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Autore: Jude_McCartney    24/03/2013    2 recensioni
Liverpool, 1958. Il fumo delle ciminiere delle fabbriche offuscava la luce del sole, rendendo il paesaggio triste e macabro. Emma, seduta sul prato del giardinetto pubblico vicino casa, poggiava la schiena su di una quercia antica, l'unica che riusciva a sostenere il grande peso che gravava sulle sue spalle da anni ormai, l'unico posto in cui si sentiva davvero al sicuro da sguardi indiscreti e dalle sue paure.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Pete Best
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rombo della Harley Davidson risuonava per una Liverpool semi deserta. Paul sfrecciava in sella alla moto sotto il solito cielo grigio Britannico. Delle ciocche castane scivolavano sulla sua fronte, scosse dal vento. Si stava dirigendo verso casa, quando vide un ragazzo seduto su il marciapiede alla sua destra. Avvicinandosi, riconobbe il profilo inconfondibile di John. Rallentò e gli si fermò davanti. Lo salutò con un cenno della testa, sorridendo. 
John lo squadrò, confuso. Aguzzò lo sguardo, con la sua solita espressione da spaccone. Poi si arrese, frugò nella tasca destra del cappotto e ne estrasse un paio di occhiali. Li inforcò e finalmente focalizzò Paul.
-Ehi, zuccherino!- ricambiò il sorriso.-che ci fai con quella bestia?
-Ci corro, quattrocchi.- sghignazzò Paul.
John inarcò le sopracciglia, seccato. Odiava quei maledetti occhiali tondi. 
Paul accostò, scese dalla moto e gli si sedette accanto.
-Hai marinato la scuola per caso?- disse John, ridacchiando- Il paparino non ti mette in punizione?
Paul sbuffò. Non si spiegava perchè si divertisse così tanto a punzecchiarlo.
-Sono stato con la mia ragazza.
-Te la sei fatta?- disse lui. Aveva stampato in faccia quello stupido sorrisetto da peste.
-Può darsi.-rispose Paul, tutto d'un fiato. 
John spinse Paul, amichevole. -Ma chi vuoi prendere in giro, madonnina?- rideva con gusto.-non l'hai sfiorata nemmeno. 
-Non sono cazzi tuoi, Lennon.- sbottò Paul- pensa per te, che nemmeno ce l'hai la ragazza. 
-Sei tu lo sfigato qui, non io.- sorrise- io me ne faccio quante voglio, bellezza. Non ho la scocciatura di fare il maggiordomo a una ragazzina capricciosa. Io, me le faccio e basta.
Sospirò John, soddisfatto della sua tesi. 
Paul lo fissò dritto negli occhi, serio. Davvero non lo capiva. 
-Non mi guardare come se avessi bestemmiato in aramaico McCartney. Tu non hai nemmeno idea di cosa sto parlando.-puntualizzò John, con aria di superiorità. -Sei così caruccio, con quel nasino a punta.- gli tirò un pizzicotto sulle guancia.- presto, mi capirai. 
Sorrise, come un bambino. 
-Tu invece? Perchè non sei andato a scuola?- replicò Paul.
-Ho di meglio da fare che passare cinque ore ad ascoltare una vecchia vacca che descrive il David del Michelangelo.
Scoppiarono a ridere entrambi. Si guardarono dritti negli occhi. Risero ancora. 

John si alzò, voltò le spalle a Paul e si diresse verso la moto. Montò in sella e diede gas al motore. 
Paul sbarrò gli occhi. - Lennon, che stai facendo?!
-Ti sbrighi a salire o preferisci rincorrermi a piedi?

-

John correva a 120 all'ora. Paul dietro di lui si teneva saldo al sellino. Lennon, senza occhiali era pressoché cieco. Avevano rischiato di schiantarsi diverse volte, ma John continuava ad accelerare. Urlava come un forsennato.
-Lennon, la pianti di strillare come un'oca?- sbuffava Paul ad ogni curva. 
-Zitta madonnina, lasciami divertire!- esclamava lui. 

Erano nell'aria centrale di Liverpool. Passarono di fronte alla cattedrale del Cristo Re. Gli anziani che stanziavano di fronte all'ingresso della chiesa gli fissarono con disprezzo. John allora si fermò sotto i loro occhi increduli e gridò -Vi piacerebbe guidare questa bestia, eh bellezze? Continuate a pregare, magari il buon Dio ve ne lancia un paio dal paradiso! 
I ragazzi si allontanarono ridendo come mai.

