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Autore: Easily Forgotten Love    11/10/2007    3 recensioni
Una storia dolce. Una storia a frammenti. Passato e presente. Fotografie che raccontano i momenti di un tour e di una storia d'amore.
Quella di Brian e Matthew. Del loro inizio. Del loro desiderio di stare insieme.
E della distanza.
[Scritta da Nai e liz]
[Conclusa con tredicesimo capitolo ed epilogo]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Molko, Stefan Osdal, Steve Hewitt
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ringraziamenti all

Ringraziamenti all’inizio e note alla fine. ^_^

L’Easily Forgotten Love ringrazia tutti i lettori, ed in particolare ci tiene a ringraziare Memuzz, Stregatta, Will91 e IrishBreeze per aver recensito il primo capitolo della storia.

Vi amiamo, donne! ç_ç

 

…they have trapped me in a bottle…

 

Two:

 

Mi sono allontanato dalla confusione. Mi arrivano ancora il rumore della festa, il canto stonato di qualcuno che è già ubriaco, risate e grida e chiacchiere che si perdono nella notte come le volute di fumo del nostro piccolo falò. Un’idea davvero scema quella di accendere un falò. “Per arrostirci qualcosa”, ha spiegato chi lo ha proposto. Ed io non ricordo nemmeno chi sia stato, ma ricordo che Stefan e Steve avevano accettato ancora prima che riuscissi a tornare dal palco sulla terra, abbastanza da rendermi conto di cosa si parlasse. Davanti alla mia faccia perplessa devono aver creduto che non mi andasse bene, perché Stef ci ha tenuto a ribadirmi che se si deve passare un mese in gruppo, allora è utile farne parte e non comportarsi sempre da asociali. Mi sono stretto nelle spalle e gli ho risposto che a me andava bene.

In fondo, è anche divertente.

Credo di essere un po’ brillo anch’io…

-Matthew…

-Brian!- Sul serio, a volte ho quasi la sensazione di vederlo, illuminarsi tutto, appena riconosce il numero sul display del telefono, e rispondere con un sorriso enorme sulla faccia. Uno di quei sorrisi che adoro, perché si accendono sempre nel momento più impensabile e seguono il filo assurdo dei suoi pensieri…Ed io ho imparato ad amare quel filo assurdo.- Come stai?

La confusione dietro di me ha un picco. Sorrido, immaginando che lui riesca a sentire il baccano infernale, e faccio qualche passo ancora per allontanarmi in mezzo al deserto illuminato dai fari dei camion e dei pullman. Le luci del palco in lontananza sono già tornate scure, è solo un profilo mastodontico ad un centinaio di metri da noi, intorno ci lavorano come formiche i tecnici impegnati a smontare la strumentazione. Se superassi la rete metallica che ci separa dal resto della location, camminerei in mezzo alle tende come in mezzo ai sogni di chi ci dorme…

-In questo momento, vestito come una zoccola.- rispondo sogghignando.

-Peggio del solito?- ritorce lui, ricambiandomi lo scherzo.

-Bella opinione che hai di me!- noto io.

Lui ride e fa una pausa.

-In realtà stai molto bene.- mi dice.

Trattengo il fiato.

-Come lo sai?- sussurro.

-Oh beh, i fan sono prodighi nel fornire alla rete immagini in tempo reale. Io ero qui che girellavo in internet…

Non lo faccio finire.

-Matthew, non posso pensare che tu sia stato attaccato alla rete solo per vedere se, per caso, qualcuno metteva on line foto del nostro concerto!- sbotto.

-Non avevo niente da fare!- si giustifica lui.

-Oh cielo!- sospiro. Poi prendo tempo, fissando ancora il palco e dicendomi che non può davvero stare succedendo a me. Perché non me lo merito.- E stasera che fate?- m’informo per cambiare argomento.

-Dom e Chris vogliono che esca con loro. Dicono che sto troppo rintanato in casa.

-Hanno ragione.

-Non mi va di uscire.

-Sei un misantropo.

-No, tu sei un misantropo. Io sono solo stanco.- ritorce Matt sbadigliando per rimarcare il concetto.

-Ehi!- protesto. Ma il fatto che lo faccia ridendo rende assolutamente inutile il mio tentativo.- Comunque non sono un misantropo! Anzi! Ero qui che mi divertivo ad una specie di…barbecue che hanno organizzato gli altri e…

-Tu ad un barbecue?!- m’interrompe incredulo.- Pioverà!

