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Autore: cheek_s    19/03/2013    2 recensioni
"Era un sentimento strano. Era qualcosa di forte, di travolgente, di potente, qualcosa che ti prendeva in pieno, lasciandoti senza la forza per prendere fiato e respirare. Era il vento tra gli alberi, era il rombo di un tuono, era guidare a massima velocità per una strada libera e senza traffico con i finestrini spalancati e una canzone degli U2 a tutto volume come sottofondo, era selvaggio, devastante, folle.
Ed era meraviglioso."
Annie vuole cambiare il mondo. Zayn il mondo si limita ad osservarlo.
Annie non crede nell'amore. Zayn l'amore l'ha sempre vissuto come distruzione.
Annie sa che ogni cosa accade per una ragione. Zayn, semplicemente, non riesce a trovare una ragione all'essere sé stesso.
Annie ama le tempeste. Zayn la tempesta ce l'ha dentro.
Una scommessa, un segreto, un'affinità che fa spavento.
Un amore che travolge, e lascia senza fiato.
Un amore, e il rumore della tempesta.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ronnie

 

 
 
Scostai disgustata il piede di Frankie dalla mia faccia, facendolo cadere a peso morto sul pavimento.
Erano appena le tre di notte, e tutte si erano già addormentate da un pezzo.
Tutte tranne me, ovviamente.
Non che non mi piacesse dormire; lo consideravo un passatempo decisamente migliore di tutte quelle cose inutili e noiose che tenevo occupati i pomeriggi di Annie.


Diciamocela tutta: a chi diamine sarebbe interessato leggere un libro o fare i compiti mentre nel mondo succedevano tante cose così interessanti e degne della mia attenzione?!
Non che non studiassi. In un modo o nell’altro avrei comunque dovuto farlo, almeno per tenere momentaneamente a bada l’ira funesta di mia madre prima della fine dell’anno.
Sapevo già su cosa sarebbe stato basato il mio futuro, e carta e penna non mi sarebbero servite di sicuro.
Volevo sfondare, entrare nel mondo dello spettacolo, diventare qualcuno.


Forse ci sarei riuscita, ma passare interi pomeriggi sui libri non mi avrebbe mai aiutato a calcare le scene di un palcoscenico o a fingere di piangere o ridere davanti all’obbiettivo di una telecamera professionale.
Sbuffai, distendendomi nuovamente per terra, i capelli in disordine e le mani sulla pancia.
Avevo una voglia pazzesca di mangiare del cioccolato.


Non ero sicura che fosse del tutto normale mangiare nel cuore della notte, soprattutto dopo aver divorato completamente da sola un pacco di patatine grande quanto almeno la mia testa, ma allo stomaco non si comanda.
No, quello era il cuore.
‘Non fa niente, lo stomaco è più importante del cuore’, mi dissi, e feci pressione sulle mani per alzarmi dal pavimento e dirigermi in cucina.
 
 
Una volta fuori dalla stanza di Annie, iniziai a camminare in punta di piedi verso le scale.
Dovevo fare in modo da raggiungere il piano di sotto indenne, senza che nessuno mi scoprisse o  mi facesse una domanda dietro l’altra, particolare che alle quattro del mattino non avrebbe fatto altro che irritarmi ulteriormente.


Mi aggrappai allo scorri mano, e scesi le scale lentamente, cercando di posare il meno possibile le punte dei piedi sulla moquette scura.
Mai come in quel momento fui grata a mamma Styles per aver scelto di ricoprire il pavimento di un materiale così soffice e insonoro invece di una serie di mattonelle di parquet che avrebbero aggravato ancora di più la mia posizione in quel momento.
Una volta arrivata alla base delle scale, tirai un sospiro di sollievo, e m incamminai verso la cucina.
L’avrei raggiunta senza alcun problema, prendendo il barattolo pieno ancora fino all’orlo di nutella che Nathalie aveva lasciato sul ripiano di cottura quando eravamo salite al piano di sopra, e ritornando in camera senza destare sospetti.


