Capitolo 14 – “Prima dell’Ultima Battaglia”
Di Nuovo il Magico Trio
[L’Eroe che Torna]
Ronald
Weasley contemplò per l’ennesima volta l’enorme orologio a pendolo di casa
Granger mentre scandiva il quarto rintocco del pomeriggio.
E con questo fanno due
ore. Merlino! Possibile che questo tipo non abbia niente di meglio da fare che
importunare le ragazze già impegnate!
Ron
mugugnò inacidito, fissando l’indesiderato ospite che chiacchierava amabilmente
con quelli che forse, in un futuro che lui vedeva ancora molto lontano (ma non
troppo), sarebbero diventati una piacevole coppia di suoceri.
I
Granger, e specialmente la madre, erano a dir poco gentili e cortesi; e
naturalmente, senza bisogno di stupirsi, anche estremamente dotti. Dentisti
esperti e affermati, che però avevano registrato un notevole calo di visite da
cinque mesi a quella parte; anche i normali abitudinari scarseggiavano.
Ron
storse il naso ripensando all’articolo della Gazzetta del Profeta di qualche
mese prima:
I
Babbani sfollano. Nuova avanzata Oscura.
Il
Primo Ministro Babbano, in accordo col provvisorio capo del dipartimento di
Contrasto della Magia Oscura, Albert, ha sancito un istantaneo decreto che
prevede lo sfollamento del più possibile numero di Babbani residenti a Londra e
nelle vicinanze, centro focale degli attacchi dei Mangiamorte. Il Primo
Minsitro Babbano, la cui carica è rimasta traballante ed incerta dall’attentato
al Parlamento di un anno fa, giustifica questa ritirata di massa come una
precauzionale misura di sicurezza contro ‘attentati terroristici’. La comunità
babbana, ovviamente tenuta all’oscuro della vera realtà dei fatti, ribatte a
questo decreto con un’orda di proteste e la richiesta di dimissioni dello
stesso Primo Ministro…
Ma
nonostante le proteste, la popolazione babbana inglese era in muta ritirata.
Troppe vittime, troppe morti misteriose. Anche i Babbani meno arguti avevano
intuito che dietro quell’apparente velo di copertura ‘attentati terroristici’
si celava qualcosa di ben più grave, forse innominabile, forse impensabile.
La
nebbia opprimente, tutti quei bizzarri avvistamenti nel cielo, l’irrazionalità
di alcuni eventi stavano per condurre la comunità magica alla più terribile
delle disgrazie: la rivelazione al mondo babbano. L’Inghilterra, ormai già
messa in ginocchio dalla Guerra Oscura contro Lord Voldemort, non avrebbe retto
ad una probabile controffensiva babbana: sarebbe stato un autentico disastro,
l’apocalisse del mondo dei maghi.
Erano
ormai tre mesi che la comunità magica inglese tirava avanti in quel clima di
precarietà, non sapendo se temere di più l’attacco di un Mangiamorte o di un
Babbano armato di fucile e fiaccola anti-strega.
L’unico
modo per andare avanti senza crollare dalla disperazione era godere di quei
brevi momenti di felicità tra una battaglia e l’altra.
E io me li godrei
questi bei momenti con i genitori della mia ragazza se solo non ci fosse quel…
“Hai
migliorato molto la tua pronuncia, Victor.”
Come sempre la mamma di
Hermione è gentile con tutti… con cani e porci…
“Grazie,
signora. Ma devo ezzere brafo a pavlare ingleze se voglio
reztare cva.”
A me non pare così
dotato. A stento è capace di finire una frase senza sputare.
Ron
grugnì appena, ma fu abbastanza perché la sua vicina di divano se ne accorgesse
con dissenso.
“Smettila,
Ron.”
Ron
si voltò verso l’ormai ufficiale fidanzata “Non ho fatto nulla, Hermione” con
una smorfia osservò gli immani sforzi grammaticali di Victor Krum “E mi sono
anche trattenuto, dovresti almeno ringraziarmi.”
Hermione
strinse gli occhi con aria critica “Anche se non hai aperto bocca,
l’espressione del tuo viso la dice lunga, Ron.”
Ron
si specchiò nel pavimento lucido del salotto di casa Granger.
In effetti ho uno
strano grugno sul viso… bah, tutta colpa del bulgaro.
Ron
rialzò il viso esibendo un sorriso chiaramente forzato.
“Smettila,
Ron.”
“Oh,
andiamo, Hermione… mi sto impegnando!”
“No,
vuoi solo metterti in mostra perché c’è Victor.”
Ron
sussultò, sentendosi vagamente colpito nell’orgoglio “Di certo non voglio fare
spettacolo solo perché c’è Krum nei paraggi. Oramai sono un diciottenne,
Hermione, un vero uomo anche dal punto di vista dei Babbani. Dovresti esserti
resa conto dell’enorme evoluzione che ha compiuto la mia maturità.”
Hermione
sbuffò quasi come se tentasse di smorzare una risata “Avanti Ron, noi stiamo
insieme da molto ma… sinceramente… la più matura della coppia sono io.”
“Hermione!”
esclamò Ron forse troppo forte. Victor Krum si voltò con aria interrogativa che
fece prudere il palmo delle mani al rosso Weasley.
“D’accordo,
Hermione. Ti concedo l’intelligenza e l’arguzia, ma la maturità è mia. Come
potresti sostenere il contrario?”
“Ah
non lo so” sentenziò Hermione, ironica “Forse dal fatto che stai giocando con
Victor a ‘chi abbassa lo sguardo per primo’.”
Ron
interruppe lo scambio di fiammate e scariche elettriche che intercorrevano tra
i suoi occhi e quelli di Victor “Questa non è immaturità. E’ semplicemente
rottura di… oh, ma Merlino, Hermione! Sono il tuo ragazzo, vengo in visita per
conoscere i tuoi genitori e inviti il tuo ex?”
Hermione
diede un leggero colpetto di tosse “Primo: Victor e io non avevamo un rapporto
tanto stretto da potersi definire ‘impegnativo’, quindi lui non è il mio ex…
secondo: non avevo idea che oggi lui venisse a visitare casa mia…. Terzo: è
stata volontà di mia madre perché voleva ringraziarlo dell’aiuto di sette mesi
fa.”
“Mh?”
Ron assunse un’aria di colpo più seria “Oh, dopo la distruzione di Hogwarts,
quando i Mangiamorte hanno attaccato tutti quelle cittadine babbane nei
dintorni di Londra.”
“Già”
assentì Hermione “Victor ha salvato i miei genitori, portandoli con le proprie
forze al San Mungo… per questo non posso declinare una sua visita… e
soprattutto non posso farlo perché il mio ragazzo è geloso!”
“Geloso?”
Sì, sono geloso, e
immagino che questo sia abbastanza evidente. Ma doverlo ammettere davanti a lei
è così svilente!
“Emioni!”
Oh, per la miseriaccia!…
come non poter riconoscere questa flemma così grammaticalmente corretta?
“Emioni,
tu che sei una vagazza movto cavina e amica di tutti”
Uhh, ma che galantuomo!
“Hai
notizie di Fleuv?”
“E’
una donna sposata” aggiunse prontamente Ron.
“Lo
so cvesto” ribatté Krum con vigore
“Lei mi ha mandato una cartolina pev
il matrimonio. Si è spozata con Bill
Weazley.”
“Lo
so che si è sposata con Bill Weasley”
disse Ron con una voce improvvisamente acida “Bill Weasley è mio fratello.”
“Non
sapevo” borbottò Krum sorpreso, mentre squadrava Ron “Voi Weazley ziete
fovtunati! Avete sempve le ragazze più cavine!”
Ron
stava quasi per accoglierlo come un complimento quando…
Un momento? … vagazze
più cavine?... Hermione! Questo recipiente di salsa bulgara scaduta ha anche il
coraggio di fare i complimenti alla mia ragazza sotto il mio naso?
Ron
si alzò dal divano invitando Hermione a seguirlo, cingendole la vita con le
braccia. Krum trattenne un grugnito, ma schioccò la lingua con dispetto mentre
il rosso Weasley si accomodava su una sedia e faceva accomodare a sua volta
Hermione sulle proprie gambe.
“Forse
non è il caso che resti, Krum”
mormorò Ron “Avrai un sacco di partite di Quidditch… molti Boccini da
acchiappare.”
Victor
recepì il messaggio. “Ti sfido. Pvova a fare questo: pavave una Pvuffa.”
Ron
alzò le sopracciglia, poi socchiuse gli occhi all’indirizzo di Krum “Prova a
dire questo: ‘sono seduto su una sedia con una ragazza carina’… senza sputarmi in faccia, per favore.”
Hermione
sbatté i palmi aperti delle mani sulle proprie gambe e si alzò con uno scatto
“Questo è ridicolo.”
“Emioni!”
“Hermione!”
Le
giunsero due richieste distinte e si trovò come imprigionata in una sorta di
scelta.
“Ron,
puoi venire un momento.”
Il
rosso Weasley balzò dalla sedia, facendo segno di vittoria a Krum.
Hermione
sbuffò, cogliendo lo sfogo infantile di Ron. “Torniamo subito, scusa Victor.”
Krum
le rivolse un lungo sguardo d’intesa “Niente. Io capivso cveste coze, Emioni.”
Ron
oltrepassò Hermione sibilando un: “Secondo me quello non capisce niente.”
Hermione
si richiuse la porta di casa alle spalle, sfoderando la bacchetta. Al suo
fianco, Ron fece lo stesso. I due erano freschi d’allenamento e di consigli
d’allerta di Malocchio Moody: la nebbia era, se possibile, ancora più fitta
rispetto a sette mesi prima; ora persino con l’incantesimo Lumus Maximus era
difficile orientarsi nei banchi di foschia.
“Allora,
Ron, mi vuoi spiegare questo comportamento?”
“Hermione,
lo sai… è solo la vista di Krum che mi fa imbestialire… insomma… lui è stato il
primo a… ad averti.”
Hermione
esplose, prima di vergogna, poi di indignazione “Lui non mi ha avuta, Ron!
Nessuna mi ha avuta fino ad ora! Solo tu eri sulla buona strada, Ron, ma dopo
la scenata che hai fatto…”
“Dai,
Hermione, sai che per me è normale, credevo che ormai non ci facessi più caso”
si giustificò Ron “E poi anche tu hai le tue colpe… perché lo tratti così
bene?”
Hermione
alzò un sopracciglio “Forse perché è un essere umano e ha salvato i miei
genitori?”
“Sulla
prima non ci giurerei.”
“Ron!”
“Ma
hai sentito come parla? Si direbbe più un cinghiale che un uomo.”
“E’
l’accento delle sue parti.”
“Visto,
tu lo difendi sempre.”
“Ma
perché è ingiusto quel che dici, per principio. E poi tu lo sai parlare il
bulgaro?”
“Esiste
una lingua bulgara?”
“Ron!”
“Siete
i soliti.”
Quella
voce famigliare e che ormai apparteneva a ricordi vecchi di sette mesi squarciò
l’atmosfera litigiosa.
Il
motto di Moody ‘Vigilanza Costante’ non sfiorò nemmeno i pensieri di Ron e
Hermione mentre si lanciavano verso il loro amico ritrovato.
I
tre si strinsero in un abbraccio di gruppo che pareva così irreale, così
speculare ad un sogno troppo fantasioso: il ritorno del Magico Trio.
Appena
Harry si staccò, si vide assalito da un fiume di domande di Hermione… “Stai
bene” “Abbastanza per essere il Prescelto braccato dalle Forze Oscure”; “Quando
sei tornato?” “Solo oggi”; “Come ci hai trovato?” “E’ bastato seguire le urla
di indignazione di Hermione”… l’unica a cui non riuscì a rispondere
racchiudeva, in effetti, il mistero di quei sette mesi utopici.
“Dove
sei stato?”
Harry
si schiarì la gola, sospirando pesantemente “Qua e là…”
… da nessuna parte.
Ron
poggiò una mano salda sulla spalla della ragazza con un savoir-faire teatralmente solenne “Su, dai, Hermione, smettila di
tormentarlo… Lascia campo libero al miglior amico, ora. Vuoi che ti
aggiorniamo, Harry? Ne sono successe di cose – belle – dalla tua partenza.”
Harry
si sentì di colpo escluso o estraneo a quel gruppo di colleghi e amici che un
tempo aveva salutato affettuosamente come compagni di vita e famiglia.
Forse comincio a
perdere quel legame. Forse sono riuscito a perderlo. Forse così potrò
scongiurare una brutta fine.
(Se Potter continuerà
sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti
finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)
Harry
scosse la testa, tentando di scacciare quel ricordo vivido che lo aveva
costantemente tormentato per quei lunghi, irreali sette mesi. “Come stanno
Remus e Tonks?”
Ron
sghignazzò. “Oh, questo ti sorprenderà: Tonks è incinta!”
Harry
rimase colpito dalla felicità di quella notizia, mischiato a qualcos’altro di
non altrettanto piacevole:
… Tonks è incinta… sta
per nascere il figlio di Remus e per me è tutto nuovo… quanto tempo sono stato
via?
“Come
va l’allenamento con l’Ordine?”
“Bene,
Malocchio Moody ci fa sudare come delle bestie, vero Hermione?”
“Sì,
Ron, ma sei tu l’unico che suda. Sai Harry, non immagini la fatica di Ron per
imparare a maneggiare una spada.”
“Non
è facile destreggiarsi con grazia con un pezzo di metallo da venti chili da
trascinarsi dietro, Hermione. E poi mi sembra insensato imparare a usare una
spada, non ci basta solo la bacchetta?”
“Serve
per migliorare la nostra forza e resistenza. Ma queste cose le aveva già
spiegate Moody mentre ci allenava… dimmi, Ron, hai mai veramente prestato
interesse alle sue spiegazioni?”
“Sei
tu l’unica che gli dà retta, Hermione; quell’uomo è fuori di testa.”
“Non
ricominciare. E’ solo originale… e comunque il suo motto ci è stato più volte
utile: vigilanza costante!”
Un
sogghigno da parte di Ron “Con quella voce e quella posa sembri proprio Moody,
Hermione.”
“Cosa?
Ron ma…! … oh, scusaci, Harry… non lo facciamo apposta, sono cose che
capitano.”
“Non
fa niente, Hermione. Sono felice che le cose non siano cambiate: sono sempre il
terzo incomodo nel bel mezzo di un fuoco incrociato.”
Harry
trasse un lungo respiro, distogliendo lo sguardo dai suoi amici e creando un
silenzio incomodo che era inusuale per il Magico Trio.
“Vuoi
sapere qualcos’altro?” domandò Hermione, socchiudendo gli occhi, lanciando un
muto sollecito a Harry.
“Beh…
come stanno tutti in generale?”
“Più
precisamente?” insistette Hermione assumendo un’aria severa.
“Come
sta Ginny?”
Harry
sperò solo che la domanda non risultasse troppo impegnata e cruciale. Ma il suo
proposito fallì quando l’atmosfera mutò di colpo: imbarazzo palpabile e
irrequietezza.
