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Autore: Anael    12/07/2003    0 recensioni
Senti cosa vuol dire vivere veramente...trova la tua vera essenza...ascolta il battito del tuo cuore, il richiamo dei sentimente e vivili prima che arriva l'alba ed il tramonto si dissolva dietro alla collina.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima che il tramonto si dissolva dietro alla collina…

 

 

Prologo

 

 

 

 

Il giovane Kevin Turner si rimboccò le maniche della spiegazzata camicia a bozzetti che indossava e volse lo sguardo alla gente intorno a lui che andava e veniva stringendosi nei cappotti e sgusciando ogni tanto sul ghiaccio non ancora sciolto dai mucchi di sale sparsi qua e là sulla strada stretta e gremita.

 

“Al diavolo!” imprecò contro la radio che da ore continuava a ripetere le stesse cose: incidenti a destra, incidenti a sinistra, pericolose lastre di ghiaccio, si prega gli automobilisti di fare attenzione. Presto avrebbe dovuto fermarsi a comprare delle gomme da neve, altrimenti non sarebbe riuscito ad effettuare quella consegna in tempo. Fortunatamente altri veicoli avevano già percorso quella strada prima di lui consentendo alle enormi pneumatiche del suo tir di sfruttare le tracce già esistenti, facendo perfettamente presa sul manto stradale. Se continuava a quella velocità non ci sarebbero stati problemi, e forse non avrebbe avuto bisogno di quelle stramaledette catene. Incrociò uno spazzaneve e, sebbene ormai non ne avesse più bisogno, ne fu talmente contento che lo salutò con un cenno del capo; si soffermò a guardare un’incantevole signorina dai capelli color sole, che avanzava sul ghiaccio sicurissima pur avendo i tacchi alti. Per lui che era nato e vissuto in Svizzera, vedere una testa bionda in mezzo ai giapponesi era una vera e propria consolazione. Le suonò il clacson, che rimbombò prepotente lungo la stradina silenziosa, ma la ragazza, probabilmente disgustata da quella faccia grassottella e ghignante, non rispose e passò oltre.

 

Turner sbuffò

“Sgualdrina!” berciò tornando a guardare la strada davanti a sé ed improvvisamente vide la scena. Pochi metri più avanti di lui una bambina di circa 7 anni era scivolata su una lastra di ghiaccio mentre tentava di attraversare la strada in bicicletta. L’uomo vide che non si rialzava, quasi certamente il peso della bici più tutto il carico aveva schiacciato le costole di quel corpicino eccessivamente esile ed infantile e le teneva le gambe imprigionate. Sperò che non si fosse storta una caviglia, o addirittura spezzata un femore: sapeva che su quella lastra di ghiaccio non avrebbe potuto frenare in tempo, o comunque non abbastanza da fermare l’autocarro prima di arrivare in prossimità della bambina, allora suonò il clacson più forte che potè, ma nessuno, una volta vista la situazione si azzardò a lanciarsi in strada.

“Dannazione!” gridò premendo il freno con delicatezza, poiché sapeva che in caso contrario le ruote si sarebbero bloccate, e mise in funzione anche i freni del rimorchio, ma non avvertì alcun rallentamento. Davanti a lui la ragazzina non accennava a rialzarsi, i passanti si erano fermati a guardare quel bestione di metallo sfrecciare sul ghiaccio fino ad arrivare in prossimità di quel corpo inerme, ma non poterono fare nulla. Ormai Turner, non aveva altra possibilità se non usare il freno della motrice, vi pigiò il piede, ma ci mise troppa decisione. Riuscì solo a pensare a quanto sarebbe stato meglio se avesse avuto le catene, ma prima che potesse imprecare le ruote si bloccarono e sentì le venti tonnellate di metallo che sfuggivano al suo controllo.

