Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Poppodaja    21/03/2013    2 recensioni
Le rovine della città di Darta si ergono cupe e silenti nella Palude. Indisturbate, dormono e si sgretolano al passare lento delle stagioni. Sarà una giovane archeologa, Lorena Burn, a scavare nelle viscere della terra e a risvegliare i segreti che nasconde.
Sarà lei, in una notte, a portare la disfatta in un epoca di pace. Sarà lei, in un momento, a distruggere quanto di buono era stato creato. Sarà lei, in principio, ma verranno altri, perché quanto c'è di malvagio a questo mondo è piacere zuccherino sul palato di mosche fameliche.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo terzo

 < < Amazzoni > >

-E questo è quanto-
Le secche parole dell'uomo furono inghiottite dal silenzio.
Solo una mosca passeggera ebbe l'insolenza di romperlo.
Il Signor Ivacs se ne stava in piedi, ansante per il lungo monologo, al centro della grande tenda.
Tutt'attorno a lui sedevano in circolo una ventina di personaggi, tra donne e uomini, che lo fissavano assorti.
Alcuni di loro parevano scettici, altri emozionati, qualcuno aveva in viso persino una smorfia di timore.
Lorena se ne stava elegantemente appollaiata sull'orlo della sua sgangherata seggiola. Poteva dirsi appartenente alla categoria degli scettici. Uiben invece, disinvolto e rilassato, non sembrava essere stato particolarmente toccato da quanto aveva appena udito.
Il silenzio continuava a pesare nell'ambiente polveroso e crepuscolare della tenda.
Il Signor Ivacs passò in rassegna uno ad uno i suoi uditori, perforandoli con i glaciali occhi azzurri. Piccoli e così splendenti in quel rozzo viso abbronzato da sembrare finti.
-Se non ci sono domande…- fece per dire Ivacs ma un ostentato colpo di tosse lo interruppe.
-Perdoni- fece Uiben.
Lorena si volse a guardarlo mentre quello si sporgeva in avanti, posando i gomiti sulle ginocchia ossute.
-Non ho ben chiaro il mio ruolo in tutta la faccenda- disse, fissandosi distrattamente le mani congiunte davanti alla larga bocca -a quanto ho capito voi siete il primo referente del gruppo dei qui presenti "scavatori", se posso così definirvi…-
Le sue parole furono accolte da un indispettito brusio di fondo.
Un omino dall'aspetto gufesco, barbuto e occhialuto, squittì -Archeologi, se non le dispiace-
Uiben accennò con il capo nella sua direzione. -Archeologi- concesse pacato.
-Insomma, voi presiedete a questo gruppo di archeologi ma io non appartengo alla categoria. Come ben saprete, sono stato chiamato in qualità di artista e…-
Ivacs lo zittì con un gesto autoritario della mano -lo so bene- assicurò -risponderò adeguatamente alle vostre domande, ma non è questo il momento. Più tardi avremo modo di parlarne nella mia tenda-. Il punto alla sua frase fu l'occhiata feroce che lanciò in direzione di Uiben e che non ammetteva repliche.
Lorena pensò che quell'uomo fosse senz'altro arrogante e poco avvezzo ad essere contestato.
Uiben dal canto suo sembrò soddisfatto e tornò ad afflosciarsi contro il precario schienale della seggiola.
-Allora, domande?- chiese di nuovo Ivacs ruggendo.
Nessun parlò.
-Ottimo- commentò l'uomo -allora potete andare. Dopo un breve pasto ci incontreremo all'ingresso del Campo per una veloce visita alle rovine. Al nostro ritorno vi verranno assegnate delle tende e degli abiti adeguati- e ciò dicendo Lorena si sentì investita da un gelido sguardo critico, come anche le altre donne della combriccola -Domani mattina inizierete a guadagnarvi la vostra paga-
Fece un cenno e l'uditorio riprese vita.
Lorena, come gli altri, si alzò e si spostò in direzione dell'uscita. Uiben la seguiva con passo strascinato.
-Simpatica personcina- commentò il ragazzo non appena furono usciti nella vasta veranda coperta antistante la tenda.
La luce del sole entrava fioca, filtrata attraverso i teli traforati che circondavano l'ambiente su tre lati. Dovevano servire ad allontanare gli insetti molesti.