Senonché qualcuno avesse deciso di intralciare i miei piani, parandosi davanti al mio petto e facendomi quasi cadere a terra.
Alzai lo sguardo, fulminando con gli occhi la figura scura ancora immobile davanti a me che non sembrava in grado di compiere nessun movimento.
Sbuffai, scostandomi un ciuffo di capelli che mi era ricaduto sulla fronte, e tentando invano di alzarmi.
“Grazie per l’aiuto, sconosciuto che ha intenzione di procurarmi la rottura della spina dorsale”.


Vidi la figura rilassarsi, per poi porgermi una mano verso il basso.
“Oh, meno male, sei una delle ragazze. Pensavo di essermi imbattuto nello spirito ribelle di nonna Peppa”.
Riconobbi quasi immediatamente l’accento irlandese strascicato e allegro di Niall, e scostai la mano che mi aveva allungato, alzandomi in piedi da sola.
“Se credi sul serio ai fantasmi, giuro che nel giro di un anno ti rinchiuderò in un manicomio per irlandesi” dissi, incrociando le braccia al petto e aspettando che si scostasse per farmi passare.
Più parlavo, più la mia saliva veniva sprecata, più la mia voglia di cioccolato cresceva.


Perché Horan non si levava dalle palle e mi lasciava mangiare in pace?!
Lo sentii ridacchiare, per poi posare una mano sgradita alla base del mio fianco.
Percorse l’arco della mia vita con le dita, per poi attirarmi violentemente in sé.
“Sei Ronnie, vero?! Ti si riconoscerebbe anche a un miglio di distanza” sussurrò, avvicinando la bocca al mio orecchio.


Sentivo il suo respiro caldo sul mio collo, mentre i fini capelli biondi mi sfioravano delicatamente una guancia.
Socchiusi gli occhi, lasciandomi abbandonare a quella sensazione così strana, nuova, così diversa…
Un momento. Io ero venuta lì per il cibo. Quello era il mio obiettivo.
Forse Niall aveva finito la nutella e ora cercava di distrarmi per fare in modo che non me ne accorgessi.
Regola numero uno: mai mettersi tra una ragazza e il suo cibo.


O forse era il lucidalabbra?
Oh, al diavolo.
Lo allontanai da me con decisione, e mi diressi verso la cucina senza nemmeno voltarmi indietro.
“Lo so. La mia unicità è percepibile nell’aria”.
Aprii la porta scorrevole e mi guardai intorno: tutto tranquillo, tutto al suo posto.
E poi, eccolo: un contenitore di vetro marrone dal tappo bianco avvolto in un’etichetta di plastica, sulla quale spiccava a caratteri neri e rossi la scritta che mi avrebbe salvato la vita.


‘Nutella- Ferrero’.


Mi sentii come se il Papa in persona mi avesse appena comunicato che la mia vita era stata ripulita da tutti i peccati e che non mi restava altro che raggiungere il paradiso una volta morta.
Afferrai il contenitore con entrambe le mani, stringendolo al petto, e aprii un cassetto per prendere un cucchiaino.
Mi voltai soddisfatta, pronta ad andarmene, e scostai nuovamente Niall, in piedi davanti alla porta.
“Scusami finto biondo, devo passare”.
Feci per salire le scale, ma la voce dell’irlandese mi bloccò a metà percorso.


“Ronnie?!”
Mi voltai verso di lui, continuando a tenere stretta la nutella come se fosse stata un bambino.
“Dimmi”.
Si avvicinò pericolosamente al mio viso, fissandomi dritta negli occhi.
“Ti andrebbe di… rimanere un po’ qui?!”
Il tono con cui lo disse era irritante.
Sembrava Uma Thurman nello spot della sweppes.


‘Ti andrebbe un po’ di sweppes, solo io e te?’
Gli mancava solo una bottiglietta di quella bevanda e il rossetto rosso spalmato sulle labbra per essere del tutto identico all’attrice nella pubblicità.
Mi allontanai da lui, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
“Mi dispiace Uma, ma in questo momento non posso. Perché non cerchi si assomigliare un po’ di più a Maryl Streep?!”