-Il tempo è splendido.- ribatto con un mezzo sorriso, che lui non può vedere ma intuisce nella mia voce.

Fatto sta che ricomincia a ridere ed io mi ritrovo a pensare che è un suono meraviglioso, che amo s’interrompa solo quando è lui a farlo, parlando ancora.

-E cosa stavate facendo al vostro barbecue?- mi chiede divertito.

-…perché credi che se io partecipo ad un barbecue questo deve essere un disastro?!

-Non l’ho detto.- mi fa notare.

-Sì, ma lo hai pensato!

-Adesso! Non puoi pretendere di sanzionare anche quello che penso!

-So divertirmi tanto quanto te!

-No, non lo sai fare, altrimenti avresti accettato quella sfida che Dom ti ha proposto l’ultima volta…

-Matt!- strillo sconvolto.- Voleva che rubassi il reggiseno alla cameriera che ci aveva servito!

Lui ci riflette un po’. Poi deve annuire, perché quando parla capisco anche questo dalla sua voce.

Ed è davvero tragico che io ci riesca.

-Forse hai fatto bene a non accettare.

-Forse, Matt.- sorrido io sarcastico.

-…o.k., Dom a volte esagera.- ammette lui con qualche difficoltà.

-Lascia perdere!- rido.

-Vabbè, ma posso sapere che state facendo a questo barbecue?!- insiste Matt.

-…cantiamo…- borbotto io.

-Cantate?!

-Sì, ma non è nemmeno un vero barbecue!- mi affretto a spiegare, a disagio.- E’ solo che a qualcuno è venuta l’idea di accendere un falò ed arrostirci su della carne che avevano comprato. Poi ovviamente c’è un fiume di birra e…

-State cantando.- completa lui ridendo.

-Sì, ma mica solo quello…- borbotto di nuovo.

-E cosa?

-Non vuoi saperlo.- ribatto a mezza voce. Ma quando lui comincia a protestare che pretende di saperlo, non posso che sospirare e cedere.- Facciamo una gara di resistenza, chiaramente.

-Non dire “chiaramente”!- continua a ridere Matt, senza ritegno.- Non c’è proprio nulla di scontato! Dio, vorrei essere lì a vedervi!- ammette.

-Sì, dovresti esserci.- convengo, ricambiando il suo divertimento con una punta di malizia.- Qualcuno aveva anche proposto una specie di caccia al tesoro tra i tour bus.

-Dimmi che non avete accettato!- grida lui tra le risate.

-Non so, li ho lasciati che stavano votando.- rispondo stringendomi nelle spalle.

Matt continua a ridere per un po’. Io continuo ad aspettare che quel suono meraviglioso cessi, e sorrido ancora mentre lo faccio, e cammino piano tra le pietre. Ne trovo una più grande delle altre, mi seggo dirimpetto al palco e qualche tecnico che passa mi saluta con un’alzata di mano. Rispondo.

-Beh, torna dagli altri dai.- mi dice Matt.

-Preferirei tornare da te.- ammetto io.

-Sì, ma ti verrebbe decisamente fuori mano.- mi fa notare con un risolino.

-Più che altro avrei difficoltà a trovarmi qui domani sera.- concordo.- Però, magari, se calcolo bene i fusi orari…

-Brian.- mi ferma con un sorriso.- Torna dagli altri, dai. A Stefan e Steve verrà un colpo se non ti vedono più.

-Sono qui, ci sono trentamiliardi di persone che vagolano intorno a me! Non può succedermi nulla senza che loro lo sappiano!- sbotto risentito.

-Il che non calmerà di una virgola la preoccupazione di quella chioccia di Stefan, se non ti ha sotto gli occhi per più di dieci minuti di seguito.- commenta lui.

Sospiro. Tristemente vero. Soprattutto perché Stefan ha paura di raccattare il mio “cadavere” al termine di ognuna di quelle telefonate. Ha il terrore che questa malinconia che mi tortura da giorni alla fine diventi depressione. Come in passato succedeva anche troppo spesso.

Non posso dargli tutti i torti.

-E poi pensa, se hanno deciso per la caccia al tesoro, rischi che qualcuno porti via la tua jaguar senza che nemmeno tu lo sappia.- mi fa notare.

-Cazzo, le mie chitarre!- realizzo sconvolto.

