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Autore: Rhaenyra17    22/03/2013    4 recensioni
[Dal capitolo 3:
«Menti a tuo fratello?»
«Non ti sto mentendo».
«E io sono solo un’illusione: il vero me è a casa».
«Plausibile».
«Impossibile, otouto. Dimmi, per caso ti piacciono i ragazzi?»
Beccato.
«Fatti gli affaracci tuoi!»
«Ti piacciono i ragazzi».
«Taci!»]
[ItachixSasuke; Uchihacest; Yaoi; accenni NaruSasu]
[QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA TREDICESIMA AL CONTEST "FAMMI INNAMORARE! MIGLIOR COPPIA YAOI/SLASH" INDETTO DA FAFFINA SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA SESTA AL CONTEST "TEMPO DI LACRIME - FLASH CONTEST" INDETTO DA CHISANA KITZUNE SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA SI È CLASSIFICATA QUARTA AL CONTEST "A SENTENCE TO DREAM" INDETTO DA KIRAME27 E MARY DB SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "RED CARPET, FANFICTION DA OSCAR!" INDETTO DA CLALLA97 SUL FORUM DI EFP.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "QUELLO CHE NON UCCIDE FORTIFICA" INDETTO DA SHIZUE ASAHI SUL FORUM DI EFP.]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Capitolo 5 – 18 years… and then?
Sei mesi dopo.

«Sasuke, manca una settimana al tuo diciottesimo compleanno», fece notare Itachi mentre preparava il pranzo.
«Mh, e con ciò?»
«Cosa vuoi fare?»
«Mmm… vediamo un po’», finse di riflettere Sasuke, alzandosi e avvicinandosi al fratello; gli cinse con le braccia i fianchi e posò la fronte dietro la sua nuca dopo averla baciata e accarezzata, «magari stare con te… E fare l’amore ancora, ancora e ancora…», così dicendo, gli morse il lobo e mimò un ansito sulla pelle del ventitrenne.
«Carina come idea…»
«Mh… Hai fame, Itachi?»
«Mica così tanta…», sussurrò, «Potrei volentieri farne a meno…»
Sasuke lo spostò dai fornelli e, poggiando le proprie spalle al muro, lo avvicinò a sé per baciarlo.
«Peccato che tu abbia bisogno di mangiare e di diventare bello, grande e grosso… Rawr!», il fratello mimò il verso di un dinosauro e, dopo averlo baciato per farsi perdonare, tornò ai fornelli.
«Stronzo», sibilò il minore, una voglia matta di strozzarlo che si impossessava di lui… o forse di fare qualche strano giochino e sentirlo supplicare di smetterla…
«Ah, ma che diavolo vado a pensare!», si schiaffeggiò mentalmente, poi tornò a sedersi e guardare la televisione.
«Otouto», lo chiamò Itachi, posando sul tavolo le pietanze ed accomodandosi di fronte a lui, «sono certo che me lo diresti se accadesse, ma… Hai più rivisto Madara dopo quella volta sei mesi fa?»
«No, Itachi, non l’ho più rivisto», affermò il più piccolo, boccheggiando, «ma meglio così».
«Infatti».


**


«Sasuke!»
«Che cosa ti manca, dobe?»
«Domani compi diciotto anni! Stai invecchiando, neh?!»
«Mh», sbuffò l’Uchiha, «ma perché siete tutti così felici? Solo perché compio diciotto anni?»
«Non si fanno tutti i giorni i diciotto!»
«Se è per questo compi una sola volta tutte le età, usuratonkachi», gli fece notare il neo-diciottenne.
«Ma i diciotto sono i più importanti! Da domani sei maggiorenne!»
«Non vedo ragioni per essere così iperattivo, dobe».
«Festeggiamo!»
«Scherzi, vero?»
«No, domani si festeggia», disse convinto il biondo.
«Mi spiace, ho già da fare domani».
«Ah… Ho trovato!», s’illuminò Naruto, «Disdici, è semplice!»
«Dici cose strane».
«E dai!»
«No. E concludiamo questo discorso».
«Ma…»
«Niente ma», ordinò perentorio Sasuke, facendo tacere dispiaciuto il compagno.