“Lei…
sta bene” borbottò Ron con una mancanza di sincerità che non sfuggì a Harry.
“Che
le è successo?” chiese assolutamente preoccupato “Un attacco di Mangiamorte o
un…?”
“Ha
un nuovo ragazzo.”
Ron
si voltò di scatto verso Hermione, lanciandole un chiaro messaggio: ma sei pazza, così di botto e
all’improvviso?
Gli
occhi nocciola di Hermione scintillarono di convinzione, attenuando l’impeto di
Ron.
E’ ora che Harry
affronti le conseguenze delle sue scelte.
Harry
socchiuse le labbra con un inspiegabile sforzo “Capisco” mugugnò con una voce
che fece raggelare l’ambiente.
Hermione
sospirò: non c’era niente da aggiungere. Ron diede qualche colpettino di tosse,
come per smorzare quell’atmosfera tesa e spiacevole, prima di rivolgersi
all’amico.
“Harry,
vuoi andare a trovare…?”
“No”
lo fermò Harry all’istante “Starà meglio senza vedermi.”
*^*^*^*^*
Colloquio con il Sostituto
[L’Eroe che non torna]
Era
assopita contro la finestra di una casa sconosciuta (la casa di Han Joshuel) da
più di un quarto d’ora. Ginny sbirciò fuori, al di là del vetro: ovviamente
nebbia. Anche i suoi occhi, un tempo azzurri e sgargianti, cominciavano a
sfumare come la foschia cupa dei Dissennatori.
Qualcuno
bussò alla porta e chiamò il suo nome.
“Ginny,
tua madre e tuo padre sono arrivati.”
“Arrivo.”
Rispose
lei con la versione smunta di quella che un tempo era stata un’energica e
tonante voce. Osservò il suo viso riflesso nel vetro della finestra: non
sorrideva. Non sorrideva da molto; da molto non incrociava allo specchio lo
sguardo vispo e il sorriso energico dell’allegra e autentica Ginevra Weasley.
E’ tutto desolante e
cupo. Tutto triste.
E
per merito di quella cupezza molti valorosi combattenti si erano ritirati dallo
scontro contro Lord Voldemort mugugnando un ‘tanto è una battaglia persa’.
E
tra quegli eroi che si ritiravano c’era anche…
Ginny
scacciò quel pensiero dalla testa, facendo mulinare i capelli rosso spento.
Quel ricordo era autodistruttivo, altamente scoraggiante.
Ginny
si staccò dalla finestra con enorme fatica, sentendosi addosso una strana
pesantezza. Prima di aprire la porta e scendere le scale, raccattò da una
mensola il foglio che aveva conservato gelosamente come un talismano, nella
speranza che avrebbe segnato la ripresa e la vittoria dei buoni.
Per
tutto il paese, dopo l’attentato al Ministero, erano stati dispensati avvisi di
Reclutamento per ingigantire e rafforzare l’esercito che avrebbe dovuto tener
testa ai Mangiamorte di Lord Voldemort. Forse la strategia sarebbe stata buona,
ma poi era sopraggiunta la distruzione di Hogwarts che si era trascinata nelle
ceneri, oltre che incommensurabili vite innocenti, anche l’ottimismo e la
speranza di vittoria.
“Unitevi
alla battaglia contro l’Oscuro Signore. Uniti (Babbani, Maghi, Creature
Magiche) lo sconfiggeremo, di sicuro.”
L’uomo
che aveva aiutato alla distribuzione dei volantini, quello che ne aveva fatto
delle coppie e anche i restanti collaboratori erano stati trovati uccisi,
squartati come solo un Inferus poteva fare.
E
ora quell’avviso di Reclutamento, quella vena di coraggio che aveva osato far
fronte all’oscurità era solo carta straccia.
Un
ragazzo aprì la porta a Ginny e la affiancò nella discesa verso il salotto. La
ragazza intravide i suoi genitori in attesa ai piedi delle scale, scortati dal
sempre all’erta Malocchio Moody.
Ginny
ripensò alle parole del più rigoroso membro dell’Ordine della Fenice, due mesi
prima, cinque mesi dopo la scomparsa di Harry.
(“Questi codardi menefreghisti. Abbandonano il
proprio paese quando ne ha più bisogno. Ma non scoraggiamoci, ragazzi, l’Ordine
della Fenici e i suoi validissimi membri possono compensare le perdite, la
mancanza di uomini, dobbiamo solo credere nella vittoria e agire in modo tale
che vi sia il nostro trionfo.”)
Moody
era molto bravo a parlare ma si capiva subito quando non era convinto di quello
che diceva; esitava sempre. E, quel giorno, Alastor aveva esitato, e molto
anche. Esattamente come quando gli era stata comunicata la scomparsa di Harry.
“Ciao,
Ginny cara” la salutò sua madre con un bacio alla guancia e un’espressione che
la figlia giudicò preoccupata.
Suo
padre si limitò ad accennare un saluto impacciato, fissando con sospetto il
ragazzo al suo fianco, Han Joshuel.
Han
salutò entrambi con cortesia e li invitò ad accomodarsi sul divano del suo
salotto. Subito venne servito un servizio da the indiscutibilmente pregiato.
Molly
fissò le fini decorazioni della ceramica e i manici intarsiati della tazzina
“Oh, che onore” disse con un filo di voce, sollevando il the fumante per
prendere un assaggio.
Han
le sorrise cordiale “E’ il minimo che possa fare per i genitori della mia…”
Ginny
smise di ascoltare e morsicò un biscottino alle mandorle. Ingoiò tutto ma la
dolcezza della galletta non le arrivò alla lingua, sembrò solo amaro e
difficile da inghiottire.
Percepì
un sospiro da suo padre, quasi un sibilo “Capisco, Han. E così questa è la tua
casa.”
“Sì,
signore. Ho ereditato tutto dai miei genitori. I Joshuel sono una rispettabile
famiglia aristocratica nel mondo dei Babbani… chiamate così le persone normali,
vero?”
Arthur
sbatté la testa in avanti in un gesto di assenso che sperò non essere troppo
scortese. Ginny vide Moody agitarsi scomodamente sul divano. Evidentemente era
rimasto turbato, se non offeso, da quel ‘persone normali’.
Ma
Ginny ignorò quel commento, come sempre.
Arthur
scrollò le spalle “Così la tua famiglia è di stirpe?” disse con una voce
critica.
“Esatto,
signore” rispose Han con accortezza “Una delle migliori, ma ciò non significa
che siamo privi di umiltà” concluse con un vago tono insinuante.
Arthur
si schiarì la voce, tra l’imbarazzato e l’oltraggiato “Non volevo certo
offendere nessuno.”
“Non
si preoccupi, signore, non ha offeso nessuno.”
Molly
osservò il marito che continuava a cambiare posizione sul divano con un forte
alone di irrequietezza. A Moody mancava poco per sputare sul pavimento mentre
contemplava il muto litigio tra Arthur e Han scuotendo la testa con una
smorfia.
Ginny
arraffò un’altra galletta dal vassoio d’argento e la ingoiò a fatica.
“Davvero
buoni questi biscotti.”
Han
le rivolse un gran sorriso compiaciuto poi tornò a dialogare con Arthur con il
medesimo compiacimento.
“Anche
nel vostro mondo ci sono famiglie aristocratiche? Sa, Ginny non mi parla molto
del suo mondo, non certo perché non abbiamo un buon feeling, al contrario, è
solo che quando siamo soli impieghiamo il tempo in altro modo.”
La
mano destra di Arthur ebbe un’evidente convulsione mentre si serrava a pugno.
Anche Han la notò, ma non accennò ad alcun tipo di reazione, continuando a
sorridere educatamente.
“Beh”
attaccò Arthur con evidente ostilità “sono proprio le famiglie nobili del nostro mondo che hanno scatenato questa
guerra.”
Han
distolse lo sguardo da quello che ormai amava considerare il suo futuro suocero
buffone. Una pesante nebbia densa opprimeva le ampie finestre decorate del
salone.
Han
socchiuse le labbra parlando con tono calmo e dosato come se l’argomento non lo
coinvolgesse più di tanto “Quindi questa sarebbe la guerra? E’ per merito
vostro se l’Inghilterra si sta lentamente svuotando?”
Arthur
fremette ma, scorgendo la figlia che, mite rosicchiava un biscottino, si impose
la calma, invocando a viva voce le ultime gocce della sua pazienza. “Beh…”
“Ora
basta!”
Han
si girò con contegno verso Moody che aveva appena sonoramente sbattuto il
fedele bastone sul pavimento di marmo.
“Arthur,
Molly, mi avete chiesto di farvi da guardia del corpo, ma non spererete davvero
che rimanga zitto e calmo mentre quel bamboccio babbano ci insulta?”
Arthur
gli rivolse un’occhiata di pura gratificazione, ma Molly gliene lanciò una
d’avvertimento, spostando poi lo sguardo preoccupato sulla figlia.
“Alastor,
ti prego. Non è il caso che ti esprimi a questo modo con un Babbano, potresti
essere malinteso…”
“Oh,
suvvia Molly!” grugnì Moody puntando il bastone verso Han “Questo è proprio
l’ideale comune dell’Ordine: Babbani e Maghi sono alla pari. E tutti noi
sappiamo che tra i maghi ci sono degli autentici bastardi – e qui Molly
sobbalzò d’indignazione – e quindi, allo stesso modo, dovremo considerare
l’eventualità che anche tra i Babbani si annidino delle serpi, come ad
esempio…”
E
lasciò sfumare la voce, puntando entrambi gli occhi, compreso quello mobile che
roteava convulsamente, all’indirizzo di Han.
Han
adagiò la schiena contro il divano e il suo bracciò si allungò verso Ginny.
Arthur
ebbe una fulminea reazione (istinto paterno), ma Molly gli trattenne il polso,
mitigandolo con pochi sospiri: “Stai calmo, Arthur, non permettere che la
situazione degeneri.”
Ma
quando tornò a fissare il divano accanto, la sua creatura era già stata presa.
“Sono
sinceramente dispiaciuto, non intendevo davvero
risultare così antipatico” disse Han, mentre il suo braccio destro cingeva
lievemente le spalle di Ginny, tuttavia con una sinistra possessività “Non
vorrei di certo inimicarmi i genitori della mia…”
Ginny
bevve tutto d’un fiato il the bollente, bruciandosi la gola. Riemerse dalla
tazza fumante e vuota, sorridendo con un vago impaccio ad Han.
Anche questo non è
tanto salutare per me… ma è sempre meglio di attendere un eroe scomparso.
“E’
davvero molto buono questo the, Han.”
“Grazie,
Ginny tesoro, è alle fave. Te ne verso un’altra tazza.”
E
mentre il liquido fumante e ambrato colava nella tazza di Ginny si creò un
tetro silenzio, amplificato dallo scrosciare del the.
“Forse
è tutta colpa di questa nebbia” aggiunse Han quando ebbe terminato di versare il
the “Tende a creare una smisurata dose di depressione.”
Ginny
chiuse gli occhi prendendo un sorso di the. Già: la depressione, ma c’era
dell’altro.
Per
ingigantire la grande depressione, era sopraggiunto quell’imprevisto, il colpo
di grazia, che ormai Ginny cominciava a recepire come un puro fatto di cronaca,
come se non vi avesse direttamente preso parte, come se non avesse visto
quell’eroe che se ne andava coi propri occhi lacrimanti: il Prescelto era
scomparso. Esattamente come Lord Voldemort la notte della morte dei Potter; non
ve n’era più traccia, silenzio assoluto.
Harry Potter è morto,
questa era l’opinione comune; ma non era l’opinione di Ginny. L’oscurità non
l’aveva ancora preso, anche se, in innumerevoli notti di tormento, Ginny aveva
rivissuto quello straziante addio, quell’addio pietoso e umiliante per Ginny:
(“Lascia che ti
aspetti!... H-Harry…”)
(“Io non posso
chiederti questo, Ginny. E non ti chiedo di capire le mie ragioni.”)
Tanto
anche se ci fossero state non le avrebbe capite quelle ragioni: totalmente
insensate e campate per aria, come lo stesso Harry che si fiondava in un
allenamento solitario scaricando il peso della speranza, lasciandolo affondare
e svanire.
Molte
volte gli avevano detto che non doveva sforzarsi troppo nel suo ruolo di
Prescelto, ma anche quei consigli erano fasulli: il mondo aveva bisogno del suo
Prescelto per sconfiggere le forze oscure. Ma il Prescelto se n’era andato;
alcuni l’avevano subito scordato tra imprecazioni e tristezza, ma altri ancora
lo attendevano:
(“Ginny… aspetteresti
per niente… forse non tornerò… forse…”)
… aspetteresti per
niente…
Nascosta
dietro a quell’attesa vana c’era nascosto un consenso, un permesso,
un’autorizzazione. Ginny aveva adempito alle aspettative di Harry.
“Arrivederci,
mia adorabile fidanzata.”
Han
le cinse le spalle dandole un prolungato bacio di accomiato. Arthur dovette
necessariamente distogliere lo sguardo, mentre il sangue gli pompava nelle
vene, salendogli al cervello. Molly si intrecciò le dita, agitandole
irrequieta. Moody sbuffò senza troppa discrezione, battendo il bastone a ritmo
di un orologio impaziente.
Quando
le sue labbra si staccarono da Han, lui le rivolse un sorriso dolce e Ginny
ricambiò, quasi per impulso, quasi come uno specchio che tende a riflettere
quello che riceve.
Si
salutarono con qualche parolina d’amore sussurrata, mentre i signori Weasley
sospinti da Malocchio uscivano di casa.
“Figuriamoci
se mi devo sorbire anche le frasi da piccioncini!” sbraitò Moody appena fuori
dal portico di villa Joshuel, non prima di aver verificato l’assenza di
trappole e nemici “Quel tipo… per Merlino! Mago o Babbano che sia non importa…
dì, Arthur, ma come hai potuto permetterlo?”
“Non
riesco a vigilare mia figlia ventiquattro ore al giorno” si giustificò lui,
tuttavia sentendosi oppresso dal rimorso “E’ successo così e non so nemmeno
quando si siano conosciuti.”
“E’
stato una settimana dopo la scomparsa di Harry” soggiunse Molly con cupezza.
“Ma
allora è ovvio” annunciò Moody con un sospiro di comprensione “La ragazza l’ha
fatto per compensare la scomparsa di Potter, ma non avrà certo intenzioni
serie.”
Arthur
sobbalzò di colpo “Merlino, spero di no! Ho sempre adorato i Babbani, di più,
ne ero affascinato… ma questo qui… ah, oltre che avermi strappato la figlia mi
ha anche portato via il rispetto per i Babbani.”
“Smettila,
Arthur” intervenne Molly con stizza “E non urlare, Ginny potrebbe sentirti.”
“E
che mi senta. Tanto non ci sono problemi: dal colloquio che abbiamo avuto oggi
persino Arabella Figg si sarebbe resa conto della tensione che girava
nell’aria.”
Arthur
si interruppe di colpo, mortificato dallo sguardo della moglie.
“Ti
avverto, Arthur, non spergiurare sui morti, soprattutto su Arabella.”