Tre tavolate di legno grezzo erano disposte nello spazio sterrato della veranda, imbanditi di ciotole e privi di qualunque orpello.
Tutto era molto spartano in quel luogo. Le tende monocrome, in tinta con le divise ambrate di chi le popolava. In tinta con il colore della terra stessa e con i visi bruniti dal sole.
Lorena si sentì per la prima volta a disagio con quella sua mantella turchese. Si consolò constatando che anche le altre quattro donne del gruppo indossavano ampie gonne simili alla sua.
Uiben si era trovato un posto ad uno dei tavoli e fece cenno a Lorena di raggiungerlo.
La ragazza sedette accanto a lui e insieme iniziarono a mangiare la parca porzione di uova e carne che era stata loro assegnata.
-Credo che avrai da fare smorfie in abbondanza con quel signor Ivacs- commentò Uiben a un tratto, mandando giù un boccone.
-Come?- Lorena lo fissò senza capire.
-Andiamo!- rise quello -basta guardarti in faccia per capire cosa ti passa per la mente-
Lorena si portò le mani in grembo, piccata.
-Ora ad esempio, dal modo in cui hai sollevato le sopracciglia, deduco che ti sia offesa- concluse il ragazzo soddisfatto.
Lorena non rispose e riprese a mangiare.
-Che donna difficile sei…Devo correggermi, credo che sarà il Signor Ivacs a dover fare i conti con te- e rise delle sue arguzie.
Lorena non parlò per il resto del pasto. Quando ebbe terminato si alzò e si avviò verso l'apertura che dalla veranda conduceva all'esterno.
Gli altri convenuti continuavano a chiacchierare e scambiarsi aneddoti sulla vita nella barbara giungla, ma lei, come sempre, si atteneva alle disposizioni.
Diligentemente dunque si posizionò davanti la tenda, in attesa della partenza.
L'aria era immobile, afosa nel meriggio. Il Campo pareva addormentato, mentre tutti i suoi abitanti erano raccolti a pranzare chi all'ombra di un albero, chi nel proprio alloggio.
Lorena, persa nei propri pensieri, sussultò nel vedere sbucare dalla tenda dirimpettaia una figura minuta.
Il ragazzino che le venne incontro aveva fattezze per lo più umane, ma proporzioni sbagliate.
Lunghe braccia esili spuntavano dalle maniche arrotolate di un camicia troppo grande.
Le brache grezze cadevano flosce su gambe che dovevano essere altrettanto sfilate.
Ma ciò che più di tutto colpì Lorena, fu il suo volto.
Aveva il capo per metà rasato e sull'altra metà crescevano fluenti capelli di un colore così scuro da apparire venato di blu. La sua carnagione era bronzea per natura e i lineamenti del viso duri e spigolosi. Sul lato sinistro del viso, privo di capelli, spiccava un orecchio singolare, con un lobo cadente per il peso di numerosi anelli d'oro e con due punte aguzze in alto, anch'esse adornate con dischi di metallo.
Doveva avere forse quindici anni o poco più ma l'espressione arguta che traspariva dai grandi occhi scuri gli conferiva un aria adulta.
Mai Lorena aveva visto un essere tanto singolare. Eppure il ragazzo non pareva deforme per qualche malattia, più probabilmente doveva appartenere ad un'altra razza.
L'entrata della tenda si aprì di nuovo e ne venne fuori il signor Ivacs. Mise una mano sulla spalla del singolare ragazzo, gli borbottò qualcosa e quello corse via verso il bosco.
Ivacs sollevò quindi i suoi glaciali occhi azzurri e intercettò quelli nocciola di Lorena.
Non si dissero nulla, non si scambiarono neppure un accenno di sorriso.
Pochi secondi passarono prima che dalla veranda venissero fuori i componenti del gruppo.
Ivacs non attese neppure che quelli fossero tutti pronti che subito si mise in marcia.
Lorena lo seguì in silenzio.
Il sentiero che seguirono serpeggiava nel fitto sottobosco, schivando sinuosamente i tronchi degli alti alberi.
Lorena rischiò più volte di inciampare nelle spesse liane che pendevano dalle chiome o di strappare la gonna nei bassi arbusti.
