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Autore: marty_ohba    22/03/2013    1 recensioni
Matt si sposa, invitando amici e compagnia bella al suo matrimonio e li lascia per una settimana a Miami... Peccato che per Mihael questa non sarà una vacanza come tutte le altre e si troverà coinvolto in un segreto a lui sconosciuto.
DALLA STORIA:
"«Il mare ha una potenza che pochi conoscono: è crudele e bellissimo, sì… tanto affascinante, totalmente privo di sentimenti…».
«Cosa?», chiesi disorientato.
«Non trovi anche tu?». Non mi lasciò il tempo di rispondere. «I suoi spiriti mi chiamano, la notte».
"Delira”, pensai, mentre tornava a guardarmi.
«Sai, Mihael, che hai il nome di un angelo?», mi interrogò, serio.
Scossi la testa. Non mi ero mai interessato a certi argomenti e dopotutto non capivo cosa potesse significare.
«E allora?».
Strinse gli occhi.
«Questa notte vieni con me»."
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Near
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sto aggiornando entro un anno, non ci posso credere!
La storia ha preso una piega – appunto – inaspettata, e
spero la cosa non vi disturbi.
Buona lettura!

Susy

 

 

 


DARKNESS


Il mare di un profondo blu scuro riposava placidamente sotto il cielo notturno, le stelle offuscate dalle luci della città. Le onde sciabordavano quiete, infrangendosi dolcemente sul bagnasciuga, tingendo la sabbia fina e biancastra di tonalità più intense con la risacca.
L’odore salmastro penetrava ovunque mentre spruzzi d’acqua cristallina si alzavano contro gli scogli e le gocce ricadevano con grazia nell’oceano.
Ormai quel posto – con mio gran disappunto – quel luogo mi era diventato familiare in un modo che non mi sarei mai aspettato; di sicuro la mia vacanza non l’avevo immaginata così.
Dannazione a te, Matt, che ai scelto questo posto maledetto!”
Nate camminava lentamente davanti a me, come in trance. Mi aveva avvertito che probabilmente non avrei capito, e di quello anch’io ne ero certo.
Giunti alla scogliera infilai le mani in tasca, strette a pugno, per non avere la tentazione di fermarlo; tuttavia assottigliai lo sguardo, i muscoli in tensione come quelli di una pantera, pronto ad intervenire se fosse stato necessario.
Osservai il ragazzino procedermi leggero, fermandosi sulla sporgenza più estrema, e lo udii sospirare piano.
Il suono ritmico delle onde era l’unica fonte sonora in quel silenzio: rassicurante, continuo… faceva quasi venire sonno, e mi ritrovai a non sapere più se fossi in stato di dormiveglia o ancora incatenato alla realtà.
Scossi la testa, ma lo sciabordio dell’oceano mi costringeva alla quiete e al rilassamento. I miei nervi si sciolsero, portandomi a chiudere gli occhi.
La voce del mare…. Ecco, forse ora la sentivo… chiara, cristallina e delicata, dolce quanto quella di una madre che canta la ninnananna al proprio bimbo.
«…hael…», mi parve di sentire. Di sicuro era tutta un’allucinazione.
«Mihael…».
Ero stanco, senza dubbio. Un tremito mi scosse, come se un fantasma mi fosse passato dietro le spalle.
«Mihael!».
Spalancai gli occhi e Nate si voltò verso di me con un sorrisetto ambiguo.
«L’hai sentita, vero?».
Il mio sguardo si fece preoccupato, mentre mi riscuotevo dal torpore che mi aveva preso.
Sono pazzo, ecco la risposta”.
«No sei fuori di testa… anzi, mi sarei sorpreso se non avessi udito nulla».
«Chi era?»
, domandai, chiedendomi perché ne stessi discutendo invece di tornarmene in albergo.
«Non lo so», rispose semplicemente. «Ma sento che devo capire qualcosa».
«E cosa centro io?»
. Ora mi stavo irritando. «Come può volere qualcosa da me o da te senza spiegarlo?!».
«…».
«Andiamo Nate! Tutta questa storia è un’enorme cazzata!»
, imprecai voltandomi, pronto a tornare indietro.
«MIHAEL KEEHL!».
Mi pietrificai, un brivido freddo mi corse lungo la schiena. Non osai dare un passo finché un palmo freddo mi si posò sul braccio nudo. Allora mi girai lentamente, una brezza leggera che portava alle nostre narici l’odore salmastro del Pacifico.
Il vento si alzò e le increspature sulla superficie del mare si moltiplicarono. Le onde cominciarono pian piano ad alzarsi, la scogliera frustata violentemente dall’acqua, gli spruzzi sballottati nell’aria ci bagnavano e ben presto ci ritrovammo inzuppati da capo a piedi.
E poi, un muro d’acqua ci travolse, spingendoci verso l’oceano, la violenza degli impatti ci fece perdere l’equilibrio. Ad un certo punto Nate venne sbilanciato, e cadde all’indietro.
«Mihael!».
Sgranai gli occhi ed allungai una mano, afferrandogli il polso per trattenerlo.
«Nate!».
Il ragazzino però aveva perso stabilità e continuò a cadere all’indietro come al rallentatore, precipitando verso il mare. Lo seguii, strattonato con lui verso i flutti.
Sprofondammo nell’acqua gelida e salta, metro dopo metro, finché non mi sfuggì la presa, solo per un istante.
«Nate!», urlai, ma dalle mie labbra non uscì altro che un fiume di bolle.
Mi affrettai a riserrarle, ignorando il bruciore agli occhi ed alla gola e prendendo a scalciare per raggiungere l’albino.
Inorridii, vedendolo affondare nell’abisso, gli occhi d’onice spalancati, la bocca aperta in un muto grido.
Più scendevamo, più il mio fiato andava scemando, la mente confusa, l’immagine di Nate sempre più sfocata…



