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Autore: SparksFly    21/03/2013    0 recensioni
"Da quando sono una bambina, combatto per la sopravvivenza. Non è di certo una cosa nuova da queste parti. Nel Distretto 12 direi persino che è una delle cose che sappiamo fare meglio. Si fa quello che si può per sopravvivere, per tirare avanti, per avere almeno un pasto al giorno.
Non ho niente di speciale rispetto agli altri, non sono più intelligente, né più atletica, e di sicuro la mia storia non è molto più interessante di quella degli altri."
Nancy ha 16 anni, vive con le due sorelline minori e il padre. La sua storia, appunto non è molto più interessante di quella degli altri, apparentemente sembra una ragazza debole, ma al contrario ha molte cose per cui vale la pena lottare.
La sua vita viene stravolta quando il ragazzo che ama viene scelto come Tributo, da quel momento tutto cambierà per lei, ma anche quando tutto sembrerà perduto lei farà di tutto per lui, anche se il suo cuore appartiene ad un'altra ragazza.
In questa ff sono presenti tutti i personaggi principali dei Libri perché è ambientata tra il 1° e il 3° libro, che non ho ancora letto...:P
Spero vi piaccia e se vi ha incuriosite vi invito a leggerla :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Mi trovavo nella piazza principale, era tutta allestita per la mietitura, il palco, i festoni, gli schermi giganti, e persino le urne con i nomi. Solo che ero da sola. Un istinto mi spinse a salire sul palco, mi trovavo di fronte all’urna, avevo un’irrefrenabile voglia di metterci la mano e pescare un nome. Così lo feci. Misi la mano, mescolai e come faceva Effie ogni anno, estrassi un biglietto. Lo aprì con tanta cura quanta ne usava mia sorella quando giocava con la bambola di porcellana lasciatale da mia madre.
NANCY HERIZ!
Non potevo crederci, era il mio nome. Ero scioccata, non poteva essere, non poteva toccare a me. NO. Feci cadere il biglietto a terra, misi entrambe le mani nell’urna e iniziai ad aprire più biglietti possibili. Su tutti c’era scritto il mio nome, no, no! Non ci volevo credere.
Iniziai a tremare, tanto che le mie ginocchia cedettero. Iniziai a piangere inginocchiata sul pavimento finché di colpo non apparve sullo schermo il volto del presidente Snow, con uno sguardo divertito che mi fece raggelare il sangue.”


Mi svegliai di colpo. Avevo il fiatone e la fronte sudata, era normale ultimamente, gl’incubi erano vicini abituali la notte, ma di solito riguardavano mia madre, non avevo mai fatto un sogno del genere, e ora avevo tanta paura della mattinata che mi aspettava quanta non ne avevo mai avuta prima.

Era l’alba, mi ero svegliata giusto in tempo per far pascolare le pecore e tornare in tempo per l’ora di pranzo perché dopo non ne avrei avuto l’occasione.
Mio padre non era un minatore, aveva un piccolo gregge di otto pecore che era della nostra famiglia da almeno sessant’anni.
Eravamo fortunati perché grazie a quelle pecore riuscivamo a mantenerci, usando il latte per fare il formaggio e vendere la lana. Riguardo alla carne, riuscivo sempre a barattare per uno o due scoiattoli tre o quattro pomodori, frutti molto rari nel distretto, ricavati dal piccolo orto che ero riuscita a costruire, grazie ai semi secchi che mio padre mi aveva regalato tre anni prima per il mio compleanno. Era stata dura, ma ce l'avevamo fatta.
Ce la cavavamo, anche se, pure io avevo dovuto prendere le tessere per la razione di cereali annuale.

