Era l’estate dei miei ventidue anni, un sabato pomeriggio caldo e umido, tipico di Seattle.
Passeggiavo nullafacente per le vie del centro, fresco fresco di rottura con la mia dominatrice, e non avevo idea di come impiegare il dannato tempo.
Libero di fare programmi mi ero ritrovato, insomma, a non fare assolutamente nulla: vagheggiavo per la città in cerca di qualche rara edizione di Satie in vinile, o ciondolavo per i bar di notte a bere bourbon invecchiato, o assieme a qualche puttana, che non riusciva mai a levarmi la voglia pulsante nelle braghe.