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Autore: Alexandra e Mac    23/03/2013    6 recensioni
Chi è realmente Lady Sarah? E perché ha abbandonato l'unico uomo che le aveva fatto conoscere l'amore?
Come procede la storia tra Harm e Mac?
Per chi ha seguito con passione Giochi del Destino regaliamo (da brave STREGHE - o BEFANE!!!) il seguito della storia...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Clayton Webb, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo IX

La resa



Camera 512
Grosvenor Hotel, Londra

Aprile 2005

Mac era esausta. Il lavoro di investigazione si era dimostrato più difficile del previsto, complice anche la riottosità degli inglesi a fornire le informazioni di cui necessitavano lei e Harm.

Quel pomeriggio avevano insistito per seguire l’interrogatorio dell’ufficiale dei reparti speciali rimasto ferito nel conflitto a fuoco, ma Lockeed aveva posto il veto: avrebbero letto le trascrizioni.

E, naturalmente, le trascrizioni riportavano una storia completamente diversa da quella raccontata loro da Shriver e Thomasson.

Il Presidente Bush e il Premier inglese volevano, anzi pretendevano, una linea di massima distensione e collaborazione, ma come poteva realizzarsi quanto auspicato dai due capi di Stato se Lockeed e Seymour mettevano loro i bastoni fra le ruote?

Per non parlare di Harm che con la sua sola presenza le scombussolava l’anima. Come avrebbe desiderato che Clay fosse andato con lei! Lui era geloso, senza dubbio, come spiegarsi altrimenti il quasi interrogatorio di quel mezzogiorno ad Hyde Park? Era geloso che Webb avesse ottenuto il suo amore e il suo cuore.

Oppure è geloso di ogni uomo che mi sta accanto?” si chiese mentre infilava la porta dell’ascensore.

Arrivò al piano della sua camera e, giunta davanti alla porta, notò che era socchiusa. Al momento non si insospettì, data l’ora era probabile che qualcuno del personale di servizio fosse entrato per preparare la stanza per la notte.

Cominciò ad insospettirsi quando, una volta entrata, udì lo scroscio dell’acqua proveniente dal bagno.

Circospetta, entrò nel soggiorno-camera da letto e, ringraziando la presenza della folta moquette che attutiva i suoi passi, avanzò verso la piccola anticamera che divideva la camera dal bagno vero e proprio.

Entrò nel disimpegno e notò che la porta che lo divideva dal bagno era accostata e che al di là del vetro smerigliato si intravedeva una figura umana.

 

 

Appartamento del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra

Aprile 2005

 

Harm entrò in casa e buttò distrattamente la ventiquattrore sul pavimento. Belinda non era ancora rientrata e l’appartamento era al buio. Andò in soggiorno e aprì le finestre, dopodichè dal bar sotto il televisore prese un bicchiere e si versò una dose di whisky.

Non rientrava nelle sue abitudini bere superalcolici, si potevano contare le volte che l’aveva fatto, ma in quel momento ne aveva bisogno.

Si tolse la giacca, si allentò la cravatta e sprofondò nel divano di pelle chiara e nelle sue riflessioni.

Non c’era modo di trovare un’intesa con gli inglesi che si ostinavano a voler dare credito alle loro testimonianze e, per il momento, le posizioni erano molto lontane. Lo insospettiva il fatto che non fosse stato permesso a lui e a Mac di presenziare all’interrogatorio dell’ufficiale ferito, come se avesse avuto qualcosa da nascondere.

L’indomani avrebbero raccolto la testimonianza del furiere che aveva provveduto ad approvvigionare la squadra di soccorso e avrebbero sentito anche il giornalista del “Times”, ma dubitava che ne sarebbe uscito qualcosa di buono: probabilmente il materiale era già pronto e il soldato di turno si era solo occupato di consegnarlo a chi era andato a ritirarlo.

Un momento” si disse, “la spedizione era segreta, per cui non è stato certo il commando a ritirare dalla fureria del centro di comando degli inglesi a Baghdad quello che serviva…” Un lampo di illuminazione gli attraversò la mente: Lockeed e Seymour mentivano, se non su tutta la storia, almeno su buona parte di essa. Da quando in qua una missione dei corpi speciali di salvataggio, segreta, si approvvigionava alla fureria? Arrivava sul luogo già equipaggiata di tutto punto!