-Ciao, Brian!- mi prende in giro lui in sottofondo.

-Sei uno stronzo, lo hai detto apposta!- ritorco io, facendo per buttare giù. Ci ripenso, avvicino di nuovo il telefono all’orecchio e lo dico.- Ti amo, Matt, mi manchi.

-Ti amo anch’io.- risponde lui un secondo prima che chiuda davvero.

***

Mi è piaciuto da subito andare a vedere le loro prove. Si respira “aria buona”. Matthew, Dom e Chris sono veramente uniti – anche io, Stefan e Steve lo siamo, ma in un modo completamente diverso – e si divertono sul serio facendo quello che fanno.

Giocano.

Come dei ragazzini che siano riusciti a realizzare il proprio sogno nel cassetto.

Io non ho mai avuto quello spirito. Diventare una rockstar non era davvero il mio sogno nel cassetto, anzi, a ripensarci oggi mi domando se ho mai avuto un sogno nel cassetto. Perché in realtà anche diventare un attore non era che un modo come un altro per dire che volevo diventare qualcos’altro. Qualcun altro. Qualcuno che fosse diverso da quell’adolescente che ero stato e che non si piaceva mai.

Loro, invece, sono sempre ad una festa. Se anche sono stanchi, hanno comunque le energie per fermarsi a firmare autografi, ricambiare i complimenti dei fan, scambiare due chiacchiere con la gente che lavora intorno a loro. Vorrei avere un decimo delle energie che ho visto sprecare in entusiasmo a Matt durante le fasi di sistemazione del palco, vorrei avere un decimo della sua voglia di fare, quando punta il dito verso qualcosa ed espone idee come se piovessero. A volte credo che la sua mente sia una specie di vaso di Pandora e dentro ci si possa trovare qualunque cosa, solo ad aver voglia di cercare.

Io mi limito a starmene in disparte, lo guardo e mi dico che ho davvero tanto da imparare.

Ma quell’aria “buona” mi ha conquistato dalla prima volta, per cui non ci ho messo molto a sentirmi a casa nel backstage delle loro esibizioni. E questo nonostante il loro manager, Tom Kirk, mi abbia fissato a bocca aperta per quasi un’ora la prima volta che sono piombato lì con Matt, e Dominic non perda occasione per storcere il naso, borbottare infastidito ed andarsene via con aria scontrosa ogni singola volta che ci vede insieme. Chris è più tollerante, un po’ come Steve dalla “mia parte” ha accettato la cosa con un’alzata di spalle, un sorriso ed una stretta di mano. Penso che il suo atteggiamento abbia contribuito a farmi sentire comunque a casa.

Per Matt, ovviamente, non c’è stato nessun problema fin dall’inizio. Anzi. La prima volta che gli ho detto che mi faceva piacere accompagnarlo alle prove, lui mi ha guardato come se gli avessi appena fatto il regalo di Natale più bello della sua vita, si è messo i primi vestiti che ha recuperato dall’armadio e non mi ha dato nemmeno il tempo di rimangiarmi ciò che avevo detto che era già sulla porta, infilandosi il cappotto, con le chiavi in mano.

-Andiamo?- mi ha chiesto pressante.

Credo che per lui sia fondamentale coinvolgere la persona a cui tiene nelle cose che fa. Perché “le cose che fa” sono ciò che lui è, e ci tiene a condividersi con chi ama. Vuole il mio parere su tutto, quando espone un progetto nuovo o dà un consiglio per qualcosa, si gira ansiosamente aspettando un mio commento. Tanto che a volte mi sento in imbarazzo e non sono davvero stupito che Dom arricci il naso in una smorfia infastidita e batta a terra un piede con stizza evidente.

Cerco di schernirmi finché posso, di evitare queste sue domande. So che ci riesco molto male. Tutta la mia malizia non basta a mascherare nulla della spontaneità di Matt. Soprattutto con chi lo interpreta solo con uno sguardo distratto.

A volte sono stato geloso del loro rapporto. Del rapporto che li lega tutti e tre ma, chiaramente, soprattutto del rapporto che lo lega a Dominic. So che sono come fratelli, ma io quella complicità non l’ho mai avuta neppure con mio fratello e l’ho raggiunta solo con Stefan e solo grazie ad una storia andata a rotoli per causa mia.