Nero. Aprii gli occhi e non vidi altro che greve oscurità.
In che luogo mi trovavo? Dov’era il mare?
La testa mi pesava. Provai a farmi forza e sollevarmi, ma non trovavo un punto d’appoggio sotto di me. Ero sdraiato?
Mossi le gambe, come se vi fosse un pavimento. Le suole delle scarpe non incontrarono ostacoli, non vi erano piani d’appoggio, eppure avanzai.
Ma verso dove?
Provai a girarmi, guardare in alto ed in basso, ma non c’era niente. Frustrato, sedetti. Non galleggiavo, era come se l’aria – potevo chiamarla così? – fosse solida e tuttavia non sentivo superfici. Pensai non vi fosse gravità, ma era come se essa fosse tutta intorno a me.
“… sono morto?”.
Sospirai. Niente vapore, niente suono.
Pensai a Nate. Cosa gli era successo? Perché non si trovava con lui?
Se questo è un sogno, voglio svegliarmi…”
Ma non accadde niente.
Cominciai a correre, in quale direzione non lo sapeva, il nulla incombeva su di me, attorno a me.
Non so per quanto errai, in quella dimensione senza spazio, tempo o materia che fosse. Ero stanco, ma le gambe non erano affaticate. Avevo fame, ma lo stomaco non reclamava di essere riempito.
Nero, nero, nero. Proprio come il colore che tanto amavo.
La mia testa dorata sarebbe galleggiata, in tutto quel nero, se vi fosse stata luce. Provai a guardarmi le mani, il corpo e non vidi nulla. Mi toccai il ventre, le gambe e constatai che perlomeno possedevo ancora carne ed ossa.
Tentai nuovamente di guardarmi attorno, ma non esisteva un “intorno”, né un confine, o una parete. Nessuna porta, tetto, via di fuga.
Non c’era odore.
Non c’era niente, solo il nulla.