Decise di mettere Mac al corrente di tutto.

 

 

 

Dintorni di Londra
due ore dopo

Aprile 1858 

 

Si era cacciata nei guai. Il figlio di Taylor la stava palpeggiando maldestramente, mentre il suo complice la teneva sotto tiro.

Era arrivata al luogo dell’appuntamento come stabilito, ma non appena scesa da cavallo si era ben presto accorta che si trattava di una trappola.

“Vi state divertendo, signore?”

“Stai zitta! Dove hai messo il denaro?”

Quei due malviventi volevano solo quello. Solo i soldi. Non avevano alcuna informazione da darle.

“Solo quando mi avrete detto ciò che mi avevate promesso”, rispose decisa.

“Guy, hai sentito la signora? Vuole essere lei a dirigere il gioco!” urlò Taylor al suo compare, mentre continuava a metterle le mani addosso, perquisendola sotto il mantello.

“Non troverete nulla, neanche se mi spogliaste…” lo provocò, sperando che l’uomo non la prendesse alla lettera. Ma doveva tentare di distrarlo in qualche modo, prima che scoprisse lo stiletto nascosto nella manica.

“Non tentatemi, signora… Potrei anche decidere di divertirmi un po’ con voi”, disse l’uomo con un ghigno, mentre, dopo averle scostato un lembo del mantello, le infilava la mano ruvida nella casta scollatura dell’abito, per verificare che non avesse nascosto lì il denaro e al tempo stesso approfittare dell’occasione.

“Allora, Bob, ce li ha i soldi?” chiese il socio leggermente nervoso. Sembrava che non desiderasse altro che fuggire da lì.

“Milady non ha nulla…” rispose con uno strano luccichio negli occhi il suo assalitore, “…non ha denaro con sé, a quanto sembra… ma ha ben altro che potrebbe offrirmi…” aggiunse poi, con voce lasciva, mentre le afferrava il volto con una mano e si protendeva verso le sue labbra.

All’improvviso un colpo d’arma da fuoco echeggiò nel silenzio.

Taylor si voltò di scatto in direzione dello sparo e Lady Sarah vide Guy accasciarsi a terra, colpito ad una gamba. Nell’istante in cui il suo aguzzino realizzava che il compagno era stato ferito, un’ombra scura si era già assicurata di recuperare da terra l’arma del complice e ora teneva sotto tiro Taylor.

Ma anche Taylor fu altrettanto rapido: afferrò Lady Sarah per la vita, stringendola brutalmente contro il proprio corpo e, puntandole la pistola alla tempia, la usò come scudo.

“Gettate le armi a terra e andatevene, o la uccido” intimò allo sconosciuto.

A Lady Sarah si gelò il sangue nelle vene: cosa sarebbe accaduto se l’uomo non avesse obbedito?

“Siete sicuro di riuscire ad ucciderla prima che io uccida voi?” La voce calma e quasi divertita dello sconosciuto le fece balzare il cuore in gola.

“Forse no, ma morirebbe anche lei…” rispose incerto Taylor.

“Meglio. Non m’importa della donna. Voglio i soldi. E sono pronto ad uccidere, per averli” disse secco l’uomo.

Taylor esitò. Lady Sarah percepì fisicamente l’indecisione e la paura nel suo aguzzino e temette per la propria vita: sapeva bene che il terrore può far perdere la razionalità e far agire d’impulso.

“Andatevene” disse deciso il nuovo arrivato. “Lasciatemi la donna con i soldi e avrete salva la vita.”.

“Volete divertirvi voi, con questo bel bocconcino, vero?” lo schermì Taylor.

L’uomo non rispose; semplicemente iniziò ad avanzare cauto verso di loro, sempre tenendo sotto tiro Robert Taylor.

Lady Sarah sentì la stretta attorno alla vita farsi più forte, mentre il figlio del socio di Hewitt le sussurrava all’orecchio:

“Quel bastardo vuole i vostri soldi…”.

L’alito caldo e pesante dell’uomo le provocò un’ondata di nausea, ma rimase in silenzio, mentre lui aggiungeva, quasi divertito:

“… non sa che non li avete con voi…”.

Non appena finito di pronunciare quelle parole, la scaraventò con violenza verso l’uomo in mantello nero che ormai era a poca distanza da loro due, e fuggì rapidamente alla sua mira.

