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Autore: RobTwili    19/03/2013    13 recensioni
Harper e Jared.
Pri e Jedi.
Si conoscono dall’asilo e hanno frequentato il college assieme, sempre e solo da buoni amici.
Jared ha visto Harper in tutti i modi possibili, Harper riesce a sopportare Jared nonostante l’amore incondizionato che lui ha per Pixie, la sua BMW.
Sono single, entrambi, visto che sembra che nessuno sia in grado di sopportare i loro reciproci difetti. Harper ha infatti una teoria: tutti i ragazzi che le piacciono sono dotati di una corazza invisibile che fa rompere le frecce di Cupido, impedendo a tutti di innamorarsi di lei.
Ma se la freccia di Cupido scoccasse improvvisamente, verso quella persona che hai sempre avuto al tuo fianco?
Storia momentaneamente sospesa
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CBA


Video trailer



Previously on Cupids Broken Arrow… Jared fa un sogno zozzetto con Harper, esce per schiarirsi le idee, torna a casa e la trova triste e piangente, la consola e finiscono a fare porcherie sul ripiano di marmo della cucina. Finito di fare le zozzerie Harp scoppia a ridere prima di scappare da Jar che si rende finalmente conto di quello che è successo tra di loro.
 
  
 
Ai bubi, perché senza di loro forse non sorriderei.
A Joe, Death e Snake che rallegrano le giornate di molti.
A chi mi ha aspettata anche se è passato troppo tempo
A chi ha avuto la pazienza di aspettare ed è qui.
Grazie.
 
 
Perché c’era il continuo guardarmi attorno con aria smarrita, cercando qualcosa da fare.
Perché c’era il continuo fissare il ripiano della cucina, mischiando presente e passato, ricordando il corpo di Harp scosso dai brividi.
Perché c’era il continuo pensare a quello che avevamo fatto e a quello che poteva significare per entrambi.
Perché c’era il continuo…
«Jar, il tuo telefono sta suonando» urlò Harper, dalla sua camera. Imprecai mentalmente, correndo su per la scala e arrivando in camera mia con il fiatone, cercando il cellulare che sembrava sparito sotto l’ammasso di vestiti che c’era sul mio letto.
«Pronto?» gridai, rispondendo, prima ancora di trovare il telefono. Quando guardai il numero sullo schermo sbuffai, riconoscendolo: Wilson. «Che vuoi?» domandai scocciato, sbirciando verso la porta della camera di Harper per controllare che non fosse aperta e non potesse sentire se mi sfuggiva qualcosa riguardo quello che era successo poco prima.
«Io e Joe stasera veniamo a cena da voi, abbiamo sentito quello che è successo a Ken e siamo sicuri che Harp apprezzerà la nostra compagnia. Portiamo messicano, per le sette». Non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere, visto che riattaccò, prima che potessi anche solo dirgli che dovevo parlare con Harper e forse era il caso che non venissero a cena.
Sbuffando, lanciai il telefono sopra al letto prima di avvicinarmi al bagno e bussare; ero sicuro che Harp fosse in camera sua, ma non volevo rivederla nuda una seconda –o terza, se contavo l’incidente del bagno di qualche giorno prima –volta, soprattutto dopo quello che era successo.
Via libera, pensai, non appena vidi la porta spalancata. Mi serviva solamente una doccia, giusto per togliermi quell’odore dalla pelle e per sciogliere i muscoli delle spalle e della schiena; dovevo rilassarmi, dimenticare tutto ed estraniarmi dalla mia vita.
Quando uscii dal bagno, con solamente un paio di pantaloni della tuta addosso, sembravo quasi un’altra persona; non sapevo nemmeno per quanto tempo ero rimasto lì dentro, ma girare per casa solo con i pantaloni larghi addosso –senza maglia o boxer –mi faceva sentire libero.
«Jar mettiti le mutande, ti ballonzola tutto lì sotto» sbottò Harp, affacciandosi alla porta della mia camera, senza bussare. Con uno sbuffo, facendo a meno di ascoltarla, mi distesi a letto, portando un braccio dietro alla testa.
«Stasera vengono a mangiare Joe e Wilson, messicano» spiegai, chiudendo gli occhi per scacciare l’immagine di Harp che continuava a rimanere appoggiata alla porta, senza rendersi conto spostava il peso da un piede all’altro, muovendo leggermente i fianchi.
«Se non ti dispiace credo che domani prenderò Pixie e andrò a trovare Ken a Lubbock, voglio controllare che stia bene e che non gli sia successo nulla di grave» mormorò Harp, tenendo lo sguardo basso. Continuava a osservarsi i piedi nudi, muovendo lentamente le dita, come se stesse componendo una strana melodia. Assolutamente no, non l’avrei mai abbandonata e lasciata da sola. L’avrei accompagnata.
«Vengo anche io, guiderò io» spiegai, sedendomi sul letto, con la schiena dritta. Non mi avrebbe convinto a rimanere a casa, non l’avrei mai lasciata guidare da sola per tutte quelle ore senza sapere come potesse stare. No, assolutamente.

