Capitolo IX
La resa
Camera 512
Grosvenor Hotel, Londra
Mac era
esausta. Il lavoro di investigazione si era
dimostrato più difficile del previsto, complice anche la riottosità
degli
inglesi a fornire le informazioni di cui necessitavano lei e Harm.
Quel
pomeriggio avevano insistito per seguire
l’interrogatorio dell’ufficiale dei reparti speciali rimasto ferito nel
conflitto a fuoco, ma Lockeed aveva posto il veto: avrebbero letto le
trascrizioni.
E,
naturalmente, le trascrizioni riportavano una storia
completamente diversa da quella raccontata loro da Shriver e Thomasson.
Il Presidente
Bush e il Premier inglese volevano, anzi
pretendevano, una linea di massima distensione e collaborazione, ma
come poteva
realizzarsi quanto auspicato dai due capi di Stato se Lockeed e Seymour
mettevano loro i bastoni fra le ruote?
Per non
parlare di Harm che con la sua sola presenza le
scombussolava l’anima. Come avrebbe desiderato che Clay fosse andato
con lei!
Lui era geloso, senza dubbio, come spiegarsi altrimenti il quasi
interrogatorio
di quel mezzogiorno ad Hyde Park? Era geloso che Webb avesse ottenuto
il suo
amore e il suo cuore.
“Oppure è geloso di
ogni uomo che mi sta accanto?” si chiese mentre infilava la
porta
dell’ascensore.
Arrivò al
piano della sua camera e, giunta davanti alla
porta, notò che era socchiusa. Al momento non si insospettì, data l’ora
era
probabile che qualcuno del personale di servizio fosse entrato per
preparare la
stanza per la notte.
Cominciò ad
insospettirsi quando, una volta entrata, udì
lo scroscio dell’acqua proveniente dal bagno.
Circospetta,
entrò nel soggiorno-camera da letto e,
ringraziando la presenza della folta moquette che attutiva i suoi
passi, avanzò
verso la piccola anticamera che divideva la camera dal bagno vero e
proprio.
Entrò nel
disimpegno e notò che la porta che lo divideva
dal bagno era accostata e che al di là del vetro smerigliato si
intravedeva una
figura umana.
Appartamento
del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra
Harm entrò in
casa e buttò distrattamente la
ventiquattrore sul pavimento. Belinda non era ancora rientrata e
l’appartamento
era al buio. Andò in soggiorno e aprì le finestre, dopodichè dal bar
sotto il
televisore prese un bicchiere e si versò una dose di whisky.
Non rientrava
nelle sue abitudini bere superalcolici, si
potevano contare le volte che l’aveva fatto, ma in quel momento ne
aveva
bisogno.
Si tolse la
giacca, si allentò la cravatta e sprofondò nel
divano di pelle chiara e nelle sue riflessioni.
Non c’era
modo di trovare un’intesa con gli inglesi che si
ostinavano a voler dare credito alle loro testimonianze e, per il
momento, le
posizioni erano molto lontane. Lo insospettiva il fatto che non fosse
stato
permesso a lui e a Mac di presenziare all’interrogatorio dell’ufficiale
ferito,
come se avesse avuto qualcosa da nascondere.
L’indomani
avrebbero raccolto la testimonianza del furiere
che aveva provveduto ad approvvigionare la squadra di soccorso e
avrebbero
sentito anche il giornalista del “Times”,
ma dubitava che ne sarebbe uscito
qualcosa di buono: probabilmente il materiale era già pronto e il
soldato di
turno si era solo occupato di consegnarlo a chi era andato a ritirarlo.
“Un momento” si
disse, “la spedizione era segreta, per cui
non è stato certo il commando a ritirare dalla fureria del centro di
comando
degli inglesi a Baghdad quello che serviva…” Un lampo di illuminazione
gli
attraversò la mente: Lockeed e Seymour mentivano, se non su tutta la
storia,
almeno su buona parte di essa. Da quando in qua una missione dei corpi
speciali
di salvataggio, segreta, si approvvigionava alla fureria? Arrivava sul
luogo già
equipaggiata di tutto punto!
Decise di
mettere Mac al corrente di tutto.
Dintorni di
Londra
due ore dopo
Si era
cacciata nei guai. Il figlio di Taylor
la stava palpeggiando maldestramente, mentre il suo complice la teneva
sotto
tiro.
