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Autore: Phobos_Quake 3    22/03/2013    1 recensioni
Molti anni orsono, settantasei saints infangarono il loro nome utilizzando i loro cloth per scopi malvagi anziché di giustizia come doveva essere. La dea Atena li punì esiliandoli su una piccola isola chiamata Death Queen Island e, come marchio d’infamia, i loro cloth si colorarono di nero. Fu così che nacquero i famosi Black Saints. Sull’isola fu posto un sigillo, una maschera sul volto del saint colpevole di aver dato inizio a tutto, che impedì loro di uscire e d’invecchiare. Dopo duecentocinquanta anni, però, il sigillo si è sciolto e i saints possono finalmente essere liberi di vendicarsi.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Kraken Isaac, Pegasus Seiya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I:

Camus Dell'Aquario E I Suoi Allievi





1977. Siberia. Un giovane dai lunghi capelli blu e occhi dello stesso colore, stava allenando un ragazzino di otto anni, biondo e con gli occhi azzurri, di nome Hyoga. Camus, questo era il nome del giovane, era uno dei saints della leggenda. Più precisamente un gold saint e della costellazione dell’aquario. Questo significava che anche la dea Atena era rinata.
-Molto bene Hyoga, per oggi può bastare così. Vai a riposare un po’!- disse.
-Non voglio riposare maestro. Vado a fare due passi invece.-
-D’accordo, ma non fare troppo tardi.-
La mente del piccolo Hyoga, mentre passeggiava in quel luogo perennemente ricoperto da neve e ghiaccio, ritornò a tre mesi prima, ovvero, quando aveva conosciuto Camus. La madre di Hyoga era una ricca donna siberiana, mentre suo padre l’aveva lasciata quando lui era ancora un neonato. A tre anni perse anche sua madre, morta in un incidente. Fu costretto, quindi, a vivere in un orfanotrofio. L’ambiente non era dei migliori e passò cinque anni a essere maltrattato dagli altri orfani e anche da quelli che lavoravano nella struttura. Stanco di tutti quei soprusi, riuscì a fuggire, ma alcuni uomini lo seguirono e lo ripresero.
-Piccolo vermiciattolo. Come osi fuggire? Te ne faremo pentire amaramente.-
-Lasciatemi andare brutti schifosi!-
Fu in quell’occasione che il suo cosmo assopito ebbe un lieve risveglio sufficiente da attrarre Camus.
-Che state facendo a quel bambino?- chiese il gold saint ai tre.
-Impicciati degli affari tuoi, tu!- rispose uno.
Camus e Hyoga si guardarono negli occhi.
-Ho la strana impressione che voi tre non siate nulla di buono. Lo deduco dallo sguardo spaventato del bambino.-
-Oh, senti. Levati dalle scatole, che ti conviene!- gli si avvicinò uno.
Camus sorrise e, con un rapido movimento, colpì l’uomo al petto con un calcio che lo scaraventò a terra.
-Ma che…?-
-Fatevi sotto perdenti!-
-Chiudi il becco!-
L’altro tentò di dargli un pugno, ma Camus lo parò. Il suo corpo iniziò a brillare di una luce bianca e a quel punto, la mano del tizio si congelò in un attimo e si mise a urlare di terrore.
-Che diavolo mi hai fatto? Cosa sei, uno stregone?- disse piangendo mentre era inginocchiato a guardarsi la mano congelata.
-Qualcosa di meglio.-
Camus si avvicinò all’ultimo uomo che teneva per un braccio il piccolo Hyoga.
-Il bambino non vuole venir con voi. Ti spiace se me lo prendo io?-
-F… fa come ti pare. Non voglio guai!- disse mollando la presa e scappando terrorizzato.
-Un tipo saggio. Ogni tanto ce ne sono!-
Camus sorrise a Hyoga e si voltò ai due uomini rimasti.
-Siete ancora qui?-
I due si rialzarono e scapparono. Quando Camus e Hyoga furono da soli, quest’ultimo si avvicinò al suo salvatore.
-Voglio… voglio diventare forte come te. Me lo insegni?-
Camus sorrise.
-Tu non lo sai, ma sei già forte. È scritto nelle tue stelle.-
Il bambino inarcò un sopracciglio e Camus gli accarezzò la testa.
-Ti spiegherò!-
Lo portò in una piccola casa fatta di mattoni di pietra. Era l’unica abitazione in quel posto desolato circondato solo dai ghiacciai. Dopo averlo fatto mangiare, gli raccontò quello che voleva sapere.