Stavano tutti dormendo, perciò uscì di casa in punta di piedi, chiusi la porta e infilai gli stivali infangati. Legai i capelli perché iniziava a fare caldo e mi diressi al recinto dove si trovavano le pecore. Lo aprì e lasciai che uscissero, poi presi il bastone di mio padre e mi avviai dietro a loro guidandole.
Casa mia era abbastanza esterna rispetto al fulcro della città, era quasi al limite,e insieme ad un agglomerato di case, si trovava vicino al villaggio dei vincitori, prevalentemente deserto tranne che per quell’ubriacone che aveva vinto tempo prima.
La casa dove abitavo non era per niente grande, era formata da una cucina che fungeva da spazio principale della casa, all’interno si trovava il focolare, che fungeva anche da cucina, un lavello per le stoviglie, un tavolo e la televisione, che veniva utilizzata in rare occasione, a causa anche della scarsità di elettricità. L’unica stanza, nella quale dormivamo le mie sorelle, mio padre ed io era composta da tre letti singoli e un armadio, e infine c’era un minuscolo bagno, composto da una doccia senza acqua corrente, un sanitario e un piccolo specchio rovinato dal tempo.
La casa affacciava sulle colline verdi che nel sottosuolo nascondevano quelle spaventose miniere, era li che facevo pascolare le pecore, per fortuna non dovevo andare neanche oltre la rete elettrificata, cosa che giovava a mio vantaggio, poiché far passare un gregge inosservato non era compito facile. Il mio luogo preferito era oltre a queste, in fondo, l’ultima collina nascosta da tutte le altre, dove l’erba cresceva rigogliosa e si sentivano le ghiandaie cantare. Adoravo quel posto, lontano da preoccupazioni, restrizioni e stupidi giochi assassini, era così bello che non sembrava neppure il distretto 12, era per questo che lo amavo. Ogni volta che un problema mi opprimeva a tal punto da non poter respirare, correvo li, e dimenticavo tutto, almeno per un po’.
Chissà se l’avrei mai rivisto, l’erba verde, i fiorellini di campo e le nuvole che cambiavano costantemente forma. Immersa nei miei pensieri, un po’ più nostalgici del solito, mi addormentai sull’erba soffice, riscaldata dai raggi del sole, visto che il mio sonno, quella notte era stato un tantino movimentato.



Mi svegliai quando una pecora cominciò a masticarmi i capelli, scampai al suo morso e mi misi a sedere, ancora assonnata. Con un fischio richiamai le pecore e decisi di incamminarmi, poiché dalla posizione del sole, potevo capire che era quasi mezzogiorno. Riportai le pecore nel recinto, tornai in casa e accesi il fuoco, dopodiché posizionai il bollitore e andai a vestirmi.
Era oggi il giorno della mietitura, e ciò spiegava il mio terribile incubo.
Mentre indossavo il mio vestito celeste, il mio unico vestito, quello che indossavo solo un giorno all’anno, con dei ricami bianchi sui fianchi, le mie mani tremavano, pensando a tutte le volte che il mio nome sarebbe comparso dentro a quell’urna. Anche se possedevo un piccolo orto e delle pecore, ogni anno ero costretta a prendere delle tessere, poiché non potevamo nutrirci esclusivamente di ortaggi e derivati del latte, e nessuno di noi si sentiva di uccidere una delle nostre amate pecore.
Ero la sola ad andare alla mietitura, ed ero la sola a prendere le tessere, poiché le mie sorelle avevano 8 e 6 anni. Questo era un sollievo per me, erano ancora troppo piccole e non potevano partecipare ai “giochi”, il solo pensiero che una di loro potesse trovarsi in quell’arena, mi faceva gelare il sangue.
Infilai le scarpe e legai i capelli con un nastro bianco, dopodiché uscì dalla stanza per togliere il bollitore dal fuoco. Decisi di bere semplicemente una tazza di the perché ero decisamente troppo nervosa per mettere qualcosa nello stomaco.

Mentre sorseggiavo una tazza di quella sostanza dal sapore sbiadito, pensavo cosa sarebbe stato di me se fossi stata sorteggiata, mio padre entrò in cucina sporco di terra, probabilmente era stato a lavorare nell’orto, mi accarezzò la testa e si mise a sedere accanto a me riempiendo una tazza con quella bevanda che quasi non aveva gusto. Mi osservò portando la tazza alla bocca e dopo aver notato com’ero vestita sussurrò, con un’espressione cupa, più a se stesso che a me – è oggi il giorno-.
Io annuì leggermente sorseggiando altro the, dopodiché mi alzai, appiattì nervosamente le pieghe del vestito e tornai in camera dove le mie sorelle stavano giocando teneramente.
-Dove vai?- chiese Violet, mi avvicinai a lei inginocchiandomi, -Oggi è il giorno, purtroppo devo andare…- erano piccole, ma capivano bene cos’erano gli Hunger Games, ogni anno Capitol City ci obbligava a guardarli perciò anche loro erano a conoscenza della brutalità del gioco.
-Non andare- disse Lily, pettinando con le dita i capelli della bambola di porcellana, -Purtroppo devo, sapete quanto vorrei restare qui con voi, purtroppo però non ho scelta- dissi sospirando.
–Non voglio che tu muoia!- disse Violet, -Lei non morirà! è molto più forte di tuuuutti i lupi messi insieme!- disse Lily aprendo le braccia per indicare la mia forza, ridacchiando risposi: -No, io non morirò- feci una pausa, rendendomi conto che era una cosa che non potevo promettere. Amareggiata continuai,
–Anche se fosse, sapete già cosa dovete fare- loro annuirono, - Dovrete prendervi cura l’una dell’altra, ascoltare papà, e dovete promettermi che per nulla al mondo prenderete mai anche una sola tessera- dissi loro raccomandandomi. Loro annuirono di nuovo, io le strinsi forte a me come se quella potesse essere l’ultima volta che le vedevo.
Sentì delle braccia stringerci forte, era mio padre che si era unito a noi, nel nostro possibile ultimo abbraccio.


