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Autore: Melitot Proud Eye    19/03/2013    5 recensioni
[vecchio titolo -> Doveri]
«Thor, tu hai bisogno di una moglie.»
«Io ho già una moglie» dice lui. «E un marito, e un fratello e un amico. E sei tu. Non ho bisogno di sconosciuti nel mio letto.»

Doveri e desideri di due sovrani.
{Presso fuochi di campo e troni di re incoronati - XII}
[future!fic post-Avengers/TDW] [Thorki-Thunderfrost + Jarnsaxa/Thor]
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Presso fuochi di campo e troni di re incoronati'
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Note: questo capitolo ha un format a collage. Volevo sperimentare e comunque è uscito così e cambiarlo è risultato al di sopra delle mie forze. Spero vi piaccia comunque. Anche se Thor e Loki non fanno altro che litigare.
[edit 2/3/14]

PS. Dimenticavo di dire che questo capitolo partecipa all'iniziativa Antiautofill di Piscina di Prompt, col prompt: Avengers, musi lunghi >:}
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Estraniarsi è lasciarsi per metà



I


Con quelle montagne selvagge e la neve perenne, Jotunheim sarebbe piaciuta ai suoi amici di un tempo. Thor vede – come se li avesse davanti – Stark, Rogers e Barton sfidare le discese, Banner perdersi a studiare ogni stranezza, lady Natasha scoprire segreti col semplice sguardo.
Ma il loro tempo è passato da così tanto che, a volte, i particolari dei loro visi sfumano; le loro voci si confondono nel suono bianco di una cascata. E lui è solo.
Gli amici che ancora possiede non hanno inclinazione per il freddo. E, altrove, le porte della camera reale sono chiuse in tributo alla più stupida delle ostinazioni. Sospira, guardandosi intorno: se non altro Utgarða è tranquilla. (Indifferente, nella sua derisione.)
Vorrebbe i Vendicatori al suo fianco. Riuscirebbero a complicare le cose fino a semplificarle, ne è sicuro.


II


La Sala dei Re è un ambiente lungo, spoglio, alto quasi come una montagna, e poco illuminato. Ha colonnati e pareti massicce prive di aperture, tranne che in fondo, dove un oculo proietta un fascio di luce sui supplicanti. Oggi è anche una caverna silenziosa, perché non si tengono udienze; il corpo di Loki traccia una curva indolente fra le guglie del trono.
Non dorme. Thor sa di esser stato notato nel momento in cui ha passato il grande arco.
Mentre si avvicina riflette, alla ricerca di una strategia che non finisca nel solito scontro a colpi di corna. Sovrano, diplomatico, Padretutto per nove mondi con successo, sì – ma ancora giovane, e alcune cose non smetteranno mai di risvegliare i suoi istinti peggiori. Il vero io di Thor è vento e tempesta: una tormenta costretta sotto una fragile patina di civiltà. Lui e Loki si somigliano molto più di quanto si creda.
E insieme, tuttavia, trovano l'equilibrio per forgiare un'altra via, lontano dalla violenza e dalla solitudine. E' per questo che Thor ha bisogno di Loki. E' per questo che Loki ha bisogno di Thor. Separati, tornerebbero ad autodistruggersi.
Si ferma vicino allo scranno, né davanti né a fianco. In riconoscimento al clima e alla tradizione del suo regno, Loki è Jötun e poco vestito: sopra il kjálta di pelliccia nera indossa solo due bracciali d'oro che gli serpeggiano fino alle spalle e un rubino, scuro come sangue al centro della fronte. Tutto il resto è magnifica pelle nuda.
Quando l'asta di Gungnir preme sul ghiaccio battuto, picchettando quella terra di mezzo, parte e si espande una ragnatela di crepe bianche. Loki solleva una palpebra.
«È così che sarà, d'ora in poi?» chiede Thor.
«Di che stai parlando?» La sua aria di perplessità è quasi convincente.
«Sto parlando delle tue porte.»
«Oh, quelle.»
«E del fatto che non mi cerchi più, né ti fai trovare quando ti cerco.»
Loki rotea due dita, vago, sollevandole appena dal bracciolo. «Sono un sovrano in cerca di moglie con tanti ospiti in casa, non posso dar l'impressione sbagliata ai possibili acquirenti. Il permafrost è piccolo e le bestie mormorano.» Sorride. «Dovreste saperlo meglio di me, Padretutto... considerata la fila che attende alle vostre porte.»
Thor stringe i pugni. «Sto parlando sul serio.»
«Oh, ma anch'io.» Loki lo fissa, disinvolto. Questo è Linguadargento, la personalità meno apprezzabile di lui – e purtroppo una delle più ostinate. «Considerate la nuova discrezione delle mie sale un favore del re al suo gradito ospite, presto fidanzato.»
Thor piomba sul trono in due falcate.
Le sue mani si abbattono sui braccioli e ghermiscono gli intagli di ghiaccio, incrinandoli. Costretto a ritirare i gomiti, Loki tentenna, poi si irrigidisce e guarda nel vuoto.
«Tu puoi illuderti che questo piano avrà un seguito se ti ostini abbastanza. Ma non succederà, te lo assicuro. Ascoltami bene – guardami
Lentamente, Loki gira la testa. Il rosso dei suoi occhi è così intenso da sembrare nero. Pare pietra, ma Thor riesce a sentire il correre del suo cuore anche senza toccarlo.
«Te lo dico di nuovo: o tu o nessun altro. Resterò solo, se non mi sposi.»
«Non ti suona come un ricatto?» fa.
«E le tue porte chiuse, la tua freddezza non lo sono?»
«Forse non ti voglio più.»
«O forse non sei più un bugiardo abbastanza bravo.»
Thor aspetta, respiro affannoso. Nell'impeto del movimento, il mantello gli è scivolato oltre il fianco e gli ricade contro una coscia; scende contro il polpaccio sinistro di Loki, accumulandosi intorno alla sua caviglia, quasi attorcigliato. In un'altra situazione sarebbe divertente: nemmeno i suoi abiti possono fare a meno di lui. Per un attimo, quella caviglia tradisce. Trema, e Thor intravede una breccia.
«Allontanati.»
«Deciditi, una buona volta–»
«Ho già deciso
E uno strattone libera la stoffa del suo mantello, spingendolo bruscamente indietro. Thor si riprende subito, ma non torna all'attacco; si limita a fissare Loki attraverso palpebre socchiuse. Poi si passa una mano sulla faccia e recupera Gungnir.
«Perché devi fare così? Perché incaponirsi proprio su questo–su questo–»
«Tu sei un sovrano che sta prendendo moglie, Thor. E anch'io.»
Oh, agli inferi tutto. Se continua così ne uscirà pazzo. Ha bisogno di un piano di sfondamento, adesso.
«Continua a sognare» sillaba, e se ne va in un bagliore d'oro.