-Hai mai sentito parlare della dea Atena?-
-Certo. Era la dea greca della giustizia!-
Camus sorrise.
-Devi sapere che per secoli, la dea Atena tornava sulla terra ogni volta che le forze del male volevano soggiogarla. Al suo fianco aveva giovani guerrieri straordinari chiamati saints, in grado di spaccare la terra con un calcio e fendere il cielo con un pugno, che la aiutavano nelle sue battaglie. Io, sono uno di quelli, più precisamente un Gold Saint, della costellazione dell’aquario.-
Il bambino lo guardò affascinato. Sapeva che quanto gli aveva raccontato non era una balla. D’altronde, lo aveva visto con i suoi occhi.
-Hai detto che anch’io sono un saint…- gli disse.
-Sì. Un saint si riconosce grazie all’energia interna, chiamata cosmo, che possiede. E tu, anche se non te ne sei accorto, lo possiedi, anche se è latente. Per farlo crescere dovrai allenarti, ma sarà molto duro.-
Fece una pausa.
-Sei proprio convinto di voler diventare forte come mi avevi detto? Dovrai sostenere prove di rara crudeltà.-
Hyoga non ci pensò sopra neanche un po’.
-Non m’importa. Sono pronto!-
-Come vuoi…-
Fu così, che scoprì le prove di rara crudeltà dette poco prima dal suo maestro. E l’allenamento proseguì anche quando nevicava leggermente o c’erano le tormente. Più di una volta il piccolo Hyoga, mentre si allenava a colpire con i pugni i fiocchi di neve che cadevano, sveniva per la stanchezza e sarebbe morto congelato se non ci fosse stato sempre Camus al suo fianco. Nonostante la durezza dell’addestramento e la severità del suo maestro, non era affatto demoralizzato e si sentiva al sicuro e felice. Per lui, che non aveva conosciuto l’affetto paterno, quel giovane apparentemente freddo come i ghiacci della Siberia, era come un padre. A ripensare a tutto questo, Hyoga sorrise. Continuando a passeggiare, fu all’improvviso attratto da un grido. Si mise a correre e quando arrivò alla fonte, si ritrovò davanti quattro uomini che accerchiavano un bambino, steso a terra, della sua stessa età e con i capelli verdi. Uno degli uomini aveva in mano una pietra appuntita sanguinante. Quando il bambino alzò la testa, aveva una mano sull’occhio sinistro.
-Questo era solo l’inizio ragazzino. Ti pentirai di essere fuggito dalla villa del padrone. Bella gratitudine, dopo che ti ha tolto da quello schifo di orfanotrofio!-
Hyoga ebbe un déjà vu e si sentì come il suo maestro Camus, anche se i ruoli, stavolta, erano invertiti.
-Il vostro padrone deve andare all’inferno!- disse il ragazzino alzandosi di scatto e continuando a tenere la mano sull’occhio sanguinante.
Uno di quelli reagì dandogli un calcio sullo stomaco che lo costrinse a inginocchiarsi per il dolore.
-Ora ti diamo una bella lezione, prima di riportarti alla villa del signor Kido!- disse afferrandolo per i capelli.
Stanco di guardare, Hyoga intervenne.
-Lasciatelo stare!- disse.
I quattro si girarono in sincrono e iniziarono a ridere vedendolo.
-Sparisci, moccioso. Questi non sono affari tuoi!-
Il corpo di Hyoga iniziò a brillare di luce bianca come la neve.
-Ho detto di lasciarlo stare!-
I quattro lo guardarono con una certa soggezione.
-Diamond Dust!-
Tirò un pugno all’aria scatenando le fragorose risate dei tizi.
“Oh, no!” pensò.
Uno di loro gli andò vicino.
-Cosa volevi fare? Giochi di prestigio?- e gli diede uno schiaffo tanto forte da farlo girare su se stesso prima di cadere a terra.
All’improvviso iniziò a nevicare.
-Sbrighiamoci a portar via il moccioso. Le tormente di neve arrivano presto qua!-
Come se lo avesse sentito, i fiocchi di neve aumentarono insieme al vento.
-Dannazione!-
Una mano si posò sulla spalla di uno di loro.
-Chi…?-
Non finì la frase perché fu colpito da un pugno allo stomaco. Gli altri tre se ne accorsero.