Era arrivata
al luogo dell’appuntamento come
stabilito, ma non appena scesa da cavallo si era ben presto accorta che
si
trattava di una trappola.
“Vi state
divertendo, signore?”
“Stai zitta!
Dove hai messo il denaro?”
Quei due
malviventi volevano solo quello. Solo
i soldi. Non avevano alcuna informazione da darle.
“Solo quando
mi avrete detto ciò che mi avevate
promesso”, rispose decisa.
“Guy, hai
sentito la signora? Vuole essere lei
a dirigere il gioco!” urlò Taylor al suo compare, mentre continuava a
metterle
le mani addosso, perquisendola sotto il mantello.
“Non
troverete nulla, neanche se mi
spogliaste…” lo provocò, sperando che l’uomo non la prendesse alla
lettera. Ma
doveva tentare di distrarlo in qualche modo, prima che scoprisse lo
stiletto
nascosto nella manica.
“Non
tentatemi, signora… Potrei anche decidere
di divertirmi un po’ con voi”, disse l’uomo con un ghigno, mentre, dopo
averle
scostato un lembo del mantello, le infilava la mano ruvida nella casta
scollatura dell’abito, per verificare che non avesse nascosto lì il
denaro e al
tempo stesso approfittare dell’occasione.
“Allora, Bob,
ce li ha i soldi?” chiese il
socio leggermente nervoso. Sembrava che non desiderasse altro che
fuggire da
lì.
“Milady non
ha nulla…” rispose con uno strano
luccichio negli occhi il suo assalitore, “…non ha denaro con sé, a
quanto
sembra… ma ha ben altro che potrebbe offrirmi…” aggiunse poi, con voce
lasciva,
mentre le afferrava il volto con una mano e si protendeva verso le sue
labbra.
All’improvviso
un colpo d’arma da fuoco
echeggiò nel silenzio.
Taylor si
voltò di scatto in direzione dello
sparo e Lady Sarah vide Guy accasciarsi a terra, colpito ad una gamba.
Nell’istante
in cui il suo aguzzino realizzava che il compagno era stato ferito,
un’ombra
scura si era già assicurata di recuperare da terra l’arma del complice
e ora
teneva sotto tiro Taylor.
Ma anche
Taylor fu altrettanto rapido: afferrò
Lady Sarah per la vita, stringendola brutalmente contro il proprio
corpo e,
puntandole la pistola alla tempia, la usò come scudo.
“Gettate le
armi a terra e andatevene, o la
uccido” intimò allo sconosciuto.
A Lady Sarah
si gelò il sangue nelle vene: cosa
sarebbe accaduto se l’uomo non avesse obbedito?
“Siete sicuro
di riuscire ad ucciderla prima
che io uccida voi?” La voce calma e quasi divertita dello sconosciuto
le fece
balzare il cuore in gola.
“Forse no, ma
morirebbe anche lei…” rispose
incerto Taylor.
“Meglio. Non
m’importa della donna. Voglio i
soldi. E sono pronto ad uccidere, per averli” disse secco l’uomo.
Taylor esitò.
Lady Sarah percepì fisicamente l’indecisione
e la paura nel suo aguzzino e temette per la propria vita: sapeva bene
che il
terrore può far perdere la razionalità e far agire d’impulso.
“Andatevene”
disse deciso il nuovo arrivato.
“Lasciatemi la donna con i soldi e avrete salva la vita.”.
“Volete
divertirvi voi, con questo bel
bocconcino, vero?” lo schermì Taylor.
L’uomo non
rispose; semplicemente iniziò ad
avanzare cauto verso di loro, sempre tenendo sotto tiro Robert Taylor.
Lady Sarah
sentì la stretta attorno alla vita
farsi più forte, mentre il figlio del socio di Hewitt le sussurrava
all’orecchio:
“Quel
bastardo vuole i vostri soldi…”.
L’alito caldo
e pesante dell’uomo le provocò un’ondata
di nausea, ma rimase in silenzio, mentre lui aggiungeva, quasi
divertito:
“… non sa che
non li avete con voi…”.
Non appena
finito di pronunciare quelle parole,
la scaraventò con violenza verso l’uomo in mantello nero che ormai era
a poca
distanza da loro due, e fuggì rapidamente alla sua mira.