Assunse un’espressione confusa, muovendo le mani in modo eloquente.
“Che cazzo hai detto?!”
Sbuffai, e esibendo un sorriso gelido, mi litai a dargli qualche confortante pacca sulla spalla, prima di voltarmi e salire verso la camera da letto di Annie.
“Buonanotte, Horan”.


Di tutti i ragazzi che avevano cercato di fare sesso con me, Niall era quello più strano.
Anche il suo modo di porsi con le ragazze in generale era diverso da come ci si aspettasse; aveva un non so che di misterioso, dietro quegli occhi puri.
E il fatto che fosse irlandese aumentava ancora di più il suo fascino già abbastanza traboccante.
 
 
 
 
 

Annie


 

 
Odiavo la matematica. L’avevo sempre detestata.
Tutti quei numeri, quelle formule, quelle figure incomprensibili, non facevano per me.
Avevo sempre avuto voti scarsi , salvo la sufficienza di fine anno che la professoressa mi regalava  giusto per non rovinare la media abbastanza alta che mi ritrovavo nelle altre materie.
Cercavo di impegnarmi, ma era più forte di me: ogni volta che mi sedevo dietro a quel banco, in quell’aula, con quella professoressa, la mia attenzione calava sistematicamente per concentrarsi sul profilo perfetto e delicato di Louis, che in genere giocherellava distrattamente con una matita arancione che usava sempre per scarabocchiare formule approssimative su pezzi di carta strappati da altri quaderni.


Quella mattina però, quando la voce lamentosa e noiosa della professoressa iniziò a farsi largo nei meandri della mia mente e mi voltai verso destra pronta a sbirciare ogni singola mossa di Tomlinson, mi accorsi del posto vuoto che inizialmente non avevo notato.
Louis non era in classe.
Mi alzai leggermente dalla posizione accasciata che avevo assunto circa trenta minuti prima, e mi guardai intorno, accorgendomi quasi immediatamente dell’assenza di Harry e Niall.
Dove diamine erano?!


Iniziai a ticchettare nervosamente con la penna sul banco, tormentandomi un ciuffo di capelli tra le dita.
Negli ultimi tempi, Harry e i ragazzi avevano assunto degli atteggiamenti strani.
Si guardavano continuamente di sottecchi, lanciandosi occhiate complici, come se avessero qualcosa da nascondere al resto dell’umanità.
Niall aveva ripreso a fumare, Liam si vedeva sempre meno a lezione, Louis aveva una nuova macchina che ero sicura non sarebbe riuscito a comprare nemmeno spendendo i risparmi di una vita e Harry continuava a chiedermi soldi in prestito senza restituirmeli mai.


Zayn continuava a comportarsi allo stesso modo di sempre, parlando poco e rispondendo male a chiunque gli capitasse a tiro.
Forse si erano semplicemente sentiti soffocare ed erano usciti fuori a prendere un po’ d’aria, ma il fatto che tutti e cinque non fossero presenti nello stesso momento non faceva pensare ad una semplice coincidenza.
Ero certa che stessero organizzando qualcosa di pericoloso.
Dovevo solo riuscire a scoprire di cosa si trattasse.


“STYLES!”
Sobbalzai, spostando leggermente il banco per la sorpresa.
La professoressa mi guardava in cagnesco, il gessetto in mano e il golfino leggermente imbiancato.
“Si?!”
Posò il gessetto, portandosi le braccia al petto con espressione infastidita.
“La smetteresti, di grazia, di usare la tua penna come possibile strumento musicale?!” disse, sottolineando con enfasi le ultime sillabe di ogni parola.
Abbassai lo sguardo verso la mia mano, che come impazzita continuava ad alzare e abbassare il cappuccio della penna sul banco.


La fermai con un gesto secco del braccio, e mi sentii avvampare in una sola fiammata, riuscendo a percepire le risatine soddisfatte di alcune mie compagne di corso.
“Scusi”.
 
