volta per tutto, non disperarti.”. Cercò di tranquillizzarmi. “Alex, io la mia prima volta l' ho già avuta e ho fallito miseramente, mi hanno buttato merda addosso come fossi un secchio della spazzatura.” Volevo fargli capire cosa pensavo. “Non sei tu che hai sbagliato ma quella, scusa la parola, stronza della tua fidanzata, è lei che ti ha rovinato la reputazione senza alcun motivo. Dai, usciamo insieme e poi vediamo se può funzionare, come dici tu.”. Stava cominciando ad avere ragione e questo mi stava tranquillizzando. “D' accordo, posso provare a essere tuo amico”. Gli diedi il mio numero di cellulare, lei mi diede il suo e mi disse. “Senti, ho parlato molto bene di te a mio marito, vorrei fartelo conoscere sempre se tu non sia geloso”. Rise. All' inizio non capivo il motivo della risata, poi mi ricordai che gli avevo raccontato del sogno e così risi insieme a lei e subito dopo dissi. “No no, tranquilla, mi farebbe molto piacere conoscerlo”. Ci demmo appuntamento alle 19.30 a casa sua per mangiare una pizza insieme, la sua famiglia e io. Mi diede anche il suo indirizzo. Tornai a casa e mi misi a dormire, mi svegliai alle 5.30 e riflettei molto su quello che stavo per fare, stavo per andare a cena da una mia collega, stavo per conoscere il suo vero marito, l' uomo nel mio sogno, era nel mio sogno, non era l' uomo dei miei sogni, chiariamoci, ero un etero convinto, convinto a restarlo. Ero indeciso sul come vestirmi, non sapevo se vestirmi quasi per bene o vestirmi normalmente, come mi vestivo sempre, ovvero, le prime cose che avrei trovato nell' armadio, non volevo dargli la soddisfazione di vedermi vestito per bene, mi sarei, in un certo senso, sottomesso. Non potevo permetterglielo, non era da me. Mi stavo facendo altre paranoie che non avrei dovuto farmi, dovevo assolutamente smettere, ma era difficile, le paranoie per me erano come le sigarette per un fumatore, con la differenza che il fumatore quando finisce il pacchetto non può più fumare mentre io potevo andare tranquillamente avanti tutto il giorno se avessi voluto dal momento che la paranoia non la vendono in pacchetti. La paranoia è molto meno pericolosa del fumo perchè il fumo può portare al cancro, una malattia mortale, mentre la paranoia può portare a pensare cose che ti isolano da una malattia peggiore del cancro, la specie umana, molto meglio, no ? Mi vestii per bene, giusto perchè dovevo rompere il cazzo a me stesso. Mi misi una camicia, una giacca, delle scarpe di pelle, il portafoglio in tasca, con dentro il foglio su cui mi ero scritto il suo indirizzo e andai in una pasticceria a prendere qualche dolce e mi avviai verso casa sua, ormai erano le 7.10, abitava accanto al ristorante dove lavoravo, ci avrei messo un quarto d'ora, venti minuti. Per strada continuavo a pensare a quello che stava accadendo, continuavo a pormi domande e mettere ostacoli davanti alle risposte. Stavo iniziando a pensare che quello che stavo facendo era una emerita cazzata. Continuavo a dirmi che era illogico che io andassi a cena da lei, non era possibile che io andassi a cena da una amica, una collega, sposata, con dei figli chi mi imponeva di andare ? Ero a un passo da fare inversione a u, ero a un passo da girare il volante della mia focosa Fiat Panda rossa, quando mi misi a pensare a chi me lo stava imponendo, forse c'era qualcosa o qualcuno che me lo stava imponendo, forse era la voglia di riscatto, forse era proprio quello che mi stava facendo andare da lei, forse era proprio la voglia di cambiare, di dire basta alla vita che stavo facendo, o meglio, alla vita che stavo buttando via, stavo gettando nella spazzatura la mia vita, proprio come si fa con i criceti dopo che sono morti. Mia mamma e i miei zii non li seppellivano mai, povere bestie. Ormai ero arrivato, Via Antonioni 24, Campi Bisenzio. Scesi dalla macchina e feci quei 10 metri che mi separavano dal portone di casa sua, i 10 metri più lunghi degli ultimi 10 anni. Suonai al citofono, mi aprì. Era al pian terreno. La salutai, gli porsi i dolci e lei con un espressione stupita disse “No, Charles non dovevi, sei stato gentilissimo”. “No, non ti preoccupare, per me è un piacere.” Chiesi permesso e mi accolse suo marito con un “Certo che è permesso, entra pure Charles. Alessandra mi ha parlato molto bene di te.” Disse suo marito. Non era affatto come lo avevo immaginato nel sogno, era alto muscoloso, anche lui scuro di pelle, capello scuro, occhio chiaro, celeste, un bel ragazzo. Il ragazzo che avevo sognato aveva gli occhi neri, i capelli biondo cenere ed era vestito con una camicia mentre il marito oggi era vestito con un maglione rosso e verde a quadretti, mi piaceva quel dannato maglione, magari a fine serata lo avrei ucciso per rubarglielo, ovviamente scherzo, non lo avrei di certo ucciso, ma di sicuro mi sarei fatto dire dove aveva comprato quel maglione. “Vieni Charles, anche se è piccola ti faccio vedere la casa.”