Camera 512
Grosvenor Hotel, Londra
Mac avanzò
verso la porta del bagno, traendo la pistola
dalla borsa che non aveva ancora posato. Dopo la sua “avventura” con
Sadik era divenuta molto
guardinga e le situazioni come quella che stava vivendo ora la
indicevano a non
andare troppo per il sottile.
Lo scroscio
dell’acqua cessò e la figura al di là del
vetro si mosse.
Rompendo gli
indugi, Mac spalancò la porta e puntò la
pistola davanti a sé.
“Fermo”
intimò allo sconosciuto togliendo la sicura
all’arma e mettendo il colpo in canna.
Dalla tenda
che riparava la vasca da bagno si sporse una
mano maschile che afferrò l’accappatoio di spugna appeso lì accanto.
“Esci
immediatamente” minacciò lo sconosciuto armando la
pistola, pronta a fare fuoco.
“Agli ordini,
mia bellissima rosa” rispose la voce di
Clayton Webb mentre la tenda della doccia si scostava.
“Clay!”
esclamò Mac lasciando cadere l’arma a terra e
buttandosi tra le braccia dell’uomo.
“Per poco non
ti sparavo” mormorò.
“Volevo farti
una sorpresa” le rispose lui.
“E ci sei
riuscito!”
“Mi mancavi
da morire” le disse cominciando a baciarla
avidamente mentre le mani correvano ai bottoni della giacca della
divisa
slacciandoli uno per uno con premura.
“Anche tu”
rispose Mac, la voce già arrocchita dal
desiderio mentre rispondeva con altrettanta foga ai baci del suo uomo.
Con le labbra
incollate piombarono sul grande letto
matrimoniale, baciandosi con impazienza e giocando come due bambini con
il
desiderio che li pervadeva di essere l'uno nelle braccia dell’altro,
pelle
contro pelle.
Fu in quel
momento che il telefono squillò.
Appartamento
del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra
Uno squillo,
due squilli, tre squilli. Mac non rispondeva.
Stava per chiudere la telefonata quando, al quarto squillo, la voce
della
collega, insolitamente allegra e gioiosa gli rispose con un “chi è”
alquanto
ridanciano.
“Mac sono io”
disse lui.
“Ah ciao
Harm…” risatina in sottofondo e lei che
rispondeva alla risata. “Scusa, dimmi, cosa c’è?”
“Disturbo?”
chiese lui.
“Affatto…”
altra risatina di lei ed un “smettila”
mormorato a mezza voce. “Novità dell’ultimo minuto?” domandò, ma la
voce sembrò
giungere da un’altra galassia.
“Volevo
metterti al corrente di quello che ho scoperto
dopo che ci siamo lasciati.”
“CLAY! MI
STAI FACENDO IL SOLLETICO!” rise a pieni polmoni
Mac dall’altro capo del telefono.
Harm comprese
il motivo del ritardo nel rispondere a delle
risatine in sottofondo, e questo gli diede fastidio. Mac era una sua amica, era la sua collega
era la sua.... non
completò il pensiero rendendosi conto che, dopotutto, Mac non era mai
stata sua
per davvero, né come amica, né come collega, né come donna.
“Harm? Ci sei
ancora? Scusa ma il mio fidanzato mi ha
fatto una sorpresa e…”
“Non ti devi
scusare, è più che giusto, fuori dal lavoro
hai il diritto di goderti la tua vita privata. Scusa per l’intrusione.
Ne
parliamo domani al Comando. Alle 9.00 va bene?”
“Alle 9.00
andrà benissimo” rispose Mac un po’ troppo
ansiosa di concludere la conversazione.
E, infatti,
non appena la donna ebbe posato la cornetta
del telefono sulla forcella Webb s’impossessò della sue labbra e del
suo corpo.
Dintorni di
Londra
nello stesso momento
Lady Sarah si
sentì precipitare addosso allo
sconosciuto il quale, disorientato per un attimo dal repentino
movimento di
Taylor, non fu rapido a sparare. Robert Taylor ne approfittò per
raggiungere il
compagno ferito e dileguarsi con lui nel buio della notte.
Mentre Lady
Sarah stava per cadere a terra a
seguito della violenta spinta, l’uomo si disinteressò subito dei due
malviventi
e la trattenne a sé, stringendola con dolcezza tra le braccia.
“Dio, Sarah…”
Furono le
uniche parole che l’uomo pronunciò.
Poi con una mano le sollevò il viso e posò le labbra sulle sue.