Sedetti su quell’oscurità, sdraiandomi e chiudendo gli occhi, sentendomi simile ad un’ombra.
E come esco da qui?”.
Volevo liberare la mente. Scossi la testa, cercando di abbandonare le preoccupazioni, per poi riaprire le palpebre.
Tsk…!”
Non appena riaprii gli occhi dovetti subito riserrarli: una luce mi sovrastava, accecante.
Ma c'era già da prima o era apparsa solo in quell'istante?
Mossi subito le gambe, cominciando a capire come muovermi in quello strano mondo, avanzando verso lo spiraglio, finché non fui a pochi metri di distanza.
Non era una feritura, né una porta... più un varco.
«Mihael…».
Ancora la voce.
«Si può sapere chi diavolo sei? Cosa vuoi da me e Nate?!», gridai, ma pur avendo mosso le labbra, non udii il mio urlo. La mia domanda rimbombò nel tacito buio che mi circondava.
E poi, la voce parlò.
«Mihael… devi proteggere Nate».
«Che-…».
«È il tuo compito».
«Ma io-…».

Non capivo, e feci di tutto per non sembrare un bambino capriccioso.
«Ora saprai tutto».
Ed una figura perlacea, incorporea ed evanescente emerse dalla luce. Contro quell’oscurità pareva fatta di fumo.
Indietreggiai, sulla difensiva, scrutandola dall’alto in basso
La figura sorrise – o almeno, così gli parve – e dopo un attimo di silenzio sussurrò, come un soffio impalpabile. Non ero neppure certo che quel suono fosse risuonato, magari lo sentivo solo nella mia testa.
«Il mio nome è
Lecabel, Coro degli Angeli Dominazioni, custode dell’Opportunità».
Rimasi in silenzio, confuso, rimuginando. Era assurdo, era troppo. Eppure, con tutto quel casino non riuscii ad escluderlo e tentai di mostrare un minimo di gentilezza.
«Molto piacere».
Lecabel chinò il capo, in un gesto di cortesia.
«E tu»¸ continuò, «sei
Mihael, Coro degli Angeli Virtù, custode della Procreazione».
Il mio cervello rifiutò quelle frasi, senza capire. Non era possibile. Era tutto un sogno. Sospettoso, si rifugiò nel sarcasmo.
«E com’è che non sono traslucido come te?», chiesi bruscamente, con diffidenza.
«Perché i tuoi natali sono piuttosto singolari, quasi unici, direi».
Attesi, senza neppure sapere perché.
«Nelle Sfere Celesti vi è un solo divieto: agli angeli è proibito avere eredi. Sono disposizioni divine, non ci siamo mai interrogati sulla motivazione, ma è evidente che c’è stata una buona ragione». Mi indicò. «I tuoi genitori infransero la Sacra Legge e nascesti tu. Come punizione, furono condannati alla mortalità».
Finsi di accettare quella spiegazione.
«E Misa?».
«Tua sorella è stata concepita e partorita sulla Terra».

Certo, certo…”
L’angelo sembrava aspettarsi il mio scetticismo – doveva solo provare a biasimarmi – e proseguì.
«Da piccolo ti capitava spesso di venire scambiato per una bambina?».
Ignorando il tuffo al cuore – ero certo di non averlo mai confidato ad anima viva – annuii, ricordando poi con un ghigno le espressioni imploranti di quegli idioti che finivano sempre col chiedergli scusa.
«Gli angeli sono androgini. Solo ad una certa età si sviluppano i caratteri sessuali».
Tacemmo.
Ancora non sapevo se prendere per vero quel racconto o continuare ad infischiarmene, ma anche se ultimamente ero stato molto nervoso, ero ben lontano dal punto in cui si sarebbero dovute avere allucinazioni. Ero certo che Nate esistesse, che stessimo annegando… quindi, se non era morto, si trovava perlomeno in un posto irraggiungibile.
Lecabel continuava a sorridere, mentre rimuginavo sulle sue parole.
Io un angelo…?”, pensai frustrato, grattandomi la nuca per scaricare la tensione.
Schiere Celesti, ordini, Cori… ma esisteva davvero un Dio? Era una gerarchia a sé?
Sbuffai, confuso, massaggiandomi le tempie.
Cos’aveva detto
Lecabel?
«Perché devo proteggere Nate?», domandai con tono allarmato, i muscoli in fermento.
La luce irradiata dal sorriso dell’angelo svanì.
«Non siamo i soli che controllano quel ragazzino». La voce si era fatta più cupa, e mi predisposi ad ascoltare con più attenzione.
«
Belial, l’Angelo Rinnegato. Anch’egli vuole l’anima di Nate».
«Ma perché è tanto interessato alla sua anima? Nate è ancora… vivo…»
, terminai, la frase svanente mentre cominciavo a capire.
Non sapevo ancora se avessi accettato quella storia, ma non avevo molta scelta.
«No, infatti. È in coma, in perfetto equilibrio tra vita e morte. Riteniamo che non sia ancora la sua ora, ma
Belial non è d’accordo. Finché la sua presa su Nate non verrà allentata non potremo salvarlo».
«Capisco».

