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Autore: Kaho    12/10/2007    6 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
[Main Couples Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha. Altre: Remus/Tonks]
Questo è un'ipotetica fine di Harry Potter, e tutto ciò che vi è narrato è un'invenzione delle autrici, perciò non vi sono Spoiler del vero settimo libro. Se qualche elemento coincide, è un puro caso.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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Capitolo 14 – “Prima dell’Ultima Battaglia”

 

Di Nuovo il Magico Trio

[L’Eroe che Torna]

 

 

Ronald Weasley contemplò per l’ennesima volta l’enorme orologio a pendolo di casa Granger mentre scandiva il quarto rintocco del pomeriggio.

 

E con questo fanno due ore. Merlino! Possibile che questo tipo non abbia niente di meglio da fare che importunare le ragazze già impegnate!

 

Ron mugugnò inacidito, fissando l’indesiderato ospite che chiacchierava amabilmente con quelli che forse, in un futuro che lui vedeva ancora molto lontano (ma non troppo), sarebbero diventati una piacevole coppia di suoceri.

 

I Granger, e specialmente la madre, erano a dir poco gentili e cortesi; e naturalmente, senza bisogno di stupirsi, anche estremamente dotti. Dentisti esperti e affermati, che però avevano registrato un notevole calo di visite da cinque mesi a quella parte; anche i normali abitudinari scarseggiavano.

 

Ron storse il naso ripensando all’articolo della Gazzetta del Profeta di qualche mese prima:

 

 

I Babbani sfollano. Nuova avanzata Oscura.

 

Il Primo Ministro Babbano, in accordo col provvisorio capo del dipartimento di Contrasto della Magia Oscura, Albert, ha sancito un istantaneo decreto che prevede lo sfollamento del più possibile numero di Babbani residenti a Londra e nelle vicinanze, centro focale degli attacchi dei Mangiamorte. Il Primo Minsitro Babbano, la cui carica è rimasta traballante ed incerta dall’attentato al Parlamento di un anno fa, giustifica questa ritirata di massa come una precauzionale misura di sicurezza contro ‘attentati terroristici’. La comunità babbana, ovviamente tenuta all’oscuro della vera realtà dei fatti, ribatte a questo decreto con un’orda di proteste e la richiesta di dimissioni dello stesso Primo Ministro…

 

 

Ma nonostante le proteste, la popolazione babbana inglese era in muta ritirata. Troppe vittime, troppe morti misteriose. Anche i Babbani meno arguti avevano intuito che dietro quell’apparente velo di copertura ‘attentati terroristici’ si celava qualcosa di ben più grave, forse innominabile, forse impensabile.

 

La nebbia opprimente, tutti quei bizzarri avvistamenti nel cielo, l’irrazionalità di alcuni eventi stavano per condurre la comunità magica alla più terribile delle disgrazie: la rivelazione al mondo babbano. L’Inghilterra, ormai già messa in ginocchio dalla Guerra Oscura contro Lord Voldemort, non avrebbe retto ad una probabile controffensiva babbana: sarebbe stato un autentico disastro, l’apocalisse del mondo dei maghi.

 

Erano ormai tre mesi che la comunità magica inglese tirava avanti in quel clima di precarietà, non sapendo se temere di più l’attacco di un Mangiamorte o di un Babbano armato di fucile e fiaccola anti-strega.

 

L’unico modo per andare avanti senza crollare dalla disperazione era godere di quei brevi momenti di felicità tra una battaglia e l’altra.

 

E io me li godrei questi bei momenti con i genitori della mia ragazza se solo non ci fosse quel…

 

“Hai migliorato molto la tua pronuncia, Victor.”

 

Come sempre la mamma di Hermione è gentile con tutti… con cani e porci…

 

“Grazie, signora. Ma devo ezzere brafo a pavlare ingleze se voglio reztare cva.”

 

A me non pare così dotato. A stento è capace di finire una frase senza sputare.

 

Ron grugnì appena, ma fu abbastanza perché la sua vicina di divano se ne accorgesse con dissenso.

 

“Smettila, Ron.”

 

Ron si voltò verso l’ormai ufficiale fidanzata “Non ho fatto nulla, Hermione” con una smorfia osservò gli immani sforzi grammaticali di Victor Krum “E mi sono anche trattenuto, dovresti almeno ringraziarmi.”

 

Hermione strinse gli occhi con aria critica “Anche se non hai aperto bocca, l’espressione del tuo viso la dice lunga, Ron.”

 

Ron si specchiò nel pavimento lucido del salotto di casa Granger.

 

In effetti ho uno strano grugno sul viso… bah, tutta colpa del bulgaro.

 

Ron rialzò il viso esibendo un sorriso chiaramente forzato.

 

“Smettila, Ron.”

 

“Oh, andiamo, Hermione… mi sto impegnando!”

 

“No, vuoi solo metterti in mostra perché c’è Victor.”

 

Ron sussultò, sentendosi vagamente colpito nell’orgoglio “Di certo non voglio fare spettacolo solo perché c’è Krum nei paraggi. Oramai sono un diciottenne, Hermione, un vero uomo anche dal punto di vista dei Babbani. Dovresti esserti resa conto dell’enorme evoluzione che ha compiuto la mia maturità.”

 

Hermione sbuffò quasi come se tentasse di smorzare una risata “Avanti Ron, noi stiamo insieme da molto ma… sinceramente… la più matura della coppia sono io.”

 

“Hermione!” esclamò Ron forse troppo forte. Victor Krum si voltò con aria interrogativa che fece prudere il palmo delle mani al rosso Weasley.

 

“D’accordo, Hermione. Ti concedo l’intelligenza e l’arguzia, ma la maturità è mia. Come potresti sostenere il contrario?”

 

“Ah non lo so” sentenziò Hermione, ironica “Forse dal fatto che stai giocando con Victor a ‘chi abbassa lo sguardo per primo’.”

 

Ron interruppe lo scambio di fiammate e scariche elettriche che intercorrevano tra i suoi occhi e quelli di Victor “Questa non è immaturità. E’ semplicemente rottura di… oh, ma Merlino, Hermione! Sono il tuo ragazzo, vengo in visita per conoscere i tuoi genitori e inviti il tuo ex?”

 

Hermione diede un leggero colpetto di tosse “Primo: Victor e io non avevamo un rapporto tanto stretto da potersi definire ‘impegnativo’, quindi lui non è il mio ex… secondo: non avevo idea che oggi lui venisse a visitare casa mia…. Terzo: è stata volontà di mia madre perché voleva ringraziarlo dell’aiuto di sette mesi fa.”

 

“Mh?” Ron assunse un’aria di colpo più seria “Oh, dopo la distruzione di Hogwarts, quando i Mangiamorte hanno attaccato tutti quelle cittadine babbane nei dintorni di Londra.”

 

“Già” assentì Hermione “Victor ha salvato i miei genitori, portandoli con le proprie forze al San Mungo… per questo non posso declinare una sua visita… e soprattutto non posso farlo perché il mio ragazzo è geloso!”

 

“Geloso?”

 

Sì, sono geloso, e immagino che questo sia abbastanza evidente. Ma doverlo ammettere davanti a lei è così svilente!

 

“Emioni!”

 

Oh, per la miseriaccia!… come non poter riconoscere questa flemma così grammaticalmente corretta?

 

“Emioni, tu che sei una vagazza movto cavina e amica di tutti”

 

Uhh, ma che galantuomo!

 

“Hai notizie di Fleuv?”

 

“E’ una donna sposata” aggiunse prontamente Ron.

 

“Lo so cvesto” ribatté Krum con vigore “Lei mi ha mandato una cartolina pev il matrimonio. Si è spozata con Bill Weazley.”

 

“Lo so che si è sposata con Bill Weasley” disse Ron con una voce improvvisamente acida “Bill Weasley è mio fratello.”

 

“Non sapevo” borbottò Krum sorpreso, mentre squadrava Ron “Voi Weazley ziete fovtunati! Avete sempve le ragazze più cavine!”

 

Ron stava quasi per accoglierlo come un complimento quando…

 

Un momento? … vagazze più cavine?... Hermione! Questo recipiente di salsa bulgara scaduta ha anche il coraggio di fare i complimenti alla mia ragazza sotto il mio naso?

 

Ron si alzò dal divano invitando Hermione a seguirlo, cingendole la vita con le braccia. Krum trattenne un grugnito, ma schioccò la lingua con dispetto mentre il rosso Weasley si accomodava su una sedia e faceva accomodare a sua volta Hermione sulle proprie gambe.

