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Autore: _Even    19/03/2013    6 recensioni
Sei lune piene.
Sei mesi passati in una tomba per una shinigami che non è mai stata tale.
Sei mesi per trasformare una grande tristezza in un'inesorabile follia.
Sei mesi per dimenticare sé stessa e per fare suo un nome.
Grell Sutcliff.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Six Fool Moons
 

Grace tentò di alzarsi in piedi.

Le gambe, però, non riuscirono a sorreggerla, tanto erano irrigidite dai mesi di inattività. Cadde a terra dopo un istante urlando per la frustrazione, e lì rimase.

Non vedeva niente senza occhiali, era notte e i suoi muscoli ancora non funzionavano a dovere. La cosa più saggia e intelligente da fare sarebbe stata restare ferma dov’era, in attesa che facesse giorno e che i suoi occhi riuscissero quantomeno a distinguere sagome ed ombre.

Ma lei di certo non era saggia. Andò a tentoni alla ricerca dei suoi occhiali e, quando li trovò, cominciò a graffiare sulla patina solida e nauseante che ne ricopriva le lenti. I movimenti delle sue dita, rapidi, brevi e sconnessi, la facevano sembrare una marionetta manovrata da due burattinai perennemente in disaccordo.

La sua mente e il suo corpo.

Non importava cosa lei comandasse alle sue mani, quelle avrebbero agito secondo la propria volontà. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo perché riprendesse pieno possesso del suo corpo.

E il tempo era l’unica cosa che le mancava.

-Mi va bene non vedere niente?!- domandò a sé stessa, come se quell’affermazione la ripugnasse. Come se non fosse stata lei a dirla, pochi minuti prima. –Non mi va bene affatto!

Le sue unghie si muovevano sempre più spedite. Cominciò ad ansimare non per la fatica, ma per il nervosismo. Era irrequieta. Non vedeva nulla, doveva affidarsi solo alle sensazioni che la sua pelle le dava al contatto con la superficie delle lenti.

-Gli occhiali sono importanti, per noi.- disse dolcemente, con lo stesso tono che di solito si usa con i bambini. –Sono molto importanti, oppure noi shinigami non possiamo vedere niente. No. Non vediamo proprio nulla senza gli occhiali.

Ridacchiò sommessamente per poi trasalire, quasi estatica, quando rimosse gli ultimi segni della sporcizia.

-Questa cosa me la ricordo.- sorrise soddisfatta.

Si infilò gli occhiali: le lenti erano danneggiate e non vedeva molto, ma almeno vedeva. Un po’ camminando e un po’ strisciando, arrivò fino al cancello del cimitero e lo scosse mentre rideva. Era chiuso.

Il suo sorriso si spense: la fortuna le aveva voltato le spalle un’altra volta.

Era esausta, era furiosa ed era disperata, tanto che si ritrovò nel giro di un attimo a piangere e a strillare come una bambina capricciosa. Non ne poteva più. Aveva aspettato troppo a lungo per farsi bloccare da una sciocchezza come un cancello chiuso. Si aggrappò all’inferriata con tutte le sue forze e vi poggiò la fronte, mentre si accasciava al suolo. Si sentiva quasi debole.

-Non posso restare chiusa qui. Non stanotte.- sussurrò riprendendo temporaneamente il controllo. –Devo uscire, devo trovare il mio dolce, dolce aguzzino...

Non poteva contare sulla sua forza fisica in quel momento. Poteva contare solo sulla disperazione e sulla rabbia. E fu proprio ciò che fece.

Si affidò quindi alla sua furia, l’unica cosa che poteva spingerla a fare cose inaudite e ben al di sopra delle proprie possibilità.

Si tenne saldamente al cancello e, urlando di rabbia, lo tirò con forza verso di sé. 

Lo scardinò.

 

Si ritrovò a vagare per una stradina oscura. La fioca luce di un lampione era la sua unica compagnia in quel momento.

Le gambe stavano lentamente riacquistando forza e, benché non si fosse del tutto ristabilita, cominciava a strisciare di meno e a camminare di più.

-Oh buon Dio! Cosa ti è successo, cara?

Grace bloccò la sua andatura sbilenca e si voltò in direzione di quella voce. Apparteneva a una donna dal volto ingenuo e meravigliosamente vestita di rosso in compagnia di un giovanotto dall’aria colpevole. Li aveva forse beccati in flagrante?

-Ti conosco, ragazza?- rispose.

La piccola ingenua avvampò:- B... beh, no, ma stai zoppicando, e... poi sei tutta sporca di terra... e sei quasi nuda, così... non so, pensavo che ti servisse aiuto.

Grace roteò gli occhi. Quel modo di parlare la faceva innervosire, così incerto e diretto allo stesso tempo. Tipico delle persone che vogliono ostentare innocenza.

-Lasciala perdere, non lo vedi che è una prostituta?- commentò freddamente l’uomo.

Prostituta.

Quella parola saltò nella sua mente come una molla.

Si raddrizzò di colpo. –Come mi hai chiamata, scusa?!

-Basta guardare come sei vestita.- spiegò lui, come se fosse la cosa ovvia del mondo. –Il tuo ultimo cliente deve averti sferzata per bene, eh?

Si dette uno sguardo: indossava un corsetto sgualcito, la biancheria era completamente lacerata e si intravedeva la profonda ferita al bassoventre; un reggicalze senza più calze da reggere penzolava floscio.