 

 

 

 

 

Camera 512
Grosvenor Hotel, Londra

Aprile 2005

 

Mac avanzò verso la porta del bagno, traendo la pistola dalla borsa che non aveva ancora posato. Dopo la sua “avventura” con Sadik era divenuta molto guardinga e le situazioni come quella che stava vivendo ora la indicevano a non andare troppo per il sottile.

Lo scroscio dell’acqua cessò e la figura al di là del vetro si mosse.

Rompendo gli indugi, Mac spalancò la porta e puntò la pistola davanti a sé.

“Fermo” intimò allo sconosciuto togliendo la sicura all’arma e mettendo il colpo in canna.

Dalla tenda che riparava la vasca da bagno si sporse una mano maschile che afferrò l’accappatoio di spugna appeso lì accanto.

“Esci immediatamente” minacciò lo sconosciuto armando la pistola, pronta a fare fuoco.

“Agli ordini, mia bellissima rosa” rispose la voce di Clayton Webb mentre la tenda della doccia si scostava.

“Clay!” esclamò Mac lasciando cadere l’arma a terra e buttandosi tra le braccia dell’uomo.

“Per poco non ti sparavo” mormorò.

“Volevo farti una sorpresa” le rispose lui.

“E ci sei riuscito!”

“Mi mancavi da morire” le disse cominciando a baciarla avidamente mentre le mani correvano ai bottoni della giacca della divisa slacciandoli uno per uno con premura.

“Anche tu” rispose Mac, la voce già arrocchita dal desiderio mentre rispondeva con altrettanta foga ai baci del suo uomo.

Con le labbra incollate piombarono sul grande letto matrimoniale, baciandosi con impazienza e giocando come due bambini con il desiderio che li pervadeva di essere l'uno nelle braccia dell’altro, pelle contro pelle.

Fu in quel momento che il telefono squillò.

 

 

 

Appartamento del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra

Aprile 2005

 

Uno squillo, due squilli, tre squilli. Mac non rispondeva. Stava per chiudere la telefonata quando, al quarto squillo, la voce della collega, insolitamente allegra e gioiosa gli rispose con un “chi è” alquanto ridanciano.

“Mac sono io” disse lui.

“Ah ciao Harm…” risatina in sottofondo e lei che rispondeva alla risata. “Scusa, dimmi, cosa c’è?”

“Disturbo?” chiese lui.

“Affatto…” altra risatina di lei ed un “smettila” mormorato a mezza voce. “Novità dell’ultimo minuto?” domandò, ma la voce sembrò giungere da un’altra galassia.

“Volevo metterti al corrente di quello che ho scoperto dopo che ci siamo lasciati.”

“CLAY! MI STAI FACENDO IL SOLLETICO!” rise a pieni polmoni Mac dall’altro capo del telefono.

Harm comprese il motivo del ritardo nel rispondere a delle risatine in sottofondo, e questo gli diede fastidio. Mac era una sua  amica, era la sua collega era la sua.... non completò il pensiero rendendosi conto che, dopotutto, Mac non era mai stata sua per davvero, né come amica, né come collega, né come donna.

“Harm? Ci sei ancora? Scusa ma il mio fidanzato mi ha fatto una sorpresa e…”

“Non ti devi scusare, è più che giusto, fuori dal lavoro hai il diritto di goderti la tua vita privata. Scusa per l’intrusione. Ne parliamo domani al Comando. Alle 9.00 va bene?”

“Alle 9.00 andrà benissimo” rispose Mac un po’ troppo ansiosa di concludere la conversazione.

E, infatti, non appena la donna ebbe posato la cornetta del telefono sulla forcella Webb s’impossessò della sue labbra e del suo corpo.

 

 

Dintorni di Londra
nello stesso momento

Aprile 1858 

 

Lady Sarah si sentì precipitare addosso allo sconosciuto il quale, disorientato per un attimo dal repentino movimento di Taylor, non fu rapido a sparare. Robert Taylor ne approfittò per raggiungere il compagno ferito e dileguarsi con lui nel buio della notte.

Mentre Lady Sarah stava per cadere a terra a seguito della violenta spinta, l’uomo si disinteressò subito dei due malviventi e la trattenne a sé, stringendola con dolcezza tra le braccia.