**


«Sicuro di non voler organizzare nulla, otouto?», si rassicurò Itachi, mentre spegneva la luce della propria stanza e si apprestava a distendersi accanto al corpo seminudo del fratello.
«Sì», rispose l’ormai diciottenne Sasuke, «voglio stare con te».
«Naruto ci è rimasto male, sai?»
«Prego?»
«È venuto qui perché voleva che ti convincessi ad organizzare qualcosa con tutti i tuoi compagni; vuole davvero che tu sia felice, Sasuke».
«Lo so, Itachi, lo so bene. Ma voglio stare solo con te», ribadì il concetto facendo stendere il fratello e sedendosi a cavalcioni su di lui.
Il ventitreenne si voltò verso la sveglia poggiata sul proprio comodino: segnava le 00.00.
«Buon diciottesimo compleanno, otouto».

**

«Buongiorno, Sasuke», cantilenò Itachi, in piedi a fianco al letto dove suo fratello era stravaccato e dormiva con la bocca dischiusa. Era già la seconda volta che tentava di svegliarlo e il fratellino non ne voleva sapere di alzarsi. «Ti ho portato la colazione…»
«Mh».
Sospirando intenerito, il maggiore posò il vassoio sul comò lì vicino e si sedette accanto al fratello, prendendogli la mano diafana tra le sue eburnee e poi, dolcemente, la baciò.
«Sono già arrivati questi maledetti…», mormorò, «Mi dispiace, otouto…»
Trascorse una manciata di minuti, prima che Itachi si ridestasse da quello strano stato in cui era caduto, perso nei propri pensieri e nei ricordi di ogni attimo trascorso con Sasuke; improvvisamente pareva che il tempo fosse propenso a passare in maniera rapida e che diciotto anni fossero passati in un batter d’occhio. Aveva trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita godendosi ogni istante, tenendo sempre impresse nel cuore e nella mente le parole dei suoi genitori, la loro premura nei suoi confronti e in quelli del suo otouto, l’amore e la paura, il timore di lasciarlo solo a fronteggiare qualcosa di gran lunga più enorme di lui.
Deglutendo a fatica e scuotendo la testa, nel tentativo di riaversi prima che il neo-diciottenne aprisse gli occhi, Itachi si alzò e stiracchiò, riprese il vassoio tra le mani e ritentò: «Sasuke, svegliati, c’è la colazione».
Un mugolio contrariato: «Lasciami dormire, Itachi!»
«È l’ultimo avvertimento, Sasuke: svegliati».
«No! Voglio dormire! È il mio compleanno e decido io cosa fare d’ora in poi!»
«Io ti avevo avvisato», sentenziò l’Uchiha più grande, posando nuovamente il vassoio e alzando di peso il fratello, che era tornato amabilmente a ronfare.
Aperta la porta del bagno, Itachi la richiuse a chiave, così che Sasuke non avesse opportunità di scappare; e per essere sicuro al massimo che l’avrebbe tenuto lì finché fosse stato necessario, tolse la chiave della serratura e la mise nella propria tasca. Aprì l’anta della cabina-doccia e appoggiò Sasuke al muro. Girò la manopola dell’acqua da fredda a tiepida, proprio per non ammazzarlo, poi aprì l’acqua che schizzò sul corpo del fratello.
«ARGH! Itachi, ma sei impazzito!», ringhiò il minore scrollandosi il nii-san di dosso, guardandosi attorno e scoprendosi nudo, nella doccia, il fratello a torso nudo e un inspiegabilmente fastidioso durello mattutino a tenergli cortesemente compagnia. Non aveva mai odiato tanto quanto quella mattina il suo corpo.
«Era proprio necessario?!», strigliò stizzito, parendo isterico a causa dell’imbarazzo e tentò di coprirsi i gioielli di famiglia, arrossendo di vergogna ancor di più quando constatò che voltandosi, il maggiore aveva una libera vista del suo posteriore.
«Sì, Sasuke, lo era. Non volevi svegliarti ed è necessario che tu stia sveglio, oggi».
«Certo, vuoi ribadire ancora che è il mio fottutissimo diciottesimo compleanno e che è un giorno importante e speciale che non posso assolutamente perdermi, per nessuna ragione al mondo?», recitò inviperito, scuotendo il capo e approfittando di essere già nella doccia per lavarsi. Ripensando alla sera precedente, d’altronde, appurò che ci fosse proprio bisogno di sciacquarsi; le gote gli s’imporporarono al pensiero e si trovò a sorridere con tenerezza, mordicchiarsi il labbro inferiore e una voglia matta di perdonare il fratello si spaziò dentro sé.
«Non è per quello», disse frettolosamente il ventitreenne, voltandosi di spalle e pentendosi quasi di aver preso quella maledetta decisione; ma andava fatto e lui ne era consapevole.
«E per cosa, allora?»
«Finisci di docciarti e poi ne parliamo», Itachi tentò di temporeggiare, nella speranza che almeno quella volta il fratellino semplicemente lo ascoltasse e tacesse; desiderio esaudito, visto che il più piccolo scrollò le spalle e sibilò: «Come vuoi».
«Bene».
«Mi daresti una mano a lavarmi la schiena, Itachi?», chiese in sussurro malizioso il più piccolo; il più grande sorrise malinconicamente e, tentando per la prima volta invano di nascondere quella maledetta paura e la tremenda tristezza, si avvicinò al fratello, proferendo: «Passami il bagnoschiuma».
Detto, fatto.
Itachi spremette la boccetta e poi insaponò la schiena del fratello, beandosi di ogni tocco e della sua pelle d’avorio; gli sarebbe mancata. Da morire.
Sorrise a quell’ultimo pensiero e quasi in automatico si chinò a leccare la nuca del fratello, succhiarla, baciarla, poi avvicinarsi ai lembi di collo e mordicchiarli e succhiarli ancora, imprimendo per l’ultima volta segni che gli sarebbero rimasti per poco tempo; troppo poco, specialmente per i gusti del fratello.
«Itachi…», bisbigliò Sasuke, portando una mano dietro al collo del fratello e inumidendogli in parte i capelli; poi si voltò e fece per trascinare nella cabina anche il maggiore, ma quest’ultimo scosse il capo e si limitò a baciarlo.
«Vieni qui…», lo pregò, ma di nuovo il più grande rifiutò il suo invito e fece per indietreggiare, ma la mano nivea del diciottenne trattenne la sua e l’accarezzò, la strinse e gli trasmise tutto il desiderio che provava nel sentire la sua pelle a contatto con la propria.
«Ti prego…»
«Dannazione…», mormorò Itachi, prima di accontentarlo.