-John, tu hai il patentino vero?- domandò Paul.
-No zuccherino, quella stronza di Mimi non me lo farà prendere mai e poi mai!- rispose John, infastidito dal forte vento che gli irritava gli occhi. 
Paul si irrigidì, temendo il peggio. Ma.. chi era Mimi?
Scorse le strisce pedonali davanti a lui e invitò John a fermarsi. Lui fece finta di non sentirlo.
-John, fermati.
-Cosa c'è, McCartney?- si voltò per guardare in faccia l'amico. Fece solo in tempo a vedere l'espressione terrorizzata di Paul.
-John, FERMATI!
John vide davanti a se una signora che stava attraversando la strada. Istintivamente sterzò. 
Sbandò subito, perse il controllo del mezzo e lasciando il manubrio cadde a terra insieme a Paul. Finirono con la moto in una aiuola, tra dei cespugli. 
Fecero appena in tempo ad evitare la donna. Grazie a Dio, erano tutti interi. John si risollevò, si avvicino al ragazzo, gli porse la mano e disse:
-Però, McCartney, sei figo quando voli!
Paul scoppiò a ridere con lui.

-

7.45.
Emma era seduta sul suo letto, immobile. Aveva appena finito di prepararsi per la scuola. Si era lavata, vestita e pettinata. A quest'ora, sarebbe già dovuta essere al semaforo dietro l'istituto, dove incontrava sempre Victoria. Dove si era separata da Paul, il giorno prima. 
Provava e riprovava ad alzarsi, ma non ce la faceva. Non era la solita stanchezza del primo mattino. 
Il solo pensiero di incrociare lo sguardo di sua madre, uscita dalla sua stanza, le faceva accapponare la pelle. 
Sentì la pancia gorgogliare. La sera precedente non aveva cenato. Infatti, da quando era entrata in camera il giorno prima, non ne era più uscita. Del resto nessuno si era preoccupato di lei. Nessuno aveva cercato di parlarle, di farla ragionare. Nessuno le aveva portato la cena. Nessuno ci aveva nemmeno provato. 
Strinse i denti, agguerrita. Si alzò, raccolse la cartella e si diresse verso la porta. Afferrò con forza la maniglia di ottone. Doveva andarsene da quel posto. 
Scese velocemente le scale, senza guardarsi alle spalle. In pochi secondi raggiunse l'ingresso. Afferrò le chiavi sulla mensola e finalmente uscì da quella casa infernale. 
Fece un respiro profondo, riempendo i polmoni di aria gelida. Il naso le si arrossò per il freddo. 
Portò il dito indice e il medio alla bocca, mimando il gesto di un fumatore che aspira la sua sigaretta. Espirò l'aria, che si tramutò in vapore. Sorrise, divertita dal suo giochetto.

8.05
-Alla buon'ora, eh!- urlò Victoria, seduta sulla scalinata che precedeva l'ingresso dell'istituto.
Emma sorrise, raggiungendola. -Che ci fai qui? 
-Ti ho aspettata, stupida.- sbuffò lei- Ieri non sei venuta a scuola, non ti sei fatta sentire.. Non vorrei che combinassi qualche disastro. 
Emma rimase in silenzio, con lo sguardo basso, fingendo di osservare la punta delle sue ballerine di velluto blu. 
-C'entra qualcosa Paul, PER CASO?-si schiarì la voce Victoria. 
L'amica annuì, con un sorriso amaro sulle labbra. - E' successo un casino.. Non so come ne uscirò viva.
Victoria la prese sottobraccio, affettuosamente. -Ci sono io qui per questo.. Ma ti consiglierei di muovere quelle belle gambine, se non vuoi sorbirti la ramanzina della Marquez, da lì non ci esci viva sicuramente.
Scoppiarono a ridere spensieratamente, come ai vecchi tempi, quando era Emma a consolare ed assistere Victoria e non viceversa.