. Andammo a fare questo tour in giro per la casa. Aveva una casa niente male, piccola ma niente male, mi piaceva molto, non era ne vecchia ne moderna, era una casa modesta, bei mobili, bell' arredamento, bei colori, una gran bella casa, somigliava alla mia. “Ecco, questo è tutto Charles.” Disse il marito che durante il tour della casa si presentò, disse di chiamarsi Aldo. “Senti Charles, per cena abbiamo cucinato delle cose semplici semplici, non ci siamo complicati la vita, ti piace la pasta allo scoglio, vero ?”. Chiese gentilmente Alessandra. “Non vorrei essere indiscreto ma voi non avevate dei figli ?” Chiesi io timoroso. “Sì, infatti adesso vado subito a chiamarli, sono a giocare con i figli della signora al piano di sopra, sai, i suoi figli hanno quasi la stessa età dei nostri”. Rispose Alessandra mentre si stava avviando alla porta per andare a prendere i figli. Rimanemmo solo io e il marito in quella casa e lui iniziò a parlami dicendo “Alessandra mi ha raccontato la tua storia, mi dispiace per i tuoi zii, i tuoi amici e tutto il resto, sei stato veramente sfortunato.” “Hai ragione Aldo, sono stato, ora non lo sono più, sto cercando di riscattarmi, voglio migliorare, voglio tornare a essere il ragazzo di una volta.” Dissi io, convinto di quello che stavi dicendo. “Bravo, continua così Charles, ti ammiro veramente tanto, ti conosco pochissimo ma per quel poco che ti conosco posso dire che sei una persona fantastica.” “Grazie Aldo.” Risposi io, quasi imbarazzato. “Senti, ti volevo chiedere, ma quel maglione dove lo hai comprato ? È veramente stupendo.” Chiesi. Dannazione, ero mi ero impuntato su quel maglione, volevo quel dannato maglione. “Questo ? Questo è un regalo di mia nonna, me lo regalò 2 anni fa, lo fece lei con le sue mani, per natale. Pace all' anima sua, è scomparsa l' anno scorso”. “Oh, mi dispiace.” Subito dopo entrò Alessandra con due marmocchi accanto e disse “Lui è Samuele e ha 8 anni mentre lui è Alessandro e ne ha 9. Lui è Charles, un collega della mamma, sapete da dove viene ? Dall' America, il posto in cui girano tutti i film che vi piacciono a voi”. “Oh Wow, quindi sei un attore ??”. Chiese Samuele, il bambino più piccolo. “Ahahah No no, non sono un attore, magari, io sono un collega di vostra mamma, lavoro nel suo ristorante” risposti io. “Ma conosci qualche attore famoso dell' America ??” Intervenne Alessandro che nel frattempo stava ascoltando la conversazione con suo fratello. “No, purtroppo no, non conosco nessuno di persona, mi piacerebbe conoscere qualcuno.”. Risposi felicemente. “Dai bambini, andate a lavarvi le mani, è ora di cena.” Disse Alessandra. Noi intanto stavamo andando a sederci a tavola. “Allora, Charles, ti piace il lavoro che fai ?” Mi chiese il marito. “Oh beh, non è il mestiere che ho sempre sognato di fare ma non mi lamento.” Risposi io con aria amareggiata. “Oh, allora cosa è che hai sempre sognato di fare ? Il pompiere ? Il pilota ? L' astronauta ?”. Aldo sembrava divertito all' idea di avermi ospite a casa sua. “Già, volevo fare l' astronauta, lo vorrei fare ancora ma non mi posso permettere quel tipo di studi. Mi basta il lavoro e la casa che ho, sto bene così.”. Intanto i due bambini uscirono dal bagno e si sedettero ai loro posti. Io chiesi dove mi dovevo mettere e loro gentilmente mi risposero che potevo mettermi ovunque io avessi voluto, mi misi un posto affianco al capotavola. Alessandra tornò dalla cucina, che era accanto alla sala da pranzo dove stavamo cenando noi, con dei piatti di pasta al sugo che erano destinati ad Alessandro e Samuele. La tavola era apparecchiata di viola, i bicchieri erano di colori alternati, uno viola e uno verde, uno viola e uno verde, eravamo in 5 a sedere ed io aro affianco a Samuele che era posto difronte a suo fratello, entrambi erano affianco alla madre, unica capotavola perchè dalla parte opposta non c'era nessuno, Aldo si era seduto difronte a me, accanto ad Alessandro. Alessandra, che nel frattempo era andata in cucina tornò con dei piatti con la pasta allo scoglio. Sembravano buoni, erano buoni. Era una serata tranquillissima, tv accesa sul festival di S.Remo. E Aldo per iniziare una nuova conversazione chiese “Charles, secondo te chi vincerà quest' anno ??”. “Beh, a me non piace la televisione...” Gli spiegai il motivo, entrambi sembravano interessati a quello che dicevo. Le nostre conversazioni si alternavano a brevi conversazioni con i figli. La serata mi stava piacendo, stranamente. Per tutta la durata della serata non ho provato ne un senso di rabbia, ne un senso di odio verso nessun individuo di quelal famiglia, mi sentivo soddisfatto. Quando tornai a casa ero molto fiero di me stesso.
   
 
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