«Dobbiamo farlo più spesso nella doccia, nii-san», ridacchiò il più piccolo tra i due, attirando a sé le labbra del più grande e baciandolo con passione.
«A tal proposito, Sasuke, dobbiamo parlare».
«Wowo, incuti timore se lo dici così», sghignazzò Sasuke, stendendosi sul letto e annusando il profumo delle lenzuola; lavanda, pulito, amore, lui ed Itachi.
Avrebbe volentieri voluto trovare un modo per non far sparire mai quel profumo inebriante da lì.
«Non voglio spaventarti, ma è ora che tu sappia determinate cose».
«Cazzo», pensò il minore, «perché fa così, adesso?»
«Mh», soffiò, «ti ascolto».
«Non lasciar mai andare Naruto per nessuna ragione al mondo; tienilo stretto a te, anche se sono certo che lui stesso insisterà sempre per starti accanto», iniziò. «Adesso, Sasuke, cosa ricordi della notte in cui i nostri genitori sono morti?»
«Ricordo che li salutammo prima di andare al parco, dove trascorremmo l’intera giornata… Non ricordo proprio tutto alla perfezione, ma… Quello che ricordo con nitidezza, sono i loro corpi martoriati e madidi di sangue, i tagli sul viso che sfiguravano il volto di nostra madre e la gola sgozzata di nostro padre…»
«Capisco».
«Itachi, chi ha ucciso i nostri genitori?»
«Io… o tu?», una risata malvagia risuonò nella stanza da letto di Itachi, facendo voltare di scattò il maggiore e spalancare gli occhi al minore. «Tu, Itachi? O Sasuke? Io, Madara Uchiha? Chi lo sa?»
«Itachi, è qui!»
«Lo vedo, otouto».
«Ma Naruto non lo vedeva!», protestò, incredulo.
«È quello che avevo intenzione di spiegarti, Sasuke, ma credo non ci sia più tempo».
«Nii-san, ma che cosa vai farneticando?»
«Quindi tu sai…»
Itachi annuì.
«Sai cosa, nii-san?!»
«Di’ addio al tuo fratellone, Uchiha Sasuke»
«Ti amo, otouto».
«Ma che caz…»
Il buio.
Il freddo.
La solitudine.
Il cuore infranto.
Un tremolio.
Sangue.