-E tu chi diavolo sei?-
-Non importa, sparite!-
-Ehy, chi ti credi di essere, eh?-
Camus sorrise, aprì la mano mostrando un globo di ghiaccio e disse:
-Diamond Dust!-
I tre furono scaraventati poco lontano. Si era trattenuto solo per spaventarli, infatti, si rialzarono terrorizzati e scapparono urlando frasi del tipo che era il dio delle nevi o cose così. Camus si avvicinò al suo allievo che, prima di svenire, gli disse:
-Perdonami maestro. Ti ho deluso…-
Lui gli sorrise, si caricò i due bambini sulle spalle e si allontanò nella tormenta. Il bambino con i capelli verdi si svegliò, senza aprire gli occhi. Il sinistro era dolorante e coperto da una garza. Sentiva le voci di un ragazzo e un bambino.
-Chiedo ancora scusa per averti deluso, maestro…- disse il bambino.
-Roma non è stata costruita in un giorno. Di conseguenza, anche un saint non diventa tale con solo pochi mesi di allenamento. Non devi mortificarti per questo!-
Hyoga abbassò la testa.
-Piuttosto, va a vedere se il nostro ospite è sveglio e portagli da mangiare.-
-Sì, vado subito.-
Afferrò il vassoio, sopra al quale c’era del pesce cotto alla griglia, e salì le scale per raggiungere la stanza del loro ospite. Quando si avvicinò al letto, e vide che stava ancora dormendo, si voltò per andarsene, ma la voce del ragazzino lo fermò.
-Dove mi trovo? E tu chi sei?-
-Sei nella casa del maestro Camus. Io mi chiamo Hyoga!- disse sorridendogli.
-Hyoga? Quella che si fa per meditare?-
I due scoppiarono a ridere.
-Hai ragione! Non avevo mai fatto caso a questa somiglianza! Tu, come ti chiami?-
-Mi chiamo Isaac!-
Hyoga sorrise e porse il vassoio, ma Isaac scosse la testa.
-Non hai fame?-
-Da morire, ma non mi piace mangiare a letto.-
-Ho capito!-
I due uscirono dalla stanza, scesero le scale e raggiunsero Camus. Vedendoli, sorrise.
-Ciao! Vedo che ti sei ripreso. Come ti senti?- disse andando incontro a Isaac.
-Ho un po’ di fastidio all’occhio, ma per il resto sto bene, grazie.-
I due si strinsero la mano.
-La ringrazio infinitamente per avermi salvato…- disse timidamente.
Camus non disse nulla e si limitò a sorridere.
-Se solo fossi intervenuto un po’ prima! Il tuo occhio…-
Isaac fece spallucce.
-Non si preoccupi.-
-Non essere così formale. Chiamami Camus e dammi del tu!-
Isaac sorrise e si girò verso Hyoga.
-E ringrazio anche te ovviamente!-
I tre mangiarono il pesce insieme e in totale silenzio. Isaac aveva una domanda che voleva fare, ma si tratteneva per timidezza. A rompere il silenzio ci pensò Camus.
-Chi erano quegli uomini e perché ti hanno aggredito? Erano troppo eleganti per essere inservienti di un orfanotrofio.-
Nel dire questo guardò istintivamente Hyoga. Isaac rimase stupito.
-Come… come sai che sono orfano?-
-Non lo sapevo, ma l’episodio mi ha ricordato un fatto di poco tempo fa con protagonista il piccolo Hyoga. Lui scappò dall’orfanotrofio, fu inseguito dagli inservienti, che lo presero e lo picchiarono, e lo salvai!-
-Capisco…-
-Ora dicci tutto!-
Isaac abbassò la testa. Il suo volto s’incupì.
-Quelli erano le guardie del corpo di Mitsumasa Kido. Il mio padre adottivo.-
-Lo conosco. È un ricco industriale giapponese che ora vive qui in Siberia. Per quale motivo sei scappato?-
Isaac non rispose subito.
-Sarà anche ricco, ma è un vecchio porco…- disse trattenendo il pianto.
In quell’attimo di rabbia e disperazione, Camus e Hyoga avvertirono un lieve cosmo e si guardarono. All’improvviso, qualcuno bussò alla porta.
-È… È lui!- disse con terrore alzandosi di scatto.
Camus gli fece una carezza sul viso e gli sorrise dolcemente.
-Non gli permetterò di portarti via!- gli disse e si diresse verso la porta.
Una volta aperta si trovò davanti a un uomo con la barba e capelli bianchi, e vestito elegantemente, che gli sorrise. Era, però, un sorriso molto forzato.