Fu un bacio
violento e disperato. Un bacio che
risvegliò nel profondo un milione di ricordi e sensazioni mai
dimenticate e di
desideri da troppo tempo insoddisfatti.
A poco a
poco, mentre nell’uomo l’ansia
d’averla quasi perduta lo abbandonava lentamente, il bacio s’intenerì e
presto
si trasformò in seduzione, quando le mani di lui cominciarono a
muoversi sul
suo corpo, sfiorandole il seno sotto il tessuto del mantello,
accarezzandole il
volto ed infilandosi tra i suoi capelli.
Lei non
riuscì a resistere a quelle labbra
dolci che premevano insistenti sulle proprie, impedendole persino di
respirare.
Si lasciò andare contro di lui cercando conforto nella sua bocca e nel
suo
abbraccio, improvvisamente catapultata indietro nel tempo, in un’altra
vita,
quando si era completamente abbandonata tra le braccia di un uomo.
Il bacio
proseguì ancora per alcuni istanti,
intenso e travolgente; poi, non appena ritornò a respirare e sentì le
labbra
dell’uomo raggiungere lentamente la gola, sussurrò il suo nome,
cercando di
fermarlo.
“Nicholas…”
Lo sentì
sospirare bruscamente, per riprendere
il controllo; poi lui la guardò negli occhi, illuminati dalla luce
della luna.
“Ho creduto
che vi avrei perduta per sempre…” e
così dicendo la strinse ancora a sé, sfiorandole lievemente i capelli
con le
labbra.
Percepì la
sua ansia e si stupì nello scoprire
che lui teneva davvero a lei; fino a quel momento aveva creduto che
desiderasse
semplicemente il suo corpo. Quella consapevolezza la spiazzò e le fece
provare
un’improvvisa e inspiegabile, nonché familiare, sensazione di
protezione.
“Come
sapevate?”
“Vi ho
seguita. Ero preoccupato per voi”, le
disse, trattenendola nel suo abbraccio.
“E perché
mai? Non sapevate che mi sarei dovuta
incontrare con qualcuno…”
“Chi era
quell’uomo?”
“Il figlio di
John Taylor, il socio di Hewitt,
ucciso dallo stesso Cedric quando seppe che avrei dovuto incontrarlo a
Bath… Un
anno e mezzo fa John Taylor stava per farmi importanti rivelazioni ed è
stato
ucciso prima che potesse parlarmi. Fui io a trovare il suo cadavere…”
“Mi spiace”
disse lui. Poi aggiunse,
sussurrandole all’orecchio con la sua voce roca e profonda:
“Sposatemi,
Sarah. Sposatemi, e lasciate che
sia io a prendermi cura di voi, d’ora in poi. Permettetemi di aiutarvi
e
chiuderete con il passato.”.
Chiudere con
il passato… Questo avrebbe
significato anche dire addio per sempre ad André, al suo ricordo e
all’amore
che ancora provava per lui.
Era
impossibile.
Non sarebbe
mai stata capace di dimenticare
André. Ma si sentiva anche tanto stanca e sola… e molto frustrata, per
aver
scoperto che l’ennesima pista che avrebbe potuto condurla finalmente
alla
rovina di Hewitt era stata ancora una volta solo un buco nell’acqua.
Inoltre André
era perduto per sempre. Se anche
non si fosse ancora rifatto una vita e per miracolo l’avesse ritrovato,
di
certo lui non l’avrebbe più voluta, per come lo aveva abbandonato.
Aveva gettato
via l’unico uomo che l’aveva
davvero amata e che lei avrebbe potuto amare. Non le restava
nient’altro.
Con un
sospiro decretò la sua resa all’uomo che
la teneva ancora tra le braccia, dicendo addio per sempre all’amore.
“D’accordo,
Lord Thornton. Accetto di
sposarvi.”
Appartamento
del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra
Chiuse la
conversazione e rimase lì, nella penombra
dell’appartamento, a fissare il cellulare. Dentro, un profondo senso di
fastidio stava pericolosamente trasformandosi in qualcos’altro. Scosse
la
testa. Ma cosa gli prendeva? Dopotutto era più che naturale che Webb le
fosse
capitato in albergo, erano fidanzati, in procinto di sposarsi. Anzi,
molto
probabilmente erano già d’accordo prima che lei partisse per Londra.
Un anticipo sulla luna di miele,
suggerì una vocetta
maligna.