«No, non ti preoccupare, ho chiamato prima in ufficio e mi sono fatta dare due giorni di ferie, ho già prenotato in un motel tra Arizona e New Messico, mi fermerò per riposare un paio di ore». Aveva già pensato a tutto, logico. Quello di cui non aveva tenuto conto era che non l’avrei mai lasciata andare da sola.
«Non ti lascio andare in Texas da sola, Harper» mi intestardii, alzandomi in piedi e camminando verso di lei. Poteva mettere il muso e non parlarmi per tutto il viaggio ma non si sarebbe di certo liberata di me. Era troppo pericoloso lasciarla guidare da sola, anche di notte. No, Harp aveva bisogno di me; e un viaggetto ci avrebbe fatto divertire un po’, come ai vecchi tempi: una bottiglia di birra, i finestrini abbassati e la radio a tutto volume mentre attraversavamo il deserto.

«Jar, davvero… non preoccuparti. Sono sicura che Ken sta bene, è solo che voglio controllare». Sapevo che avrebbe insistito fino a quando non le avessi proibito di parlare. Avrebbe trovato qualsiasi scusa pur di non far vedere che, in quel momento, aveva bisogno di me. Perché riuscivo a vederlo dal suo sguardo preoccupato: Harp era tesa, Harp aveva bisogno qualcuno con cui sfogarsi, urlando e mettendosi a piangere, esattamente come era successo in cucina prima che finissimo a fare porcate sul ripiano.
«Vengo con te» sbottai, sicuro di me stesso. Presi le piccole mani di Harp tra le mie, stringendole per trasmetterle un po’ di forza. Vidi i suoi occhi abbandonare i miei perché non voleva che vedessi quelle lacrime pronte a uscire.
«Jar…». Un sussurro. Un sussurro che in qualche modo era più forte e potente di un grido d’aiuto che si sarebbe potuto sentire a miglia di distanza. Reagii d’istinto, abbracciandola. Non mi interessava se ero praticamente mezzo nudo e se avevamo trombato in cucina, un’ora prima. Stavo abbracciando la mia migliore amica, perché lei aveva bisogno di me in quel momento.