 

“Forse non è il caso che resti, Krum” mormorò Ron “Avrai un sacco di partite di Quidditch… molti Boccini da acchiappare.”

 

Victor recepì il messaggio. “Ti sfido. Pvova a fare questo: pavave una Pvuffa.”

 

Ron alzò le sopracciglia, poi socchiuse gli occhi all’indirizzo di Krum “Prova a dire questo: ‘sono seduto su una sedia con una ragazza carina’… senza sputarmi in faccia, per favore.”

 

Hermione sbatté i palmi aperti delle mani sulle proprie gambe e si alzò con uno scatto “Questo è ridicolo.”

 

“Emioni!”

 

“Hermione!”

 

Le giunsero due richieste distinte e si trovò come imprigionata in una sorta di scelta.

 

“Ron, puoi venire un momento.”

 

Il rosso Weasley balzò dalla sedia, facendo segno di vittoria a Krum.

 

Hermione sbuffò, cogliendo lo sfogo infantile di Ron. “Torniamo subito, scusa Victor.”

 

Krum le rivolse un lungo sguardo d’intesa “Niente. Io capivso cveste coze, Emioni.”

 

Ron oltrepassò Hermione sibilando un: “Secondo me quello non capisce niente.”

 

Hermione si richiuse la porta di casa alle spalle, sfoderando la bacchetta. Al suo fianco, Ron fece lo stesso. I due erano freschi d’allenamento e di consigli d’allerta di Malocchio Moody: la nebbia era, se possibile, ancora più fitta rispetto a sette mesi prima; ora persino con l’incantesimo Lumus Maximus era difficile orientarsi nei banchi di foschia.

 

“Allora, Ron, mi vuoi spiegare questo comportamento?”

 

“Hermione, lo sai… è solo la vista di Krum che mi fa imbestialire… insomma… lui è stato il primo a… ad averti.”

 

Hermione esplose, prima di vergogna, poi di indignazione “Lui non mi ha avuta, Ron! Nessuna mi ha avuta fino ad ora! Solo tu eri sulla buona strada, Ron, ma dopo la scenata che hai fatto…”

 

“Dai, Hermione, sai che per me è normale, credevo che ormai non ci facessi più caso” si giustificò Ron “E poi anche tu hai le tue colpe… perché lo tratti così bene?”

 

Hermione alzò un sopracciglio “Forse perché è un essere umano e ha salvato i miei genitori?”

 

“Sulla prima non ci giurerei.”

 

“Ron!”

 

“Ma hai sentito come parla? Si direbbe più un cinghiale che un uomo.”

 

“E’ l’accento delle sue parti.”

 

“Visto, tu lo difendi sempre.”

 

“Ma perché è ingiusto quel che dici, per principio. E poi tu lo sai parlare il bulgaro?”

 

“Esiste una lingua bulgara?”

 

“Ron!”

 

“Siete i soliti.”

 

Quella voce famigliare e che ormai apparteneva a ricordi vecchi di sette mesi squarciò l’atmosfera litigiosa.

 

Il motto di Moody ‘Vigilanza Costante’ non sfiorò nemmeno i pensieri di Ron e Hermione mentre si lanciavano verso il loro amico ritrovato.

 

I tre si strinsero in un abbraccio di gruppo che pareva così irreale, così speculare ad un sogno troppo fantasioso: il ritorno del Magico Trio.

 

Appena Harry si staccò, si vide assalito da un fiume di domande di Hermione… “Stai bene” “Abbastanza per essere il Prescelto braccato dalle Forze Oscure”; “Quando sei tornato?” “Solo oggi”; “Come ci hai trovato?” “E’ bastato seguire le urla di indignazione di Hermione”… l’unica a cui non riuscì a rispondere racchiudeva, in effetti, il mistero di quei sette mesi utopici.

 

“Dove sei stato?”

 

Harry si schiarì la gola, sospirando pesantemente “Qua e là…”

 

… da nessuna parte.

 

Ron poggiò una mano salda sulla spalla della ragazza con un savoir-faire teatralmente solenne “Su, dai, Hermione, smettila di tormentarlo… Lascia campo libero al miglior amico, ora. Vuoi che ti aggiorniamo, Harry? Ne sono successe di cose – belle – dalla tua partenza.”

 

Harry si sentì di colpo escluso o estraneo a quel gruppo di colleghi e amici che un tempo aveva salutato affettuosamente come compagni di vita e famiglia.

 

Forse comincio a perdere quel legame. Forse sono riuscito a perderlo. Forse così potrò scongiurare una brutta fine.

 

(Se Potter continuerà sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)

 

Harry scosse la testa, tentando di scacciare quel ricordo vivido che lo aveva costantemente tormentato per quei lunghi, irreali sette mesi. “Come stanno Remus e Tonks?”

 

Ron sghignazzò. “Oh, questo ti sorprenderà: Tonks è incinta!”

 

Harry rimase colpito dalla felicità di quella notizia, mischiato a qualcos’altro di non altrettanto piacevole:

 

… Tonks è incinta… sta per nascere il figlio di Remus e per me è tutto nuovo… quanto tempo sono stato via?

 

“Come va l’allenamento con l’Ordine?”

 

“Bene, Malocchio Moody ci fa sudare come delle bestie, vero Hermione?”

 

“Sì, Ron, ma sei tu l’unico che suda. Sai Harry, non immagini la fatica di Ron per imparare a maneggiare una spada.”

 

“Non è facile destreggiarsi con grazia con un pezzo di metallo da venti chili da trascinarsi dietro, Hermione. E poi mi sembra insensato imparare a usare una spada, non ci basta solo la bacchetta?”

 

“Serve per migliorare la nostra forza e resistenza. Ma queste cose le aveva già spiegate Moody mentre ci allenava… dimmi, Ron, hai mai veramente prestato interesse alle sue spiegazioni?”

 

“Sei tu l’unica che gli dà retta, Hermione; quell’uomo è fuori di testa.”

 

“Non ricominciare. E’ solo originale… e comunque il suo motto ci è stato più volte utile: vigilanza costante!”

 

Un sogghigno da parte di Ron “Con quella voce e quella posa sembri proprio Moody, Hermione.”

 

“Cosa? Ron ma…! … oh, scusaci, Harry… non lo facciamo apposta, sono cose che capitano.”

 

“Non fa niente, Hermione. Sono felice che le cose non siano cambiate: sono sempre il terzo incomodo nel bel mezzo di un fuoco incrociato.”

 

Harry trasse un lungo respiro, distogliendo lo sguardo dai suoi amici e creando un silenzio incomodo che era inusuale per il Magico Trio.

 

“Vuoi sapere qualcos’altro?” domandò Hermione, socchiudendo gli occhi, lanciando un muto sollecito a Harry.

 

“Beh… come stanno tutti in generale?”

 

“Più precisamente?” insistette Hermione assumendo un’aria severa.

 

“Come sta Ginny?”

 

Harry sperò solo che la domanda non risultasse troppo impegnata e cruciale. Ma il suo proposito fallì quando l’atmosfera mutò di colpo: imbarazzo palpabile e irrequietezza.

 

“Lei… sta bene” borbottò Ron con una mancanza di sincerità che non sfuggì a Harry.

 

“Che le è successo?” chiese assolutamente preoccupato “Un attacco di Mangiamorte o un…?”

 

“Ha un nuovo ragazzo.”

 

Ron si voltò di scatto verso Hermione, lanciandole un chiaro messaggio: ma sei pazza, così di botto e all’improvviso?

 

Gli occhi nocciola di Hermione scintillarono di convinzione, attenuando l’impeto di Ron.

 

E’ ora che Harry affronti le conseguenze delle sue scelte.

 

Harry socchiuse le labbra con un inspiegabile sforzo “Capisco” mugugnò con una voce che fece raggelare l’ambiente.

 

Hermione sospirò: non c’era niente da aggiungere. Ron diede qualche colpettino di tosse, come per smorzare quell’atmosfera tesa e spiacevole, prima di rivolgersi all’amico.

 

“Harry, vuoi andare a trovare…?”

 

“No” lo fermò Harry all’istante “Starà meglio senza vedermi.”

 

*^*^*^*^*

Colloquio con il Sostituto

[L’Eroe che non torna]

 

 

Era assopita contro la finestra di una casa sconosciuta (la casa di Han Joshuel) da più di un quarto d’ora. Ginny sbirciò fuori, al di là del vetro: ovviamente nebbia. Anche i suoi occhi, un tempo azzurri e sgargianti, cominciavano a sfumare come la foschia cupa dei Dissennatori.