Arthur
mugugnò le sue scuse.
Arabella
Figg. Faceva male ricordare quel nome e non solo per il dolore e il cordoglio,
ma soprattutto per ciò che rappresentava: la prima vittima di Privet Drive. E
Privet Drive era divenuto il simbolo della desolazione che si stava diffondendo
a macchia d’olio per il paese. Una desolazione che non sembrava avere rimedio…
se non il ritorno di un certo eroe…
E
a quel punto Arthur riuscì a formulare un unico, disperato pensiero:
Per Merlino… Harry,
dove sei?
*^*^*^*^*
Il Rituale della Cioccorana Fusa
[Niente Dolcezza]
“Ecco
a te la Cioccorana fusa, Devon!”
Draco
la vide avvicinarsi con una tazza fumante tra le mani e l’inquietante aria di
una mogliettina premurosa.
“E
non chiamarmi Devon!”
Samantha
gli rivolse un sorriso più dispettoso che allegro.
“E’
indispensabile, Devon. Perché ho il
sospetto che la padrona di casa cominci a ficcare troppo il naso. Si
insospettirebbe se mi sentisse chiamarti Draco… penserebbe subito a qualcosa di
losco, d’altronde il tuo stesso nome denuncia un velo di oscurità.”
Draco
sbuffò ancora, prendendo una generosa sorsata.
“Comunque
sia” mormorò Samantha mentre si accomodava mollemente sul divano “Io preferisco
Devon, perché il Draco Mangiamorte non beve mai la Cioccorana.”
Una
mano si avviò serpeggiando tra i fini capelli biondi del ragazzo.
Draco
riemerse dalla tazza con le labbra sporche di cioccolata e piegate in un
sorriso malizioso. “E a te piace quando bevo la Cioccorana?”
“Abbastanza”
confessò Samantha intrecciando le dita tra i capelli biondi del ragazzo “La Cioccorana
mi piace e anche parecchio.”
Un
bacio profondo e al sapore di Cioccorana fusa che sapeva conciliare gradevolezza
e passione.
Draco
chiuse gli occhi. Ormai non era inusuale. Due, tre, quattro mesi… era
impossibile stabilire con precisione la data fatidica dell’inizio. Il colpo di
fulmine era escluso per Draco e forse anche per Samantha… la sua, al principio,
era solo stata la curiosità maliziosa per il rampollo di una famiglia in
decadenza.
Era
chiaro ormai da qualche mese prima dell’inizio concreto; entrambi erano
interessati al compagno per motivi che, nel profondo, non erano poi tanto
romantici: ne avevano bisogno.
Avevano
bisogno che qualcuno li distraesse dalla guerra, che li facesse sentire non
solo servi dell’Oscuro Signore, ma esseri meritevoli di lusinghe e coccole.
Forse
era iniziato tutto (o almeno la parte più concreta) il giorno del recupero di
sua madre, quando lei gli aveva portato la prima tazza di Cioccorana. Quella
tazza fumante alle due del pomeriggio era diventato il loro rituale privato,
dopo le tenebre del Covo Oscuro.
Così posso scaricare la
tensione.
Quello
che si scambiavano in quei momenti era passione priva di profondo sentimento, saliva
mista a Cioccorana fusa e nervosismo sfogato con un pizzico di eccitazione.
Le
lingue si sciolsero e il bacio si concluse. Come sempre a Draco restò un respiro
leggermente affannoso; non era mai stato abile a trattenere il fiato per troppo
a lungo.
Samantha
si accomodò sulle sue ginocchia, intrecciandogli le braccia al collo.”Devo
eseguire un Anapneo? E’ proprio così spossante?”
Draco
reclinò la testa contro il petto della ragazza, strofinando leggermente. “Più
che spossante è scocciante.”
Le
dita di Samantha salirono intrecciate tra i fini capelli biondi e Draco
fremette come un gatto accarezzato in contropelo.
“Che
dici, Devon? Ti va di cercare la mia bacchetta?”
“Trovatela
da sola” la liquidò Draco, affondando il viso nella scollatura della tunica
nera.
“Ma
tu non sai stare al gioco” sogghignò Samantha “Deve essere da qualche parte
sotto la tunica.”
Draco
storse il naso, parlando con voce pigra. “Ti devo spogliare per trovarla?”
“Mi
dispiace, ma non siamo ancora così intimi” bisbigliò Samantha al suo orecchio
di seguito ad una fulminea leccata. “Ma puoi usare le mani per trovarla.”
Le
labbra di Draco si piegarono, scaltre. “Allora potrei fare uno sforzo.”
Le
dita lunghe e pallide di Draco si avviarono sul suo corpo, mentre lei sospirava
all’orecchio del biondo.
“Vedi
di trovarla, Devon. La bacchetta è crucialmente importante per una strega.”
“Rilassati,
tu” ribatté Draco con un’occhiata rapace “Sono un mago anch’io, no? Sarò pur
capace di tirare fuori una bacchetta nascosta.”
Mani
vivaci continuarono con ispezioni pretenziose e disinibite sotto la tunica nera
della Mangiamorte finché un sospiro ansante e rauco li raggiunse entrambi.
“Maghi?
Voi due siete…”
La
padrona di casa era inchiodata nell’atrio. Un occhio tremolante sbirciava oltre
lo spicchio aperto della porta.
“Tutte
quelle sparizioni… omicidi… misteri…. Io ho… io… nella mia casa…”
La
porta si spalancò con un tremendo boato, spinta dall’ingresso repentino della
padrona di casa. Il volto della donna era completamente distorto, la pelle
tirata in una pura espressione di terrore.
“Siete
dei demoni!”
I
suoi urli e i suoi movimenti divennero scoordinati. Braccia, gambe e
imprecazioni mulinavano per tutta la stanza.
“Chiamerò
la polizia… un… un esorcista… e vi ammazzeremo!”
Le
labbra di Samantha si piegarono in un sorriso sinistro; la bacchetta che aveva
occupato le ricerche di Draco venne estratta prontamente dalla Mangiamorte. “Ammazzare?”
Draco
abbassò lo sguardo mentre la bacchetta di Samantha si levava sulla donna.
Sapeva già cosa stava per accadere.
La
Mangiamorte proseguì con un sospiro quasi sibilante. “Buona idea.”
Due
parole mugugnate, un lampo verde, uno schianto, un tonfo e Draco poté riaprire
gli occhi.
“Dovresti
almeno tentare di guardare.”
Le
dita di Draco si strinsero sul manico della tazza semivuota. “Avrei vomitato
tutta questa Cioccorana.”
Samantha
levò un sopracciglio. “A beh, in tal caso ti giustifico. Sarebbe stato uno
spreco.”
La
Mangiamorte fissò con occhi impassibili il viso contorto della donna. “Era da
molto che volevo farlo.”
Draco
prese un altro sorso dalla tazza: pura amarezza, niente dolcezza, solo un vago
retrogusto acido. “Era proprio necessario?”
“Certo,
siamo Mangiamorte” ribatté Samantha “Uccidere è il nostro destino… non
condividi?”
Draco
stette a fissare l’ondeggiante riflesso nella Cioccorana, investito dal tiepido
e dolce vapore che emanava il liquido caldo. “Prima o poi ci riuscirò”
borbottò, poggiando la tazza sul tavolino “Ma per ora non posso negare che…” i
suoi occhi volarono al cadavere scomposto sul pavimento, mentre assaporava il
retrogusto aspro della Cioccorana “… mi faccia tanto schifo.”
*^*^*^*^*
L’Eroe che Riparte
[L’Ultimo Addio]
“Harri,
ben tovnato. Molti dicefano che eri scappato, ma io non ho mai
credufo cozì. Io lo sapefo che
saresti tovnato.”
Harry
prese un altro sorso di the verde, offertogli dalla signora Granger. “Grazie,
Krum.”
“Beh,
Krum…” cominciò Ron, ammansito poi da un’occhiata di Hermione “… cioè Victor,
anche noi sapevamo fin dall’inizio che in realtà Harry si stava allenando per
sconfiggere colui-che-non-deve-essere-nominato, quindi…”
“Ron”
lo interruppe Harry di colpo con voce cupa “Perché non lo chiami Voldemort?
Credevo che ormai avessi superato questo intoppo dal quinto anno.”
Ron
ammutolì, mugugnando qualche giustifica che Harry faticò a comprendere. La
signora Granger si aggrappò inconsciamente al marito e Krum sembrò
destreggiarsi in un qualche scongiuro bulgaro.
“Vedi,
Harry” cominciò Hermione un poco impacciata “E’ cominciato circa quattro mesi
fa… la paura per quel nome è tornata. Forse è solo superstizione, ma si ha
quasi la certezza che chiunque si azzardi a pronunciare quel nome, prima o poi,
verrà colpito dalla Magia Oscura.”
Harry
riavvicinò la tazza alle labbra, quasi tentando di nascondere un sogghigno
ironico. “Allora per me non ci sono problemi. Il fatto che Voldemort mi bracchi
è un’assoluta certezza, quindi non fa differenza se dico Vold…”
“Ti
prego, basta” intervenne a sorpresa la signora Granger con voce educata ma
chiaramente ansiosa.
Harry
posò la tazza. “Mi scusi, non vi disturberò più.”
Il
giovane Potter si alzò velocemente con la ferma intenzione di lasciare la casa.
“Ma,
Harry!” esclamò Hermione, tentando di trattenerlo per la manica della tunica
smunta “Dove credi di andare? Sei appena tornato. E poi devi ancora spiegarci
cosa ti è successo in questi mesi.”
“Giusto, amico” concordò Ron, parandosi di
fronte a Harry “Che hai combinato? Sembra che ci sia qualcosa di strano in te.”
Harry
si risedette con calma. “Scusate, è solo che gli ultimi sette mesi sono un
mistero anche per me.”
Hermione
gli si affiancò con una calda voce rassicurante. “Ti va di spiegarci?”
Harry
fissò oltre le lenti appannate degli occhiali il volto avido di curiosità di
Krum e quelli preoccupati dei Granger.
“Forse
un’altra volta, adesso devo andare.”
“Impensabile!”
eruppe Hermione “Questa ormai è diventata la tua filosofia di vita: ‘devo
andare’? Non vuoi aspettare neanche Ginny, non vuoi salutarla prima di andare a
fare… non so cosa?”
Harry
abbassò il capo con un singulto. “Sarebbe un altro addio straziante.”
Hermione
sbarrò gli occhi. “Addio?”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
“Quello
finale” concluse Harry con un soffio di voce.
Hermione
strinse il braccio dell’amico, scuotendolo leggermente. “Harry… tu, non vorrai
per caso….”
Ron
estrasse la bacchetta dalla veste e fece un cenno di assenso all’amico. “Harry,
so cosa hai in mente di fare e sono d’accordo. E’ ora di mettere fine a tutta
questa guerra. Veniamo anche noi!”
(Se Potter continuerà
sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti
finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)
“No.”
Anche
Krum si era levato dal comodo divano per correre incontro a Harry.
E’ inutile, la mia
decisione l’ho già presa da molto tempo. O forse, è solo destino.
E
per la prima volta Harry Potter levò la bacchetta contro i suoi amici. Un
raggio di luce argentata, un magnifico cervo che galoppava, uno schianto, scuse
sussurrate e il Prescelto partì verso il suo Destino Oscuro.
*^*^*^*^*
L’Eroe che Non si Trova
[Un Attimo di Indugio]
“Donovan,
saresti così gentile da riferire al tuo Signore il resoconto delle ricerche dei
suoi fedeli ma inutili Mangiamorte.”
“Sono
desolato, mio Signore, ma Harry Potter non si trova. Si direbbe scomparso.”
Anche
dall’altro lato del campo di battaglia si attendeva il ritorno di Harry Potter,
del Prescelto, perché compisse il suo Destino Oscuro: essere sconfitto da Lord
Voldemort.
“Scomparso,
Donovan… morto, forse?”
“Non
posso affermarlo con sicurezza, mio Signore” replicò Doppio Dolore con voce
fredda ma sogghignante “Ma non dovrebbe dispiacerle se lo trovassimo morto,
vero?”
“Chiudi
quella bocca, Darcy!”
Doppio
Dolore contemplò con divertimento il bel volto folle contorto di rabbia e
indignazione.
“Non
volevo mancare di rispetto al Nostro Signore, Bellatrix.”
Bellatrix
sibilò delle parole indubbiamente malevole, trapassando la figura di Darcy con
i suoi oscuri occhi blu.
Voldemort
fece turbinare il suo mantello, la voce sibilante e quasi monotona celava una
minaccia. “Bella ha ragione, Donovan. Sei troppo insubordinato; non vorrai che
sia la bacchetta del tuo Signore a rimetterti in riga, vero?”
“Non
sia mai, Mio Signore” affermò Doppio Dolore con un profondo inchino.
Voldemort
strinse gli occhi rossi e serpentini. “Forse questo è il tuo modo di fare,
Donovan, ma sappi che se insisterai con quella tua voce sogghignante Lord
Voldemort sarà costretto a punirti severamente.”
Per
fortuna di Darcy il risvolto del mantello nascose il suo sadico sogghigno.
“Comprendo, Mio Signore.”
“E
comunque, Donovan, io desidero che il nostro caro Harry sia ancora vivo. Così
che io possa infine distruggerlo con le mie mani” il sibilo di Voldemort si
abbassò in un verso rauco e tenebroso, mentre serrava le scheletriche dita a
pugno e i denti in una morsa aguzza e velenosa.
L’esaltazione
di assoluta vittoria dell’Oscuro Signore sembrò trascinare Bellatrix in uno
stato di totale e folle euforia. “E ce la farà, Mio Signore, senza alcun
dubbio.”
“Senza
alcun dubbio.”
Fece
eco il circolo di figure incappucciato, inchinate di fronte al loro Singore. Tra
il cerchio di Mangiamorte prostrati Voldemort distinse il suo servo più fidato…
… forse non lo è.
Lord
Voldemort fiancheggiò Severus Piton, invitandolo ad alzarsi. Alcuni Mangiamorte
sospirarono, indignati e stupefatti.
Mai
il Signore Oscuro aveva permesso a un suo servo di tenere la testa alta in sua
presenza.
Voldemort
scrutò gli occhi pece di Piton, con il profondo acume di un grande Legimens.
Posso davvero fidarmi
di Severus Piton?
“Severus”
sibilò “Quando sarà giunto il tempo porta Harry Potter da me per la battaglia
finale.”
Piton
ebbe un attimo di indugio; solo un istante, ma fu abbastanza perché gli occhi
da Legimens di Lord Voldemort se ne accorgessero.
“Sì,
Mio Signore.”
*^*^*^*^*
Alla Riscossa dell’Eroe
[Due Tipi di Bene]
“Harry!”
L’urlo
di Hermione si disperse nella scia argentata del Patronus. Il cervo galoppò per
la stanza e si infranse contro la parete opposta. La signora Granger si lasciò
scappare un urlo e un gemito di paura. Hermione abbandonò subito la bacchetta a
terra e si precipitò al fianco della madre tremante, sorretta da suo padre e da
un Krum sconvolto e preoccupato.