-Come ti sei permesso?- si infervorò. –Hai una vaga idea di chi sono io? Sai a chi stai parlando in modo così avventato?!

Lui sembrò annoiato e fece per andarsene tenendo la sua dama saldamente per la mano. Ma Grace li precedette e bloccò loro il passaggio.

-Sai chi sono io?!- urlò loro in faccia.

-No, non lo so!- fece lui di rimando.

L’altra ringhiò. –Io sono una shinigami, una dea della morte. Dovresti portare rispet...

La risata sguaiata di lui la interruppe, risuonando fastidiosamente nel silenzio tombale della via.

-Una dea della morte! Sì, certo, come no, questa è bella.- disse, senza riuscire a frenare le risate. –Dovresti farti curare, dico sul serio.

Incurante della faccia sconcertata della rossa, l’uomo proseguì per la sua strada.

-Tu non credi che io sia una shinigami?- sussurrò lentamente.

-Io non credo a certe sciocchezze.- ribatté, piccato.

-Quindi non credi negli shinigami.

-Smettila di ripeterlo.- tagliò corto. –No, non ci credo infatti. Io credo solo a quello che vedo.

Io credo solo a quello che vedo.

-Io credo solo a quello che vedo.- lo scimmiottò lei, sghignazzando tra sé e sé. –A quello che vedo.

Dopodiché si voltò verso la coppia, corse verso di loro e afferrò l’uomo per le spalle, costringendolo a voltarsi verso di lei.

Lui era palesemente spazientito e probabilmente gliele avrebbe cantate di santa ragione, se lei non avesse fatto l’impensabile.

-Io credo solo a quello che vedo!- ripeté allegramente.

Allungò le mani verso i suoi occhi e in un duplice, rapido gesto, li afferrò e glieli cavò dalle orbite.

Il volto lieto di Grace si sporcò di sangue umano: sospirò di sollievo.

La vittima urlante si accasciò a terra in preda al dolore. Teneva le mani sulle palpebre vuote per bloccare la fuoriuscita di sangue, mentre la sofferenza diventava sempre più atroce mano a mano che i secondi passavano.

-Chissà a cosa crederai, ora che non puoi più vedere niente!

La sua compagna scoppiò in lacrime, coprendosi la bocca con la mano. La paura, però, ebbe la meglio sulla compassione e dopo qualche secondo fece per scappare.

Grace agguantò l’orlo della sua gonna per trattenerla, e inaspettatamente la trovata funzionò. La donna inciampò mentre il tessuto cremisi si stracciava. In un attimo, la shinigami le fu addosso e si sedette a cavalcioni sopra di lei.

-Allora, dimmi cara. Cosa stavi facendo di interessante con questo bel giovanotto?- chiese.

Nessuna risposta.

-Tiro a indovinare.- proseguì allora. –Un amore clandestino! Forse le vostre famiglie ostacolano la vostra unione? Oh, no... Forse tu sei già sposata con un altro uomo!- sorrise canzonatoria. –Allora sei un’adultera, piccola svergognata!

L’altra di nuovo non rispose. Fissava la donna che troneggiava su di lei, con gli occhi sgranati che luccicavano di eccitazione.

–Ora ti farò un’altra domanda, più semplice stavolta. Rispondimi solo di sì o di no. Ci stai?

Il volto terrorizzato dell’altra si mosse in un cenno di assenso.

-Bene. Tu credi negli shinigami?

-Sì, sì ci credo!- rispose prontamente, mentre le lacrime le sgorgavano dagli occhi. Stava palesemente mentendo per salvarsi la pelle.

-Mmmh, mi piacerebbe crederti, davvero. Anzi, facciamo finta che io ti creda!- esultò Grace. –Purtroppo non posso lasciarti libera così. Andresti a dire tutto a tutti. Una prostituta ha cavato gli occhi al mio amante! Che paura, era così spaventosa, oh, è tutto così confuso, agente...- scoppiò a ridere. –No, non si può.

Le prese dolcemente il viso tra le mani:- E allora cosa facciamo?

La donna si fece scudo con le braccia, andandosi a coprire gli occhi. Ma non era ai suoi occhi che puntava.

Le aprì le labbra di forza e, afferrandole la lingua, gliela strappò.

L’urlo della donna si congiunse a quello del suo amato, mentre si portava le mani alla bocca. Il sangue che le intasava la gola la stava soffocando.

Grace si rialzò e in un unico gesto baldanzoso sfilò la gonna dalle gambe dell’altra, provandosela come una bambina che indossa i vestiti della mamma.

-Il rosso mi ha sempre donato. Non trovate anche voi?- domandò al nulla.

I corpi dei due amanti erano sconquassati dal dolore: avrebbero volentieri preferito la morte.

E si sperava che questa sarebbe arrivata presto.

Le due povere vittime sarebbero presto morte per dissanguamento, o almeno così sperava. E nel momento in cui ciò fosse avvenuto, sarebbe venuto uno shinigami a mietere le loro anime.

E lei sarebbe stata lì finché questi non fosse arrivato. Allora si sarebbe fatta condurre nel luogo in cui avrebbe potuto avere la sua rivincita, come dea e come vittima.

Facile.

-Ehi, cosa succede?

-Oddio, guardate quanto sangue!

-Chiamate un dottore!

-Presto!

Le urla dei due feriti avevano svegliato le persone che abitavano lì.

E così come un gatto scappa dall’acqua, così Grace, dimenticandosi di colpo del piano appena architettato, scappò via dalla folla repellente.

  
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