Ecco, adesso i contorni non erano più così sfumati… e mi spiegai perché nessuno pareva aver visto quel ragazzino latteo.
Pensò al mare, a quello che Nate gli aveva raccontato, che Mihael era il nome di un angelo.
Lecabel, notata la mia nuova determinazione, mi si accostò, cingendomi le spalle e prendendo ad avanzare verso la luce, sempre più accecante.
«Aspetta». Mi bloccai di colpo, e l’angelo mi guardò interrogativo. «Come combatteremo
Belial? Dove…?».
«Come faceva Nate a conoscerti?»
, rispose subito Lecabel, e compresi.
«Un sogno».

 

 


Avevo il mal di mare, come se fossi su un canotto in mezzo all’oceano.
Prima ancora di aprire gli occhi provai a puntellarmi sulle mani per sollevarmi; feci leva, ma non resistetti due secondi che avevo già ceduto, la faccia schiacciata contro la sabbia umida del bagnasciuga.
Sono sulla spiaggia…?”
E poi, in un lampo, mi ricordai della tempesta, Nate che affogava, il buio, l’angelo…
«NATE!», urlai a gran voce, scattando a sedere per poi barcollare, reggendomi la testa. Il capogiro mi procurò una nausea tremenda. Repressi il conato e dopo aver fatto due respiri profondi mi guardai intorno.
Il lido era identico a quando vi eravamo giunti, l’unica differenza era il sole che sorgeva ad oriente, tingendo l’immenso specchio d’acqua salata di tonalità rosate, violette ed arancioni.
È l’alba…”
Mentre mi sfregavo abiti e capelli per rimuovere quei dannati e fastidiosissimi granelli, abbassai lo sguardo e notai il corpo – o quello che era – di Nate.
Lo scossi, chiamandolo più volte finché il ragazzo non cominciò lentamente a muoversi.
«Mihael…», lo sentii mormorare e lo aiutai a girarsi pulendogli il viso.
Il piccolo strizzò gli occhi e finalmente aprì le palpebre. Le sue iridi nere cercarono subito le mie, e gli sorrisi.
«Sono qui».
«Hai visto qualcosa?»
, domandò tra il curioso ed il preoccupato.
«Sì. E tu?».
Nate rabbrividì.
«Cos'è successo?», chiesi, con una voce più ansiosa di quanto avrei voluto.
«Uno spirito... mi voleva», confidò. «Non volevo andare con lui una voce mi diceva di non farlo... era tutto così buio...».
Lo interruppi, turbato dal terrore che traspariva da quelle parole, abbracciandolo forte ed accarezzandogli la chioma candida.
«Ssh...», lo rassicurai. Non sapevo perché d'improvviso mi stessi comportando in modo così premuroso, ma mi venne naturale.
«Ti proteggerò io».

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:
I nomi di quegli angeli non li ho inventati,
ma esistono davvero.

Fate attenzione al font del carattere degli angeli,

vi aiuterà a figurarveli meglio!^^

A presto!
Susy

   
 
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