Ron
gridava ancora, tra l’infuriato e l’indignato, agitando le braccia per
disperdere la nebbiolina argentata del Patronus, ancora alla disperata ricerca
dell’amico.
“Harry!
Che cavolo hai combinato?! Non sperare di andartene via con un’uscita del
genere! Harry!”
Silenzio
e vuoto.
“E’
andato.”
Ron
lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con un grugnito. “Brutto stupido. E
cosa credeva di fare? Cosa crede di fare adesso? Solo?”
“Ha
agito in virtù del nostro bene, così pensa Harry in questo momento.”
Hermione
aveva aiutato la madre ad alzarsi, pregando Krum e il padre di accompagnarla
nella stanza accanto per farla riposare.
“Per
Harry agire correttamente significa escluderci dalla battaglia, dalla sua
battaglia personale. Lo fa per il nostro bene, per non coinvolgerci.”
“Ma
tu non credi veramente a quello che stai dicendo, Hermione?” sbraitò Ron.
“Certo
che non lo credo, Ron!” ribatté Hermione a sua volta con uno strillo disperato
“Ma Harry lo crede, è convinto che questo sia bene: escluderci dalla guerra.”
“Fesserie”
biascicò Ron da un angolo della bocca.
“Non
lo sono per Harry.”
Ron
strabuzzò gli occhi, un’espressione determinata e bellicosa sul volto.
“Hermione, non lo lasceremo andare da solo, non lasceremo che si comporti come
un idiota. Gli faremo capire noi cosa veramente è bene!”
Gli
occhi nocciola di Hermione tremarono. “Ron?”
“Andremo
a riprenderlo! Questo è bene: sconfiggere Voldemort
tutti uniti!”
Hermione
fremette un istante alla nomina di quella parola oscura.
Cosa sto facendo, non
ha senso avere paura di un nome… E sia, Ron, sono con te.
“D’accordo,
Ron, andremo a riprendere Harry!”
“Perfetto!”
esclamò Ron “Solo che… hai idea di dove possa essere andato?”
Hermione
fece un sorrisino con una profonda aria saccente. “Ne ho una vaga idea, ma
dovremmo andare dall’Ordine come prima cosa: ci serve il loro aiuto.”
*
“Il
Parlamento, Babbano?”
“Esatto,
Ron.”
“Ma
come fai a dirlo, Hermione? Trascurando il fatto che tu sai sempre tutto…”
“E’
solo ragionamento, Ron... ora ti spiego, ma prima atterriamo.”
Sia
la scopa di Ron che quella di Hermione vennero rimpicciolite e riposte sotto il
mantello dopo l’atterraggio a Grimmauld Place.
“Beh,
complimenti, Hermione. Dopo le mie lezioni
di volo sei perfetta… magnifica sulla scopa” disse Ron con una punta di
malizia.
Hermione
arrossì lievemente. “Ti ringrazio, Ron, ma non è questo il momento. Dobbiamo
pensare a Harry.”
“Ah,
Harry” sbuffò Ron con aria mesta “E’ peggiorato, credevo che dopo il suo
speciale addestramento sarebbe migliorato… e invece quasi ci ammazza con il suo
Patronus!”
“Non
fare il tragico, Ron” lo rimbeccò Hermione “Il Patronus era controllato perché
ci fermasse solo, senza farci del male.”
“Senza
farci del male!” inveì Ron con astio “Come se vederlo puntarci la bacchetta
contro non fosse un male!”
“Senti,
Ron, se non te la senti o vuoi tirarti indietro, basta solo che…”
“No,
no, figurati” soggiunse Ron sventolando una mano con nonchalance “Perché
dovrebbe disturbarmi? Si tratta di salvare un amico, per quanto irragionevole
sia… E poi appena l’avremo ripreso da Colui-che-non-deve-essere-nominato…”
“Ron…”
mormorò Hermione, spaventata dal suo improvviso silenzio.
“Lui
è andato da Tu-sai-chi, vero?” mugugnò Ron con voce roca “E questa è un’altra
prova della sua pazzia… dici che sto ragionando come un codardo, Hermione?
Voglio dire, affrontare Tu-sai-chi per noi ora è una pazzia, ma molto tempo
fa…”
Hermione
chinò il capo. “Lo so, Ron. Tanto tempo fa… e in realtà non è passato neanche
un anno, ma dopo quello che abbiamo visto… Harry è stato fortunato, non ha
vissuto il periodo peggiore; Remus ha detto che questi ultimi mesi sono stati
più terrificanti persino dell’ultima epoca oscura, quando Tu-sai-chi era al suo
massimo. Ora è molto peggio. Sembra che non abbia fine, questa guerra. Giorno
dopo giorno è sempre più insopportabile, tutto ciò a cui riusciamo a pensare
ormai, è una preghiera: vogliamo che finisca; ma non facciamo niente perché finisca,
non ne abbiamo più la forza. L’oscurità di questa guerra ci sta consumando lo
spirito, la forza di volontà. Harry, molto tempo fa, è fuggito e così si è
salvato: è in lui che rimane l’ultima scintilla di coraggio e di forza di
volontà…”
“Sai,
Hermione… io ho incolpato Harry di questa guerra…” confessò Ron con un sospiro
“In fondo tutto è nato perché Tu-sai-chi lo voleva affrontare, si voleva
vendicare… E poi lui è scappato, ci ha lasciato e soprattutto ha lasciato
Ginny… non hai idea di quante ne ha passate quella ragazza…”
“Certo
che lo so, Ron!” esclamò Hermione visibilmente offesa “Io sono la sua migliore
amica e lei mi ha detto quello che…”
“Già!”
sbraitò Ron “Ma io sono suo fratello maggiore e… per Merlino… non sono riuscito
a fare niente per consolarla! L’unico che poteva consolarla era Harry e
quell’idiota era sparito chissà dove… Quanto senso di colpa poi, perché infondo
Harry è il Prescelto e deve impegnarsi per proteggerci… però, Hermione… quanto
lo ho odiato!”
Appena
l’urlo di Ron si dissolse con la nebbia di Grimmauld Place, Hermione posò una
mano gentile sulla spalla del fidanzato.
“Sai,
Ron, esistono due tipi di bene: il bene personale e il bene superiore. Harry ha
puntato tutto sul bene superiore.”
Ron
si voltò di scatto verso la ragazza, urlandole quasi in faccia. “E così ha
trascurato il bene personale?! Ha trascurato i suoi amici, la sua ragazza…”
“Anche
lui però!” protestò Hermione con uno strillo disperato che fece ammutolire Ron
“Il bene personale è quello dei suoi amici ma è anche il suo. Ma dico, Ron, non
l’hai visto? Ti è sembrato felice? Ti sembra felice di essere il Prescelto e di
dover trascurare i suoi amici e la sua ragazza per il bene superiore?... Si sta
sforzando come un pazzo, lui non la vuole questa missione! Sono gli altri che
vogliono un Prescelto. Harry è coraggioso e altruista, quindi non li può
deludere. Harry è combattuto, Ron, in un modo o nell’altro sapeva di dover
deludere qualcuno: o il mondo magico o i suoi cari. Ha scelto di deludere noi e
sono sicura che ne ha rimorso ogni secondo della giornata. E’ questo il nostro
Harry! Vuole sempre accontentare tutti, non sopporta che le persone soffrono e
così soffre lui al posto loro… quindi non mi sembra giusto odiarlo…”
La
voce di Hermione si afflosciò di colpo, mentre lei, costretta a deviare lo
sguardo dal viso martoriato di Ron, puntava lo sguardo sull’uscio del numero 12
che si aprì con un cigolio.
“Per
Merlino!” esclamò Malocchio Moody dallo spicchio della porta aperta “Siete voi
due che latrate come dei cani a luna piena? Venite dentro, volete farci
scoprire!”
Sia
Hermione che Ron seguirono le istruzione del capitano senza proferire parola.
Moody
richiuse la porta con un potente incantesimo collante, dando un’annusata al
cielo grigio di Londra. “Qui tira aria di tempesta.”
*
“Harry…
cosa?”
Qualcosa
si accese tra i presenti alla nomina del Prescelto scomparso, poi tornato,
infine scomparso di nuovo: era un misto di speranza, frustrazione, rabbia e
preoccupazione… e molta nostalgia.
“Ha
deciso di andare da Tu-sai-chi” borbottò Hermione dopo un acceso resoconto a
Moody.
Ron,
al suo fianco, restava impassibile, deciso a non aprire bocca sull’argomento.
Molly
si intrecciò le dita al colletto della veste. “… quel ragazzo… non riesce a
trovare pace…”
“Finalmente”
affermò Arthur con stizza quasi glaciale. Ron non era stato l’unico a soffrire
per Ginny. “Era ora che si decidesse a tornare e a mettere le cose a posto.”
“Arthur!” inveì Molly, lanciando
un’occhiata disperata alla figlia.
Anche
Ginny era caduta in uno stato di completa apatia. Rigirava tra le dita un
biscottino alle mandorle, dono di Han.
“Ma
sì!” gridò Moody alzandosi di colpo e ribaltando quasi la tavola su cui sbatté
i pugni serrati. “Questa è l’occasione, finalmente! Andremo da Harry, non per
recuperarlo, ma per combattere al suo fianco!”
Molly
emise un gemito disperato all’indirizzo di Moody. “Malocchio, ti prego…”
“Non
mi devi pregare, Molly. Se ti è rimasta un po’ di grinta combatti con l’Ordine,
a fianco di quel coraggioso ragazzo” ribatté Moody, irrefrenabile.
Dopo
quei duri mesi oscuri la tempra di Malocchio Moody si era irrigidita,
diventando quasi la freddezza di un guerriero inflessibile.
Molly
si avvicinò alla figlia come a volerla proteggere dall’avidità di Moody. ‘No, Malocchio, mia figlia non andrà a
combattere, a farsi uccidere.’
“Bene,
allora, andiamo da Harry.”
Il
sospiro proveniva da Remus Lupin, in piedi vicino all’arazzo dei Black, con una
mano sulla spalla della moglie incinta.
“Anche
tu, Remus?” mugugnò Molly con risentimento.
“Andiamo
al Parlamento Babbano, è là che si trova Harry” spiegò Hermione con un sol
fiato “Lui vuole affrontare Voi-sapete-chi e probabilmente sarà giunto alla mia
stessa conclusione: il suo Covo Oscuro è lì, protetto da una barriera magica.
Così solo si spiega l’attentato di un anno fa ad opera di quel drago e
l’intervento di Piton per risolvere la cosa, si spiega anche quella barriera
che il drago non riusciva a perforare, si spiega anche perché tutti i politici
che risiedono al Parlamento ultimamente hanno preso delle allarmanti decisione
a favore degli attacchi dei Mangiamorte.”
Le
labbra di Molly tremarono. “Hermione…?”
“Ma
dobbiamo evacuare Londra” aggiunse Remus “Se davvero intendiamo combattere i
Mangiamorte al Parlamento Babbano, l’intera città si trasformerà in un campo di
battaglia.”
Un
gemito sfuggì a Molly. “Evacuare Londra? Ma si può fare in così poco tempo?”
“Si
potrebbe” intervenne Hermione con decisione “Se informiamo sia il Ministero
Babbano che quello Magico.”
“Bene!
Ora organizziamoci!” dichiarò Moody, facendo roteare l’occhio magico
all’impazzata “Shackebolt al Ministero Babbano informerà il Primo Ministro che
farà sgomberare Londra. Ma per la comunità magica londinese ci dovrà pensare il
nostro di Ministero, ahimé!”
L’occhio
magico roteò verso Ron. “Tu, giovane Weasley. Mi sei sembrato in gamba, sei
migliorato molto dopo il mio addestramento. Devi accompagnarmi al Ministero
della Magia e parlare col capo dell’esercito, perché io quello proprio non lo
sopporto e se ci dovessi parlare… beh, vieni?”
Ron
si rizzò dal divano come spinto da una molla. “Certo, signore.”
Moody
emise un grugnito compiaciuto. “Bene, allora muoviamoci. Tutti!”
Tonks
strinse la mano del marito con un’ansia infinita. “Fa attenzione, ti prego… so
che è un’affermazione scontata ma… non voglio che nostro figlio cresca senza un
padre!”
Remus
le sussurrò all’orecchio “Non ti preoccupare.”
Ma
appena Ninfadora distolse gli occhi lacrimanti, lo sguardo di Remus volò
all’arazzo della famiglia Black, soffermandosi su un nome in particolare.
“Sirius, è possibile
che ci rincontreremo dopo questa battaglia. Tu, io e James come una volta…
però – e il suo sguardo tornò sul ventre gonfio di
Ninfadora – vorrei aspettare ancora un
po’…”
Arthur
e Molly si scambiarono una bacio a fior di labbra. Molly ancora tremava,
fissando il figlio con una tremenda disperazione. “Torna.”
Ron
le fece un cenno d’assenso, grintoso ma aveva anche qualcosa di poco convinto.
Poi strinse la mano incerta di Hermione, intrecciando le dita con le sue ed
entrambi si rilassarono.
Calma… la calma prima
della tempesta.
Remus,
Arthur, Ron, Hermione e Moody impugnarono la bacchetta e uscirono dalla calma
confortevole di Grimmauld Place numero 12; ex e nuova base dell’Ordine della
Fenice, l’unico dono lasciato da Harry dopo la sua partenza.
La
porta si richiuse alle spalle degli eroi che partivano.
Ginny
addentò il biscottino alle mandorle. Era insipido.
“Vengo
anch’io.”
Molly
quasi strillò dalla disperazione. “No, Ginny!”
Ginny
si voltò all’improvviso, cingendo la madre con due braccia incredibilmente
deboli, sospirando poche parole.
“Ciao,
mamma.”
Molly
rimase pietrificata sul posto; quell’abbraccio le aveva tolto tutta la forza.
Tonks le arrivò alle spalle, reggendosi il ventre gonfio con una mano
protettrice.
“Lo
so, Molly… ma vedrai che tornerà…”
“Tu
vai dai tuoi genitori, Ninfadora” singhiozzò Molly con un tono più deciso “La
voglio vedere con i miei occhi… la voglio proteggere con le mie mani… andrò
anch’io, Ninfadora.”
*
“Coraggio,
ragazzo, mi serve il tuo aiuto per parlare con quell’uomo.”
“Capitano
Moody, ma è sicuro?”
“Ron,
non devi diffidare delle tue capacità.”
“Io
non diffido, Hermione, però…”
Un
solido banco di nebbia costrinse Ron ad interrompersi. Riemerse dalla nuvola
grigia sterzando appena con la scopa.
“Volevo
solo dire che forse sei più adatta tu in questo genere di cose.”
“Non
sono d’accordo, Ron” ribatté Hermione “Devi solo fare da intermediario tra il
capitano Moody e questo soldato del Ministero… solo un po’ di oratoria, niente
di più.”
“Appunto”
confermò Ron “Questo genere di cose persuasive si addicono più a te, Hermione…
Ehi, capitano Moody? Ma è proprio indispensabile?”