Non le lasciai il tempo di dire altro, sicuro che comunque non l’avrebbe detto perché sentivo qualcosa di caldo scivolare sul mio petto; stava piangendo, di nuovo. «Vengo con te. Chiamo Christian per dirgli che mi prendo due giorni di ferie, smettila di dire di no». Le massaggiai la schiena, accarezzandola delicatamente e giocando con i suoi capelli. Harper era tanto forte quanto debole. Poteva essere la persona più testarda del mondo, ma nello stesso momento, se Ken veniva colpito da qualcosa, Harp si dimostrava fragile, perché era la persona a cui teneva di più.
«La smettiamo di fare queste cose da idioti? Sei mezzo nudo, Free Willy è in libertà senza mutande che lo costringono e ho la lingua a due centimetri dal tuo petto. Sembra l’inizio di un porno, se vuoi chiedermi quale farfalla della tua collezione mi piace di più inizierò a saltellare felice» sghignazzò, pizzicandomi un fianco e allontanandosi da me, prima di tirarmi un pugno sullo stomaco.
Ripensai a quello che aveva appena detto, soffermandomi su un particolare. Il mio ego maschile si fece sentire, orgoglioso. «L’hai chiamato come un’orca? È così grande?» domandai fiero, gonfiando il petto. Rimasi per qualche istante in silenzio, aspettando una risposta che non arrivò. «Ehi, Pri! Voglio sapere, adesso!» urlai, aprendo la porta di camera sua e trovandola intenta a lanciare dei vestiti sopra al letto.
«Jar, non farmi spiegare battute che potrebbero ferirti l’ego. Davvero. Ora usciresti dalla mia camera, per favore? Ho bisogno di concentrazione per capire un paio di cose importanti». Indicò la porta dietro di me, appena prima di incrociare le braccia sotto al petto e battere un piede per terra, in attesa.
 
