10 settembre
Drew
si svegliò con un sospiro. Non sapeva perché aveva sospirato, si era solo alzato
di scatto a sedere tirando il fiato, con il cuore che batteva forte.
Sbattè le palpebre e il mondo sfocato si fece più nitido.
“Era solo un incubo…” si disse scacciando il brutto presagio con cui si era
svegliato. Ogni immagine chiara del sogno era ormai svanita, ma aveva lasciato
qualche nebulosa figura nella sua mente.
Dopo un’insicura alzata di spalle, si alzò dal letto. Si lavò con acqua fredda e
sì vestì. Indossò pantaloni scuri e una camicia bianca, coperta però dal
mantello invernale nero, adatto a riparare dal freddo di Grimville, piccolo
paese poco lontano da Scarborough.
Minacciava di piovere… Drew era un po’ meteoropatico: quando pioveva era
assalito da una triste, stanca ma piacevole malinconia. Quel giorno c’era
qualcosa di diverso… Forse il vento. Forse la nebbia, così innaturale, che quasi
minacciava di sommergere le piccole case, la chiesetta, il mulino...
«Buongiorno, Drew! Hai
dormito bene?» lo salutò sua sorella Aileen appena uscì dalla sua stanza per
fare colazione.
«Non molto, a dire il vero».
«Su, mangia un po’ di uova, vedrai che ti sentirai meglio!» lo confortò lei con
un sorriso.
La ragazza era l’opposto di suo fratello. Sorridente, dolce, aveva una buona
parola per tutti. Aveva solo diciotto anni, due in meno di Drew, ma si occupava
con diligenza della casa e di suo fratello. I genitori si erano trasferiti un
paio di anni prima a Orleans, ma i ragazzi non avevano voluto lasciare il paese
dove erano nati.
Aileen non lo dava a vedere, ma si preoccupava molto per Drew. Lo vedeva sempre
un po’ ombroso, schivo, sin da quando era bambino, e cercava sempre di farlo
sorridere... o perlomeno parlare.
E quel giorno era ancora peggio. Il ragazzo mangiò appena, e si alzò quasi
subito, facendo stridere con la sedia sul pavimento; salutò la sorella con un
cenno e uscì.
L’aria tagliente lo frustò in un attimo e risvegliò i suoi sensi come un tonico.
Inspirò l’aria gelida e guardò nella nebbia.
Non c’era quasi nessuno, solo un paio di ragazzine infreddolite che gli fecero un cenno e corsero in casa a riscaldarsi.
Drew si sentiva
abbastanza bene; più lucido, insomma.
Ad un tratto sentì un grido.
«No! No! Andate via, via! Il Demonio! Aiuto!»
Il reverendo Parker, il rubicondo e ilare pastore del paese, correva, in fiamme.
Era completamente avvolto dal fuoco, gli occhi spalancati e le braccia roteanti.
Drew urlò, corse a chiamare aiuto… Purtroppo non c’era acqua a sufficienza a
portata di mano: per il reverendo non c’era nulla da fare…
Attorniato dai paesani
inorriditi, il reverendo Parker aveva cessato di bruciare. Afferrò debolmente il
bavero di Drew, il più vicino, e lo attirò verso la sua faccia ustionata.
«Loro… sono… nell’ombra…» sibilò. «Guardati… da loro…».
La mano ricadde pesantemente a terra. Gli occhi vuoti del reverendo lo fissavano
ancora, attoniti e imploranti.
Il ragazzo si alzò, sconvolto, e corse a casa. Correva a perdifiato, come un
pazzo, ansimando, con il mantello che si gonfiava col vento.
Il reverendo.
Il sogno.
Il buio.
«…Aileen!»