“Dio, Sarah…”

Furono le uniche parole che l’uomo pronunciò. Poi con una mano le sollevò il viso e posò le labbra sulle sue.

Fu un bacio violento e disperato. Un bacio che risvegliò nel profondo un milione di ricordi e sensazioni mai dimenticate e di desideri da troppo tempo insoddisfatti.

A poco a poco, mentre nell’uomo l’ansia d’averla quasi perduta lo abbandonava lentamente, il bacio s’intenerì e presto si trasformò in seduzione, quando le mani di lui cominciarono a muoversi sul suo corpo, sfiorandole il seno sotto il tessuto del mantello, accarezzandole il volto ed infilandosi tra i suoi capelli.

Lei non riuscì a resistere a quelle labbra dolci che premevano insistenti sulle proprie, impedendole persino di respirare. Si lasciò andare contro di lui cercando conforto nella sua bocca e nel suo abbraccio, improvvisamente catapultata indietro nel tempo, in un’altra vita, quando si era completamente abbandonata tra le braccia di un uomo.

Il bacio proseguì ancora per alcuni istanti, intenso e travolgente; poi, non appena ritornò a respirare e sentì le labbra dell’uomo raggiungere lentamente la gola, sussurrò il suo nome, cercando di fermarlo.

“Nicholas…”

Lo sentì sospirare bruscamente, per riprendere il controllo; poi lui la guardò negli occhi, illuminati dalla luce della luna.

“Ho creduto che vi avrei perduta per sempre…” e così dicendo la strinse ancora a sé, sfiorandole lievemente i capelli con le labbra.

Percepì la sua ansia e si stupì nello scoprire che lui teneva davvero a lei; fino a quel momento aveva creduto che desiderasse semplicemente il suo corpo. Quella consapevolezza la spiazzò e le fece provare un’improvvisa e inspiegabile, nonché familiare, sensazione di protezione.

“Come sapevate?”

“Vi ho seguita. Ero preoccupato per voi”, le disse, trattenendola nel suo abbraccio.

“E perché mai? Non sapevate che mi sarei dovuta incontrare con qualcuno…”

“Chi era quell’uomo?”

“Il figlio di John Taylor, il socio di Hewitt, ucciso dallo stesso Cedric quando seppe che avrei dovuto incontrarlo a Bath… Un anno e mezzo fa John Taylor stava per farmi importanti rivelazioni ed è stato ucciso prima che potesse parlarmi. Fui io a trovare il suo cadavere…”

“Mi spiace” disse lui. Poi aggiunse, sussurrandole all’orecchio con la sua voce roca e profonda:

“Sposatemi, Sarah. Sposatemi, e lasciate che sia io a prendermi cura di voi, d’ora in poi. Permettetemi di aiutarvi e chiuderete con il passato.”.

Chiudere con il passato… Questo avrebbe significato anche dire addio per sempre ad André, al suo ricordo e all’amore che ancora provava per lui.

Era impossibile.

Non sarebbe mai stata capace di dimenticare André. Ma si sentiva anche tanto stanca e sola… e molto frustrata, per aver scoperto che l’ennesima pista che avrebbe potuto condurla finalmente alla rovina di Hewitt era stata ancora una volta solo un buco nell’acqua.

Inoltre André era perduto per sempre. Se anche non si fosse ancora rifatto una vita e per miracolo l’avesse ritrovato, di certo lui non l’avrebbe più voluta, per come lo aveva abbandonato.

Aveva gettato via l’unico uomo che l’aveva davvero amata e che lei avrebbe potuto amare. Non le restava nient’altro.

Con un sospiro decretò la sua resa all’uomo che la teneva ancora tra le braccia, dicendo addio per sempre all’amore.

“D’accordo, Lord Thornton. Accetto di sposarvi.”

 

Appartamento del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra

Aprile 2005

  

Chiuse la conversazione e rimase lì, nella penombra dell’appartamento, a fissare il cellulare. Dentro, un profondo senso di fastidio stava pericolosamente trasformandosi in qualcos’altro. Scosse la testa. Ma cosa gli prendeva? Dopotutto era più che naturale che Webb le fosse capitato in albergo, erano fidanzati, in procinto di sposarsi. Anzi, molto probabilmente erano già d’accordo prima che lei partisse per Londra.