Adesso mi ci sono abituato e, da parte sua, anche Dom si è abituato a me. È condiscendente. E sospettoso. Mi guarda sempre come se si aspettasse che da un momento all’altro ne faccia qualcuna delle mie, ed io sarei curioso di chiedergli cosa corrisponda – nella sua testa – ad “una delle mie”. Ma non glielo chiedo e cerco di non mettermi in mezzo, è l’unico modo che io abbia per farmi accettare e ritagliarmi uno spazio mio.

Siamo arrivati ad una convivenza pacifica, che ci permette anche di uscire in gruppo – con loro e con Steve e Stefan – e di stare seduti intorno allo stesso tavolo trovando la situazione piacevole e divertente. Basta che io ignori le sue occhiate e lui faccia finta di non vedere e sentire Matt quando si gira e mi domanda se “io farei diversamente la tal cosa”.

Quando Matthew si comporta così, io avrei voglia di dirgli la verità. Guardarlo e rispondergli semplicemente che ogni cosa che esce dalla sua bocca, dalle sue mani, dai suoi pensieri è sempre ben fatta. Perché non c’è nulla in lui che non sia genialità e, se anche io fossi sul serio tanto arrogante da voler rovinare qualcosa solo per affermare me stesso, non riuscirei comunque a trovare niente da cambiare in lui.

Una specie di tocco di Mida, Matthew. Solo che il tuo oro non fa mai male agli altri, e riluce davvero tanto.

***

Matt mi si avvicinò mentre scrivevo. Era sudato ed accaldato, ed aveva il fiatone. Lui non riesce a stare fermo, che sia un concerto o che siano – come quel pomeriggio – delle semplici prove, lui suonerà, canterà, salterà e farà casino allo stesso identico modo. Anzi, se saranno prove come quelle di quel pomeriggio, dopo aver fatto tutto questo avrà ancora le energie per scendere dal palco ed inseguire i tecnici per gli ultimi ritocchi o seguire Dom in qualcuno dei suoi scherzi cretini ai danni di Chris, Tom o chi per loro si offra come vittima sacrificale di turno.

Io ascoltavo una demo che avevamo inciso in studio il giorno prima, tentando di capire cosa non mi convincesse e segnando le modifiche che apportavo su un block notes, improvvisatosi quaderno musicale dopo che ci avevo tracciato un incerto pentagramma fatto di linee sbilenche. Matt mi raggiunse e letteralmente si lasciò cadere al mio fianco, riprendendo fiato con respiri lunghi e profondi, come se fosse di ritorno da una corsa. Sollevai il viso e mi voltai a guardarlo.

-Cosa fai?- mi domandò subito.

-Correggo.- risposi vago.

Lui fece un’espressione curiosa, allungò una mano verso l’auricolare dell’i-pod e mi fece capire che voleva che glielo lasciassi. Misi giù la penna e tolsi l’auricolare per passarglielo.

-È carina.- mi disse dopo aver ascoltato la traccia musicale.

Ridacchiai.

-Grazie.

Lui si dovette rendere conto di quello che aveva appena fatto, arrossì e mi fissò a disagio.

-Volevo dire che mi piace…- balbettò.

-So cosa volevi dire.- risposi con calma, porgendogli nuovamente la mano perché mi restituisse l’i-pod.- Su su, ora fammi lavorare.- chiesi pazientemente, rinfilando l’auricolare al proprio posto e riprendendo la penna in mano.

Matt mi fissò ancora per un po’. Io non mi voltai a guardarlo, perché sapevo che se gli avessi dato corda non me lo sarei più scollato di dosso, il che poteva anche andare bene per me, ma non per lui che quella sera aveva un concerto e di sicuro non poteva passare il pomeriggio con me. Alla fine lo sentii sospirare e lo avvertii prendere ad agitarsi irrequieto. Si guardò attorno, si grattò la testa con aria concentrata, si voltò a fissare il fianco delle casse di legno a cui eravamo appoggiati ed in tutto questo per poco non scoppiai a ridere, continuando a spiarlo di sottecchi mentre fingevo di concentrarmi sul mio pentagramma. Poi lui si alzò in piedi, facendolo esattamente come avrebbe fatto un bambino, le mani a terra davanti a sé per fare leva e mettersi dritti con la schiena, mi nascosi frettolosamente dietro il block notes, spingendomi all’indietro contro le casse e sollevando il quadernetto davanti al mio viso. Da sopra il bordo lo vidi mentre girava intorno alle stesse casse e poi spariva oltre l’orlo…

Buttai giù il block e mi alzai anch’io.