11.00
Era appena suonata la campanella che annunciava la ricreazione. Emma aveva descritto per filo e per segno la mattinata del giorno precedente all'amica, che per tutta la durata del racconto l'aveva fissata con la bocca spalancata per l'estasi e lo stupore. I suoi occhi brillavano come diamanti. Quando poi Emma le disse della reazione della madre e della conseguente punizione, la gioia svanì completamente dal viso di Victoria, e venne sostituita da un'espressione disperata, come de fosse rimasta delusa dal finale della storia. In effetti, sembrava quasi una soap opera.
-Caspita, questo si che è un problema..-sospirò Victoria- come pensi di fare?
-Devo dirlo a Paul..-sussurrò lei, pensierosa- troveremo una soluzione. 
Prese l'amica per mano e si diresse insieme a lei fuori dalla classe.
-Abbiamo..- guardò l'orologio che aveva al polso- sette minuti per trovarlo. 
-Un ragazzo su cinquecento dell'istituto- sorrise Victoria- sembra una cosa carina da fare negli unici dieci minuti di pace nel mezzo delle cinque ore di scuola.
Emma annuì, soddisfatta.
-Si, ma io veramente vorrei mangiare..- sbuffò lei.
-Devi smetterla di ingozzarti sempre! Incomincerai ad ingrassare di questo passo.- puntualizzò Emma mentre rideva guardando l'amica, decisamente infastidita da quel commento sulla sua linea- anzi, inizia a correre, magari incominci a smaltire qualcosa! 
Victoria le lanciò un'occhiata carica di odio profondo. -Invece di fare la simpaticona, bada più a chi hai intorno.. Precisamente, a quel bel ragazzetto appoggiato al muro che parla con..- aguzzò lo sguardo- ALTRETTANTI bei ragazzetti..!
Emma seguì lo sguardo della compagna e riconobbe Paul e i componenti dei Quarrymen che il suo ragazzo le aveva descritto.
La abbracciò, saltellando -Se non ci fossi tu, come farei?! 
- le stampò un bacio sulla guancia- vieni con me, te li faccio presentare! 
Victoria non ci pensò due volte e la seguì.
Le due ragazze si avvicinarono al gruppetto. Paul, appena la vide, le andò incontro e la accolse tra le braccia. Lei lo strinse forte, presa da un'improvvisa sensazione di tristezza. Pensò a tutti i momenti trascorsi insieme, e si sentì morire dentro quando realizzò che non sarebbe stato più possibile riviverne altri come quelli, per una stupida punizione, che sarebbe durata per chissà quanto tempo.
Lo baciò con delicatezza, e gli sorrise con gli occhi appannati di lacrime. Tutti attorno a loro avevano interrotto ogni attività e discorso per concentrarsi sulla coppietta.
-Ehi, piccola..-le carezzò il viso, amorevolmente- cosa c'è? 
-Non posso più uscire di casa.- sussurrò Emma.
-E perchè mai?- domandò Paul, sorpreso. 
-Mia madre mi ha scoperta.. Sono in punizione. 
Paul scoppiò a ridere. Lei lo guardò, allibita. Sciolse bruscamente l'abbraccio. 
-Io sto male e tu ridi come uno stupido?- alzò il tono della voce. 
-Ma tesoro mio, se il problema è una punizione allora non devi preoccuparti così- la prese per mano.
-Come no? Potrò vederti solo per dieci minuti al giorno, a scuola per altro.. Dovrei essere contenta?!
John, poco distante dai due, fissava Paul ridacchiando, pensando a ciò che gli aveva detto il giorno prima. "io non ho la scocciatura di fare da maggiordomo ad una ragazzina capricciosa". Ecco a cosa si riferiva. 
-Tranquilla Emma, troveremo un modo..- di nuovo la strinse a sé, sussurrandole nell'orecchio.- Io sono con te, sempre. Qualsiasi cosa succeda. 
-Commuovente!- starnazzò John mimando la voce di una ragazza, distruggendo il momento romantico. Tutti, Paul ed Emma compresi, risero insieme a lui. 
Victoria lo fissava, abbagliata. John si voltò verso di lei. 
-Ehi, bellezza.- le strizzò l'occhio.- ti chiami?
Victoria si guardò intorno, sicura che si riferisse a qualcuno dietro di lei. 
-Bionda, dico a te.-le sorrise. 
-Io? Vì..victoria!-balbettò.
-Avvicinati un po, fammi vedere quelle bella collanina che hai!-indicò un ciondolo che le cadeva all'altezza del seno abbondante. 
I ragazzi ripresero a ridere, lei diventò paonazza in viso. 
Paul scosse la testa, disperato. Maledetto Lennon. Non sarebbe cambiato mai. 

ANGOLO AUTRICE 
Buongiorno lettori, e buona domenica delle palme! Perdonate la mia assenza. Per vostra (s)fortuna, eccomi qui! Spero che tornerete a recensire, nonostante il mio lungo periodo di coma!
Bacioni, Jude. 

  
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