Il paesaggio cui andavano incontro era sempre più esotico. Piante dalle strane forme si aggrovigliavano alle loro caviglie. Fiori dai colori sgargianti sbocciavano in ogni dove.
Il sentiero li condusse in meno di dieci minuti in una vasta radura che si apriva circolarmente nella foresta.
Lorena rimase senza fiato.
Al centro dello spazio si innalzava un edificio piramidale, dalla base squadrata. Era circondato sui quattro lati da lunghe e larghe scalinate che si congiungevano su un vasto terrazzo posto sulla sommità. Muschio cresceva tra le crepe e negli interstizi delle porte.
Il sole splendeva brillante nel cielo, illuminando la roccia grigia della struttura.
-Darta- annunciò Ivacs senza cerimonie e senza mostrarsi minimamente emozionato.
-La mitica città- gli fece eco qualcuno nel gruppo.
Avanzarono ancora fino a trovarsi all'ombra della struttura. Era incredibilmente alta e possente e Lorena trovò difficile credere che fossero stati dei minuscoli esseri umani a costruirla.
-Come vi ho già spiegato i lavori principali li svolgeremo all'interno. Abbiamo individuato della catacombe e resti che necessitano di essere catalogati- riprese Ivacs indicando il sottosuolo -sarò io ad esaminarvi e decidere chi di voi assegnare a lavori più minuziosi e delicati. I meno capaci saranno addetti alla pulitura delle stanze superiori-
Lorena per la seconda volta si sentì folgorare da uno sguardo di disprezzo.
Ivacs aprì di nuovo la bocca per parlare ma fu interrotto da un improvviso sibilo.
Una freccia piumata gli sfiorò il viso e lo spostamento d'aria scosse i lunghi capelli bruni.
Una seconda freccia saettò nel cielo e si conficcò nell'erba a qualche metro dal gruppo.
Le donne presero ad urlare, gli uomini si lanciarono sguardi concitati.
Altre tre frecce si abbatterono al suolo, schivando di poco i loro bersagli.
-Al riparo- gridò Ivacs, correndo verso l'edificio. Tutti gli altri lo imitarono.
Lorena si sentì spintonare da tutti i lati, qualcuno le pestò la gonna e cadde a terra.
Decine di piedi le passarono affianco, qualcuno le calpestò una mano.
Lorena gridò, mentre le ossa scricchiolavano sinistramente e un dolore lancinante le avvolgeva l'arto.
-Alzati!- sentì gridare e Uiben le fu al fianco.
Il ragazzo l'afferrò in vita e la tirò in piedi di peso.
Grida acute echeggiarono in quel momento nella radura.
Erano versi umani, acuti e minacciosi. Erano grida di battaglia.
Altre frecce rimbalzarono contro la roccia.
Lorena e Uiben erano gli ultimi del gruppo, in corsa disperata verso il grande arco squadrato che si apriva nella parte bassa del monumentale edificio.
Alle loro spalle udirono di nuovo il risuonare di quelle grida bellicose.
Lorena si teneva la mano ferita stretta contro il petto e lì, sentiva il cuore battere all'impazzata.
Tutto era confuso, concitato. Uiben correva al suo fianco, precedendola di qualche passo.
All'improvviso il ragazzo cadde violentemente in avanti con uno strattone e Lorena si trovò sola.
Si voltò in corsa e lo vide bocconi a terra, con il naso sanguinante.
-Aiuto- gridò a squarciagola -aiutatelo-.
Fu in quel momento che si accorse degli enormi cavalli bruni fermi all'ombra degli alberi. Erano forse una decina.
Sulla loro groppa nuda sedevano altrettante donne, belle, brune e altere. Imbracciavano grandi archi e avevano ghirlande verdi tra i lunghi capelli d'ebano.
Lorena era senza fiato. Ansimava e la mano le pulsava dolorosamente.
Si accorse con sollievo che alcuni uomini stavano tornando indietro per soccorrere Uiben.
Lo presero per le braccia e lo trascinarono verso la struttura. Le donne guerriere avevano smesso di lanciare i loro dardi mortiferi.
Lorena aveva rallentato la corsa ed ora era ferma, scarmigliata e ansante, a pochi passi dall'arco di pietra.
