“Pensavi davvero che quel ragazzo ti ha difeso? Lo so solo io perchè ti ha difeso, perchè ti vuole chiedere delle ripetizioni, e per non farlo pagare ti ha fatto un favore. Arrenditi, nessuno mai nella vita si interesserà a te, perchè tu sei brutta, inutile, insignificante. Sprechi solo ossigeno. Ma muori” questo era quello che diceva il biglietto. Lo lascia cadere a terra, mentre scivolavo sul pavimento, fino a ritrovarmi distesa a terra, a piangere come non mai. Dopo pochi minuti, presi il biglietto e lo strappai per poi buttarlo dalla finestra. In questo momento c’era solo una cosa che riusciva ad alleviarmi il dolore, a non farmi sentire sola: la lametta. Avevo intezione di prenderla, ma fui fermata da mia madre che mi chiamò dal piano di sotto, per avvisarmi del pranzo pronto. Non potevo certo dire che non avevo fame, si sarebbe insospettita, e in questo momento l’unica cosa che voglio sono altri guai, altri problemi..
La mattina seguente, ero a pezzi. Avevo pianto tutta la notte, ripensando a ciò che era successo il pomeriggio precedente. Non mi era mai capito il desiderio di autolesionarmi, poichè in un modo o nell’altro riuscivo ad andare avanti ma quel biglietto mi aveva proprio distrutto. Eppure, volevo comunque sapere chi era quel ragazzo, che mi aveva “difeso”. Non so perchè volevo a tutti i costi causarmi altro dolore, ma ero troppo curiosa, e forse chi lo sa avrei preso coraggio e gli avrei detto in faccia tutto quello che pensavo di lui e di tutta la sua razza, di come odiavo questa società. Ma praticamente era impossibile. Quello che era un bellissimo sogno si era trasformato nel peggior incubo.
Misi le cuffie nelle orecchie, per sentire la mia Demi, che come me, era stata vittima di bullismo, solo che io lo sono ancora e non so se ne uscirò mai, se sarò mai davvero felice, senza che ogni giorno esca di casa con un finto sorriso, ma che poi tornando a casa scoppio in lacrime. “Skyscraper” ecco la prima canzone della mia playlist, quella canzone mi dava forza, ed era lei che non mi spingeva a prendere la lametta, ma ieri mi sono sentita come se anche lei fosse tutto un sogno, come se non esistesse. Dio, non so cosa farei se lei non esistesse, lei è unica, speciale, è la mia idola.
Eccomi arrivata a scuola, quel posto che tutti odiavo per gli insegnanti, per le troppe materie e per le poche ore di educazione fisica, che odiavano per i compiti. Io, semplicemente, la odiavo per le persone al loro interno, tutti che si credono di essere Dio sceso in terra, solamente perchè hanno un bel fisico e perchè tutti li amano. Io, diciamo che mi distinguo dalla massa, ma in senso negativo. Lì mi sento un’emarginata, come se il mio posto fosse qualunque altro, ma non lì.
-Ciao- disse una voce da oca. Oddio, odiavo quella. Si chiama Sandra, ed era un’altra che si credeva Dio sceso in terra. Era in classe con me, per mia sfortuna.
-Senti, hai fatto matematica? Se si, potresti farmelo copiare?-quella voce irritante che si trovava mi avrebbe fatto venir voglia di strangolarla.
-No, non l’ho fatto-
-Oh, come mai?-
-Mi sentivo poco bene-
-Mi dispiace- disse per poi girarsi e andarsene continuandosi a toccare una ciocca dei capelli. Rimasi a fissarla per alcuni secondi. Dopodichè entrai in classe, e come al solito non c’era nessuno. Erano, sicuramente, tutte per i corridori a darsi i baci tra di loro, a fare le papere di fronte ai ragazzi, e facendo notare le canotte scollate che si mettevano. In pieno inverno. Dio, che troie. Ed eccole lì, di fronte a me, che piano piano si dirigevano al loro banco.
Entra il professore di storia. Giusto, dovevo farmi interrogare, e per fortuna ieri storia era l’unica cosa che ero riuscita a studiare.
-Smith, se la sente di essere interrogata?-
-Si.- Dissi quelle poche pagine che ci aveva assegnato per oggi, facendo finta di ascoltare, perchè stava con gli occhi sul registro e mi mise un bel 7.
-Bravissima, Smith.-
-Secchiona- disse una voce in lontananza, attenta a non farsi sentire dal professore, ma fallendo miseramente.
- Vuole un rapporto?- ecco chi era, era quello stronzo che aveva fatto finta di amarmi, ma che mi usava solo per divertimento. Lo odiavo.
Finite le cinque ore, mi diressi, come al solito da sola, all’uscita da scuola. Durante la vita di ritorno, incontrai Harry, su una panchina con delle lacrime che gli scendevano. Ero abbastanza confusa, non lo avevo mai visto piangere, era sempre stato forte di fronte a tutti, o almeno è quello che pensavo io quando lo vedevo. In ogni caso, non volevo farmi gli affari suoi, anche perchè se mi sarei avvicinato, lui si sarebbe allontanato. Aveva una “reputazione” da difendere. Lo so, ero egoista, ma se c’era una cosa che avevo imparato era quella di non fidarmi più di nessuno, perchè so che in un modo o nell’altro quella persona mi avrebbe delusa, ferita, lasciata sola di nuovo..