Non riuscivo a capire perché, ma ero quasi infastidito da Harper e dalle sue continue battutine. Sembrava quasi che quella sera volesse, in ogni secondo, ricordarmi quello che era successo in cucina. Ogni tanto si appoggiava con la schiena al bancone e sorrideva senza motivo, guardandomi. Ero sicuro che lo facesse per farmi innervosire, per ricordarmi che qualche ora prima io e lei, su quel bancone, ci eravamo divertiti parecchio.
«Voglio prendermi cura di un uccello, Jar. Coccolarlo e tenerlo solo per me» esclamò all’improvviso, facendo ridere Joe e Wilson che sputarono la birra che stavano bevendo. Io mi limitai a guardarla con gli occhi sgranati, sicuro che, ancora una volta, stesse facendo qualche battutina porno che mi avrebbe messo in imbarazzo. Quella sera non ero al cento per cento e non riuscivo nemmeno a rispondere a tono.
«Un’Ara va bene? O vuoi un Ippogrifo?» risposi, bevendo un sorso di birra e appoggiando poi la bottiglia vuota sopra al tavolo davanti a me. Guardai Harp con uno sguardo di sfida, convinto di poter vincere quella partita di battutine.
«Non lo so… qualcosa di grande… possente… che sia… grande. Qualcosa che mi tenga compagnia insomma». Fece spallucce, ma potevo benissimo vedere il suo sorriso; quello che non riusciva a nascondere e che si posava sulle sue labbra rosse non appena trovava una situazione divertente.
Bene, era il momento di combattere.
«Dovresti prenderti qualcosa di più grande di un uccello. Magari un’orca, dicono che alcune siano addomesticabili, sai?». Così imparava a chiamare la mia… virilità Free Willy.
«Non saprei che farmene di un’orca. Mi serve qualcosa che voli in alto, libero. Non qualcosa di pesante e bicromatico». Mi sembrò quasi di vederla arrossire, ma di sicuro era una mia impressione. Perché Harp non arrossiva mai, perché lei era senza vergogna.
«La volete smettere? Sembrate una coppia sposata che discute su cosa mangiare a cena. Da quando in qua vi comportate così? Jar, dannazione, sei peggio di una donna mestruata, dovresti trombare un po’ di più» urlò Wilson, facendo ridere Harper, che nascose la risata, alzandosi e andando verso la cucina per mettere i piatti dentro al lavello. Senza pensarci due volte la seguii, convinto di chiarire la situazione con lei perché potesse smetterla.
Camminai verso la cucina, andando dietro di lei e cogliendola di sorpresa quando la intrappolai tra il mio corpo e il lavello davanti a lei. «Dacci un taglio, non ho intenzione di dire ai ragazzi quello che è successo e tu dovresti smetterla» bisbigliai con le labbra contro il suo orecchio, perché Wilson e Joe –nella stanza accanto –non potessero sentirci.
Sentii la sua schiena irrigidirsi a contatto con il mio petto e vidi il suo volto girarsi verso di me; aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. «Sei tu l’idiota che continua a fare riferimenti sessuali. Io volevo solo uno stupido uccello e tu hai tirato fuori la storia dell’orca, cretino». Mi spintonò in malo modo, prima di raggiungere i ragazzi e nascondere il suo volto dietro la bottiglia di birra, esattamente come avevo fatto io poco prima.
Cosa stava dicendo? Era lei ad aver iniziato tutto il discorso, appoggiandosi al bancone e ridendo, mentre mi guardava, non ero di certo io! Avevo solo risposto alle battutine idiote con la stessa carta.
«Io e Joe siamo giunti a una conclusione» esordì Wilson, spaventandomi. Quando lui e Joe arrivavano a pensare la stessa cosa, sapevamo tutti che si trattava di qualcosa di porno. «Voi due… avete bisogno di una trombata. Siete troppo tesi e si vede che c’è tensione. Quindi, stasera uscirete e la prima persona che risulta interessata a voi vincerà una notte di fuoco» sghignazzò Wilson, senza smettere di guardare Joe che rideva, alternando lo sguardo tra me e Harp.
«Siete dei cretini, primo non uscirò perché domani dobbiamo partire presto e secondo in ogni caso non sono così preso male». Visto che, in fin dei conti, mi ero scaricato poco prima con Harp. Forse la tensione che vedevano tra me e lei –non che ci potesse essere, poi –era dovuta al nostro sentirci a disagio, perché non avevamo ancora apertamente parlato di quello che era successo.
«Andiamo Jar, nessuno rifiuta la patata… a meno che non ami i wurstel!». Ecco il picco di stupidità mista al porno di Wilson; arrivava dopo tre birre e una cena messicana, prima della terza sigaretta post cena.
«Non sto rifiutando né una patata né un wurstel –che rifiuterei in ogni caso. Sto rifiutando una trombata tanto per, perché prima vorrei conoscere le patate che mangio». Non mi vergognavo nemmeno di essere diventato volgare come lui, tanto Harp era abituata anche a peggio; era lei la prima che non appena alzava un po’ il gomito diventava più volgare di noi tre uomini messi assieme. Per questo avevo capito che le donne ubriache potevano essere ancora peggio degli uomini.
«Io non rifiuto proprio un bel niente» sghignazzò Harp zittendoci tutti e tre. Significava che… scossi la testa per togliermi circa una trentina di immagini che si erano create nella mia mente dopo quell’affermazione. Potevo vedere dai volti dei miei due amici che anche la loro fantasia aveva creato prospettive interessanti. «E mi riferisco alla carne, sapete che non mi piace la verdura» puntualizzò subito dopo, facendo crollare tutti i nostro castelli.
«Per un secondo e mezzo mi sei sembrata ancora più trombabile Harp, ti ho immaginata con altre ragazze e naturalmente con me e… cavolo». Wilson si passò una mano davanti al volto, frustrato. «Tette ovunque» continuò poi, allargando le braccia per chiarire meglio il concetto. «Di taglia diversa. Ma vanno bene anche le tue Harp». Si allungò per accarezzarle un braccio, perché non voleva che si arrabbiasse.
«La tua fissa per le tette mi spaventa sempre» spiegò Harp, diventando improvvisamente seria. Bevve un altro po’ di birra, prima di sistemarsi meglio sopra alla sedia, incrociando le gambe e appoggiando i gomiti alle cosce per stare un po’ più comoda.
Wilson la guardò riflessivo, sentendosi offeso da quell’affermazione; poi si sentì in dovere di spiegare a cosa si riferiva: «Non è una fissa. Io ho questo potere paranormale di cui vado fiero. Guardo una ragazza e riesco a capire perfettamente la taglia di reggiseno che porta. Cioè, guardo una donna e so già se ha un push up o meno, se è coppa A, B, C o D». Con le mani spiegò la differenza tra le varie taglie, facendoci ridere tutti, Harp compresa.
«Non ci credo». Testarda come sempre, non voleva perdere di certo. La vidi drizzare la schiena come faceva sempre quando si intestardiva per qualcosa, poi, dopo essersi spostata i capelli dietro la schiena, assottigliò lo sguardo, in attesa di smentire Wilson e la sua teoria.
«Certo che sì, mia cara Harper. Esperienza». Wilson spostò la sedia più vicino a lei, fronteggiandola e abbassandosi per poterla guardare dritta negli occhi. Io e Joe eravamo in silenzio, con le braccia incrociate al petto, in attesa di sviluppi: quando Wilson e Harper iniziavano a fare così di sicuro succedeva qualcosa di stupido; era garantito.
«Tu vorresti dirmi che con tutte quelle che ti sei trombato hai imparato a capire a vista che taglia portano? Ma la chiedevi prima o dopo essertele portate a letto?». Era sospettosa, l’avevamo capito; per questo cercava di capire dove fosse il trucco e stuzzicava Wilson che aveva preso quella sfida davvero sul serio.
«Un mago non svela mai i suoi trucchi» ribatté lui, sfregandosi le mani, pronto per spiegare la sua teoria.
Senza nemmeno pensarci mi sentii in dovere di ribattere la mia opinione: «Io ancora non ci credo». Era così ovvio che non potesse indovinare la taglia con solamente uno sguardo che sembrava quasi ridicola come cosa. Anzi, lo era davvero, non lo sembrava.
«Sei diffidente, Jar. Fidati. Facciamo una dimostrazione pratica con la signora qui presente. Tutti noi sappiamo che Harp non ha le tette grandi. Si vede insomma. C’è chi apprezza e chi no…». Indicava con le mani il seno di Harp, coperto sotto alla mia tshirt che indossava. Maglia che era più grande di lei di come minimo tre taglie. Sembrava così piccola e magra –più del solito –quando indossava qualcosa di mio per stare più comoda. Sembrava anche… sexy, in quel momento.
«Io credo che qualcuno apprezzi» sghignazzò Harp, con uno sguardo birichino. Si stava riferendo a me, sicuramente. Al fatto che avevo apprezzato il suo seno qualche ora prima. Perché non c’era altra spiegazione per la sua risata. Non era stata lei a dirmi di smetterla di fare battute? Perché invece lei continuava? Voleva infastidirmi? Be’, ci stava riuscendo benissimo.
«Sì, Harp certo che qualcuno apprezza, te ne sei trombati un paio anche tu, ora lasciami continuare. Dicevo… quindi già escludiamo taglie medio grandi. Non si va più su della terza». Sembrava un professore davanti a un’aula piena di universitari che lo ascoltavano, era quasi ridicolo dalla serietà che ci metteva mentre spiegava le sue teorie sulle tette di Harp. Era facile però capire che non si andava più su di una terza, quando si parlava delle nontette.