III


Repetita iuvant, dicevano gli antichissimi di Midgard. Ripetere le cose fa bene: sedimentano. E Loki non ha mai dovuto applicare tanto quella prescrizione come con Thor, dall'infanzia alla maturità. Maturità...
Un barlume di sconsolata ironia deve trapelare, perché gli occhi di Thor mandano un lampo.
«Se vuoi parlare ancora di quello» dice, chino su alcune tavolette di pietra «puoi anche uscire. Sto riflettendo.»
Ha ha. «Su come sembrare più idiota?»
«Attento, Loki.»
Gli siede di fronte e accavalla le gambe. «E' la mia biblioteca. Ho diritto di passare qui il pomeriggio, se mi aggrada.»
«Ma non d'insultarmi ancora. Non avete udienze, augusto cugino
«Questa è la più importante, Padretutto.»
Thor lo fissa per tre attimi. Poi sbatte il volume sugli altri, lascia la scrivania e va a piazzarsi davanti a una finestra, tra due scaffali di ghiaccio – spalle rigide, fiato che sale in lunghi sbuffi. Loki non si nasconde che, in tutta quella deprecabile faccenda, rivedere episodi della sua vecchia impulsività è un piacere. Con le pellicce richieste dal clima di Jotunheim sembra un orso, pronto all'assalto; risveglia in Loki un istinto selvaggio di caccia, sangue e accoppiamenti.
Dev'esser stagione di cucciolate.
Loki stringe le dita sui braccioli della sedia. «E ho diritto di dire ciò che penso. Potremmo considerarla una trattativa privata?»
Thor si gira, lentamente. «Hai nuove proposte?»
«Se per proposte intendi "partiti"–»
«No
Loki alza le spalle, attingendo a secoli di finzione per apparire disinvolto. «Io elenco lo stesso... non si sa mai. Vediamo, c'è la nipote del–»
Thor torna e afferra a casaccio una pila di tavole. «Divertiti, perché sarà un monologo.»
«Dove vai?»
«Devo consultare questi, maestà. Dopodiché vi toglierò il disturbo di un ospite sgradito.»
«Non si possono portare fuori documenti antichi da questa sala» risponde Loki, in mancanza d'altro.
«Sono sicuro che farete un'eccezione. Ho bisogno di pensare mentre leggo, e qui tira un'aria che distrae.»
Loki sa riconoscere una battaglia persa. Inghiotte la risposta istintiva (e il desiderio di lasciar perdere tutto, una buona volta, riportare la pace e la passione con due sole parole – anzi, due mosse), si alza e lo guarda passare, vibrando d'energia repressa.
Thor raggiunge il cancello di ghiaccio ed esce, sbattendoselo dietro.