Dopo aver sciolto l’abbraccio mi diressi in cucina per preparare il pranzo alle mie sorelle e a mio padre, poiché io non riuscivo a mangiare avendo lo stomaco chiuso. Presi un pomodoro e lo tagliai a cubetti, dopodiché presi uno scoiattolo già spellicciato e lo tagliai a metà, era poco, ma non avevamo granché e dovevamo conservare il più possibile. Tagliai anche delle fette del formaggio che mio padre aveva preparato e poi li chiamai. Le mie sorelle entrarono nella stanza di corsa sapendo già ciò che le aspettava e senza dire una parola si fiondarono a sedere. Mentre loro mangiavano, io li guardavo sperando che quella non fosse l’ultima volta. Quante cose mi sarei persa se fossi stata scelta, veder crescere le mie sorelle, vedere mio padre invecchiare, sposarmi, magari con il ragazzo che amavo da quando avevo 10 anni, ma una cosa era sicura: se gli Hunger Games fossero perdurati nel tempo, non avrei mai accettato di avere figli per poi vederli morire in un’arena.
Questa era l’unica cosa di cui ero sicura.


Uscì di casa mantenendo un passo svelto, ero troppo nervosa per camminare normalmente, anche se ad ogni passo che avanzavo mi avvicinavo sempre di più alla morte. Arrivai in piazza dopo una decina di minuti, era tutta allestita, proprio come nel mio sogno, il palco, i festoni e gli schermi giganti. Si era già riempita e pullulava di pacificatori. Mi diressi verso la postazione di registrazione dove incontrai la mia amica Margareth, anche lei era nervosa, lo capivo da come cercava di lisciare le pieghe inesistenti sul suo vestito color pesca. –Ciao- dissi lievemente mentre mi mettevo in fila dietro di lei, -Ciao- mi rispose sotto voce, l’aria nella piazza era carica di tensione e su nessun volto si presentava un sorriso. Arrivò il mio turno, così porsi l’indice a uno dei pacificatori, proveniente sicuramente da Capitol City, visto il fatto che non lo avevo mai visto, e mi feci pungere, in modo che una goccia di sangue fuoriuscisse dal mio dito per marcare il registro. Marge mi aspettò dopodiché ci posizionammo accanto alle ragazze della nostra età aspettando che Effie iniziasse come ogni anno il suo teatrino del terrore.


- Benvenuti, benvenuti, benvenuti; Felici Hunger Games, e possa la fortuna, essere sempre dalla vostra parte- disse con il suo sorrisetto da trentadue denti nella sua tenuta rosa.
–Allora, prima di cominciare, abbiamo un film molto speciale che arriva direttamente a voi da Capitol City…- poi, come ogni anno, trasmisero il video sulle tremende conseguenze che la rivolta dei distretti aveva causato e che aveva portato alla creazione degli Hunger Games.
-E adesso, è arrivato il momento per noi, di sorteggiare un giovane uomo, e una giovane donna coraggiosi, che avranno l’onore di rappresentare il distretto 12 ai 74esimi Hunger Games.- proclamò emozionata dal filmato che avevano appena trasmesso e che tanto le era piaciuto. -Come sempre, prima le signore- disse dirigendosi verso l’urna.
Il momento era arrivato, il cuore cominciò a battermi all’impazzata, iniziai a fare dei respiri profondi, che con mio grande dispiacere non aiutarono molto. Effie infilò la mano nell’urna e iniziò la sua spedizione. All’improvviso, Marge strinse forte la mia mano, e cercò il mio sguardo per rassicurare me e se stessa. Poi, ad un tratto, Effie estrasse la mano, trattenni il respiro, per un tempo che sembrò interminabile. Poi, parlò –Vediamo chi è…- disse sistemandosi la parrucca e leggendo il biglietto, proclamò: - Primrose Everdeen-.