 

L’ultima cosa che vide fu una figura dai lunghi capelli ondulati sollevare la bicicletta dal corpo della bambina, e stringere quest’ultima al petto

“Morirai anche tu!” bisbigliò e le fece cenno di andarsene, ma improvvisamente il rimorchio prese a scivolare sul lato destro urtando le automobili parcheggiate sul ciglio della strada ed investendo le due. Sbatté violentemente la testa, e delle schegge di vetro gli si conficcarono nelle braccia paffute, vide degli schizzi di sangue sul cofano e comprese che almeno una delle due non ce l’avrebbe fatta.

 

 

 

 

“RUKAWA!”

Il ragazzo dai profondi occhi blu si girò verso la giovane manager Ayako.

“Che c’è?” le chiese burbero come al solito, la bella ragazza dai capelli neri gli si avvicinò e lo guardò seriamente

“Ascoltami con calma…”

“Che diavolo succede?” insistette Kaede ansioso di tornare al suo allenamento. Ayako non s’infuriò come avrebbe fatto di solito, ma continuò a guardarlo negli occhi con quella strana espressione compassionevole

“C’è tua madre al telefono” disse semplicemente. Kaede si asciugò il sudore con l’asciugamano che gli porgeva la ragazza

“Ok”.

 

Rukawa sollevò la cornetta

“Mamma?”

“Kaede…” eccepì dall’altro capo del telefono con voce sommessa, forse aveva pianto,

“Che succede?” le chiese decisamente seccato il ragazzo: non aveva mai amato troppo i propri genitori, erano pesanti, sempre in pena, impiccioni ecc. Peggio ancora, pretendevano d’instaurare con lui il solito rapporto “I miei genitori sono i miei migliori amici”! A lui certe idiozie non interessavano per niente, non avrebbe mai sopportato di farsi vedere in giro per i pub a braccetto con suo padre, e suo padre l’aveva capito. Quelle poche volte che era a casa o lo ignorava completamente, o lo trattava con freddezza manco fosse un automa. Non si sentiva a suo agio a casa, non si sentiva a suo agio in camera, non si sentiva a suo agio la sera mentre cenavano assieme, c’era solo una persona in mezzo a quel caos che lo comprendesse, ed era solo la sua piccola Mi…

“La tua sorellina, Miyu ha fatto un incidente”…appunto, l’unica persona che contasse davvero per lui era solo la sua sorellina, se le fosse successo qualcosa sarebbe morto. Aveva solo 7 anni, ma nonostante questo…nonostante questo…

“C- cosa?”

“Ho detto che Miyu ha fatto un incidente!”

Sbiancò. Non aveva uno specchio sotto agli occhi, ma era certo di esser diventato esangue come un cadavere.

“Miyu…Miyu ha fatto un incidente?”

“Sono all’ospedale. Per favore raggiungimi subito”. Si passò una mano sul volto

“Come sta lei?” le chiese sforzandosi di nascondere il fremito che gli usciva dalla gola

“Kaede…”

“COME STA LEI?” sua madre dall’altra capo del telefono ammutolì: non aveva mai sentito suo figlio urlare prima d’ora…qualcuno avrebbe potuto dire “ma che razza di madre sei?” ma Kaede non era certo il figlio che tutti sognavano. Certo, lei lo amava ed era orgogliosa di lui, ma lui…perché si rinchiudeva in sé stesso a qual modo? Provare ad aprirlo era stato inutile, e anche tentare di diventargli amica. Spesso pensava che suo figlio la odiava…

“N- non lo so. La stanno ancora visitando. Ma è molto importante che tu venga qui subito!”

“Vengo” rispose il ragazzo e tagliò subito la conversazione. Appoggiò i gomiti sulla mensola che reggeva l’apparecchio telefonico e nascose il viso tra le mani.

“Va tutto bene? Stai tremando…” la voce di Mitsui lo fece sussultare, si girò

“Dì ad Akagi che sono andato via.” Mitsui gli poggiò una mano sulla spalla

“E’ successo qualcosa?”

“Niente!”.

 

Si scrollò di dosso la mano dell’amico e corse negli spogliatoi.

  
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