IV


Dai bastioni, l'arena cittadina è invitante: un ampio quadrato bianco punteggiato di combattenti, veterani o nuove promesse pronte alla sfida. Puro movimento, sangue che romba nelle orecchie. Il peso familiare di Mjölnir nel pugno. Nessun pensiero, solo istinto.
Eccetto per il fatto che è non è così semplice; Thor non è un guerriero qualunque, e quel campo è più un mattatoio che un luogo di civili confronti. Immaginare le conseguenze di una sua vittoria (o sconfitta, perché la distrazione è un nemico infido) in questi frangenti gli dà già il mal di testa.
Preferisce stare a guardare, quindi. Dando le spalle al parapetto, vi appoggia i gomiti e si crogiola al poco sole di Jotunheim. Ben presto i suoi pensieri precipitano in una spirale di pessimismo. Un altro giorno, nessun avanzamento, nessuna idea. I tempi cominciano a restringersi e sa di avvicinarsi al momento in cui, volente o nolente, dovrà tirare le somme sul proprio futuro.
Sono passi di una cadenza familiare a distrarlo.
«Perché quella faccia, sire
Gira il capo verso destra, sorpreso. «Tu qui?»
«In carne ed ossa» sorride Sif, coi capelli neri che ondeggiano sulle pellicce screziate della mantella. Dev'essere salita dal torrione nord. «Sono giunte voci di naufragio, e il bastoncino corto è toccato a me. Non dovresti venir qui senza di noi, comunque.»
Le va incontro, sentendosi risollevato. «Se ricordo bene» dice, abbracciandola «siete voi quattro a disdegnare i cimenti invernali.»
«Sappiamo bene qual è l'unico ghiacciaio sul quale ti piace scivolare, Padretutto.» Sif arriccia il naso con un misto di orrore e divertimento. «Non saresti di grande compagnia neppure se ci mettessimo d'impegno.»
Thor accenna suo malgrado una risata. Occupano insieme il punto dove lui oziava da solo e restano contro il parapetto, attenzione puntata sugli allenamenti di ghiaccio e spada, finché Sif non sospira.
«Davvero, Thor, perché il muso lungo?»
«C'è da domandarlo?» risponde lui, muovendo un braccio in una poco caratteristica, sebbene giustificata mancanza di educazione.
Sif si sporge per vederlo meglio, giocherellando col medaglione che contiene una ciocca dei capelli di suo figlio.
«Stento a credere che tu non riesca a convincerlo. Ce l'hai sempre fatta... anche per le imprese più stupide.»
«Forse perché gli faceva comodo. E grazie per il sostegno. E' bello sapere che mi considerano tutti un idiota per volerlo sposare.»
«Non dire così, Thor» protesta lei. «Lo sai che non intendevo in quel senso!»
«Davvero?» Poi vede la sua faccia e lascia perdere con un altro cenno. «Ebbene, ognuno ha diritto alle proprie opinioni. Il problema è che c'è anche Loki, nel numero che mi considera un idiota.»
«Sciocchezze» dice Sif, esasperata. «Loki ti ama. E per favore non farmi sprecare altro fiato per difenderlo.»
«Lo so che mi ama. Il fatto è che non stima la mia intelligenza. Crede che parli per ideali.»
Su di loro scende il silenzio, interrotto soltanto da lontane grida d'incoraggiamento e dalle folate di vento che spazzano gli interstizi di Utgarða, spolverando nevischio vecchio nell'aria.
«Che cosa farai?» chiede Sif.
Thor sbuffa una nuvola di condensa. «Al momento ho una mezza idea di prenderlo, legarlo e riportarlo a casa appeso a Gungnir. Come un pentapalmo pronto allo spiedo.»
«Non credo sia una buona idea.»
«Perché? Rapire principesse per forgiare alleanze impossibili è una lunga e onorata tradizione, amica mia.»
Stavolta il ghigno c'è. «Ti consiglio di non farti sentire da lui. O da suo fratello.»
Sif gli appioppa una pacca sul braccio, a malapena percepibile attraverso le pellicce.
«Avanti, mio re. Se vuoi tornare ad Asgard, ti scorto io.»


   
 
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