-Matt, che diavolo stai facendo?!- chiesi stupito sporgendomi da sopra le casse e vedendolo steso a terra, piedi incrociati e mani sulla pancia.

Mi scrutò un momento perplesso, poi si strinse nelle spalle.

-Sono stanco. Dormo.- spiegò semplicemente.

-…per terra?- provai ad obiettare io.

-Beh, se vado nei camerini mi trovano subito e mi rimettono al lavoro…

Scossi il capo, tornando indietro e lasciandomi ricadere di nuovo al mio posto. Con un sospiro pesante sollevai per l’ennesima volta il blocco degli appunti e ricominciai da dove ero stato interrotto.

Avevo quasi finito di sistemare quello che sarebbe diventato il ritornello, quando mi accorsi delle manovre circospette di Dominic. Sollevai lo sguardo, appuntandolo su di lui per assicurarmi di non aver visto male, ma era decisamente Dominic e stava decisamente girando per il backstage con in mano una bottiglia piena d’acqua ma senza tappo ed un’aria da folle in caccia sul viso. Lui si accorse di me. Si fermò e mi guardò, incerto, come se stesse valutando l’idea di avvicinarmisi. Già dalla sua faccia capii che aveva intenzione di combinare qualcosa e, posto che non potevo essere io il suo bersaglio – tra noi non c’era ancora questa confidenza – se fissava me era perché cercava Matt e pensava che io sapessi dove fosse. Quindi stava considerando la possibilità di venirmelo a chiedere.

Spostai gli occhi da lui alla bottiglia e, poi, di nuovo al suo viso, per accorgermi che mi aveva seguito nel movimento e che, evidentemente, quello che avevo pensato era giusto. Mentre lui avanzava cautamente verso di me, io stabilii la cosa migliore da fare.

Sospirai, posai il blocco sulle ginocchia, capii che poteva passare una vita intera e Dom e Matthew sarebbero stati comunque qualcosa in cui io non avrei potuto mettere dito, allungai un braccio dietro di me ed indicai alle mie spalle le casse di legno, facendogli cenno di guardare al di là.

Dominic accelerò il passo e mi si affiancò in poche falcate, appoggiandosi al bordo delle casse per sporgersi oltre e sbirciare Matthew addormentato. Sollevò la bottiglia, mordicchiandosi concentrato le labbra, e meticolosamente ne rovesciò il contenuto sul povero Matt, che si svegliò, strillò e balzò in piedi non necessariamente in questo ordine.

Dom si tirò indietro ridendo, si allontanò di corsa di qualche passo e si fermò lì, voltandosi a contemplare la scena di un gocciolante ed infuriato Matthew, che tentava invano di scuotersi di dosso acqua e ultimi brandelli di sonno prima di decidere la mossa successiva. Poi Matt alzò il viso e lo vide che sghignazzava soddisfatto con la bottiglia vuota in mano, e capì.

-Dominic!- ruggì, dimostrando un’agilità non da poco nello scavalcare le casse di legno e me in un unico gesto atletico.

Mi piombò davanti solo per mettersi subito all’inseguimento dell’amico, che nel frattempo aveva badato bene di darsi alla fuga, ridendo e correndo all’impazzata a rischio di travolgere qualcuno dei poveri tecnici impegnati a lavorare.

-Dom, Matt, cazzo piantatela!- strepitò Tom Kirk inutilmente, apparendo dal fondo dei camerini.

Chris si affacciò oltre la porta di uno di questi, con un cellulare in mano ed un’espressione incuriosita in faccia.

-Che succede?- s’informò.

-Siamo alle solite, i due cretini fanno i dodicenni!- sbraitò il manager, mani sui fianchi, lasciandole ricadere sconsolatamente prima di voltarsi e tornare sui propri passi.

Chris adocchiò i due amici e ridacchiò, rientrando nel camerino mentre portava nuovamente il telefono all’orecchio.

-Solo Matt e Dom.- spiegò a qualcuno al di là dell’apparecchio.

“Solo Matt e Dom”. Una familiarità fatta di anni di convivenza.

Sospirai, posando definitivamente il block notes e staccando le cuffie dalle orecchie tirando il filo. Matt e Dominic mi passarono davanti in un secondo giro, Matt aveva trovato un’altra bottiglia abbandonata, le avevano riempite entrambe ed ora si combattevano a colpi di spruzzi.