-Salve giovanotto. Mi chiamo…-
-So chi è lei. Le sembrerà strano, ma li leggo anch’io i giornali!-
-Buono a sapersi. Allora non perderò tempo in chiacchiere. Ha visto questo moccio… ehm… ragazzino?-
Mitsumasa Kido gli porse una fotografia. Camus la guardò attentamente.
-No! Mi spiace.-
-Sicuro? I miei uomini lo avevano avvistato poco lontano da qui e non mi pare ci siano altre case nei paraggi. Per me, stai dicendo un sacco di balle!-
-Dica ai suoi uomini di farsi un bell’esame accurato alla vista.-
Mitsumasa si spazientì.
-Senta, mi ha stancato. So che è in casa, perciò mi faccia entrare.-
-Non c’è nessuno a parte mio nipote!-
-Non ci credo se prima non vedo!-
Mitsumasa spinse Camus ed entrò prepotentemente in casa. Quando si ritrovò Isaac davanti, sorrise biecamente.
-Eccoti qua, piccolo ingrato. Ti farò pentire di essere venuto al mondo!-
Si girò verso Camus.
-Quanto a lei, la pagherà per aver rapito il mio ragazzo e di avermi mentito!-
-Non ho rapito nessuno. L’ho salvato dalle sporche grinfie di un porco come lei!-
-Ah, le ha raccontato quella storia e ci ha pure creduto? Mi sembra un po’ troppo cresciuto per credere alle favole, no? Bando alle ciance. Fingerò che non sia accaduto nulla. Quanto vuole? Nessuna cifra sarà un problema per me!- disse prendendo un libretto per gli assegni.
Camus gli diede un pugno così violento che lo buttò a terra.
-Come osi, maledetto? Lo sai chi sono io?-
-Ho già detto di sì, ma se lo meritava. Il bambino, adesso, è sotto la mia custodia, quindi può anche andarsene.-
-Ma va all’inferno!-
Mitsumasa si alzò e tirò fuori una pistola. Camus, rimase immobile senza scomporsi.
-Adesso che ho la pistola non fai più il gradasso eh?-
-Come crede!-
Il corpo del giovane iniziò a brillare di una luce bianca.
-Ma… ma che... ?-
Isaac rimase a bocca aperta, mentre Hyoga guardava sorridendo divertito. Camus mise due dita sulla canna della pistola e quest’ultima si ghiacciò.
-Co… come…?-
-Ora, se non vuole fare la stessa fine, se ne vada.-
Stizzito, il ricco industriale si avviò alla porta, ma prima di uscire si girò di scatto e disse:
-Non so chi tu sia, ma ti sei rovinato con le tue mani. Tornerò con la polizia. Dirò loro che hai rapito il mio futuro erede e mi hai messo le mani addosso. Stai certo che crederanno di più a me che alle parole di quel moccioso o alle tue! Finirai in gattabuia e butteranno via la chiave!-
Camus aprì la mano, sul cui palmo comparve un globo di ghiaccio.
-Diamond Dust!-
Mitsumasa fu scaraventato fuori dalla casa a causa di una tempesta di cristalli di ghiaccio.
-Vada pure alla polizia, vada!- gli disse Camus.
Quando il vecchio si allontanò, Isaac fu molto preoccupato.
-Lo lascia andare via così? E se torna come ha detto?-
Camus gli sorrise.
-Ho fatto in modo che i cristalli di neve rimanessero sul suo vestito senza sciogliersi. Dato che non c’è alcuna tormenta, ai poliziotti parrà strano e quando spiegherà le ragioni, lo prenderanno per pazzo. Quando sei considerato pazzo, non ci sono soldi che tengano.-
Isaac si risollevò. In effetti, a Mitsumasa accadde proprio quanto predetto dal giovane gold saint e fu rinchiuso in un istituto.
-Vorrei… saper usare il ghiaccio come fai tu.- disse Isaac prima di andare a dormire.
Camus sorrise, gli raccontò la leggenda dei saint, gli spiegò che anche lui era inconsapevolmente un saint proprio come Hyoga e gli fece la stessa domanda che aveva posto al suo primo allievo:
-Sei proprio convinto di quello che hai detto? Io non voglio costringerti, così come non ho obbligato Hyoga a seguirmi. Lo sai che dovrai sostenere prove di rara crudeltà?-
-Non importa. Preferisco allenarmi per diventare un saint piuttosto che stare alla villa Kido!-
-D’accordo…-
Fu così, che anche Isaac divenne un allievo di Camus.
   
 
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