 

Qualcuno bussò alla porta e chiamò il suo nome.

 

“Ginny, tua madre e tuo padre sono arrivati.”

 

“Arrivo.”

 

Rispose lei con la versione smunta di quella che un tempo era stata un’energica e tonante voce. Osservò il suo viso riflesso nel vetro della finestra: non sorrideva. Non sorrideva da molto; da molto non incrociava allo specchio lo sguardo vispo e il sorriso energico dell’allegra e autentica Ginevra Weasley.  

 

E’ tutto desolante e cupo. Tutto triste.

 

E per merito di quella cupezza molti valorosi combattenti si erano ritirati dallo scontro contro Lord Voldemort mugugnando un ‘tanto è una battaglia persa’.

 

E tra quegli eroi che si ritiravano c’era anche…

 

Ginny scacciò quel pensiero dalla testa, facendo mulinare i capelli rosso spento. Quel ricordo era autodistruttivo, altamente scoraggiante.

 

Ginny si staccò dalla finestra con enorme fatica, sentendosi addosso una strana pesantezza. Prima di aprire la porta e scendere le scale, raccattò da una mensola il foglio che aveva conservato gelosamente come un talismano, nella speranza che avrebbe segnato la ripresa e la vittoria dei buoni.

 

Per tutto il paese, dopo l’attentato al Ministero, erano stati dispensati avvisi di Reclutamento per ingigantire e rafforzare l’esercito che avrebbe dovuto tener testa ai Mangiamorte di Lord Voldemort. Forse la strategia sarebbe stata buona, ma poi era sopraggiunta la distruzione di Hogwarts che si era trascinata nelle ceneri, oltre che incommensurabili vite innocenti, anche l’ottimismo e la speranza di vittoria.

 

 

“Unitevi alla battaglia contro l’Oscuro Signore. Uniti (Babbani, Maghi, Creature Magiche) lo sconfiggeremo, di sicuro.”

 

 

L’uomo che aveva aiutato alla distribuzione dei volantini, quello che ne aveva fatto delle coppie e anche i restanti collaboratori erano stati trovati uccisi, squartati come solo un Inferus poteva fare.

 

E ora quell’avviso di Reclutamento, quella vena di coraggio che aveva osato far fronte all’oscurità era solo carta straccia.

 

Un ragazzo aprì la porta a Ginny e la affiancò nella discesa verso il salotto. La ragazza intravide i suoi genitori in attesa ai piedi delle scale, scortati dal sempre all’erta Malocchio Moody.

 

Ginny ripensò alle parole del più rigoroso membro dell’Ordine della Fenice, due mesi prima, cinque mesi dopo la scomparsa di Harry.

 

(“Questi codardi menefreghisti. Abbandonano il proprio paese quando ne ha più bisogno. Ma non scoraggiamoci, ragazzi, l’Ordine della Fenici e i suoi validissimi membri possono compensare le perdite, la mancanza di uomini, dobbiamo solo credere nella vittoria e agire in modo tale che vi sia il nostro trionfo.”)

 

Moody era molto bravo a parlare ma si capiva subito quando non era convinto di quello che diceva; esitava sempre. E, quel giorno, Alastor aveva esitato, e molto anche. Esattamente come quando gli era stata comunicata la scomparsa di Harry.

 

“Ciao, Ginny cara” la salutò sua madre con un bacio alla guancia e un’espressione che la figlia giudicò preoccupata.

 

Suo padre si limitò ad accennare un saluto impacciato, fissando con sospetto il ragazzo al suo fianco, Han Joshuel.

 

Han salutò entrambi con cortesia e li invitò ad accomodarsi sul divano del suo salotto. Subito venne servito un servizio da the indiscutibilmente pregiato.

 

Molly fissò le fini decorazioni della ceramica e i manici intarsiati della tazzina “Oh, che onore” disse con un filo di voce, sollevando il the fumante per prendere un assaggio.

 

Han le sorrise cordiale “E’ il minimo che possa fare per i genitori della mia…”

 

Ginny smise di ascoltare e morsicò un biscottino alle mandorle. Ingoiò tutto ma la dolcezza della galletta non le arrivò alla lingua, sembrò solo amaro e difficile da inghiottire.

 

Percepì un sospiro da suo padre, quasi un sibilo “Capisco, Han. E così questa è la tua casa.”

 

“Sì, signore. Ho ereditato tutto dai miei genitori. I Joshuel sono una rispettabile famiglia aristocratica nel mondo dei Babbani… chiamate così le persone normali, vero?”

 

Arthur sbatté la testa in avanti in un gesto di assenso che sperò non essere troppo scortese. Ginny vide Moody agitarsi scomodamente sul divano. Evidentemente era rimasto turbato, se non offeso, da quel ‘persone normali’.

 

Ma Ginny ignorò quel commento, come sempre.

 

Arthur scrollò le spalle “Così la tua famiglia è di stirpe?” disse con una voce critica.

 

“Esatto, signore” rispose Han con accortezza “Una delle migliori, ma ciò non significa che siamo privi di umiltà” concluse con un vago tono insinuante.

 

Arthur si schiarì la voce, tra l’imbarazzato e l’oltraggiato “Non volevo certo offendere nessuno.”

 

“Non si preoccupi, signore, non ha offeso nessuno.”

 

Molly osservò il marito che continuava a cambiare posizione sul divano con un forte alone di irrequietezza. A Moody mancava poco per sputare sul pavimento mentre contemplava il muto litigio tra Arthur e Han scuotendo la testa con una smorfia.

 

Ginny arraffò un’altra galletta dal vassoio d’argento e la ingoiò a fatica.

 

“Davvero buoni questi biscotti.”

 

Han le rivolse un gran sorriso compiaciuto poi tornò a dialogare con Arthur con il medesimo compiacimento.

 

“Anche nel vostro mondo ci sono famiglie aristocratiche? Sa, Ginny non mi parla molto del suo mondo, non certo perché non abbiamo un buon feeling, al contrario, è solo che quando siamo soli impieghiamo il tempo in altro modo.”

 

La mano destra di Arthur ebbe un’evidente convulsione mentre si serrava a pugno. Anche Han la notò, ma non accennò ad alcun tipo di reazione, continuando a sorridere educatamente.

 

“Beh” attaccò Arthur con evidente ostilità “sono proprio le famiglie nobili del nostro mondo che hanno scatenato questa guerra.”

 

Han distolse lo sguardo da quello che ormai amava considerare il suo futuro suocero buffone. Una pesante nebbia densa opprimeva le ampie finestre decorate del salone.

 

Han socchiuse le labbra parlando con tono calmo e dosato come se l’argomento non lo coinvolgesse più di tanto “Quindi questa sarebbe la guerra? E’ per merito vostro se l’Inghilterra si sta lentamente svuotando?”

 

Arthur fremette ma, scorgendo la figlia che, mite rosicchiava un biscottino, si impose la calma, invocando a viva voce le ultime gocce della sua pazienza. “Beh…”

 

“Ora basta!”

 

Han si girò con contegno verso Moody che aveva appena sonoramente sbattuto il fedele bastone sul pavimento di marmo.

 

“Arthur, Molly, mi avete chiesto di farvi da guardia del corpo, ma non spererete davvero che rimanga zitto e calmo mentre quel bamboccio babbano ci insulta?”

 

Arthur gli rivolse un’occhiata di pura gratificazione, ma Molly gliene lanciò una d’avvertimento, spostando poi lo sguardo preoccupato sulla figlia.

 

“Alastor, ti prego. Non è il caso che ti esprimi a questo modo con un Babbano, potresti essere malinteso…”

 

“Oh, suvvia Molly!” grugnì Moody puntando il bastone verso Han “Questo è proprio l’ideale comune dell’Ordine: Babbani e Maghi sono alla pari. E tutti noi sappiamo che tra i maghi ci sono degli autentici bastardi – e qui Molly sobbalzò d’indignazione – e quindi, allo stesso modo, dovremo considerare l’eventualità che anche tra i Babbani si annidino delle serpi, come ad esempio…”

 

E lasciò sfumare la voce, puntando entrambi gli occhi, compreso quello mobile che roteava convulsamente, all’indirizzo di Han.

 

Han adagiò la schiena contro il divano e il suo bracciò si allungò verso Ginny.

