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Autore: Laylath    20/03/2013    2 recensioni
Che cosa sarebbe successo a tutti loro? Potevano continuare a proteggersi a vicenda?
In poche ore gli uomini di Mustang ricevono l'ordine di trasferirsi negli angoli più pericolosi del paese: gli scacchi vengono allontanati dal loro re.
E' il pedone che, in poche ore, deve fare i conti con le paure e i dolori della separazione e alcuni tremendi sospetti; perché ogni pezzo è indispensabile alla vittoria finale.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Dopo la visita all’ospedale si vide costretto ad andare al Quartier Generale per sistemare la documentazione relativa al suo trasferimento e recuperare alcuni effetti personali.
Mentre si recava presso l’Ufficio Personale, gli capitò di vedere in fondo al corridoio, il Comandante Supremo King Bradley e dietro di lui il tenente Hawkeye che aveva già iniziato la sua nuova occupazione. Vederla camminare due passi dietro un uomo che non fosse il Colonnello gli sembrò così sbagliato che dovette scuotere la testa e costringersi a pensare ad altro.
Si mise quindi a studiare il Comandante Supremo che si era fermato a parlare con alcuni ufficiali.
Non aveva mai avuto occasione di vederlo così da vicino: era capitato che ogni tanto venisse nel quartier generale dell’est, in qualche visita ufficiale, ma Fury era sempre lontano o non presente, quindi non si era mai fatto un’idea precisa di quella figura semi leggendaria.
A dire il vero, mentre rideva con quelle persone, sembrò strano che proprio lui fosse a capo dei nemici che stavano affrontando: pareva solo un uomo di una certa età, ancora nel pieno delle forze, con un grande senso dell’umorismo e un notevole carisma;la sua posizione eretta sembrava così naturale e la spada che aveva alla vita appariva come la prosecuzione del suo corpo tanta era la disinvoltura con cui la portava. Non si potevano avere dubbi sul potere di quell’uomo.
Ma poi, come un ricordo che risale all’improvviso, iniziò a sentire uno strano brivido lungo la schiena. Era come se, fissandolo per diverso tempo, venisse levata la maschera che lo ricopriva. E Fury sentì la stessa spiacevole sensazione che aveva avuto quando erano iniziati i guai: ossia quando quel mostro a cui avevano sparato si era rigenerato davanti ai loro occhi.
Fu un’intuizione così improvvisa e sconvolgente che rimase inchiodato nel mezzo corridoio, con la bocca aperta e gli occhi sgranati.
A salvarlo dall’attirare l’attenzione fu lo sguardo improvviso che gli mandò il tenente Hawkeye, che evidentemente l’aveva visto lì fermo. I suoi occhi parlavano chiaro: non stare a guardarlo e vai subito via da qui!
Fury si riscosse a quel tacito comando: annuì lievemente e riprese a camminare, senza tuttavia riuscire a calmare il battito galoppante del suo cuore.
 
Le pratiche che dovette svolgere furono più lunghe del previsto e alla fine fu costretto a pranzare in mensa. In genere mangiava di buon appettito, ma questa volta si trovò a rigirare con la forchetta le vivande e toccò poco e niente.
Non riusciva a scacciare dalla mente la sgradevole sensazione che aveva provato: in genere si fidava abbastanza del suo istinto per determinate cose e sentiva di non sbagliare. Quell’uomo e il mostro lardoso avevano qualcosa in comune: gli trasmettevano un’idea di forza perversa, di inumanutà… di diversità: ecco, era quella la parola giusta.
Se da una parte il suo istinto gli diceva questo, dall’altra si rifiutava di crederci.
Forse stava esagerando. Il Comandante Supremo era probabilmente solo legato a quei mostri: si limitava a controllarli e dunque era normale che fosse “contaminato” dalla loro presenza. Sì, doveva essere così: anche perché il mostro che aveva combattuto di umano non aveva nemmeno l’aspetto. Invece King Bradley aveva una moglie e un figlio, una vita relativamente normale.
Doveva smetterla di fare voli pindarci così grossi.
Dopo aver ingoiato svogliatamente qualche boccone, avvolse in un fazzoletto la coscia di pollo che giaceva intatta nel suo piatto e decise di andare a portarla a Black Hayate.
 