Harm la
tacitò con un bicchiere di whisky.
Stava bevendo
troppo in quell’ultimo periodo, avrebbe
dovuto darsi una regolata.
“Le preoccupazioni”
si disse, anche se con poca convinzione.
Posò il
bicchiere sul minibar e andò a cambiarsi.
Camera 512
Grosvenor Hotel, Londra
Accoccolata
fra le braccia di Clayton nel grande letto a
baldacchino, Mac si stava godendo le tenerezze del suo fidanzato.
Avevano fatto
l’amore più volte, ma sembrava che a lei non
bastasse mai. Adesso, esausti, giacevano l’uno nelle braccia dell’altro
godendosi il calore reciproco.
“Amore” la
chiamò dolcemente.
“Mmmh”
rispose Mac facendo le fusa.
“Che ne dici
se ci sposiamo qui?”
Di colpo fu
sveglissima. Si voltò verso di lui
sciogliendosi dal suo abbraccio: “Come mai questa idea?” chiese
sorpresa.
“Non posso
più aspettare” rispose Webb baciandola.
“Ma abbiamo
già organizzato tutto a Washington, gli amici,
la festa…” obiettò Sarah.
“La festa la
possiamo fare ugualmente, solo dopo che ci
saremo sposati. Sposiamoci qui, una cerimonia solo per noi due, poi
quando
tornerai negli States festeggeremo
alla grande.”
“Mah... non
so...”
Mac era
indecisa, non per via del matrimonio già
programmato da mesi, bensì per motivi noti solo al suo subconscio e che
nemmeno
lei sapeva spiegarsi.
Da parte sua
Webb sperava ardentemente che lei accettasse
di fare quella “pazzia”. Non importava se Rabb fosse felicemente
fidanzato e
convivesse con una bella inglesina. Quando aveva rivisto la fidanzata,
poche
ore addietro, aveva compreso che quel legame tutto particolare che la
univa a
quell’altro aveva ripreso forza e vigore.
Per questo
aveva deciso di giocare d’anticipo: prima
l’avesse fatta sua per sempre, prima avrebbe spezzato definitivamente
quel
legame. Era notorio che Rabb si sarebbe tirato indietro.
“Pensaci
tesoro, non sarebbe bellissimo? Faremmo una
sorpresa a tutti quanti!”
“Sì anche
all’Ammiraglio che avrebbe voluto accompagnarmi
all’altare” rispose un po’ sarcastica Mac. “Ad ogni modo, facciamolo.
Dopotutto
sposarsi ora o fra qualche settimana non ha importanza” cedette alla
fine.
Un senso di
pace dilagò in entrambi. Adesso le cose erano
definitive per tutti e due.
Webb si alzò
dal letto: “Mi dò da fare immediatamente”.
“Non ti sei
dato abbastanza da fare nelle ultime ore?”
scherzò maliziosa lei rotolandosi nelle coperte felice come una bambina.
Lui la baciò
e andò a farsi una doccia.
Quando uscì
dal bagno si era addormentata e il cellulare
stava squillando.
“Pronto”
rispose con piglio sicuro, per chiudere poco dopo
la conversazione in maniera rabbiosa.
Svegliò la
fidanzata con un bacio e una carezza.
Quando lei
aprì gli occhi cercò di darle la notizia con
tutto il tatto possibile.
“Tesoro
evidentemente non è destino che ci si sposi a
Londra” le disse.
Immediatamente
Mac si levò a sedere: “Perché?” chiese con
aria affranta. “Già stavo sognando di andare in centro ad acquistare
l’abito da
sposa.”
“Un grosso
incidente a Baghdad, hanno catturato uno dei
miei uomini sotto copertura. Devo rientrare stasera a Langley e domani
devo
partire per l’Iraq.”
“E’
terribile!”
“Infatti, ma
è più terribile dover aspettare ancora prima
di poterti chiamare Mrs. Webb” aggiunse.
Le si alzò:
“Non ti preoccupare” gli disse abbracciandolo.
“L’importante è che ci amiamo e il tempo passerà in fretta.”
Webb si
rivestì e dieci minuti dopo usciva dalla porta
della suite, in un certo senso più fiducioso verso il futuro. Questa
volta ce
l’avrebbe fatta. Sarah lo amava sul serio e neanche una volta aveva
nominato
Rabb.
Mac si ficcò
sotto la doccia.
Perché si
sentiva sollevata?