 

Arthur ebbe una fulminea reazione (istinto paterno), ma Molly gli trattenne il polso, mitigandolo con pochi sospiri: “Stai calmo, Arthur, non permettere che la situazione degeneri.”

 

Ma quando tornò a fissare il divano accanto, la sua creatura era già stata presa.

 

“Sono sinceramente dispiaciuto, non intendevo davvero risultare così antipatico” disse Han, mentre il suo braccio destro cingeva lievemente le spalle di Ginny, tuttavia con una sinistra possessività “Non vorrei di certo inimicarmi i genitori della mia…”

 

Ginny bevve tutto d’un fiato il the bollente, bruciandosi la gola. Riemerse dalla tazza fumante e vuota, sorridendo con un vago impaccio ad Han.

 

Anche questo non è tanto salutare per me… ma è sempre meglio di attendere un eroe scomparso.

 

“E’ davvero molto buono questo the, Han.”

 

“Grazie, Ginny tesoro, è alle fave. Te ne verso un’altra tazza.”

 

E mentre il liquido fumante e ambrato colava nella tazza di Ginny si creò un tetro silenzio, amplificato dallo scrosciare del the.

 

“Forse è tutta colpa di questa nebbia” aggiunse Han quando ebbe terminato di versare il the “Tende a creare una smisurata dose di depressione.”

 

Ginny chiuse gli occhi prendendo un sorso di the. Già: la depressione, ma c’era dell’altro.

 

Per ingigantire la grande depressione, era sopraggiunto quell’imprevisto, il colpo di grazia, che ormai Ginny cominciava a recepire come un puro fatto di cronaca, come se non vi avesse direttamente preso parte, come se non avesse visto quell’eroe che se ne andava coi propri occhi lacrimanti: il Prescelto era scomparso. Esattamente come Lord Voldemort la notte della morte dei Potter; non ve n’era più traccia, silenzio assoluto.

 

Harry Potter è morto, questa era l’opinione comune; ma non era l’opinione di Ginny. L’oscurità non l’aveva ancora preso, anche se, in innumerevoli notti di tormento, Ginny aveva rivissuto quello straziante addio, quell’addio pietoso e umiliante per Ginny:

 

(“Lascia che ti aspetti!... H-Harry…”)

 

(“Io non posso chiederti questo, Ginny. E non ti chiedo di capire le mie ragioni.”)

 

Tanto anche se ci fossero state non le avrebbe capite quelle ragioni: totalmente insensate e campate per aria, come lo stesso Harry che si fiondava in un allenamento solitario scaricando il peso della speranza, lasciandolo affondare e svanire.

 

Molte volte gli avevano detto che non doveva sforzarsi troppo nel suo ruolo di Prescelto, ma anche quei consigli erano fasulli: il mondo aveva bisogno del suo Prescelto per sconfiggere le forze oscure. Ma il Prescelto se n’era andato; alcuni l’avevano subito scordato tra imprecazioni e tristezza, ma altri ancora lo attendevano:

 

(“Ginny… aspetteresti per niente… forse non tornerò… forse…”)

 

… aspetteresti per niente…

 

Nascosta dietro a quell’attesa vana c’era nascosto un consenso, un permesso, un’autorizzazione. Ginny aveva adempito alle aspettative di Harry.

 

“Arrivederci, mia adorabile fidanzata.”

 

Han le cinse le spalle dandole un prolungato bacio di accomiato. Arthur dovette necessariamente distogliere lo sguardo, mentre il sangue gli pompava nelle vene, salendogli al cervello. Molly si intrecciò le dita, agitandole irrequieta. Moody sbuffò senza troppa discrezione, battendo il bastone a ritmo di un orologio impaziente.

 

Quando le sue labbra si staccarono da Han, lui le rivolse un sorriso dolce e Ginny ricambiò, quasi per impulso, quasi come uno specchio che tende a riflettere quello che riceve.

 

Si salutarono con qualche parolina d’amore sussurrata, mentre i signori Weasley sospinti da Malocchio uscivano di casa.

 

“Figuriamoci se mi devo sorbire anche le frasi da piccioncini!” sbraitò Moody appena fuori dal portico di villa Joshuel, non prima di aver verificato l’assenza di trappole e nemici “Quel tipo… per Merlino! Mago o Babbano che sia non importa… dì, Arthur, ma come hai potuto permetterlo?”

 

“Non riesco a vigilare mia figlia ventiquattro ore al giorno” si giustificò lui, tuttavia sentendosi oppresso dal rimorso “E’ successo così e non so nemmeno quando si siano conosciuti.”

 

“E’ stato una settimana dopo la scomparsa di Harry” soggiunse Molly con cupezza.

 

“Ma allora è ovvio” annunciò Moody con un sospiro di comprensione “La ragazza l’ha fatto per compensare la scomparsa di Potter, ma non avrà certo intenzioni serie.”

 

Arthur sobbalzò di colpo “Merlino, spero di no! Ho sempre adorato i Babbani, di più, ne ero affascinato… ma questo qui… ah, oltre che avermi strappato la figlia mi ha anche portato via il rispetto per i Babbani.”

 

“Smettila, Arthur” intervenne Molly con stizza “E non urlare, Ginny potrebbe sentirti.”

 

“E che mi senta. Tanto non ci sono problemi: dal colloquio che abbiamo avuto oggi persino Arabella Figg si sarebbe resa conto della tensione che girava nell’aria.”

 

Arthur si interruppe di colpo, mortificato dallo sguardo della moglie.

 

“Ti avverto, Arthur, non spergiurare sui morti, soprattutto su Arabella.”

 

Arthur mugugnò le sue scuse.

 

Arabella Figg. Faceva male ricordare quel nome e non solo per il dolore e il cordoglio, ma soprattutto per ciò che rappresentava: la prima vittima di Privet Drive. E Privet Drive era divenuto il simbolo della desolazione che si stava diffondendo a macchia d’olio per il paese. Una desolazione che non sembrava avere rimedio… se non il ritorno di un certo eroe…

 

E a quel punto Arthur riuscì a formulare un unico, disperato pensiero:

 

Per Merlino… Harry, dove sei?

 

*^*^*^*^*

Il Rituale della Cioccorana Fusa

[Niente Dolcezza]

 

 

“Ecco a te la Cioccorana fusa, Devon!”

 

Draco la vide avvicinarsi con una tazza fumante tra le mani e l’inquietante aria di una mogliettina premurosa.

 

“E non chiamarmi Devon!”

 

Samantha gli rivolse un sorriso più dispettoso che allegro.

 

“E’ indispensabile, Devon. Perché ho il sospetto che la padrona di casa cominci a ficcare troppo il naso. Si insospettirebbe se mi sentisse chiamarti Draco… penserebbe subito a qualcosa di losco, d’altronde il tuo stesso nome denuncia un velo di oscurità.”

 

Draco sbuffò ancora, prendendo una generosa sorsata.

 

“Comunque sia” mormorò Samantha mentre si accomodava mollemente sul divano “Io preferisco Devon, perché il Draco Mangiamorte non beve mai la Cioccorana.”

 

Una mano si avviò serpeggiando tra i fini capelli biondi del ragazzo.

 

Draco riemerse dalla tazza con le labbra sporche di cioccolata e piegate in un sorriso malizioso. “E a te piace quando bevo la Cioccorana?”

 

“Abbastanza” confessò Samantha intrecciando le dita tra i capelli biondi del ragazzo “La Cioccorana mi piace e anche parecchio.”

 

Un bacio profondo e al sapore di Cioccorana fusa che sapeva conciliare gradevolezza e passione.

 

Draco chiuse gli occhi. Ormai non era inusuale. Due, tre, quattro mesi… era impossibile stabilire con precisione la data fatidica dell’inizio. Il colpo di fulmine era escluso per Draco e forse anche per Samantha… la sua, al principio, era solo stata la curiosità maliziosa per il rampollo di una famiglia in decadenza.

 

Era chiaro ormai da qualche mese prima dell’inizio concreto; entrambi erano interessati al compagno per motivi che, nel profondo, non erano poi tanto romantici: ne avevano bisogno.

 

Avevano bisogno che qualcuno li distraesse dalla guerra, che li facesse sentire non solo servi dell’Oscuro Signore, ma esseri meritevoli di lusinghe e coccole.

 

Forse era iniziato tutto (o almeno la parte più concreta) il giorno del recupero di sua madre, quando lei gli aveva portato la prima tazza di Cioccorana. Quella tazza fumante alle due del pomeriggio era diventato il loro rituale privato, dopo le tenebre del Covo Oscuro.