Tutti noi ci voltammo, era una bambina bionda, sicuramente quelli erano i suoi primi giochi, il suo volto era impassibile. Le altre ragazze vicino a lei le fecero spazio per passare tirando un sospiro di sollievo, mentre Effie la cercava tra la folla. Povera ragazza, così giovane, il volto così innocente che di lì a poco sarebbe stato rigato da lacrime di disperazione. Tutti in quella piazza sapevamo che se fosse andata nell’arena, non sarebbe mai più tornata, così fragile come sembrava. Ad un certo punto, una ragazza dai capelli scuri avvolti in una treccia si affacciò sul tratto di piazza lasciato libero al passaggio, -Prim!- gridò, -Prim!- i pacificatori si avvicinarono a lei trattenendola, mentre la bambina bionda che a quanto pareva era sua sorella si voltò verso di lei. Mentre i pacificatori la trattenevano, in un gesto che suppongo fu disperato, proclamò –Mi offro volontaria! Mi offro volontaria per il tributo!- a quel punto, sulle nostre facce apparve un’espressione di sorpresa, mischiato a compassione. – Ehm, mi sembra che abbiamo una volontaria, ehm, signor sindaco…- a quel punto la ragazza con i capelli scuri si precipitò ad abbracciare sua sorella e le disse qualcosa che, dal punto dov’ero io, non riuscì a sentire. So solo che la bambina di nome Prim, le rispose –No, no! No!- dopodiché un ragazzo moro che avevo già visto, si sporse dalla sua fila e andò a prendere Prim che continuò a gridare. –Un drammatico colpo di scena, qui nel distretto 12- disse Effie con il suo solito sorrisetto, -si beh, il distretto 12 ha per la prima volta un volontario- disse come se fosse la cosa più emozionante del mondo. Effie si diresse verso la ragazza cingendole le spalle e accompagnandola fino al microfono, -Come ti chiami?-.

-Katiniss Everdeen-.

Ecco chi era, l’avevo già vista, d’altronde andavamo a scuola insieme anche se non nella stessa classe, l’avevo intravista anche al forno, ma non avevo mai scambiato delle parole con lei, d’altronde non mi sembrava una ragazza molto loquace. Comunque mi dispiaceva per lei, era stata così coraggiosa, era stato un gesto impulsivo, ma la capivo, se avessero sorteggiato una delle mie sorelle non avrei esitato un secondo a offrirmi volontaria. Gli occhi iniziarono a bruciarmi, non volevo piangere, ma il solo pensiero che anche quest’anno avremmo perso qualcun altro mi distruggeva.
-Ci scommetto il cappello che era tua sorella, vero?- pronunciò di nuovo Effie cercando di smorzare quel silenzio struggente, - Si…- disse Katniss con uno sguardo confuso, come se il gesto che aveva appena compiuto fosse stato dettato da qualcun altro. –Facciamo un bell’applauso al nostro primo volontario, Katniss Everdeen!- disse battendo le mani una contro l’altra.
Nessuno di noi batté le mani, nessuno di noi voleva fare parte di quel teatrino dell’orrore, così Effie, con un po di fastidio nella voce continuò:- E adesso, il giovane uomo-.

Giusto, non era ancora finita.

Si diresse verso la seconda urna, e senza esitazione, fiondò la mano dentro, estraendo un secondo biglietto.


-Peeta Mellark!-.


Un colpo al cuore.
I miei respiri si fecero affannosi, come se fossi stata sott’acqua per un tempo infinito.
Portai la mano alla bocca, per non lasciar fuoriuscire alcun rumore, mentre le lacrime cominciavano ad apparire sul mio volto shoccato.
Il ragazzo biondo si diresse verso il palco con un passo lento ed indeciso.
Anche se da lontano non vedevo bene potevo giurare di vedere i suoi occhi azzurri rendersi lucidi.
Non potevo crederci. Come poteva essere.

Prendete me.


Lo avrei pronunciato, se solo avessi potuto. Ma per lui, nessuno lo fece, nessuno dei suoi fratelli codardi pronunciò quelle parole.
Continuai a produrre dei respiri profondi, per non rischiare di cadere a terra. Le mie mani sudavano e mi tremavano le gambe, volevo solo andarmene, volevo che tutto quello finisse e che fosse solo un orribile incubo.
-Eccoli qua, i nostri tributi dal distretto 12- disse Effie sorridente, in mezzo ai ragazzi con i volti irrigiditi.
-Su ragazzi, stringetevi la mano…-. I due ragazzi si guardarono e timidamente, ancora sotto shock, di strinsero debolmente la mano.

-Felici Hunger Games, e possa la fortune sempre essere a vostro favore.-

Dopodiché tutti e tre insieme si diressero all’interno del municipio.

Image and video hosting by TinyPic Wow!! Non so che dire…Ok, inizierò con UN SACCO DI SCUSE!! Soprattutto Margaret Moonstone e xisthemoment che sono state le uniche due a recensire, per di più splendidamente, chiedendomi di aggiornare al più presto. Mi dispiace tantissimo!!! Solo che ho fatto il Backup al computer e mio malgrado, ho perso gli appunti, poi ho perso la voglia e l’ispirazione, e pochi giorni fa, riascoltando alcune canzoni, mi è tornata e mi sono fiondata a scrivere. Spero seriamente che questo primo capitolo piaccia a tutti perché mi sono veramente impegnata. PROMETTO che il prossimo capitolo arriverà a distanza di giorni e non di mesi :P Recensite in tanti, anche critiche se ne avete e ditemi cosa ne pensate seriamente, BACI SparksFly <3

  
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