“Certo,
giovane Weasley!” strepitò Malocchio col suo ferro tono imperioso “Come ho
detto prima io quell’uomo non lo reggo; mi potrebbero scappare delle parole non
troppo gentili e a quel punto i nostri rapporti pacifici col Ministero
salterebbero… beh, in effetti sono già saltati da un pezzo, ma non è il caso di
aggravare la situazione con la mia poca professionalità. E poi un vero soldato
non retrocede nei momenti di bisogno.”
Ron
sbuffò col preciso scopo di avvertire Moody della sua ostilità. “Se devo
proprio… spero solo che sia un uomo non troppo odioso.”
“Su
questo non ci giurerei” borbottò Moody “Ma tu seguimi. Siamo quasi arrivati al
Ministero.”
Hermione
li attese fuori con la bacchetta levata, lanciando un’ultima occhiata di
avvertimento a Ron. “Mantieni il sangue freddo.”
Ron
seguì Moody lungo il passaggio segreto che conduceva all’ufficio del colonnello
Eclitto e non poté fare a meno di notare quanto ciò che lo circondava fosse
solo lo spettro semi distrutto di quello che un tempo era l’orgoglioso e fiero
Ministero della Magia.
“Dobbiamo
tentare di riunire il Bene: Ordine della Fenice e dipendenti del Ministero
devono combattere uniti. Ricordati, Weasley, sii professionale, impassibile a
qualsiasi cosa lui dica, a qualsiasi cosa gli esca dalla bocca… ti avverto, non
è facile tollerare quell’uomo, ma sono certo che tu resisterai…Ricordati,
Weasley: un caposaldo di freddezza!”
Ron
assentì, vagamente curioso di conoscere quest’uomo famigerato per la sua
insopportabilità. In effetti avrebbe dovuto intuirlo dal dipinto che ne aveva
fatto Moody: dipendente di alto grado del Ministero, con saldi contatti nelle
alte sfere, strafottente, insopportabile…
Ma
Ron preferì sperare per un breve momento o comunque non attirarsi addosso il
malaugurio pensando proprio a quella particolare persona…
Moody
giunse al terzo piano, padiglione provvisorio del nuovo esercito insediato.
Anche lì tutto era crepato e rovinato; persino la porta che Moody si apprestava
ad aprire, sede ufficiale dell’illustre colonnello insopportabile, era
danneggiato in vari punti.
Moody
poggiò la mano sulla maniglia con infinita lentezza; Ron, al suo fianco, fece
scorrere gli occhi sul legno solcato da lunghi graffi fino alla targhetta… Poi
levò immediatamente lo sguardo.
Preferisco la sorpresa.
Gli
era sembrato di cogliere di sfuggita una J puntata e una M che la seguiva.
Un caposaldo di
freddezza… un pilastro di impassibilità… oh Merlino, fa che non sia proprio
lui!
Ron
seguì Moody nell’ufficio del misterioso colonnello Eclitto e non poté evitare
un sobbalzo, riconosciuta la voce di leggera flemma francese della cugina di
Fleur, Julie.
“Oh,
John, le mani lì… no!”
Malocchio
Moody di ispirazione sessuale ascetica grugnì con ostilità all’indirizzo di
Marshall e di quell’altra donna bionda praticamente stesa sulla scrivania con
il colonnello che tentava di intrufolarle una mano sotto la gonna decisamente
corta. Distolse lo sguardo con un altro ringhio spazientito, ma il suo occhio
magico ruotò verso la scollatura di Julie.
“Giovane
Weasley, forse avremmo fatto meglio a bussare.”
Ron
non poteva essere più d’accordo col suo comandante impalato lì come un assurdo
pilastro di indifferenza, mentre tentava di mettere in ordine i pensieri…
D’accordo… se la cugina
di Fleur è solo la… puttana di Marshall allora le cose potrebbero anche
restarmi indifferenti… certo, comandante Moody: un pilastro di freddezza!... Ma
se per caso Marshall ha delle intenzioni serie? E se per caso quella rimane
incinta e Marshall è costretto a sposarla e lei tiene i contatti con Fleur, che
è la moglie di Bill, che è mio fratello, che viene regolarmente a trovare i
miei genitori, che verrà a trovare anche me? Esiste la remota possibilità che
io e Marshall diventeremo parenti?... Certo, comandante Moody: un pilastro di
freddezza!...
Marshall
riemerse dalla scollatura di Julie come se nulla fosse, ma le sue mani
restarono ancora saldamente insinuate sotto la sua gonna. “Oh… il pazzo Moody…
e anche il rosso Weasley!”
Ron
colse il sogghigno nella voce del colonnello e fremette.
Un pilastro di
freddezza…
“Siamo
venuti qui a chiederle un favore, colonnello Marshall.”
Sono stato proprio io a
parlare con quella voce fredda e calcolatrice? Aveva ragione Hermione! Ho un
perfetto controllo sulle mie emozioni… quando voglio…
Moody
osservò il ragazzo con aria compiaciuta e anche una sorta di ammirazione.
Ron
si morse il labbro inferiore mentre vedeva il sogghigno di Marshall che si
ampliava.
Ok, fino ad adesso sono
stato proprio bravo… ma lui non mi ha ancora risposto. Merlino! Fa che risponda
in un modo umano o mi verrà la tentazione di strozzarlo a mani nude!
La
risata sordida di Marshall gli arrivò alle orecchie come lo stridio screziato
di qualcosa di insopportabile. “Piccoli mocciosi crescono! Che orgoglio! E
pensare che un tempo eri il più rammollito dei miei studenti…”
Non
lasciò a Ron nemmeno il tempo di riprendersi dall’insulto ed abbandonare la
posizione di pilastro di freddezza perché si chinò subito su Julie attaccandole
il collo con morsi leggeri e occasionali leccate.
“Sai
bella, un tempo questo moccioso rosso è stato mio allievo, e ora si atteggia a
uomo; non è proprio il massimo, ma comunque ci si avvicina… Indovina di chi è
il merito? Dovrebbe proprio ringraziarmi… del resto è un dovere dei grandi
uomini tentare almeno di raddrizzare i piccoli mocciosi…”
“Oh
sì… ho visto quanto sei grande come uomo” sospirò Julie sotto di lui,
completamente a suo agio.
Ron
si rese conto di tremare di rabbia e collera.
Calmati! Ricordati di
Moody: pilastro di freddezza… Merlino! Lo odio. Quanto vorrei sputargli in
faccia, buttarlo giù dalla finestra, schiacciarlo con l’ultimo modello di gip
incantata, prenderlo a botte, a mani nude, con una mazza di ferro arrugginito…
e poi ci starebbe bene anche un Cruciatus!
Ron
tossicchiò appena. “Vorremmo far sgomberare Londra. Stiamo per andare in
guerra.”
Il
capo di Marshall restò chino sul collo di Julie. “Che paroloni in bocca ad un
moccioso: guerra! Sai che cos’è la guerra? Io credo di no… ma pazienza… Carina
l’idea di evacuare Londra: una fantasia che solo uno stupido marmocchio poteva
proporre.”
Ron
si conficcò le unghie nel palmo della mano serrata a pugno. “Dobbiamo sforzarci
o finiremo per fare una vera strage durante la battaglia.”
“Battaglia?”
ghignò Marshall contro il petto di Julie.
Gli
occhi di Ron divennero quasi neri dal rancore. “Contro i Mangiamorte.”
Questa
volta la bocca di Marshall si staccò dal collo di Julie. “Contro i
Mangiamorte?”
“Sì”
confermò Ron “L’Ordine della Fenice vuole battersi contro i Mangiamorte.”
“Non
vedevo l’ora” sibilò Marshall levandosi bruscamente da sopra Julie, che
sussultò per l’improvviso movimento “Non credevo che sarebbe stato l’Ordine
della Fenice a proporre un’azione simile… già, però si può fare… anzi, si deve
fare! Mi sono proprio rotto di tutta questi attacchi e di quei molluschi
spauriti che incolpano il Ministero di tutto lo schifo che succede in questo
paese.”
Marshall
sogghignò ancora, ora vagamente lascivo. “Faremo evacuare Londra. E’ una
promessa.”
Ron
e Malocchio uscirono senza scambiarsi né saluti né inutili ed ipocriti auguri
di salvezza.
Moody
fece roteare l’occhio verso Ron con un mugugno scettico. “Ottimo lavoro,
giovane Weasley, ma forse è il caso di fare un salto al San Mugno prima di gettarci
in battaglia. Hai tutta l’aria di essere sull’orlo di una crisi di nervi.”
In
effetti la testa di Ron non aveva smesso un secondo di pulsare.
Non ho mai augurato la
morte a nessuno, ma, Marshall, che un Mangiamorte in gamba ti trovi!
*^*^*^*^*
Nella Tana del Nemico
[Challenge]
Donovan
aveva due atteggiamenti diversi. In battaglia era freddo come il ghiaccio,
calcolatore, crudele – normalmente, come Mangiamorte, era sì crudele, ma più
mellifluo, sogghignante e sadico. Per questo amava il compito di torturatore,
ed era piuttosto bravo, nel campo.
Conosceva
diverse Maledizioni e incantesimi oscuri con cui si divertiva a seviziare i
prigionieri, talvolta i suoi stessi subordinati quando compivano una
sciocchezza.
Su
questo fattore, era molto vicino a Lord Voldemort.
Quel
pomeriggio, Donovan era di buon umore. E perfino un misero, stupido nano
avrebbe perfettamente capito perché.
“Buongiorno
signor Potter.” Il tono di Darcy non nascondeva il divertimento.
Harry
Potter. Che squisita conquista, che squisita occasione. Il Prescelto in una
cella, sotto controllo, il suo
controllo. Uh, decisamente soddisfacente.
Il
ragazzo aveva la schiena appoggiata alla parete, i polsi incatenati insieme da
manette, al collo e ai piedi due pesanti catene.
Alzò
appena gli occhi, incrociando brevemente il suo sguardo, tornando poi a fissare
la parete umida della cella, impassibile.
“Allora,
come si trova da noi? La stanza è di suo gradimento?” incalzò perfido Donovan,
facendo cenno al Mangiamorte di guardia di andarsene.
Harry
strinse appena le labbra. “E’ l’unico posto in cui vorrei essere in questo
momento.”
“Uh,
sembra che qualcuno sia diventato impertinente, vero?” rise il Mangiamorte,
avvicinandosi al Prescelto, la bacchetta in mano puntata su di lui.
Harry
preferì il silenzio, piuttosto che rispondere alla sua provocazione. Purtroppo.
Donovan
sospirò teatralmente, appoggiandosi una mano sulla fronte, con espressione
addolorata.
“Signor
Potter, questa sua misera condizione mi intristisce.”
Si
chinò sul suo prigioniero, esaminandone il viso. Un filo di barba cominciava a
scurirgli le guance, gli occhi verdi erano scuri, cupi, persino tetri e la
mascella serrata dava al giovane Potter un aspetto più maturo della sua
effettiva età, per di più sottolineato dal pallido colorito della pelle.
“Ascoltami,
Potter, non ho voglia di torturarti… lanciarti un Cruciatus sarebbe troppo
semplice.”
“C’è
bisogno di torturarmi? Voldemort non viene a combattermi?” replicò con stizza
Harry, lanciando a Donovan uno sguardo astioso.
Il
Mangiamorte sorrise mellifluamente. “Ah, persino più astuto sei diventato,
oltre che più serio in viso.” Diede vita ai suoi pensieri Donovan, divertito.
“Questo sarebbe stato l’espediente perfetto per farmi parlare del Signore
Oscuro, non è vero?” Ridacchiò, rialzandosi in piedi. Harry seguì i suoi
movimenti, vigile.
“Ma
sai che ti dico? Ti dirò quel che vuoi, Potter. In questo momento Lord
Voldemort non si trova nel suo Covo, temo dovrai aspettare prima di compiere la
tua eroica impresa.”
Harry
non batté ciglio, limitandosi ad un viso senza emozioni.
Cosa
era successo ad Harry Potter? Il ragazzo lo stava seriamente divertendo. Chissà
come si era allenato per prepararsi alla sfida con il Signore Oscuro. Era un
peccato che solo lui potesse sfiorarlo. Insomma, sì, Donovan avrebbe potuto
lanciargli qualche Cruciatus… ma sarebbe stato banale, scontato. Uno spreco.
“Potter
ti sfido.” Proclamò trionfante infine, slacciandosi il mantello e facendolo
cadere in un angolo della cella.
Il
ragazzo aggrottò le sopracciglia, interdetto dall’uomo che si trovava di
fronte. Che diavolo di Mangiamorte gli avevano appioppato per tenerlo d’occhio?
Un sadico, sleale componente della parte di Lord Voldemort?
Non
che gli interessasse molto saperlo. L’importante era una sola cosa: essere
riuscito ad arrivare nel Covo del nemico, con anche la fortuna di avere un po’
di tempo per liberarsi da quella cella e prepararsi alla sfida a cui era stato
predisposto da quando era entrato ad Hogwarts: lui e Voldemort.
Da
soli.
Con
due bacchette la cui anima era la stessa, ma i cui destini erano differenti.
Serpeverde
contro Grifodoro.
Signore
Oscuro contro Prescelto.
Orfano
per scelta della madre contro orfano per colpa di un altro orfano.
[Fino a che ne
rimarrà uno soltanto.]
“A
cosa vorresti giocare?” soffiò incolore Harry, muovendo appena i polsi e
provocando il tintinnio meccanico delle catene.
Doppio
Dolore mosse la bacchetta. In un attimo, Harry fu senza catene, rinchiuso in
una cella ora cementata. Il ragazzo era convinto che quello fosse un
incantesimo temporaneo, di poca durata. Troppe energie per tenerlo a lungo.
Darcy
inarcò un sopracciglio, contrariato. “Allora, giovanotto? Ti dai una mossa?
Carica un pugno!”
Harry
rimase un po’ spiazzato. “Eh?” gorgogliò pateticamente, provocando uno
sbadiglio contrariato da parte del suo carceriere.
“E’
una sfida, Potter. Tu contro di me, tu senza magia, io con la mia bacchetta e
la mia forza. Vediamo se sarai un degno avversario per il Signore Oscuro.”
Harry
strinse i pugni e si mise in posizione di attacco. Aveva ancora le braccia e le
gambe indolenzite dalla posizione scomoda in cui si era coricato nella cella e
i polsi arrossati, ma non aveva altra scelta che combattere.
Naturalmente,
la maggior parte dell’energia voleva utilizzarla per Voldemort: avrebbe dovuto
andarci cauto con questo suo subordinato. Sulle sue spalle, pesava un’intera
guerra.
[Il gigante
Atlante che tiene il peso del Mondo.]
“Non
attacchi?” Domandò candidamente Donovan. “Allora vengo io, se non ti spiace…”
Il
pugno colpì Harry senza preavviso. Il ragazzo lo aveva schivato appena, le
nocche bianche di Doppio Dolore lo avevano centrato sul fianco destro. Harry
approfittò della posizione ottimale per alzare le ginocchia e tentare di
colpire il suo avversario che si scansò con grazia, scivolando sulla parete
della cella.