 

Così posso scaricare la tensione.

 

Quello che si scambiavano in quei momenti era passione priva di profondo sentimento, saliva mista a Cioccorana fusa e nervosismo sfogato con un pizzico di eccitazione.

 

Le lingue si sciolsero e il bacio si concluse. Come sempre a Draco restò un respiro leggermente affannoso; non era mai stato abile a trattenere il fiato per troppo a lungo.

 

Samantha si accomodò sulle sue ginocchia, intrecciandogli le braccia al collo.”Devo eseguire un Anapneo? E’ proprio così spossante?”

 

Draco reclinò la testa contro il petto della ragazza, strofinando leggermente. “Più che spossante è scocciante.”

 

Le dita di Samantha salirono intrecciate tra i fini capelli biondi e Draco fremette come un gatto accarezzato in contropelo.

 

“Che dici, Devon? Ti va di cercare la mia bacchetta?”

 

“Trovatela da sola” la liquidò Draco, affondando il viso nella scollatura della tunica nera.

 

“Ma tu non sai stare al gioco” sogghignò Samantha “Deve essere da qualche parte sotto la tunica.”

 

Draco storse il naso, parlando con voce pigra. “Ti devo spogliare per trovarla?”

 

“Mi dispiace, ma non siamo ancora così intimi” bisbigliò Samantha al suo orecchio di seguito ad una fulminea leccata. “Ma puoi usare le mani per trovarla.”

 

Le labbra di Draco si piegarono, scaltre. “Allora potrei fare uno sforzo.”

 

Le dita lunghe e pallide di Draco si avviarono sul suo corpo, mentre lei sospirava all’orecchio del biondo.

 

“Vedi di trovarla, Devon. La bacchetta è crucialmente importante per una strega.”

 

“Rilassati, tu” ribatté Draco con un’occhiata rapace “Sono un mago anch’io, no? Sarò pur capace di tirare fuori una bacchetta nascosta.”

 

Mani vivaci continuarono con ispezioni pretenziose e disinibite sotto la tunica nera della Mangiamorte finché un sospiro ansante e rauco li raggiunse entrambi.

 

“Maghi? Voi due siete…”

 

La padrona di casa era inchiodata nell’atrio. Un occhio tremolante sbirciava oltre lo spicchio aperto della porta.

 

“Tutte quelle sparizioni… omicidi… misteri…. Io ho… io… nella mia casa…”

 

La porta si spalancò con un tremendo boato, spinta dall’ingresso repentino della padrona di casa. Il volto della donna era completamente distorto, la pelle tirata in una pura espressione di terrore.

 

“Siete dei demoni!”

 

I suoi urli e i suoi movimenti divennero scoordinati. Braccia, gambe e imprecazioni mulinavano per tutta la stanza.

 

“Chiamerò la polizia… un… un esorcista… e vi ammazzeremo!”

 

Le labbra di Samantha si piegarono in un sorriso sinistro; la bacchetta che aveva occupato le ricerche di Draco venne estratta prontamente dalla Mangiamorte. “Ammazzare?”

 

Draco abbassò lo sguardo mentre la bacchetta di Samantha si levava sulla donna. Sapeva già cosa stava per accadere.

 

La Mangiamorte proseguì con un sospiro quasi sibilante. “Buona idea.”

 

Due parole mugugnate, un lampo verde, uno schianto, un tonfo e Draco poté riaprire gli occhi.

 

“Dovresti almeno tentare di guardare.”

 

Le dita di Draco si strinsero sul manico della tazza semivuota. “Avrei vomitato tutta questa Cioccorana.”

 

Samantha levò un sopracciglio. “A beh, in tal caso ti giustifico. Sarebbe stato uno spreco.”

 

La Mangiamorte fissò con occhi impassibili il viso contorto della donna. “Era da molto che volevo farlo.”

 

Draco prese un altro sorso dalla tazza: pura amarezza, niente dolcezza, solo un vago retrogusto acido. “Era proprio necessario?”

 

“Certo, siamo Mangiamorte” ribatté Samantha “Uccidere è il nostro destino… non condividi?”

 

Draco stette a fissare l’ondeggiante riflesso nella Cioccorana, investito dal tiepido e dolce vapore che emanava il liquido caldo. “Prima o poi ci riuscirò” borbottò, poggiando la tazza sul tavolino “Ma per ora non posso negare che…” i suoi occhi volarono al cadavere scomposto sul pavimento, mentre assaporava il retrogusto aspro della Cioccorana “… mi faccia tanto schifo.”

 

*^*^*^*^*

L’Eroe che Riparte

[L’Ultimo Addio]

 

 

“Harri, ben tovnato. Molti dicefano che eri scappato, ma io non ho mai credufo cozì. Io lo sapefo che saresti tovnato.”

 

Harry prese un altro sorso di the verde, offertogli dalla signora Granger. “Grazie, Krum.”

 

“Beh, Krum…” cominciò Ron, ammansito poi da un’occhiata di Hermione “… cioè Victor, anche noi sapevamo fin dall’inizio che in realtà Harry si stava allenando per sconfiggere colui-che-non-deve-essere-nominato, quindi…”

 

“Ron” lo interruppe Harry di colpo con voce cupa “Perché non lo chiami Voldemort? Credevo che ormai avessi superato questo intoppo dal quinto anno.”

 

Ron ammutolì, mugugnando qualche giustifica che Harry faticò a comprendere. La signora Granger si aggrappò inconsciamente al marito e Krum sembrò destreggiarsi in un qualche scongiuro bulgaro.

 

“Vedi, Harry” cominciò Hermione un poco impacciata “E’ cominciato circa quattro mesi fa… la paura per quel nome è tornata. Forse è solo superstizione, ma si ha quasi la certezza che chiunque si azzardi a pronunciare quel nome, prima o poi, verrà colpito dalla Magia Oscura.”

 

Harry riavvicinò la tazza alle labbra, quasi tentando di nascondere un sogghigno ironico. “Allora per me non ci sono problemi. Il fatto che Voldemort mi bracchi è un’assoluta certezza, quindi non fa differenza se dico Vold…”

 

“Ti prego, basta” intervenne a sorpresa la signora Granger con voce educata ma chiaramente ansiosa.

 

Harry posò la tazza. “Mi scusi, non vi disturberò più.”

 

Il giovane Potter si alzò velocemente con la ferma intenzione di lasciare la casa.

 

“Ma, Harry!” esclamò Hermione, tentando di trattenerlo per la manica della tunica smunta “Dove credi di andare? Sei appena tornato. E poi devi ancora spiegarci cosa ti è successo in questi mesi.”

 

 “Giusto, amico” concordò Ron, parandosi di fronte a Harry “Che hai combinato? Sembra che ci sia qualcosa di strano in te.”

 

Harry si risedette con calma. “Scusate, è solo che gli ultimi sette mesi sono un mistero anche per me.”

 

Hermione gli si affiancò con una calda voce rassicurante. “Ti va di spiegarci?”

 

Harry fissò oltre le lenti appannate degli occhiali il volto avido di curiosità di Krum e quelli preoccupati dei Granger.

 

“Forse un’altra volta, adesso devo andare.”

 

“Impensabile!” eruppe Hermione “Questa ormai è diventata la tua filosofia di vita: ‘devo andare’? Non vuoi aspettare neanche Ginny, non vuoi salutarla prima di andare a fare… non so cosa?”

 

Harry abbassò il capo con un singulto. “Sarebbe un altro addio straziante.”

 

Hermione sbarrò gli occhi. “Addio?”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

“Quello finale” concluse Harry con un soffio di voce.

 

Hermione strinse il braccio dell’amico, scuotendolo leggermente. “Harry… tu, non vorrai per caso….”

 

Ron estrasse la bacchetta dalla veste e fece un cenno di assenso all’amico. “Harry, so cosa hai in mente di fare e sono d’accordo. E’ ora di mettere fine a tutta questa guerra. Veniamo anche noi!”

 

(Se Potter continuerà sulla sua strada, tentando disperatamente di abbatterci con i suoi amichetti finirà sicuramente per ammazzarsi da solo…)

 

“No.”

 

Anche Krum si era levato dal comodo divano per correre incontro a Harry.

 

E’ inutile, la mia decisione l’ho già presa da molto tempo. O forse, è solo destino.

 

E per la prima volta Harry Potter levò la bacchetta contro i suoi amici. Un raggio di luce argentata, un magnifico cervo che galoppava, uno schianto, scuse sussurrate e il Prescelto partì verso il suo Destino Oscuro.