-Sei un coglione, Matt!- rise il batterista, dopo aver messo a segno un punto piuttosto importante ed aver nuovamente ricoperto il proprio frontman di acqua.

Si spostò per evitare il contrattacco, balzando indietro.

-E tu sei finito, Dominic, aspetta che ti metta le mani addosso!- gridò Matt riprendendo ad inseguirlo.

***

Quando torno indietro, lo spiazzo dove abbiamo acceso il fuoco è deserto. Intorno a me ci sono gruppi di persone che si muovono rapidamente con risate e chiacchiericci confusi, comparendo e scomparendo tra gli spazi lasciati vuoti dai tour bus. Osservo perplesso quel movimento per un po’, mentre tento inutilmente di cacciare il cellulare nella tasca dei jeans decisamente troppo stretti. Rinuncio quando da lontano vedo Steve che cammina verso di me a passo svelto, con un sorriso idiota in faccia.

-Brian! Ma sei ancora qui?!- mi chiama a gran voce.

-Dove dovrei essere?- ritorco io perplesso mentre lui mi si avvicina. Ne approfitto per rifilargli il cellulare, che Steve fa sparire nella tasca dei propri pantaloni.

-Ma come?!- sbotta lui, come se davvero dovessi sapere perché tutti si siano improvvisamente trasformati in fantasmi vaganti ed io sia l’unico che ancora si ostina a rimanere nel regno dei vivi rischiarato dalla luce del falò.- La caccia al tesoro, Bri!- esclama Steve divertito quanto un bambino.

Sospiro pesantemente.

-Non posso credere lo abbiate fatto davvero, siete tutti adulti…

“Ed ubriachi” aggiunge la mia mente, interpretando per me la risatina stupida di Steve.

-Aaaah! Non fare il rompiscatole come sempre!- mi rimbrotta lui, afferrandomi per un gomito e tirandomi con sé- Dacci una mano piuttosto, dobbiamo ritrovare le cose che hanno preso gli arbitri…

-Le cose che hanno preso?- chiedo cominciando a provare un senso di inquietudine che risale dalla bocca dello stomaco.

“Ubriachi vuol dire incapaci di intendere e di volere.”

-Sì, una per ogni band.- risponde lui.

-Steve?!- chiedo strozzato.

-Uh?- fa lui voltandosi. Poi deve capire perfino il suo cervello annebbiato dall’alcool- Sì, hanno preso la tua jaguar, quindi dobbiamo muoverci. Potrebbe essere ovunque…- aggiunge pensieroso.

-La mia jaguar?!- ripeto io con sempre minor fiato.

E mentre tra me e me penso, irrazionalmente, che la prima cosa che farò quando sentirò Matt domani sarà dirgli che è un bastardo e rovesciargli addosso qualche insulto random per stare meglio con me stesso – e non so davvero per quale accidenti di motivo dovrei farlo, ma so che un motivo ci deve essere – da dietro un camion appare Stefan, sventolando un fogliettino con aria vittoriosa.

-Primo indizio!- annuncia a gran voce.

“È ubriaco anche lui!”, comunica il mio cervello.

Ma alla bocca l’informazione non arriva, perché mi libero con uno scossone dalla stretta di Steve, mi fermo in mezzo alla piazzola con le braccia incrociate e li guardo malissimo – e sì, sto usando un eufemismo.

-La prossima volta che tirate fuori l’assurda idea di un barbecue…- inizio in tono sibilante.

Steve e Stefan sospirano e scuotono la testa, rassegnati.

 

 

*

 

 

Nota di fine capitolo:

 

Steve Hewitt ha lasciato i Placebo. Notizia del primo di ottobre dal sito ufficiale.

È probabile che la gran parte di quelli che leggono risponderanno “e a noi che ce ne frega?”.

Siamo d’accordo con loro, ovviamente.

Perché è solo una band rock.

Perché ormai siamo grandi.

Perché nella vita ci sono un milione di cose importanti, ma talmente importanti che aggiungerci cazzate è inutile e dispendioso di energie.

In definitiva perché le fanfiction non sono la realtà e la realtà non coincide quasi mai con quello che vorremmo.

Per tutti questi motivi, pur rendendoci conto di quanto sia stupido, noi due vogliamo dedicare “Trapped” a Steve.

Perché per noi i Placebo sono anche Stevey, e ci teniamo a dirlo.

  
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