Quando Sasuke riaprì gli occhi, ebbe bisogno di guardarsi attorno più volte prima di capire dove si trovasse.
«Che diavolo ci faccio qui?», la sabbia dorata adornava il suo pantaloncino corto e nero, una maglietta blu scuro gli fasciava il busto, i capelli erano scombinati e pieni di granelli dorati. Una fitta al petto ed una allo stomaco, si sentì quasi affogare e la sensazione di vomito aumentò di secondo in secondo, un capogiro; il diciottenne vomitò persino l’anima, sputacchiando sangue e macchiandosi le mani.
«Che schifo», si spogliò della maglietta e cercò di coprire quella schifezza con altra sabbia, allontanandosi disgustato e lo stomaco ancora traballante.
«Che cavolo sarà successo?», si chiese, mentre attraversava dei boschi, prendendo una scorciatoia per giungere al quartiere degli Uchiha. Quando arrivò, notò un accalcarsi di gente nei pressi della sua casa, il che lo sorprese non poco e la preoccupazione ben presto s’impossessò di lui.
«Itachi… Oh, porca puttana, fatemi passare!», corse a perdifiato facendosi a stento spazio tra la folla, che si divagò per lasciarlo entrare in casa propria.
Un silenzio assordante gli pervase i timpani, assestandogli il colpo di grazia; il corpo sembrò raggelarsi, tanto che gli assiderati muscoli non volevano in alcuna maniera lasciarlo camminare, salire quelle maledette scale e cercare suo fratello.
«Itachi?», tentò con voce tremolante, un mormorio silente che si udì comunque attraverso le pareti di ogni stanza sia del piano inferiore, sia di quello superiore.
«Nii-san?», riprovò, mentre forzava le proprie gambe a muoversi; decise di poggiare anche le mani a terra e farsi forza in questo modo e i dolori aumentarono. Doveva farcela. Aveva una paura tremenda che fosse accaduto qualcosa a suo fratello e non avrebbe potuto sopportare una cosa simile.
«Itachi, ti prego, rispondimi…»
La voce iniziava a mancare. Il fiato smorzato lasciava aloni sul parquet lucido, le mani sudaticce esercitavano una grande pressione sugli scalini e l’attrito diminuiva, quasi scivolava, ma sapeva che doveva farcela e non poteva rimanerci secco; magari stava solo riposando, oppure era venuta Sakura e avevano litigato, per cui udendo le grida della ragazza tutti quanti si erano preoccupati, perché era una cosa insolita.
Sì, doveva essere andata così.
Non c’era altra spiegazione.
A Itachi non poteva esser successo nulla di male; era il suo nii-san, forte, coraggioso, dolce, deciso… suo fratello. Eppure quei pensieri non riuscivano proprio a consolarlo, ogni scalino che saliva gli donava la consapevolezza che la visione di cui avrebbe goduto di lì a poco sarebbe stata la peggiore della sua esistenza; peggiore persino di quella dei suoi genitori assassinati brutalmente.
Strusciò ancora, ancora ed ancora, lasciando aloni di sudore e graffi lievi a causa delle unghie, lo stomaco prese di nuovo a vorticare selvaggiamente, le tempie si agitavano convulsamente e l’emicrania non fu restia ad arrivare.
«Nii-san…», sussurrò, «Questo è solo un brutto sogno… Ma sembra così reale… Cazzo se fa male, dove sei, Itachi?»

Dove sei?

«Nii-san», voleva piangere, Sasuke, eppure le lacrime non volevano proprio uscire dai suoi occhi d’ossidiana sbarrati, il fiatone e la pressione troppo alta, la paura e una sconfinata rabbia dentro sé.

Abbracciami ancora.