 
Una volta fuori dall’aula, mi diressi verso i bagni.
La figuraccia con la professoressa di matematica mi aveva trasformato in una sorta di pomodoro ambulante, e avevo bisogno di darmi una rinfrescata prima di farmi vedere in giro per i corridoi.
Avrebbero tranquillamente potuto scambiarmi per un semaforo, e l’idea non mi confortava quasi per niente.
Mentre raggiungevo le porte laccate di rosso della toilette, intravidi una chioma riccia esattamente a qualche metro di distanza da me.
Mi fermai di colpo, e mi nascosi dietro ad un muro lì vicino, cercando di farmi notare il meno possibile.


Riconobbi quasi immediatamente le spalle larghe di Liam e il profilo duro di mio fratello, anche se non riuscivo  a mettere bene a fuoco il ragazzo mingherlino e vestito di scuro che gli stava davanti.
Assottigliai gli occhi, sporgendomi leggermente in avanti per vedere meglio.
Parlavano a bassa voce, tanto che gli unici suoni che mi arrivavano da dietro alla parete di cemento dove ero appiattita erano dei semplici borbottii senza intonazione.
Notai Harry guardarsi intorno preoccupato, con quella ruga profonda che gli solcava la fronte ogni qual volta sentiva di essersi cacciato nei guai, e vidi Liam porgere qualcosa al ragazzo dai capelli lunghi.


Non capii cosa fosse; al primo impatto mi sembrò una busta, ma forse mi sbagliavo.
Ero troppo lontana per riuscire a capire con certezza di cosa si trattasse, quindi mi alzai leggermente in punta di piedi, gettandomi i capelli all’indietro per fare in modo da non averli negli occhi come impiccio.
Aguzzai la vista: Liam ora stava discutendo con il tizio gotico a cui aveva porto quella che ritenevo essere una busta.
Vidi il suo braccio alzarsi, le sue nocche contrarsi, e l’espressione terrorizzata di Harry.
Stavo per lasciare il mio nascondiglio per correre verso mio fratello, quando qualcuno mi tirò indietro per un braccio.


Mi voltai, incontrando gli occhi scuri e ansiosi di Zayn.
“Cosa stai facendo qui?!” disse, la voce grave e piena di preoccupazione.
Abbassai lo sguardo verso la sua mano stretta intorno alla mia maglietta: sembrava non avere nessuna intenzione di lasciarmi andare.
Me lo scrollai di dosso, fissando i miei occhi nei suoi.


“Sono affari miei. E non mi sembra che la scuola sia tua”, ribattei, aggiustandomi meglio la borsa su una spalla.
Anche se lo conoscevo sia da bambina, Zayn mi incuteva timore.
Sapevo che non avrebbe mai alzato le mani su qualcuno a scuola, ma mi era capitato più volte di assistere ad una delle zuffe dove riusciva ad avere tranquillamente la meglio su ragazzi molto più imponenti di lui.


Non picchiava nessuno se non provocato, ma avevo visto abbastanza nasi sanguinanti e costole ammaccate per pensare sempre due volte prima di dare una risposta a qualunque sua domanda.
Tuttavia, in quel momento non mi importava di cosa avrebbe potuto farmi; sentivo che Harry si stava cacciando in una situazione sgradevole, e non avrei permesso che gli succedesse qualcosa.
Nostra madre aveva già abbastanza problemi con il pub e l’organizzazione del matrimonio con Robin per occuparsi dei suoi colpi di testa, e sebbene fossi la figlia minore, mi sentivo in dovere nei confronti del riccio.
Lo vidi sospirare, e passarsi una mano tra i capelli scuri.


“Senti Annie, andiamo via, ok? Ti accompagno io a casa”.
“Non ce n’è bisogno. Puoi andare” dissi, e feci per voltarmi di nuovo verso il muro dietro il quale ero stata nascosta fino a quel momento.
Zayn mi afferrò nuovamente per un braccio, costringendomi a girarmi ulteriormente.
“Non puoi rimanere qui, la campanella è suonata da un pezzo. Se la preside ti becca, finisci in punizione” ribatté, modulando la voce in modo convincente.
Continuai a guardare dietro di me, ansiosa.


Non me la sentivo di lasciare Harry in un mare di guai, anche se forse stavo semplicemente esagerando.
Probabilmente aveva accompagnato Liam a sbrigare uno dei suoi affari ed ora era già in macchina pronto a ritornare a casa; mi stavo facendo prendere troppo dal senso di responsabilità che mi era stato inculcato da mia madre sin da piccola.
“Forza, andiamo”.