«Le tette di Harp sono piccole, secondo me inesistenti». L’affermazione di Joe mi fece parlare prima ancora di pensare. Senza nemmeno rendermene conto, sputai quello che il mio cervello aveva elaborato in meno di un secondo.
«Secondo me sono abbastanza grandi da essere strizzate per bene». Quelle parole furono accompagnate da un flashback della mia mano sul suo seno che mi accecò per qualche secondo, facendomi voltare verso quel ripiano su cui l'avevo posata. Sì, decisamente non erano così piccole da non poter essere… toccate. Non appena capii quello che avevo detto, mi voltai verso Harper, che mi guardava con gli occhi sbarrati, allibita. Perché faceva quella faccia? Se lei poteva lanciare frecciatine perché io non potevo farlo?
«Mi lasciate finire il mio discorso? Dicevo, direi che ha… una seconda scarsa, sbaglio?». Wilson era decisamente arrabbiato perché nessuno l’aveva lasciato finire e quindi non poteva dimostrare il suo superpotere. Quando concluse la domanda però, vidi Harp alzarsi dalla sedia, con un sorriso tirato sulle sue labbra.
«Preferisco dire prima abbondante, perché quando dici abbondante la gente non fa caso alla taglia. E ora scusatemi ma vado a dormire, domani mattina devo alzarmi presto. Buonanotte». Non venne a salutarmi, non mi abbracciò, non scherzò nemmeno tirandomi un pugno. Se ne andò senza nemmeno pensare di sistemare la tavola, che aveva ancora alcuni piatti sopra; semplicemente salì le scale in silenzio, facendoci rimanere zitti per la sorpresa. Che diamine le era successo? Perché si era offesa?
«Allarme rosso! Allarme rosso! Ciclo in arrivo, ciclo in arrivo» urlò Wilson, per farsi sentire anche da Harp che non reagì, se non sbattendo la porta della sua camera per farci capire che non voleva essere disturbata. Anche lui perse il suo sorriso, stupito. «Si è offesa?» chiese preoccupato, alzandosi per andare a parlarle.
Joe però imitò il suo gesto, appoggiando una mano sul braccio del nostro amico, per fermarlo. «Wilson, andiamocene prima che scenda a sbranarci». Forse Joe aveva capito che Harp aveva qualcosa che non andava, ma ero sicuro che nessuno di loro potesse capire il vero motivo per cui si stava comportando in quel modo. Nessuno di loro lo sapeva, perché nemmeno io comprendevo quel suo strano comportamento.
«No… ragazzi il problema è che lei…» iniziai, bloccandomi subito dopo perché sapevo di non poterne parlare con loro. Dovevo farlo con Harp, doveva spiegarmi cosa le succedeva e perché era diventata così strana da quando si era messa a ridere, subito dopo che noi avevamo…insomma... Mi accorsi che i ragazzi mi stavano guardando, in attesa di una risposta, così mi affrettai a continuare: «… è solo preoccupata per Ken».