Il silenzio assordante.

Baciami ancora.

La porta della camera di Itachi spalancata e folate di vento facevano ondeggiare le tende sottili, così che ombreggiassero il pavimento.

È ancora presto per andare via.

Uno sforzo immane per alzarsi e poggiarsi al muro.

Abbiamo una vita intera davanti a noi.

Deglutì a fatica. E poi entrò.

Siamo in estate oppure in inverno?

«No… Non ci credo».

Ti amo, Itachi. Resta qui con me.

«Non è possibile».

Nii-san…

«Sasuke…»

Si è risvegliato?

«Vieni via di qui…», una voce femminile ovattata lo incoraggiò a privarsi di quella visione sconvolgente; rosso, rosso ovunque, il verde degli occhi di Sakura e il rosa dei suoi capelli, il profumo pungente di mele misto allo Chanel n°5 applicato sul collo e sui polsi. Le vene pulsavano. Sasuke non seppe dire se il suo cuore si fosse fermato o stesse battendo troppo forte.
Urlò.
Diede libero sfogo a tutto il suo dolore, gridando e graffiandosi le braccia, ferendo in parte anche Sakura.
E poi una presa salda, pelle bronzea, mani curate, capelli biondi ed occhi cerulei.
«Sono qui, Sasuke».

Sì, non te ne andare.

«Non sei solo».
«Noi siamo qui».
«Ci saremo sempre».

Menzogne! Ve ne andrete come ha fatto lui!

Le braccia di Naruto si attorcigliarono alle spalle scarne e incredibilmente pallide del diciottenne; «bel compleanno del cazzo», pensò l’Uzumaki, trattenendo a stento una crisi di nervi.

Questo dolore non lo posso sopportare.



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NB:
Questo è stato il capitolo più brutto da scrivere D: Far morire il mio personaggio preferito è uno strazio, però… No, non posso parlare, altrimenti spoilero e rovino tutto come mio solito!
Qui mi apro una piccola parentesi sull’IC di Sasuke: come si è potuto notare anche nel manga, per quanto Sasuke affermasse di odiare a morte suo fratello e volerlo veder crepare per mano sua, alla fine il dolore è più grande… e ha fatto tutto per amore. Certo, se Itachi fosse stato meno stupido e Sasuke avesse saputo tutto dall’inizio, sarebbe stato diverso… però…
Spero che condividerete la mia scelta. Anche perché, per quanto il piccoletto voglia sembrare un orgoglioso, un uomo forte di prima categoria, è pur sempre un ragazzino di appena diciotto anni, che ha perso il fratello nel giorno che, anche non volendolo ammettere, è uno dei più importanti.
A questo proposito: in Giappone si diventa maggiorenni all’età di 20 anni, ma è in corso un dibattito per abbassare la soglia ai 18. Spero mi perdonerete per questo ç_ç Ma non potevo tirare troppo a lungo, come ho già accennato!

Note dell'autrice:
*si guarda attorno e cammina silenziosamente* Okay, non dovrebbe esserci nessuno... *scansa giusto in tempo una sedia volante* Eh, no, però! Non iniziate a lanciare oggetti... per favore! ç_ç Suvvia, mi sono già autolesionata scrivendo, pensando questo capitolo... Comunque sapevate che sarebbe arrivato il momento del dolore e questo è uno dei tre capitoli finali. Dolore a tutto spiano ç_ç anzi, minimo, perché mi sono limitata a causa del rating. Le descrizioni dovevano essere più ampie, volevo suscitare davvero molte più cose, ma... a quel punto il rating sarebbe scattato a rosso!
Lo so che mi adorate, non mi odierete mai... Cavolo, so che cosa provate, anch'io desidero ancora fare tanto male fisico e mentale al sensei, però io sono tanto buona ç_ç *cerca di arruffianarle, ma vede tutti lanciare oggetti appuntiti, infuocati e urlare "Questa è Sparta"* Okay, è la mia fine...
Beh, ne approfitto per ringraziare tutti coloro che mi hanno lasciato delle bellissime recensioni, ricche di bellissime parole, e a tutti coloro che hanno seguito, ricordato e preferito.
*abbraccia coccolosamente tutti* Bacioni, Giacos.


  
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