Il cagnolino che aveva trovato sotto la pioggia più di un anno e mezza fa era ormai grande. Il tenente lo portava sempre con sé e lo lasciava scorrazzare nei cortili del quartier generale; nonostante non fosse il padrone ufficiale, Fury si occupava spesso e volentieri di lui e aveva sempre qualche gioco da portargli o qualche leccornia speciale. Il cane aveva una vera e propria predilezione per il suo compagno di giochi umano e ogni volta che lo vedeva faceva le feste.
Adesso Black Hayate addentava con soddisfazione la carne che il sergente gli aveva portato, utilizzando le zampe anteriori per tenere fermo il bottino.
“Mangia tanto e diventa forte. – gli disse il soldato, inginocchiandosi accanto a lui - Proteggi tutti mentre siamo via”
In fondo era contento che Black Hayate restasse accanto al tenente. Scherzando gli altri dicevano che anche lui era un membro della squadra, ma Fury lo pensava davvero. Del resto non era stato proprio questo cane a correre e mordere sul collo quella creatura, dandogli il tempo di arrivare e soccorrere il tenente?
“Sergente maggiore Fury” lo chiamò una voce
“Maresciallo Falman, non è ancora partito?” chiese alzandosi in piedi e vedendo l’uomo che si avvicinava.
“Devo restituire una cosa presa in prestito dal colonnello. - rispose l’uomo mostrando la scacchiera che teneva in mano. Poi si girò a fissare l’edificio accanto a loro e con malinconia commentò - Certo che è stato un soggiorno breve a Central City.”
Il giovane fissò il suo superiore. Era raro che il maresciallo mostrasse in maniera così evidente i suoi sentimenti. Di solito tendeva a tenere riservate le sue emozioni, anche se Fury aveva imparato che, dietro la sua apparente freddezza, era un uomo davvero sensibile e gentile. In genere era con lui che si sentiva libero di parlare dei più svariati argomenti, sapendo che avrebbe trovato un pubblico attento e comprensivo.
In fondo non era stato quell’uomo a insegnargli a trovare la stella polare?
“Sergente, sei al quartier generale del Sud?” chiese l’uomo tornando a posare lo sguardo su di lui
“Sì, completamente al suo opposto”
Ci fu un secondo di silenzio. Era dura ammettere che sarebbero stati  così lontani, più di tutti gli altri. In quegli anni, nonostante avesse con lui la maggior differenza d’età, Fury aveva sviluppato con Falman un grande affiatamento, fatto a volte di discorsi, a volte di silenzi. Forse perché i loro caratteri tendevano a essere più discreti rispetto all’esuberanza di Breda e Havoc o semplicemente perché erano due spiriti affini.
“Scommetto che farà molto freddo al quartier generale del nord. – continuò Falman. Nella sua voce, oltre alla tristezza, c’era anche una componente di scusa e Fury fu abbastanza sensibile da capirne la motivazione: mentre Breda e Havoc gli avevano dato tutti i consigli che potevano per affrontare la guerra, Falman sembrava per la prima volta essere a corto di suggerimenti e se ne sentiva chiaramente in colpa. Forse per loro due la situazione era più difficile da accettare.- Allora ci vediamo, sergente maggiore Fury” concluse
Il ragazzo decise di mostrarsi più sicuro di quanto in realtà fosse: se si fosse mostrato spaventato forse avrebbe ferito maggiormente la sensibilità del suo compagno.
“Sì, a presto” disse, facendo un perfetto saluto militare.
Black Hayate infilò il muso nella sua mano, mentre il giovane osservava il maresciallo andare via. Non come Breda e la sua inattaccabilità, ma come un uomo mandato in esilio, lontano dal mondo. Effettivamente il quartier generale del nord sembrava così lontano dal resto di Amestris, così isolato, in una zona poco abitata e fredda. No, non era quello il posto giusto per una grande mente come quella di Falman: per lui quell’esilio era davvero un duro colpo. Tuttavia anche se c’era molta rassegnazione, quell’uomo gli sembrò pronto ad affrontare anche questa prova. Esilio sì, ma con la silenziosa dignità che l’aveva sempre caratterizzato.
“Beh – sospirò tristemente, accarezzando le orecchie del cane – adesso mi restano solo due saluti da fare.”
  
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