Mi voltai di nuovo verso Zayn e osservai i suoi occhi color miele: sembravano tranquilli.
In fondo, il moro era un ragazzo con la testa sulle spalle: se fosse successo qualcosa di grave sarebbe intervenuto sicuramente.
Sospirai, e mi incamminai verso l’uscita, precedendo Zayn di qualche passo.
Mi resi conto solo inseguito delle occhiate furtive che continuava a lanciare verso il punto in cui avevo  visto Harry e Liam qualche attimo prima mentre camminava a fianco a me.
 
 
 
La macchina di Zayn era una vecchia Jaguar scura ereditata  dal padre, e che probabilmente quest’ultimo continuava ad usare, a giudicare dall’odore di birra e tabacco che impregnava i sedili di stoffa.
Era elegante, forse un po’ arrugginita, ma piuttosto ben funzionante nonostante gli anni e i kilometri percorsi.
Seduta accanto alla figura del moro, guardavo il traffico scorrere veloce e rumoroso accanto a noi fuori dal finestrino, mentre disegnavo dei piccoli cerchi con le dita sul vetro appannato dal freddo, senza pensare a niente in particolare.


La radio era accesa, sintonizzata su una stazione che trasmetteva musica pop che in quel momento non riuscivo bene a riconoscere dato il volume estremamente basso.
Tutto in quell’ambiente conferiva un clima di tranquillità, cosa abbastanza strana, considerato il carattere iroso e schivo del proprietario del veicolo.
Mi voltai leggermente verso il profilo di Zayn.
La curva liscia della mascella, il naso completamente dritto, le labbra carnose e i capelli scuri pettinati in alto: era davvero carino.
Peccato che fosse così impossibile da gestire.


Non odiavo Zayn, non avrei mai potuto; semplicemente non sopportavo i suoi atteggiamenti scortesi, le sue risposte evasive e la sua rabbia incontrollabile.
Si girò infastidito verso di me.
“Che hai da guardare?!”
“Niente.”
“E allora finiscila” disse, stringendo le mani intorno al volante e ritornando a guardare il traffico.
Sbuffai, iniziando a giocherellare distrattamente con il portachiavi che avevo in mano.
Avevo tenuto la bocca chiusa per troppo tempo. Dovevo assolutamente parlare di qualcosa.


“E’ da molto che guidi?!” esordii, giusto per introdurre un argomento.
Si agitò sul sedile, assumendo un’espressione tra il disagio e il terrore.
Evidentemente quando mi aveva chiesto di riaccompagnarmi a casa non aveva immaginato che avremmo dovuto parlare per ammazzare il tempo.
“Si”.
Aspettai che continuasse.
Silenzio. Decisi di non arrendermi.


“Cioè? Da quanto di preciso?”
“Da quando ho la patente”.
“E quando hai preso la patente?”.
“A 18 anni” rispose, la voce più simile a un grugnito che a una reale intonazione vocale.
“E ora quanti anni hai?”
“19”.
Assunsi un’espressione confusa.


“19?!”
“Si”.
Iniziai a mangiucchiarmi un’unghia, continuando a giocherellare con il portachiavi a forma di coniglietto.
“Sul serio hai 19 anni?”
Sospirò rumorosamente, stringendo leggermente gli occhi.
“Si.”
Feci una pausa.
“E perché?”
“PERCHE’ SONO NATO 19 ANNI FA. MI PARE ABBASTANZA LOGICO, NO?!” sbottò, alzando la voce e sbattendo le mani sul volante con fare esasperato.
Sbuffai, incrociando le braccia al petto.
“Ok. Calmati”.
 
 
 
ASHMAMBOH.
BUONASERA GURLZZZZZZZ.
Questo capitolo mi piace, non chiedetemi il perché lol
Ho dato spazio al personaggio di Ronnie, che sinceramente amo.
Mi sono ispirata al carattere di una mia carissima amica, che si comporta allo stesso identico modo.
Spero vi piaccia :)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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