I ragazzi annuirono, salutandomi e uscendo velocemente per tornare a casa. Non appena chiusi il portone alle mie spalle, andai in cucina per sistemare tutto il disastro che avevamo lasciato e imprecai quando, chiudendo il frigo, mi incastrai il dito.
Sapevo cosa dovevo fare per riuscire a dormire tranquillo senza rigirarmi per ore tra le lenzuola: dovevo chiarire con Harper quella situazione. Per questo, dopo un respiro profondo, salii le scale, soffermandomi per qualche secondo di troppo davanti alla sua camera, indeciso se entrare o meno.
Bussai piano, abbassando la maniglia e affacciandomi solo con il volto. «Harp? Posso entrare?» mormorai, attendendo una sua risposta. Ero sicuro che non si fosse già addormentata, anche perché vedevo la borsa che si era preparata per quei due giorni di viaggio.
«Sto dormendo, non voglio essere svegliata» mugugnò, rigirandosi tra le lenzuola e coprendosi il capo con il cuscino. Sentire la sua voce ovattata mi fece ridere; quando si comportava così sembrava davvero la bambina che avevo conosciuto anni e anni prima, quella che prendevo in giro e non lasciavo giocare con me e Ken solo perché era una donna.
«Che è successo?» mormorai, sedendomi sul suo letto e accarezzandole una spalla scoperta, perché si voltasse e mi parlasse da persona matura.
La vidi scostarsi di colpo, affinché non potessi toccarla e subito dopo si mise a sedere di scatto, guardandomi dritto negli occhi. Potevo vedere i suoi grandi occhi verdi luccicare anche se la stanza era immersa nel buio, per questo rimasi immobile quando sibilò, di nuovo:  «Vattene Jar, davvero». Sembrava arrabbiata, molto.
«Harp…» mormorai, pronto a darle –e soprattutto chiedere –qualche spiegazione. Non mi lasciò il tempo di dire nulla, però; visto che iniziò a parlare a velocità supersonica, agitando le braccia.
«D’accordo. Perché hai fatto quella battuta idiota sulle mie tette? Ti avevo chiesto espressamente di fare finta che non fosse successo niente, perché dobbiamo ricordare quello che è successo, visto che domani dobbiamo fare un viaggio di diciassette ore chiusi in macchina assieme? E ora scusami, ma tra cinque ore dovremmo partire e vorrei riposare un po’. Buonanotte». Come un uragano si distese di nuovo a letto, coprendosi con le lenzuola senza che potessi dire qualcosa per rispondere a tutte le domande che mi aveva fatto.