“Uh,uh,
bravo, bravo.”
Harry
tornò vigile, i muscoli tesi e il dolore ad una costola – probabilmente un
livido – che pulsava ancora fresca.
Donovan
percorreva con passo felpato il perimetro della prigione, osservando con i suoi
magnetici occhi viola, intensi e assassini. Un predatore, nelle movenze, nei
gesti.
Ma
Harry non aveva la ben che minima voglia di essere mangiato.
[La preda
diventa il predatore.]
Potter
scattò in avanti, e si portò alla destra di Donovan, il gomito rialzato e
parato dal braccio destro dell’uomo. Ma anche il calcio di Donovan fu parato, e
questi si trovò in un angolo, dove non poté evitare il pugno di Harry che lo
colpì al viso, spaccandogli un labbro.
Harry
si allontanò appena, con un poco di fiatone, osservando l’avversario pulirsi il
sangue con il candido fazzoletto tirato fuori da una tasca.
“Sei
bravo.” Gli concesse l’uomo, gli occhi ametista nuovamente su di lui,
brillanti.
“Ma
non hai considerato che io ho la bacchetta. Crucio!”
Il
raggio rosso colpì Harry in pieno, e il ragazzo riprovò il vomitevole dolore
della Maledizione. Tenendosi stretta la cicatrice, Harry digrignò i denti,
combattendo contro la voglia di urlare, scalciare, rotolarsi a terra.
Rosso. Rosso.
Rosso.
Ginny. Ginny. Ginny.
Ron. Ron. Ron.
Hermione. Hermione.
Hermione.
Mantra
che aveva imparato a bisbigliare per distrarsi dal dolore, per ricordare il
perché combatteva. E ripeteva in sequenza i nomi di chi amava, dopo il colore
rosso dell’Incantesimo, il primo pensiero corrente che riusciva a formulare
all’inizio della maledizione.
Mamma. Mamma.
Mamma.
Papa. Papà. Papà.
Sirius. Sirius. Sirius.
Remus. Remus. Remus.
Silente. Silente.
Silente.
D’un
tratto l’Incantesimo si spezzò, ma Donovan approfittò subito della sua
debolezza: l’aveva colpito allo stomaco, forte, preciso, piegandolo in due
laddove il Cruciatus non era riuscito.
“Figlio
di puttana.” Aveva sussurrato con disprezzo nel suo orecchio. “Resistere. Al. Mio. Cruciatus.” Una ginocchiata
costrinse Harry a sdraiarsi per terra, stringendosi l’addome.
Gli
occhi ametista erano superbi, mentre lo guardavano dall’alto al basso, freddi.
Il ghigno era sparito dal volto di Donovan, sostituito da un’espressione
incolore.
“Tu
saresti il Prescelto? Lasciatelo dire: i buoni non capiscono niente.”
Sputò
accanto ad Harry, schifato.
“Guardati.
Sei già a terra e non ho nemmeno cominciato. Cosa faresti se ti rompessi due
costole, eh Potter? Cosa faresti se ti rompessi una gamba? Quante possibilità
avresti contro il Signore Oscuro?”
Harry
deglutì a fatica.
Lo
sguardo di Donovan rimase di pietra. “Patetico.”
La
bacchetta si mosse e Harry si ritrovò contro il muro, braccia e piedi legati,
sottoposto al giudizio di Darcy Donovan, alias Doppio Dolore.
Era
come trovarsi in una cella di follia, il volto freddo del torturatore che ti
analizza, ti fa a pezzettini, prima fisicamente e poi psicologicamente.
Ma
Harry doveva resistere. Combattere. Vincere.
Per
questo non [poteva] assolutamente [perdere] anche se era [ma non doveva] essere impaurito.
“Il
Signore Oscuro ti vuole intero. Che peccato.” Il tono di Darcy era nuovamente
sarcastico, ma più tagliente. “Avrei voluto farti vedere cosa so fare, con
frusta e tenaglie. E credimi, non sono giochi a sfondo erotico.”
A
questa, Harry non poté che inorridire. Donovan se ne accorse, e ne rise,
raccattando il mantello nero provvisto di cappuccio.
“Arrivederci,
è stato divertente Potter. Ma la prossima volta, stringi di più quelle mani.
Sei debole.”
Donovan
fece così la sua uscita plateale, lasciando finalmente Harry solo, la cui mente
vorticava non sulla sconfitta subita, ma verso prossima sfida che l’avrebbe
visto sul filo della morte.
[Atlante si stava per ribellare a Zeus. Nell’Olimpo,
il dio aveva vinto.
Adesso, Harry avrebbe trionfato su quello che tutti
credevano una divinità.
Ne aveva la certezza. Perché doveva crederci.]
Anche se…
[Il Destino:
una sicura vittoria oscura!]
*^*^*^*^*
Visitatore
[Il
Destino Oscuro]
Harry aveva rinunciato già da molto tempo al sonno tormentato dalle catene troppo strette che gli laceravano i polsi e dal riscoperto dolore alla cicatrice. L’unica cosa che poteva fare era riflettere e non arrendersi, sperare di avere abbastanza forze da resistere ai Mangiamorte prima dell’arrivo dell’Oscuro Signore.
Doveva (l’unico verbo che si addiceva al Prescelto) affrontare Lord Voldemort e sconfiggerlo, anche se avrebbe dovuto farlo ridotto in fin di vita, tremante dalla paura del futuro…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Devo distrarmi dal
dolore se non voglio che mi consumi la concentrazione.
Inghiottendo
a forza le lancinanti fitte postume del Cruciatus, passò interminabili attimi a
rimuginare su piani di vittoria che sembrava quasi irraggiungibile, anzi, era
irraggiungibile…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
La
porta del sotterraneo si aprì cigolando e nella scarna cella di pietra eruppe
la voce canzonante di Draco Malfoy:
“Guarda
un po’: Potter!”
“Malfoy”
mugugnò Harry, sorprendendosi molto della spossatezza della sua voce.
Nel
buio, Harry non riuscì a scorgere Malfoy, mimetizzato perfettamente con la
tunica nera da Mangiamorte. Al tenue bagliore delle lanterne il Marchio Nero
era visibile sul suo braccio sinistro, scuro e minaccioso come il Padrone.
Harry
strinse gli occhi, ingoiando un’altra fitta di dolore: quello che aveva davanti
non era lo studentello arrogante e viziato che amava tanto spadroneggiare e
dargli fastidio, ora era un servo del Signore Oscuro e come tale non più un
semplice acerrimo nemico di scuola ma parte della sua nemesi.
“Come
ci si sente ad essere il Prescelto? Allora? Voglio sentire, Potter” sogghignò Draco.
Harry
riconobbe a stento la voce strascicata di Malfoy: ora si era fatta più grave,
se possibile aveva perso molto della sua naturale sfacciataggine; sembrava
molto stanco a vedersi.
“Niente
di speciale, Malfoy, come tutti i giorni della mia vita.”
Draco
smise improvvisamente di sogghignare: “Tu morirai, Potter, lo sai?”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
“Sì.”
Malfoy
parve sbigottito, colto alla sprovvista dalla fredda e schietta consapevolezza
di Harry.“Bene, ero venuto solo per dirtelo.”
“Te
l’ha ordinato Voldemort?”
Gli
occhi grigi di Draco tremarono come le lingue di fiamma delle lanterne.
“Hai
ancora paura di lui, Malfoy?”
Draco
lo fulminò con lo sguardo. “Come si fa a smettere di avere paura di lui? Oh, ma
certo: tu sei il Prescelto! E allora, Potter,
goditi il tuo bel destino di Prescelto!”
“E
tu goditi il tuo bel destino da Mangiamorte.”
Draco
si bloccò di colpo, fermato da una spiacevole consapevolezza. “Avresti dovuto
darmi retta, Potter” borbottò tra l’infuriato e il risentito “Avresti dovuto
stringermi la mano sull’Espresso di Hogwarts… e magari tutta questa… guerra non sarebbe mai scoppiata!”
Harry
socchiuse gli occhi con uno sbuffo che aveva del divertito. “Quindi è tutta
colpa mia, Malfoy?... La distruzione di Hogwarts, è anche quella colpa mia?”
Draco
strabuzzò gli occhi colmi di un’ombra oscura e fastidiosa: colpa. “Ho finito.
Non ho più niente da dirti, Potter. Tra un paio d’ore sarai morto.”
Harry
osservò Draco richiudersi alle spalle l’enorme portone con uno stridente
cigolio.
“A
differenza di te, Malfoy, io preferirei morire piuttosto che sottomettermi a un
essere come Voldemort… sarebbe andata a finire così in ogni caso…”
L’ultimo
sospiro di Harry si perse nel vuoto della cella, accompagnato solo da un
ricordo.
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
“… Era destino.”
*^*^*^*^*
Schizzi
dell’Ultima Battaglia
[In front of our
deepest fears and our best hopes]
Cosa
passa per la mente di un combattente, prima della battaglia?
I
propri sogni, ideali, paure… forse semplicemente, tutti pensano alla propria
vita, quella che si mette in gioco, che si rischia sul campo.
Si
ripensa a quella perché – in fondo – il nostro viaggio, benché effimero – è la
cosa più preziosa che abbiamo e quella per cui combattiamo.
Si
tratta di questo, no? Di vivere.
E
non bisogna guardare solo alle delusioni e hai fallimenti. Agli errori e ai
rimorsi. Alle prepotenze, le ingiustizie e il dolore. Ma anche ad una sola cosa che per un solo attimo ci ha fatto sentire un po’
meno soli, un po’ più realizzati, un po’ più
vivi.
Quando
si è davanti alla morte, si rimembra la vita perché, infondo, non siamo altro
che anime i cui ricordi permettono di vivere.
*
Albert
Gray era chino a terra. I polpastrelli della sulla mano tastarono l’asfalto
duro e sporco delle strade di Londra, mentre lo sguardo tracciava la mappa già
tatuata nella sua mente del Parlamento inglese babbano.
Infidi bastardi,
pensò astioso, in attesa che i suoi uomini gli dicessero di aver evacuato i
parlamentari. Non c’era stato nemmeno bisogno di inscenare la frenetica vita
nel centro di Londra, ormai svuotato da mesi.
Mesi,
mesi, mesi con quella terribile nebbia Succhia-Felicità e suo figlio non aveva
potuto sposarsi. Questo gli faceva uscire il fumo dalle orecchie.
Ma
ora… ora aveva la possibilità di cambiare le cose.
Albert
aveva sempre, sempre creduto nel suo
lavoro. Aveva combattuto nella Prima Guerra Magica come volontario, aveva fatto
l’Auror di turno, arresti, scortato persone, testimoniato contro delinquenti.
Aveva anche ucciso, sì, aveva le mani sporche e magari qualche Mangiamorte le
aveva più pulite delle sue. Ma Albert aveva superato il trauma anni prima, al
suo primo omicidio – Merlino, lo ricordava come allora. La sensazione del
sangue, viscido, tra le unghie e gli occhi sbarrati del Mangiamorte la cui
maschera era scivolata a terra con un tonfo. Nella sua mente, quell’immagine di
una manciata di secondi sembrava eterna, rivissuta al rallentatore. Il tonfo
della maschera. Il sangue tra le unghie. Gli occhi sbarrati. I muscoli del viso
tesi nel dolore. Il coltello affondato nel petto. Il suo cuore che batteva
impazzito contro il petto, scandendo un ritmo tutto suo. E poi era tornata la
confusione della battaglia intorno a lui, aveva estratto in un colpo il
coltello e raccolto da terra la bacchetta.
Uccidi per non essere
ucciso. Logica barbarica, ma che aveva provato sulla sua
pelle.
Aveva
visto parecchi colleghi non riprendersi da tutto questo. C’era chi era
diventato sordo in battaglia, chi aveva perso le gambe, le braccia, le
famiglie, e che dichiarava quanto fossero stati fortunati quelli che erano
morti prima di vedere i cadaveri dei figli e delle mogli.
Albert
aveva due cicatrici che gli rammentavano della sua prima guerra. E aveva la sua
dolcissima moglie, che gliele curava a letto, accarezzandole piano con i
polpastrelli. Per questo l’amava, perché era riuscita a farlo sopravvivere, su
quella barella, solo con il suo sorriso. A quel tempo non erano sposati e lei
era solo una semplice infermiera, e lui un volontario ferito. Gli aveva curato
i tagli e colmato il vuoto. Fu lei a ricordargli il perché valesse la pena di vivere. Fu lei a ricordargli che per
vivere c’era bisogno della pace, perché amarsi in un contesto del genere era
troppo rischioso. Harry Potter uccise Lord Voldemort, e finalmente Albert la
sposò ed ebbe un figlio. E fu felice.
Ma
la nuova Guerra minacciava di minare questa sua felicità. Questa era la
battaglia finale – sentiva distintamente la tensione nell’aria, la paura, il
nervosismo.
Albert
non aveva paura della morte, temeva di più un mondo ristretto, chiuso,
sottomesso alla politica dell’uno e non dei tanti. Questo era il motivo per cui
combatteva, rischiando la vita. Non aveva intenzione di morire tanto
facilmente, ma aveva la convinzione di poter dare la stessa felicità che gli
era stata concessa a suo figlio e alla sua sposa, in un tempo di pace.
Non
aveva fatto nessun discorso ai suoi uomini, si era limitato a spiegare
l’assetto iniziale della battaglia. Erano cento Auror all’incirca e Albert
sapeva che erano tutti ugualmente motivati, per essere in quel momento nascosti
dietro le mura di Londra, ascoltando il Tamigi scorrere placidamente, sporco
soltanto di terra e rifiuti. Come anche quelle strade asfaltate, non ancora
ricoperte di sangue.
La
ricetrasmittente gracchiò al suo fianco. “Siamo pronti.” Uscì una voce
meccanica.
Albert
chiuse gli occhi, impugnò salda la bacchetta, controllò la divisa munita di
armi babbane e un paio di Pozioni in piccole ampollette e si alzò dal dura
strada asfaltata.
Afferrò
la ricetrasmittente e la portò la moneta stregata alle labbra strette. “Signori
e signore, è un onore combattere con qualcuno che ha le palle per credere in
qualcosa. Si comincia.”
Con
un cenno di mano, cominciò a portare il suo plotone più vicino alla struttura,
strisciando a terra, mimetizzandosi con l’ambiente.
“Squadra
Volante. Ora potete buttare sul Parlamento gli esplosivi.” Ordinò alla moneta.
Nel
cielo nuvoloso di Londra, apparvero una cinquantina di maghi su scope volanti
che lasciarono andare pacchi che, quando toccarono l’edificio neo-gotico,
esplosero.
In
pochi minuti, un’onda enorme di uomini incappucciati si riempì il perimetro del
Parlamento, bacchette alzate. Erano solo le prime avanguardie – Albert lo
sapeva – e già così eguagliavano il loro numero.
“ANDIAMO!”
urlò, buttandosi in avanti e cominciando a lanciare qualche Schiantesimo ai
Mangiamorte più vicini. Dietro di lui, il Tamigi. Ai perimetri i suoi uomini,
l’Ordine della Fenice e nessun altro.