 

*^*^*^*^*

L’Eroe che Non si Trova

[Un Attimo di Indugio]

 

 

“Donovan, saresti così gentile da riferire al tuo Signore il resoconto delle ricerche dei suoi fedeli ma inutili Mangiamorte.”

 

“Sono desolato, mio Signore, ma Harry Potter non si trova. Si direbbe scomparso.”

 

Anche dall’altro lato del campo di battaglia si attendeva il ritorno di Harry Potter, del Prescelto, perché compisse il suo Destino Oscuro: essere sconfitto da Lord Voldemort.

 

“Scomparso, Donovan… morto, forse?”

 

“Non posso affermarlo con sicurezza, mio Signore” replicò Doppio Dolore con voce fredda ma sogghignante “Ma non dovrebbe dispiacerle se lo trovassimo morto, vero?”

 

“Chiudi quella bocca, Darcy!”

 

Doppio Dolore contemplò con divertimento il bel volto folle contorto di rabbia e indignazione.

 

“Non volevo mancare di rispetto al Nostro Signore, Bellatrix.”

 

Bellatrix sibilò delle parole indubbiamente malevole, trapassando la figura di Darcy con i suoi oscuri occhi blu.

 

Voldemort fece turbinare il suo mantello, la voce sibilante e quasi monotona celava una minaccia. “Bella ha ragione, Donovan. Sei troppo insubordinato; non vorrai che sia la bacchetta del tuo Signore a rimetterti in riga, vero?”

 

“Non sia mai, Mio Signore” affermò Doppio Dolore con un profondo inchino.

 

Voldemort strinse gli occhi rossi e serpentini. “Forse questo è il tuo modo di fare, Donovan, ma sappi che se insisterai con quella tua voce sogghignante Lord Voldemort sarà costretto a punirti severamente.”

 

Per fortuna di Darcy il risvolto del mantello nascose il suo sadico sogghigno. “Comprendo, Mio Signore.”

 

“E comunque, Donovan, io desidero che il nostro caro Harry sia ancora vivo. Così che io possa infine distruggerlo con le mie mani” il sibilo di Voldemort si abbassò in un verso rauco e tenebroso, mentre serrava le scheletriche dita a pugno e i denti in una morsa aguzza e velenosa.

 

L’esaltazione di assoluta vittoria dell’Oscuro Signore sembrò trascinare Bellatrix in uno stato di totale e folle euforia. “E ce la farà, Mio Signore, senza alcun dubbio.”

 

“Senza alcun dubbio.”

 

Fece eco il circolo di figure incappucciato, inchinate di fronte al loro Singore. Tra il cerchio di Mangiamorte prostrati Voldemort distinse il suo servo più fidato…

 

… forse non lo è.

 

Lord Voldemort fiancheggiò Severus Piton, invitandolo ad alzarsi. Alcuni Mangiamorte sospirarono, indignati e stupefatti.

 

Mai il Signore Oscuro aveva permesso a un suo servo di tenere la testa alta in sua presenza.

 

Voldemort scrutò gli occhi pece di Piton, con il profondo acume di un grande Legimens.

 

Posso davvero fidarmi di Severus Piton?

 

“Severus” sibilò “Quando sarà giunto il tempo porta Harry Potter da me per la battaglia finale.”

 

Piton ebbe un attimo di indugio; solo un istante, ma fu abbastanza perché gli occhi da Legimens di Lord Voldemort se ne accorgessero.

 

“Sì, Mio Signore.”

*^*^*^*^*

Alla Riscossa dell’Eroe

[Due Tipi di Bene]

 

 

“Harry!”

 

L’urlo di Hermione si disperse nella scia argentata del Patronus. Il cervo galoppò per la stanza e si infranse contro la parete opposta. La signora Granger si lasciò scappare un urlo e un gemito di paura. Hermione abbandonò subito la bacchetta a terra e si precipitò al fianco della madre tremante, sorretta da suo padre e da un Krum sconvolto e preoccupato.

 

Ron gridava ancora, tra l’infuriato e l’indignato, agitando le braccia per disperdere la nebbiolina argentata del Patronus, ancora alla disperata ricerca dell’amico.

 

“Harry! Che cavolo hai combinato?! Non sperare di andartene via con un’uscita del genere! Harry!”

 

Silenzio e vuoto.

 

“E’ andato.”

 

Ron lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con un grugnito. “Brutto stupido. E cosa credeva di fare? Cosa crede di fare adesso? Solo?”

 

“Ha agito in virtù del nostro bene, così pensa Harry in questo momento.”

 

Hermione aveva aiutato la madre ad alzarsi, pregando Krum e il padre di accompagnarla nella stanza accanto per farla riposare.

 

“Per Harry agire correttamente significa escluderci dalla battaglia, dalla sua battaglia personale. Lo fa per il nostro bene, per non coinvolgerci.”

 

“Ma tu non credi veramente a quello che stai dicendo, Hermione?” sbraitò Ron.

 

“Certo che non lo credo, Ron!” ribatté Hermione a sua volta con uno strillo disperato “Ma Harry lo crede, è convinto che questo sia bene: escluderci dalla guerra.”

 

“Fesserie” biascicò Ron da un angolo della bocca.

 

“Non lo sono per Harry.”

 

Ron strabuzzò gli occhi, un’espressione determinata e bellicosa sul volto. “Hermione, non lo lasceremo andare da solo, non lasceremo che si comporti come un idiota. Gli faremo capire noi cosa veramente è bene!”

 

Gli occhi nocciola di Hermione tremarono. “Ron?”

 

“Andremo a riprenderlo! Questo è bene: sconfiggere Voldemort tutti uniti!”

 

Hermione fremette un istante alla nomina di quella parola oscura.

 

Cosa sto facendo, non ha senso avere paura di un nome… E sia, Ron, sono con te.

 

“D’accordo, Ron, andremo a riprendere Harry!”

 

“Perfetto!” esclamò Ron “Solo che… hai idea di dove possa essere andato?”

 

Hermione fece un sorrisino con una profonda aria saccente. “Ne ho una vaga idea, ma dovremmo andare dall’Ordine come prima cosa: ci serve il loro aiuto.”

 

*

 

“Il Parlamento, Babbano?”

 

“Esatto, Ron.”

 

“Ma come fai a dirlo, Hermione? Trascurando il fatto che tu sai sempre tutto…”

 

“E’ solo ragionamento, Ron... ora ti spiego, ma prima atterriamo.”

 

Sia la scopa di Ron che quella di Hermione vennero rimpicciolite e riposte sotto il mantello dopo l’atterraggio a Grimmauld Place.

 

“Beh, complimenti, Hermione. Dopo le mie lezioni di volo sei perfetta… magnifica sulla scopa” disse Ron con una punta di malizia.

 

Hermione arrossì lievemente. “Ti ringrazio, Ron, ma non è questo il momento. Dobbiamo pensare a Harry.”

 

“Ah, Harry” sbuffò Ron con aria mesta “E’ peggiorato, credevo che dopo il suo speciale addestramento sarebbe migliorato… e invece quasi ci ammazza con il suo Patronus!”

 

“Non fare il tragico, Ron” lo rimbeccò Hermione “Il Patronus era controllato perché ci fermasse solo, senza farci del male.”

 

“Senza farci del male!” inveì Ron con astio “Come se vederlo puntarci la bacchetta contro non fosse un male!”

 

“Senti, Ron, se non te la senti o vuoi tirarti indietro, basta solo che…”

 

“No, no, figurati” soggiunse Ron sventolando una mano con nonchalance “Perché dovrebbe disturbarmi? Si tratta di salvare un amico, per quanto irragionevole sia… E poi appena l’avremo ripreso da Colui-che-non-deve-essere-nominato…”

 

“Ron…” mormorò Hermione, spaventata dal suo improvviso silenzio.