Non sapeva se fosse più spaventata o stupita. Non si capacitava del perché le loro assalitrici avessero smesso di attaccare. Non le sentiva nemmeno più gridare.
Erano ferme, come statue lignee e li osservavano.
Uiben venne trascinato fino alle rovine. Era semisvenuto, con il naso sanguinante e gli abiti macchiati d'erba. Dal polpaccio destro spuntava una freccia piumata.
Lorena non indugiò oltre e seguì il gruppo al riparo oltre le mura di Darta, dove il resto dei compagni se ne stavano tremanti e scossi.
Le donne-guerriere se ne stavano ancora immobili, silenti. Lorena le sbirciò da una crepa tra i massi del massiccio muro.
Una di loro diede uno strattone al cavallo e lo condusse al trotto verso la radura.
-Stanno avanzando- esalò l'omino gufesco, sistemandosi gli occhiali che scivolavano sul naso sudato.
-Ma chi sono?- chiese un altro. -Sono donne!- si stupì un terzo.
-Dei demoni- gracchiò una ragazza scossa dal pianto. Un'altra donna corse a consolarla.
-Cosa facciamo? Signor Ivacs?- l'omino occhialuto prese a guardarsi intorno.
Il signor Ivacs sembrava svanito nel nulla.
Lorena aveva la mente annebbiata dal dolore e dallo spavento, cercava di tenere d'occhio la lenta e inesorabile avanzata della donna-guerriero e allo stesso tempo di esaminare le condizioni di Uiben, che gemeva, steso a terra.
Un paio di uomini si stavano affaccendando per fermare la fuoriuscita di sangue dalla ferita e dal naso.
-Dov'è il Signor Ivacs?-
-Che fine ha fatto?-
-Dove si è cacciato?-
Le voce si accalcavano e si facevano sempre più ansiose.
La donna a cavallo era ormai a pochi metri da loro. Si potevano contare le foglie verdi della sua ghirlanda.
Era una donna di una bellezza esotica e inquietante. Con un viso lungo e ovale, levigato e scolpito come una maschera di bronzo. I capelli le scendevano fluenti lungo la schiena e ne circondavano la figura. Pur avendo un fisico allenato e nervoso, la donna emanava fascino ad ogni battito delle lunghe ciglia.
Li scrutò tutti con i suoi occhi ambrati, da falco pellegrino.
Arrestò il cavallo con un colpo di reni e tese l'arco, così in fretta da cogliere tutti impreparati.
Il gruppo trattenne il fiato mentre una donna prese a singhiozzare.
-Non siete i benvenuti- sibilò la guerriera con voce melliflua. Aveva un accento singolare e le parole uscivano a singhiozzo dalle brune labbra carnose.
L'uditorio non seppe che rispondere.
Lorena tremava, non sapeva cosa pensare.
-Andate via!-
Il grido fece sobbalzare tutti.
Ivacs si fece largo tra la folla brandendo un lungo fucile. L'occhio ceruleo prese la mira, puntando contro il petto della guerriera, fasciato in un corpetto di pelle opaca.
-Non dovevate portarne altri- fu la sibilante risposta della bella donna.
-Andate via- ripeté Ivacs. Puntò il fucile in cielo e sparò un colpo.
Uno stormo di uccelli si alzò in volo e le persone sussultarono.
La guerriera lanciò un ambrato sguardo di fuoco all'uomo e sibilò qualcosa in una lingua incomprensibile. Un sibilo prolungato e minaccioso.
Lanciò un grido acuto.
Spronò il cavallo, quello si impennò e girò su stesso prima di partire al galoppo verso il riparo degli alberi.
Riunitasi alle sue compagne scomparve nel fitto bosco.
La tensione rimase. Tutti tenevano gli occhi sbarrati, con ancora le immagini delle belle guerriere impresse nell'iride.
-Chi erano?- chiese una voce ansante.
Lorena si voltò e guardò in basso.
Uiben era accasciato su un pavimento di pietre levigate, macchiate dello scarlatto del suo sangue.
-Chi erano?- ripeté il ragazzo.
-Le custodi del bosco- rispose Ivacs, aveva ancora il fucile puntato sulla radura.
-Erano le Amazzoni-.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Poppodaja