Eroi sono quelli che
rimangono alla fine, diceva sempre Ed con un sorriso.
Accanto
a lui, il rumore della battaglia, urla, scalpitio di stivali, gomiti che si
incrociavano, bacchette che saltavano.
Il
caos, puro e semplice. Ma un caos a cui era abituato. Che gli era famigliare.
In cui avrebbe aggiunto il proprio grido, i propri passi, il proprio ardore.
Lui
era un combattente. Lui era un credente. Lui era colui che aspirava al silenzio
dopo questo maledettissimo e odioso cozzare di corpi.
*
Meanwhile…
[Midnight Whispers]
“Stai comodo?”
Silenzio.
“Tanto
è inutile fare il taciturno. So che sei sveglio, il tuo respiro è irregolare,
in più stai tremando: hai paura?”
Ancora
silenzio.
“Beh,
è normale. Nemmeno io l’avevo mai fatto prima d’ora. Le cose nuove spaventano
sempre.”
Un
lieve bisbiglio.
“Non
è per quello.”
“Oh,
finalmente hai parlato: è il tuo ego maschile che si è risvegliato?”
“E’
il Marchio Nero che mi ha svegliato; mi sta bruciando la pelle.”
“Mh,
anche il mio tatuaggio è infiammato; non me n’ero accorta.”
“Come
fai a non accorgerti di un dolore simile?”
“Beh,
tu sei una bella distrazione.”
Ancora
silenzio, questa volta più imbarazzato; poi un lieve strascicare di seta e
lenzuola.
“Potresti
spostarti un po’, Draco. Anche se sei magro avere tutto il tuo corpo spianato
addosso non è molto piacevole.”
“Non
lo è?”
“D’accordo,
lo è.”
“Come
fai a fare così? Non sei neanche un po’ preoccupata?”
“Di
cosa?”
“Ma
come di cosa? Della punizione. Il Signore Oscuro ci sta chiamando e noi
restiamo qui: questo è tradimento.”
“Adesso
stai tremando di brutto. Fammi controllare una cosa…”
Un
delicato bacio sulla fronte.
“Sembrerebbe
un inizio di influenza… ma non è grave.”
“Tutto
è grave. Finiremo uccisi.”
“Perché
dici così?”
Strascicare
di lenzuola più veloce e frenetico.
“Perché?
Ma come perché? Invece di combattere la battaglia più cruciale di questa guerra
siamo stati qui a fare…”
Nuovamente
silenzio imbarazzato.
“Quanto
sei dolce, Draco.”
Un
sorriso lievemente ironico da parte di lei.
Uno
sbuffo scocciato da parte di lui.
“Sei
pentito, Draco?”
“Non
lo so. Ora come ora non andrei mai a combattere quella dannata battaglia… ma il
Marchio… e i miei genitori… forse sono morti e io sono qui a… spassarmela.”
“Allora
ti è piaciuto?”
Un
mugugno indignato da parte di lui.
“A
me sì, Draco. Che mi dici di te; ti è piaciuto? Ti piaccio io?”
“Stai
confondendo le cose.”
“Rispondi
alle domande.”
“Sì.”
“A
quale delle due?”
“Non
lo so.”
“Quanto
sei enigmatico…”
Ancora
silenzio, più riflessivo.
“Rispondi
alla seconda domanda, Draco.”
“Smettila.
Ho per la testa altre cose adesso.”
“La
tua sopravvivenza? L’incolumità tua e dei tuoi genitori?”
“Esatto.”
“Allora
rispondi alla domanda.”
“Perché?”
“Perché
devo sapere se sei degno.”
“Degno
di cosa?”
“Di
sopravvivere a questa guerra.”
Nuovamente
silenzio. Un sogghigno ombroso da parte di lui.
“Tu
non puoi fare la differenza tra vita e morte per me, Samantha.”
“Chi
te lo assicura? Hai intuito qualcosa di me, dell’organizzazione che ho alle
spalle?”
“Non
credo che nessuno possa competere con l’Oscuro Signore, quindi questa
conversazione è inutile.”
“D’accordo.
Sei tu che hai deciso.”
Silenzio
da parte di lui. Lei copre entrambi con un lenzuolo.
“Rimettiamoci
a dormire, Draco. Puoi restare sopra di me se ti senti comodo.”
“Magari
ci resto. Per ora è il posto più sicuro che ho.”
*
Più
in là dalla sua postazione la battaglia era cominciata.
E
un ululato lo avvertì che adesso la battaglia cominciava anche per lui.
Remus
Lupin era coperto di peli, aveva la mascella più forte e il volto allungato:
era nella sua forma lupesca, come dettato dalla luna che la sera prima dietro
le nubi aveva riso, la faccia piena.
Hermione
aveva incentivato l’Antidoto che gli permetteva di rimanere lucido durante le
notti di luna piena ed ora era lì, affiancato da Moody e dalla squadra che si
sarebbe preoccupata di un’importante compito: costituire l’offensiva contro il
branco di Lupi Mannari di Greyback.
Con
suo grande sollievo Ninfadora era nella loro casa fuori Londra, evacuata
insieme alla maggior parte della popolazione in compagnia di Ted e Andromeda
Tonks. I suoi suoceri.
Aveva
un bel suono, suocero, ma soprattutto lo aveva moglie. Papà.
(“Remus!” la risata di
Tonks gli solleticò l’orecchio, adagiato sulla sua pancia un poco gonfia. “È
ancora piccolo perché tu senta i suoi calci!”
“Ma quanto dovremo
aspettare?” si lamentò lui, accarezzandole l’addome. “Dai, piccino, fammi
sentire la forza della tua mamma…”
Tonks continuò a
ridacchiare, accarezzandogli i lunghi capelli castani.
“Sarai un ottimo padre,
Remus.” Lui si irrigidì. Ninfadora sbatté le palpebre, impensierita. “Remus…
cosa…?”
“Credo che non manchi
molto allo scontro finale, Dora.”
Lei spalancò gli occhi,
irrequieta e spaventata. “Harry… è tornato?”
“No,” la rassicurò
Remus, accarezzandole con dolcezza un braccio. “Ma Lord Voldemort si muove in
fretta e non so se l’Ordine lo aspetterà… e quando dovrò combattere, Ninfadora,
io lo farò.”
Tonks si morse le
labbra, reprimendo la voglia di piangere. “E io? Me ne dovrei star qui a far
niente?!” strillò isterica, obbligando Remus ad alzarsi a sedere.
“Ninfadora, ne abbiamo
già parlato. Sei incinta e non voglio –”
“Voglio combattere
anch’io, al tuo fianco!”
Remus scosse la testa,
e la sua grande mano coprì la guancia arrossata e leggermente umida di Ninfadora.
“Pensa al nostro bambino. Devi dargli la possibilità di nascere, Dora. Io vi
amo entrambi e non sopporterei di perdervi. Ho perso troppe, troppe persone a
me care… ti prego di rinunciare per una volta ad una battaglia.”
Per quanto odiasse che
lui la vedesse piangere, Tonks non riuscì a trattenere un singhiozzo.
“Stare senza di te sarà la battaglia più grande.”
Remus le sorrise con
tenerezza. “Ma è per questo che mi sono innamorato di te, di un’amazzone.”
Dalle labbra di Tonks
uscì qualcosa a metà tra un singhiozzo e una risatina. Remus l’abbracciò
stretta, lasciando che si calmasse, accarezzandole i capelli d’uno scialbo
grigio topo.
“Mi prometteresti una
cosa?” Lei annuì sulla sua spalla. “Non chiamare mio figlio con il mio nome. È
terribile.” Finalmente, le strappò una risata.)
Eccoli,
sulla scena, il branco di Greyback. Avanzavano, digrignando i denti e sbavando,
colpendo con le grandi zanne qualsiasi uomo capitasse loro per mano, impazziti
a causa della luna piena. E Greyback ululava alla luna, ridendo della ferocia
non umana dei suoi uomini.
L’istinto
omicida nel vedere il lupo che l’aveva reso un Licantropo si risvegliò e Remus
partì d’impulso verso il suo simile, un ringhio feroce tra i denti.
Greyback,
stupito, si ritrovò a terra, uno dei suoi uomini sul petto con le zanne che
affondavano nella sua carne.
“Che diamine stai facendo tu?!” gli urlò addosso, cercando di liberarsi e di
strapparsi dal petto le lunghe zanne gialle.
Gli
occhi ambrati di Remus divennero quasi rossi. “Ti uccido.” Gli ruggì contro, il massimo che poteva fare in qual
frangente, la pozione troppo debole per permettergli altro.
La
parte razionale stava cedendo al bisogno del sangue. Del sangue di un suo
compagno – perché da qualche parte, il Remus più vendicativo stava venendo
fuori.
Greyback
spalancò gli occhi. Era impossibile che qualcuno dei suoi possedesse in luna
piena la facoltà di grugnire qualcosa, e che attaccasse il suo branco… a meno
che… questi non ne facesse parte…
Fu
la volta di Greyback di digrignare le fauci.
“Traditore!”
ringhiò e lo morse al collo, costringendo Remus a guaire e allontanarsi
dall’avversario.
Greyback
gli fu addosso subito, artigliandolo al viso, ma Remus si scostò e rispose con
un morso che andò sfortunatamente a vuoto.
Entrambi
i Licantropi erano a quattro zampe, studiandosi silenziosamente in cerchio, la
bava alla bocca e la pulsante voglia di sangue nelle vene.
E la luna, rubiconda,
sorrideva dietro le nubi.
Luna rossa.
[…ed è solo l’inizio della fine…]
*
“Harry Potter è
prigioniero di Lord Voldemort.”
Questo,
le avevano detto, e Ginny – se non ci fosse stato anche Han – avrebbe risposto
secca a suo padre con un “Non è da sempre legato a lui?”. Ma in fondo, ora, non
importava più, no? Aveva Han.
Stranamente
quelle parole, invece, continuavano a martellarle in testa, persino mentre combatteva.
“Accio roccia!”
La
roccia colpì un nemico che cadde a terra svenuto. Ma Ginny non ebbe il tempo di
verificare le condizioni del Mangiamorte, imbottigliata da un poderoso
Schiantesimo da destra e da un terribile raggio verde alla sua sinistra.
Accucciandosi
a terra evitò entrambi gli incantesimi, che si scontrarono a mezz’aria,
provocando una terribile esplosione. I detriti volarono tutt’intorno, causando
qualche livido e taglio.
Non
aveva nemmeno il tempo di respirare; nel caos della battaglia vedeva davanti a
sé solo pericoli, raggi colorati, maschere d’argento e nero mischiati ai
mantelli verdi o blu degli Auror.
Le
sembrava di impazzire; le urla di battaglia, di dolore e la polvere che si
insinuava contro la pelle scoperta e si incrostava sui tagli superficiali che
aveva in volto, e quella frase che le martellava in testa. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è
prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort.
“Ginny!”
la voce di sua madre la riportò alla realtà – che aveva perso per qualche
istante – e con uno scatto diede una gomitata ad un Mangiamorte che le dava le
spalle, poi un calcio e uno Schiantesimo, facendosi così spazio per raggiungere
sua madre.
Molly
Weasley stava combattendo contro un omaccione grande e grosso, che la teneva
bloccata per i polsi con una mano e con l’altra le dava un pugno.
“MAMMA!”
urlò Ginny, disperata, cercando di liberarsi dai nemici che le sbarravano la
strada.
“MAMMA!”
Questa
volta Ginny non era stata l’unica voce a gridare.
Bill
Weasley si era scaraventato feroce contro il Mangiamorte, con un gancio destro
che aveva fatto perdere la presa su sua madre e aveva urlato “STUPEFACIUM!”
sullo stomaco dell’uomo, che aveva sputato sangue, la maschera ormai caduta, e
il viso smorto, svenuto.
“BILL!
GINNY! Oddio…” aveva mormorato incoerentemente Molly appena Ginny le era stata
abbastanza vicina da sentire.
“Mamma,
per favore, capisco che essere ancora così attraente dopo una certa età ti
abbia un po’ sbalordito, ma riprenditi!” rise Bill, con la parte del viso non
mutilata meno tesa.
“Tesoro,
per favore!” esclamò sua madre disgustata, facendo sì che Ginny sorridesse
appena, mentre l’aiutava ad alzarsi, lanciando incantesimi di qua e di là di tanto
in tanto, attenta a mirare solo gli avversari.
Bill
rise ancora atterrando un altro nemico.
“Arthur?
I gemelli?”
“Più
in là. Fred si è tagliato l’avambraccio, ma sono tutti in piedi.” La rassicurò
il secondogenito.
Ginny
avvertì la madre sospirare. “Bene. …Ginny, scostati!” la ragazza si piegò e
Molly fece scattare la bacchetta in avanti. “Flama!”
La
pelle del Mangiamorte prese a bruciare, facendolo gridare dal dolore.
Spalle
contro spalle, figlia e madre si rimisero nella mischia, guardandosi vicendevolmente
le spalle in un modo molto strategico. Appena una vedeva l’altra in pericolo
interveniva.
“Hai
visto che pugno tuo fratello, Ginny?” esclamò ad un certo punto orgogliosa
Molly e Ginny trattenne una risata, però c’era qualcosa d’isterico in quella
felicità.
“Sì,
mamma!” gridò di rimando, lanciando un ‘Expelliarmus’ contro un uomo
incappucciato. “Merito di Greyback, si pentirà dopo questo di aver sfregiato
mio fratello!” asserì convinta Ginny, scatenando nuova ilarità nervosa in sua
madre, che duellava con un Mangiamorte poco lontano.
Finalmente Ginny si è
ripresa! La mia bambina è tornata! Fiera e combattiva come una vera Weasley!
Stavano
sdrammatizzando; non si poteva fare altro. C’erano troppi Mangiamorte, non si vedeva altro. Molly venne inghiottita da
un’orda nera di combattenti e Ginny la persa di vista.
Alla
sua destra sentì una voce esasperata gridare: “ARRIVA LA SECONDA ONDATA DI
MANGIAMORTE!”
Ginny
rabbrividì, i nervi a fior di pelle e il cuore che pompava innaturalmente
adrenalina in tutto il corpo.
Ancora
nuovi nemici. Non ce l’avrebbero mai fatta, era una missione suicida!
E
Harry… Harry sarebbe rimasto da solo contro tutti… chissà se stava già
combattendo Voldemort… chissà se aveva pensato a lei…
D’un
tratto la terra tremò. Ginny si sforzò di rimanere in piedi, ma cadde alla
seconda scossa.
Ci mancava il
terremoto!
Stava
per imprecare ad alta voce, quando i palazzi vicino a lei vennero rasi al suolo
da un piede gigantesco e tutta la piazza cadde in ombra.
Gli
occhi di Ginny si allargarono sbalorditi e anche un po’ impauriti.
Un
gruppo di cinque o sei giganti fissavano la folla, e il polverone da poco
causato le solleticava le narici rendendole difficile respirare.
“BUONI
BUONI! GROP DIGLI DI UCCIDERE SOLO QUELLI IN NERO! NERO, GROP!”