 

“Lui è andato da Tu-sai-chi, vero?” mugugnò Ron con voce roca “E questa è un’altra prova della sua pazzia… dici che sto ragionando come un codardo, Hermione? Voglio dire, affrontare Tu-sai-chi per noi ora è una pazzia, ma molto tempo fa…”

 

Hermione chinò il capo. “Lo so, Ron. Tanto tempo fa… e in realtà non è passato neanche un anno, ma dopo quello che abbiamo visto… Harry è stato fortunato, non ha vissuto il periodo peggiore; Remus ha detto che questi ultimi mesi sono stati più terrificanti persino dell’ultima epoca oscura, quando Tu-sai-chi era al suo massimo. Ora è molto peggio. Sembra che non abbia fine, questa guerra. Giorno dopo giorno è sempre più insopportabile, tutto ciò a cui riusciamo a pensare ormai, è una preghiera: vogliamo che finisca; ma non facciamo niente perché finisca, non ne abbiamo più la forza. L’oscurità di questa guerra ci sta consumando lo spirito, la forza di volontà. Harry, molto tempo fa, è fuggito e così si è salvato: è in lui che rimane l’ultima scintilla di coraggio e di forza di volontà…”

 

“Sai, Hermione… io ho incolpato Harry di questa guerra…” confessò Ron con un sospiro “In fondo tutto è nato perché Tu-sai-chi lo voleva affrontare, si voleva vendicare… E poi lui è scappato, ci ha lasciato e soprattutto ha lasciato Ginny… non hai idea di quante ne ha passate quella ragazza…”

 

“Certo che lo so, Ron!” esclamò Hermione visibilmente offesa “Io sono la sua migliore amica e lei mi ha detto quello che…”

 

“Già!” sbraitò Ron “Ma io sono suo fratello maggiore e… per Merlino… non sono riuscito a fare niente per consolarla! L’unico che poteva consolarla era Harry e quell’idiota era sparito chissà dove… Quanto senso di colpa poi, perché infondo Harry è il Prescelto e deve impegnarsi per proteggerci… però, Hermione… quanto lo ho odiato!”

 

Appena l’urlo di Ron si dissolse con la nebbia di Grimmauld Place, Hermione posò una mano gentile sulla spalla del fidanzato.

 

“Sai, Ron, esistono due tipi di bene: il bene personale e il bene superiore. Harry ha puntato tutto sul bene superiore.”

 

Ron si voltò di scatto verso la ragazza, urlandole quasi in faccia. “E così ha trascurato il bene personale?! Ha trascurato i suoi amici, la sua ragazza…”

 

“Anche lui però!” protestò Hermione con uno strillo disperato che fece ammutolire Ron “Il bene personale è quello dei suoi amici ma è anche il suo. Ma dico, Ron, non l’hai visto? Ti è sembrato felice? Ti sembra felice di essere il Prescelto e di dover trascurare i suoi amici e la sua ragazza per il bene superiore?... Si sta sforzando come un pazzo, lui non la vuole questa missione! Sono gli altri che vogliono un Prescelto. Harry è coraggioso e altruista, quindi non li può deludere. Harry è combattuto, Ron, in un modo o nell’altro sapeva di dover deludere qualcuno: o il mondo magico o i suoi cari. Ha scelto di deludere noi e sono sicura che ne ha rimorso ogni secondo della giornata. E’ questo il nostro Harry! Vuole sempre accontentare tutti, non sopporta che le persone soffrono e così soffre lui al posto loro… quindi non mi sembra giusto odiarlo…”

 

La voce di Hermione si afflosciò di colpo, mentre lei, costretta a deviare lo sguardo dal viso martoriato di Ron, puntava lo sguardo sull’uscio del numero 12 che si aprì con un cigolio.

 

“Per Merlino!” esclamò Malocchio Moody dallo spicchio della porta aperta “Siete voi due che latrate come dei cani a luna piena? Venite dentro, volete farci scoprire!”

 

Sia Hermione che Ron seguirono le istruzione del capitano senza proferire parola.

 

Moody richiuse la porta con un potente incantesimo collante, dando un’annusata al cielo grigio di Londra. “Qui tira aria di tempesta.”

 

*

 

“Harry… cosa?”

 

Qualcosa si accese tra i presenti alla nomina del Prescelto scomparso, poi tornato, infine scomparso di nuovo: era un misto di speranza, frustrazione, rabbia e preoccupazione… e molta nostalgia.

 

“Ha deciso di andare da Tu-sai-chi” borbottò Hermione dopo un acceso resoconto a Moody.

 

Ron, al suo fianco, restava impassibile, deciso a non aprire bocca sull’argomento.

 

Molly si intrecciò le dita al colletto della veste. “… quel ragazzo… non riesce a trovare pace…”

 

“Finalmente” affermò Arthur con stizza quasi glaciale. Ron non era stato l’unico a soffrire per Ginny. “Era ora che si decidesse a tornare e a mettere le cose a posto.”

 

“Arthur!” inveì Molly, lanciando un’occhiata disperata alla figlia.

 

Anche Ginny era caduta in uno stato di completa apatia. Rigirava tra le dita un biscottino alle mandorle, dono di Han.

 

“Ma sì!” gridò Moody alzandosi di colpo e ribaltando quasi la tavola su cui sbatté i pugni serrati. “Questa è l’occasione, finalmente! Andremo da Harry, non per recuperarlo, ma per combattere al suo fianco!”

 

Molly emise un gemito disperato all’indirizzo di Moody. “Malocchio, ti prego…”

 

“Non mi devi pregare, Molly. Se ti è rimasta un po’ di grinta combatti con l’Ordine, a fianco di quel coraggioso ragazzo” ribatté Moody, irrefrenabile.

 

Dopo quei duri mesi oscuri la tempra di Malocchio Moody si era irrigidita, diventando quasi la freddezza di un guerriero inflessibile.

 

Molly si avvicinò alla figlia come a volerla proteggere dall’avidità di Moody. ‘No, Malocchio, mia figlia non andrà a combattere, a farsi uccidere.’

 

“Bene, allora, andiamo da Harry.”

 

Il sospiro proveniva da Remus Lupin, in piedi vicino all’arazzo dei Black, con una mano sulla spalla della moglie incinta.

 

“Anche tu, Remus?” mugugnò Molly con risentimento.

 

“Andiamo al Parlamento Babbano, è là che si trova Harry” spiegò Hermione con un sol fiato “Lui vuole affrontare Voi-sapete-chi e probabilmente sarà giunto alla mia stessa conclusione: il suo Covo Oscuro è lì, protetto da una barriera magica. Così solo si spiega l’attentato di un anno fa ad opera di quel drago e l’intervento di Piton per risolvere la cosa, si spiega anche quella barriera che il drago non riusciva a perforare, si spiega anche perché tutti i politici che risiedono al Parlamento ultimamente hanno preso delle allarmanti decisione a favore degli attacchi dei Mangiamorte.”

 

Le labbra di Molly tremarono. “Hermione…?”

 

“Ma dobbiamo evacuare Londra” aggiunse Remus “Se davvero intendiamo combattere i Mangiamorte al Parlamento Babbano, l’intera città si trasformerà in un campo di battaglia.”

 

Un gemito sfuggì a Molly. “Evacuare Londra? Ma si può fare in così poco tempo?”

 

“Si potrebbe” intervenne Hermione con decisione “Se informiamo sia il Ministero Babbano che quello Magico.”

 

“Bene! Ora organizziamoci!” dichiarò Moody, facendo roteare l’occhio magico all’impazzata “Shackebolt al Ministero Babbano informerà il Primo Ministro che farà sgomberare Londra. Ma per la comunità magica londinese ci dovrà pensare il nostro di Ministero, ahimé!”

 

L’occhio magico roteò verso Ron. “Tu, giovane Weasley. Mi sei sembrato in gamba, sei migliorato molto dopo il mio addestramento. Devi accompagnarmi al Ministero della Magia e parlare col capo dell’esercito, perché io quello proprio non lo sopporto e se ci dovessi parlare… beh, vieni?”

 

Ron si rizzò dal divano come spinto da una molla. “Certo, signore.”

 

Moody emise un grugnito compiaciuto. “Bene, allora muoviamoci. Tutti!”

 

Tonks strinse la mano del marito con un’ansia infinita. “Fa attenzione, ti prego… so che è un’affermazione scontata ma… non voglio che nostro figlio cresca senza un padre!”

 

Remus le sussurrò all’orecchio “Non ti preoccupare.”

 

Ma appena Ninfadora distolse gli occhi lacrimanti, lo sguardo di Remus volò all’arazzo della famiglia Black, soffermandosi su un nome in particolare.

 

“Sirius, è possibile che ci rincontreremo dopo questa battaglia. Tu, io e James come una volta… però  e il suo sguardo tornò sul ventre gonfio di Ninfadora – vorrei aspettare ancora un po’…”

 

Arthur e Molly si scambiarono una bacio a fior di labbra. Molly ancora tremava, fissando il figlio con una tremenda disperazione. “Torna.”