Un anticipo sulla luna di miele, suggerì una vocetta maligna.

Harm la tacitò con un bicchiere di whisky.

Stava bevendo troppo in quell’ultimo periodo, avrebbe dovuto darsi una regolata.

Le preoccupazioni” si disse, anche se con poca convinzione.

Posò il bicchiere sul minibar e andò a cambiarsi.


Camera 512
Grosvenor Hotel, Londra

Aprile 2005

  

Accoccolata fra le braccia di Clayton nel grande letto a baldacchino, Mac si stava godendo le tenerezze del suo fidanzato.

Avevano fatto l’amore più volte, ma sembrava che a lei non bastasse mai. Adesso, esausti, giacevano l’uno nelle braccia dell’altro godendosi il calore reciproco.

“Amore” la chiamò dolcemente.

“Mmmh” rispose Mac facendo le fusa.

“Che ne dici se ci sposiamo qui?”

Di colpo fu sveglissima. Si voltò verso di lui sciogliendosi dal suo abbraccio: “Come mai questa idea?” chiese sorpresa.

“Non posso più aspettare” rispose Webb baciandola.

“Ma abbiamo già organizzato tutto a Washington, gli amici, la festa…” obiettò Sarah.

“La festa la possiamo fare ugualmente, solo dopo che ci saremo sposati. Sposiamoci qui, una cerimonia solo per noi due, poi quando tornerai negli States festeggeremo alla grande.”

“Mah... non so...”

Mac era indecisa, non per via del matrimonio già programmato da mesi, bensì per motivi noti solo al suo subconscio e che nemmeno lei sapeva spiegarsi.

Da parte sua Webb sperava ardentemente che lei accettasse di fare quella “pazzia”. Non importava se Rabb fosse felicemente fidanzato e convivesse con una bella inglesina. Quando aveva rivisto la fidanzata, poche ore addietro, aveva compreso che quel legame tutto particolare che la univa a quell’altro aveva ripreso forza e vigore.

Per questo aveva deciso di giocare d’anticipo: prima l’avesse fatta sua per sempre, prima avrebbe spezzato definitivamente quel legame. Era notorio che Rabb si sarebbe tirato indietro.

“Pensaci tesoro, non sarebbe bellissimo? Faremmo una sorpresa a tutti quanti!”

“Sì anche all’Ammiraglio che avrebbe voluto accompagnarmi all’altare” rispose un po’ sarcastica Mac. “Ad ogni modo, facciamolo. Dopotutto sposarsi ora o fra qualche settimana non ha importanza” cedette alla fine.

Un senso di pace dilagò in entrambi. Adesso le cose erano definitive per tutti e due.

Webb si alzò dal letto: “Mi dò da fare immediatamente”.

“Non ti sei dato abbastanza da fare nelle ultime ore?” scherzò maliziosa lei rotolandosi nelle coperte felice come una bambina.

Lui la baciò e andò a farsi una doccia.

Quando uscì dal bagno si era addormentata e il cellulare stava squillando.

“Pronto” rispose con piglio sicuro, per chiudere poco dopo la conversazione in maniera rabbiosa.

Svegliò la fidanzata con un bacio e una carezza.

Quando lei aprì gli occhi cercò di darle la notizia con tutto il tatto possibile.

“Tesoro evidentemente non è destino che ci si sposi a Londra” le disse.

Immediatamente Mac si levò a sedere: “Perché?” chiese con aria affranta. “Già stavo sognando di andare in centro ad acquistare l’abito da sposa.”

“Un grosso incidente a Baghdad, hanno catturato uno dei miei uomini sotto copertura. Devo rientrare stasera a Langley e domani devo partire per l’Iraq.”

“E’ terribile!”

“Infatti, ma è più terribile dover aspettare ancora prima di poterti chiamare Mrs. Webb” aggiunse.

Le si alzò: “Non ti preoccupare” gli disse abbracciandolo. “L’importante è che ci amiamo e il tempo passerà in fretta.”

Webb si rivestì e dieci minuti dopo usciva dalla porta della suite, in un certo senso più fiducioso verso il futuro. Questa volta ce l’avrebbe fatta. Sarah lo amava sul serio e neanche una volta aveva nominato Rabb.

Mac si ficcò sotto la doccia.

Perché si sentiva sollevata?

 

 

 


  
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