«Harp io credo che…». Un nuovo tentativo di chiarire una volta per tutte. Un nuovo tentativo vano, visto che urlò, fermandomi.
«Buonanotte, Jared».

Inutile continuare a provare, sapevo che quando era così arrabbiata l’unica cosa da fare era lasciarla sbollire; poi avrei potuto provare a ragionare. Magari a mente fresca, qualche ora dopo, visto che ci aspettava un lungo viaggio.
Da soli.

 
 
 
 
Inizierei con lo scusarmi per il ritardo, ma sono quasi sicura che non ci sia più nessuno qui, giusto? :O
Mi scuso, l’ultimo aggiornamento di questa storia risale a dicembre e credo sia la prima –e anche l’ultima visto che è una cosa che io non sopporto –volta che succede una cosa del genere.
Vorrei anche spiegarvi i motivi, ma siccome ho sempre tenuto separata Roberta da RobTwili, credo che non inizierò a unire le due cose proprio ora. L’unica cosa che c’è da sapere è che, purtroppo, capita che la vita vera prende un po’ troppo il sopravvento con avvenimenti improvvisi e non sempre piacevoli.
In questi mesi sono stata assente dalle pubblicazioni di EFP, ma ho cercato comunque di rispondere ai messaggi privati e alle recensioni che arrivavano.
Mi sono scusata così tante volte anche nel gruppo che non so più in che lingua farlo, però posso assicurarvi che ho infinitamente provato a scrivere, senza riuscirci. E non sono nemmeno sicura di esserci riuscita con questo capitolo; vi ho fatto aspettare mesi per un capitolo in cui sostanzialmente non succede nulla e che sembra anche decisamente troppo volgare. Mi scuso anche per quello, ma è difficile per me tornare nella testa di Jared dopo così tanto tempo.
Ci tengo a precisare che la battuta pornissima di Wilson, non è di mia proprietà, mi riservo dallo svelare la mente che l’ha prodotta per non imbarazzarla, ma di wurstel e patate non son proprietaria io…
Prometto che il prossimo capitolo molto più pepato in tutti i sensi, arriverà entro un paio di settimane. Stavolta non mi faccio fermare da niente.
In ogni caso, visto che non l’avevo più detto perché non ne ho avuto la possibilità, avevo pubblicato la OS di Natale riguardante gli Eagles, per chi fosse interessato a leggerla, la potete trovare qui: A VERY EAGLES CHRISTMAS.
Po poi poi… come sempre NERDS’ CORNER è il gruppo dove metto spoiler, notizie e altro. Ultimamente non sono stata presente anche perché non avevo molto da dire, ma da ora in avanti sarà decisamente diverso!
Mi scuso ancora infinitamente per il ritardo, e se c’è qualcuno che è arrivato a leggere… grazie.
Rob.
   
 
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