La
voce di Hagrid la colmò di speranza, mentre vedeva la sua figura sulla spalla
del più piccolo dei giganti, che annuiva alle sue parole.
Ogni
genere di creature combatteva per e contro Lord Voldemort. Era una battaglia
alla pari; solo un’unica sfida poteva fare la differenza tra vittoria e
sconfitta.
*
Ron
e Hermione scivolavano agilmente tra la folla, Ron con la spada sul fianco,
muovendola con forza e decimando i nemici che stavano sul lato destro, mentre
Hermione gli faceva da scudo sul destro, bacchetta in mano e capelli ribelli
che danzavano sul suo volto nonostante l’elastico che doveva domarli.
“Ron”
gli urlò la ragazza, fissandolo con preoccupazione. “Ti fa male il braccio? Usa
la bacchetta, non dei sforzarti troppo o non reggerai all’attacco finale.”
Ron
estrasse la spada dal fianco di un nemico che si struggeva per il dolore e la
ripose nell’elsa dietro la schiena, annuendo, sudato e ansimante per il grande
sforzo compiuto.
Il
Mangiamorte cadde a terra con una mano macchiata del suo stesso sangue ed era
stato Ron a far sgorgare quel sangue.
Ce la devo fare… anche
se dovessi uccidere… devo proteggere le persone che amo… anche se il mio corpo
dovesse cedere.
“H-hai
ragione.” Il Weasley sussurrò debolmente uno Schiantesimo, mentre prendeva
fiato.
Hermione
lo fissò con ansia e irritazione. “Accidenti, Ron, sta un attimo fermo! Ci
penso io qui, tu riposa! Riposo,
comprendi?”
“Certo,”
rispose Ron seccato. “Lo dovrei fare in battaglia e farmi salvare dalla mia
ragazza!? Non ci penso affatto!”
Lo
Schiantesimo di Hermione gli passò sopra la testa e colpì un nemico in modo
piuttosto violento. A Ron vennero i capelli bianchi e per l’incantesimo e per
lo sguardo fatto di scintille di Hermione.
“Non
essere sessista, Ron. Altrimenti sarò costretta a regolare i conti!” sbraitò la
ragazza, facendo inciampare con un incantesimo un Mangiamorte che Ron gettò
duramente a terra.
“Agli
ordini!”
Ron
si lasciò sfuggire una risata, ma tremendamente isterica.
Siamo in mezzo ad una
battaglia… stiamo combattendo davvero!
Hermione
si gettò su un altro nemico e lo schiantò con abilità.
Merlino,
stava per morire e tutto ciò che riusciva a pensare era quanto gli piaceva
Hermione sporca e graffiata…
L’intero
campo di battaglia si riempì di un polverone terribile che lo fece tossire.
“Hermione,
ma cos’è questa polvere?!” urlò portandosi vicino a lei per non perderla di
vista nel caos.
Lei
scosse la testa, stupita. “Non ne ho idea! Viene dal lato Est! E quest’ombra…
oh Merlino!” prese a strillare, anche lei tremendamente euforica e isterica.
“Ron, Ron! Guarda! Quello è Grop, è Grop!”
Ron
seguì la direzione del dito che Hermione aveva puntato in cielo e, appena la
polvere si dissolse nella nebbia riuscì a scorgere il profilo del loro immenso
salvatore.
“Perfetto!
Hagrid che l’ha fatta!” urlò felice.
“DIETRO
DI TE!”
Ron
tentò di girarsi, ma sapeva che qualsiasi cosa avrebbe tentare di fare, sarebbe
stato troppo lento a parare il colpo. Il polso di Hermione fu più veloce e
riuscì a schiantare il Mangiamorte che aveva cercato di aggredire Ron.
Lui
le sorrise.
“Grazie.”
Anche lei sorrise.
Ma
d’un tratto l’atmosfera si gelò, e il sorriso morì dalla bocca di entrambi.
“Non
è possibile…” sussurrò Ron, voltando gli occhi al cielo.
La
nebbia si stava alzando sul campo di battaglia e le pozze di pioggia scrosciata
della notte prima si stavano ghiacciando.
Un
mare di esseri fluttuanti emerse dal cielo grigio: i Dissennatori avanzavano,
avvicinandosi in grande massa al campo di battaglia, richiamati dal potere
oscuro di Lord Voldemort.
Ron
prese Hermione per un braccio e l’abbracciò.
Con te… i miei momenti
più felici!
“Expecto
Patronus!”
La
sua marmotta zampettò goffamente verso il sempre più vicino squadrone di
Dissennatori, e insieme alla sua almeno una trentina di Patronus tra cui la
Lontra di Hermione.
Ma
non erano abbastanza! Pochi guardiani argentati, troppo pochi per contrastare
tutti quei Dissennatori…
Le
nere figure svolazzanti scesero in picchiata. Ron interruppe l’incantesimo e
trascinò via Hermione.
Così non ce la faremo
mai.
Ma
un boato e uno stridio gli giunsero alle spalle.
Ron
si voltò in tempo per vedere la bacchetta di Hermione alzata e un sorridente
Nick-Quasi-Senza-Testa che gli fluttuava accanto.
“Nick!
Che ci fai qui?” esclamò repentina Hermione.
Il
fantasma sorrise, arricciando i baffi evanescenti.
“Vado
a combattere anche io, signorina. Non potrò toccare coloro che vivono, questo è
vero” la voce di Nick era diventata più profonda e seria, mentre i suoi occhi
grigi si alzavano verso la massa di Dissennatori. “Ma c’è chi in questa guerra
è come un morto. Questi sono i Dissenatori, signorina Granger, e noi fantasmi
di Hogwarts siamo stati tutti d’accordo. Li combatteremo noi, signorina.” La
rassicurò, sorridendo e guardandoli con tenerezza.
Nick
rise ancora. “Bene, buona battaglia!” e volò verso i Dissennatori, che ormai
avevano raggiunto il Tamigi.
Hermione
sorrise a Ron, raggiante.
“Ogni
genere di creatura dalla nostra parte… contro Colui-che… contro Voldemort!”
esclamò esaltata.
Ron
le sorrise “Sono sicuro che Nick si conquisterà la fiducia di tutti in
battaglia.” L’espressione si rifece seria. “Forza, Hermione. Dobbiamo aiutare
Harry!”
La
ragazza annuì, decisa, stringendo la bacchetta.
“La
vera battaglia – e anche l’ultima – sarà quella tra Harry e Voldemort.”
*^*^*^*^*
Il Destino
[Rassegnazione]
Iridi
rosse e maligne puntante contro di lui… L’imponente massa oscura e tenebrosa
contro la piccola figura tremante del suo pavido avversario, il Prescelto… lui.
Io contro Voldemort.
Harry
era pietrificato al fianco di Piton. Ma nessun incantesimo lo tratteneva, solo
un ricordo…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Bellatrix
Lestrange era prostata ai piedi di Lord Voldemort, la lunga e oscura chioma
scarmigliata le cascava sul viso come una coltre impenetrabile.
“Mio
Signore, sono ai suoi ordini.”
Gli
occhi da serpente di Voldemort la squadrarono, sibilando l’ordine con uno
stridio. “Vai al fronte, Bella, e tieni occupato l’Ordine.”
Bellatrix
si alzò con le pupille che tremavano e la voce ansante e maniacale. “Subito.
Farò una strage per lei, Mio Signore.”
La
Lestrange oltrepassò la barriera ormai semidistrutta; l’arco dell’entrata era
crollato sul lato più meridionale, abbattuto da un potente colpo del gallese
verde di Charlie Weasley.
Al
fianco del Signore Oscuro restò solo una smunta figura cupa dagli occhi e
capelli nero pece.
“Severus,
prego…”
Le
dita ossute e albine di Voldemort sventolarono con padronanza all’indirizzo
della crepa nell’arco portante.
Piton
fece un breve inchino e oltrepassò il suo signore con il massimo contegno e
rispetto. Piantò la bacchetta a terra, mormorando un incantesimo sconosciuto
che pareva una cantilena.
Harry
sobbalzò col terreno scosso da potenti vibrazioni. Un muro colossale si stava
levando dal terreno, sgretolato dalla sua emersione. Un’infinità di altre
pareti massicce seguirono la prima, affiancandosi in modo casuale, formando una
muraglia invalicabile e un labirinto inarrivabile.
La
risata rauca e stridente di Voldemort raggiunse Harry come un sibilo pungente.
“Con questo di mezzo l’Ordine non arriverà tanto facilmente a noi, Harry. E
poi…”
Harry
intuì un monito d’avvertimento, da qualche parte nella sua testa qualcuno gli
stava gridando di scappare o di estrarre la bacchetta, ma rimase paralizzato,
irremovibile, catturato in quel ricordo…
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Voldemort
sfoderò la sua bacchetta, la gemella di quella di Harry. Con la mano libera
invitò Piton ad avvicinarsi e, subito, i tre vennero racchiusi in un cerchio
luminescente, delimitato da simboli di alta magia che Harry stentava a
riconoscere.
I
segni sul pavimento si unirono in una doppia linea circolare e da loro si levò
un’ondata di luce e scintille d’incantesimo, chiudendosi in un guscio simile al
Prior Incantatio.
Quando
parlò, la voce stridente di Voldemort rimbombò contro le pareti luminescenti
del guscio, come un eco onnipotente.
“E
con questo, caro Harry, nessuno potrà interferire. Anche se l’Ordine riuscirà a
trovare la giusta via in quel labirinto intricatissimo, non potrà mai
distruggere questa barriera: è magia antichissima, massima protezione… proprio
come quella che la tua amata madre Mezzosangue ha dato a te.”
Il
sibilo di Voldemort si perse in una risata aspra e Harry fremette ancora.
“E
ora morirai, Harry Potter!”
(Lui gli ha rivelato il
futuro: una sicura vittoria oscura!)
Il
respiro di Harry si fece ansante, mentre Lord Voldemort levava la bacchetta su
di lui con una lentezza esasperante.
Possibile che debba
morire per forza? Possibile che il mio destino sia già scritto? Sto per morire
e non c’è scampo… proprio come la Maledizione dei Black… il Destino Oscuro di
Harry Potter…
~ [ Fine Capitolo 14] ~
=*=*=*=*=*=*=*=
…
p-penultimo c-capitolo…. *Samy e Kaho sospirano e lanciano un urlo,
abbracciandosi e salterellando* YAY! Questo significa la seconda parte… e poi…
la terza! *__* La più interessante! La più emozionante! La più… ok, basta, ci
tappiamo la bocca altrimenti ci escono degli spoiler pazzeschi! XD
Tutto
molto epico, uh? (Forse fin troppo… ndSamy ^^; ndKaho)
La
battaglia finale deve ancora iniziare, cari lettori, il vero climax sarà il
prossimo capitolo… questo è solo l’inizio della fine… *risata satanica*
Allora,
che ne dite? Non è troppo antipatico Han? INSOPPORTABILE! Sborone del cavolo!
>.< E Ginny… oh, dei, è così maledettamente ‘numb’… (Dai, cantami la mia canzone LechuBox! *___* ndSamy -__- Ok,
ok, ma solo perché piace anche a me! ù_ù I
become so numb, I find you there... ndKahoCheCantaLaCanzonePreferitaDiSamy).
Sigh,
capitolo triste/epico/teso (persino il post-momento-hot tra Draco e Samantha
XD). Pensate al prossimo dove cominceremo a fare male per davvero ai
protagonisti! XDDD Fisicamente e psicologicamente (sì, ragazzi angst! *muahaha*).
Ma
rispondiamo alle recensioni che è meglio! ^^;
Jerada:
Sì, Harry finalmente si è svegliato dal lungo letargo! XD Anche se il suo
fardello gli pesa ancora, insomma, non è uno stoico che ha raggiunto l’apatia. XD Scusaci l’excursus
filosofico, ma l’argomento ci aveva molto appassionato (più o meno)! =P Grazie
dei complimenti, fa sempre piacere e gratifica il nostro lavoro riceverne. ^^
Speriamo che continuerai a seguirci! J
Apple: Anche Samy ama le Cioccorane
fuse! XD Però non ti sei sciolta vero?! O_O Altrimenti ti avremo sulla
coscienza! XD L’addio è molto triste, ma crediamo che ti abbia ugualmente
rattristato questo nuovo ‘status’ tra Harry e Ginny. *Kaho piange disperata e
Samy cerca di consolarla* Sigh… speriamo di trovarti nelle recensioni anche
dopo questo capitolo… non sciolta però! XD Baci!
Nana92: Speriamo che la lettura del
capitolo non ti abbia rovinato il sonno dato che hai recensito a quell’ora!
Insomma, noi ci teniamo ai nostri lettori! XD Capitolo atteso? Bello? Speriamo
che lo sia anche questo! Grazie mille per il commento, fa davvero piacere
ricevere complimenti! *___* Bye!
Ginny89Potter: Sì era un po’ triste…
ma questo lo è di più, soprattutto se sei una fan Ginny/Harry! XD Comunque,
grazie! *_* Bye!
HarryEly:
Scateniamo queste reazioni ai nostri aggiornamenti?! XDDD (LOL) Affascinata da
Godric? Ma noi amiamo i fondatori, altrimenti perché sarebbe intitolata “Harry
Potter e gli Eredi dei Fondatori” questa storia? XD Errori di pronomi? O.O Acc,
e pensare che Samy rilegge tutto prima di pubblicare… ops, qualcosa ci sfugge!
XD Perdono… felici di appassionarti, magari ti rendiamo anche drogata della
saga, se riusciamo! -__^ Grazie! *-* Baci!
Saty:
Saty, Saty, Saty, tu ci fai morire ogni volta che leggiamo una tua recensione,
sei troppo forte, sul serio! Roba da rotolarsi sul pavimento tenendosi la
pancia (come capitiamo sempre)!! XDDDD Però Saty, Kaho ti avverte: se cominci a
scrivere che adori Samantha e Draco rendi Samy praticamente impossibile da
controllare, una fontana di energia! XD Però fai fai, che è divertente vederla
e a lei dà una soddisfazione enorme, soprattutto ora che (finalmente) abbiamo
ben capito il carattere di Samantha! -__^ Cirius mi sa che lo sentirai solo nei
ricordi dolorosi di Harry con tua grande gioia! XD E se ti ha sconvolto la
scena finale dello scorso capitolo, questo ti avrà fatto disperare! XD Cioè, a
Hermione e Ron non succede ancora niente ma tutta questa atmosfera dark fa
male! Parola di prossimi-pionieri! ù.ù Stacci tu bene, che ci regali così tante
risate e soddisfazioni insieme! Baci! *__*
EDVIGE86: Grazie, grazie ci fai
arrossire per l’orgoglio super-gonfiato! *__* Ron ed Hermione alla fine…
uhuhuh… non possiamo svelarlo, ma ti giuriamo che hanno una parte molto, molto importante! *__* Bye!
Gin&Pokter:
Grazie mille dei complimenti! *_* Bye!
ninny:
Grazie mille! *__* Speriamo di trovarti anche nel prossimo capitolo! ;)