 

Ron le fece un cenno d’assenso, grintoso ma aveva anche qualcosa di poco convinto. Poi strinse la mano incerta di Hermione, intrecciando le dita con le sue ed entrambi si rilassarono.

 

Calma… la calma prima della tempesta.

 

Remus, Arthur, Ron, Hermione e Moody impugnarono la bacchetta e uscirono dalla calma confortevole di Grimmauld Place numero 12; ex e nuova base dell’Ordine della Fenice, l’unico dono lasciato da Harry dopo la sua partenza.

 

La porta si richiuse alle spalle degli eroi che partivano.

 

Ginny addentò il biscottino alle mandorle. Era insipido.

 

“Vengo anch’io.”

 

Molly quasi strillò dalla disperazione. “No, Ginny!”

 

Ginny si voltò all’improvviso, cingendo la madre con due braccia incredibilmente deboli, sospirando poche parole.

 

“Ciao, mamma.”

 

Molly rimase pietrificata sul posto; quell’abbraccio le aveva tolto tutta la forza. Tonks le arrivò alle spalle, reggendosi il ventre gonfio con una mano protettrice.

 

“Lo so, Molly… ma vedrai che tornerà…”

 

“Tu vai dai tuoi genitori, Ninfadora” singhiozzò Molly con un tono più deciso “La voglio vedere con i miei occhi… la voglio proteggere con le mie mani… andrò anch’io, Ninfadora.”

 

*

 

“Coraggio, ragazzo, mi serve il tuo aiuto per parlare con quell’uomo.”

 

“Capitano Moody, ma è sicuro?”

 

“Ron, non devi diffidare delle tue capacità.”

 

“Io non diffido, Hermione, però…”

 

Un solido banco di nebbia costrinse Ron ad interrompersi. Riemerse dalla nuvola grigia sterzando appena con la scopa.

 

“Volevo solo dire che forse sei più adatta tu in questo genere di cose.”

 

“Non sono d’accordo, Ron” ribatté Hermione “Devi solo fare da intermediario tra il capitano Moody e questo soldato del Ministero… solo un po’ di oratoria, niente di più.”

 

“Appunto” confermò Ron “Questo genere di cose persuasive si addicono più a te, Hermione… Ehi, capitano Moody? Ma è proprio indispensabile?”

 

“Certo, giovane Weasley!” strepitò Malocchio col suo ferro tono imperioso “Come ho detto prima io quell’uomo non lo reggo; mi potrebbero scappare delle parole non troppo gentili e a quel punto i nostri rapporti pacifici col Ministero salterebbero… beh, in effetti sono già saltati da un pezzo, ma non è il caso di aggravare la situazione con la mia poca professionalità. E poi un vero soldato non retrocede nei momenti di bisogno.”

 

Ron sbuffò col preciso scopo di avvertire Moody della sua ostilità. “Se devo proprio… spero solo che sia un uomo non troppo odioso.”

 

“Su questo non ci giurerei” borbottò Moody “Ma tu seguimi. Siamo quasi arrivati al Ministero.”

 

Hermione li attese fuori con la bacchetta levata, lanciando un’ultima occhiata di avvertimento a Ron. “Mantieni il sangue freddo.”

 

Ron seguì Moody lungo il passaggio segreto che conduceva all’ufficio del colonnello Eclitto e non poté fare a meno di notare quanto ciò che lo circondava fosse solo lo spettro semi distrutto di quello che un tempo era l’orgoglioso e fiero Ministero della Magia.

 

“Dobbiamo tentare di riunire il Bene: Ordine della Fenice e dipendenti del Ministero devono combattere uniti. Ricordati, Weasley, sii professionale, impassibile a qualsiasi cosa lui dica, a qualsiasi cosa gli esca dalla bocca… ti avverto, non è facile tollerare quell’uomo, ma sono certo che tu resisterai…Ricordati, Weasley: un caposaldo di freddezza!”

 

Ron assentì, vagamente curioso di conoscere quest’uomo famigerato per la sua insopportabilità. In effetti avrebbe dovuto intuirlo dal dipinto che ne aveva fatto Moody: dipendente di alto grado del Ministero, con saldi contatti nelle alte sfere, strafottente, insopportabile…

 

Ma Ron preferì sperare per un breve momento o comunque non attirarsi addosso il malaugurio pensando proprio a quella particolare persona…

 

Moody giunse al terzo piano, padiglione provvisorio del nuovo esercito insediato. Anche lì tutto era crepato e rovinato; persino la porta che Moody si apprestava ad aprire, sede ufficiale dell’illustre colonnello insopportabile, era danneggiato in vari punti.

 

Moody poggiò la mano sulla maniglia con infinita lentezza; Ron, al suo fianco, fece scorrere gli occhi sul legno solcato da lunghi graffi fino alla targhetta… Poi levò immediatamente lo sguardo.

 

Preferisco la sorpresa.

 

Gli era sembrato di cogliere di sfuggita una J puntata e una M che la seguiva.

 

Un caposaldo di freddezza… un pilastro di impassibilità… oh Merlino, fa che non sia proprio lui!

 

Ron seguì Moody nell’ufficio del misterioso colonnello Eclitto e non poté evitare un sobbalzo, riconosciuta la voce di leggera flemma francese della cugina di Fleur, Julie.

 

“Oh, John, le mani lì… no!”

 

Malocchio Moody di ispirazione sessuale ascetica grugnì con ostilità all’indirizzo di Marshall e di quell’altra donna bionda praticamente stesa sulla scrivania con il colonnello che tentava di intrufolarle una mano sotto la gonna decisamente corta. Distolse lo sguardo con un altro ringhio spazientito, ma il suo occhio magico ruotò verso la scollatura di Julie.

 

“Giovane Weasley, forse avremmo fatto meglio a bussare.”

 

Ron non poteva essere più d’accordo col suo comandante impalato lì come un assurdo pilastro di indifferenza, mentre tentava di mettere in ordine i pensieri…

 

D’accordo… se la cugina di Fleur è solo la… puttana di Marshall allora le cose potrebbero anche restarmi indifferenti… certo, comandante Moody: un pilastro di freddezza!... Ma se per caso Marshall ha delle intenzioni serie? E se per caso quella rimane incinta e Marshall è costretto a sposarla e lei tiene i contatti con Fleur, che è la moglie di Bill, che è mio fratello, che viene regolarmente a trovare i miei genitori, che verrà a trovare anche me? Esiste la remota possibilità che io e Marshall diventeremo parenti?... Certo, comandante Moody: un pilastro di freddezza!...

 

Marshall riemerse dalla scollatura di Julie come se nulla fosse, ma le sue mani restarono ancora saldamente insinuate sotto la sua gonna. “Oh… il pazzo Moody… e anche il rosso Weasley!”

 

Ron colse il sogghigno nella voce del colonnello e fremette.

 

Un pilastro di freddezza…

 

“Siamo venuti qui a chiederle un favore, colonnello Marshall.”

 

Sono stato proprio io a parlare con quella voce fredda e calcolatrice? Aveva ragione Hermione! Ho un perfetto controllo sulle mie emozioni… quando voglio…

 

Moody osservò il ragazzo con aria compiaciuta e anche una sorta di ammirazione.

 

Ron si morse il labbro inferiore mentre vedeva il sogghigno di Marshall che si ampliava.

 

Ok, fino ad adesso sono stato proprio bravo… ma lui non mi ha ancora risposto. Merlino! Fa che risponda in un modo umano o mi verrà la tentazione di strozzarlo a mani nude!

 

La risata sordida di Marshall gli arrivò alle orecchie come lo stridio screziato di qualcosa di insopportabile. “Piccoli mocciosi crescono! Che orgoglio! E pensare che un tempo eri il più rammollito dei miei studenti…”

 

Non lasciò a Ron nemmeno il tempo di riprendersi dall’insulto ed abbandonare la posizione di pilastro di freddezza perché si chinò subito su Julie attaccandole il collo con morsi leggeri e occasionali leccate.

 

“Sai bella, un tempo questo moccioso rosso è stato mio allievo, e ora si atteggia a uomo; non è proprio il massimo, ma comunque ci si avvicina… Indovina di chi è il merito? Dovrebbe proprio ringraziarmi… del resto è un dovere dei grandi uomini tentare almeno di raddrizzare i piccoli mocciosi…”

 

“Oh sì… ho visto quanto sei grande come uomo” sospirò Julie sotto di lui, completamente a suo agio.

 

Ron si rese conto di tremare di rabbia e collera.

 

Calmati! Ricordati di Moody: pilastro di freddezza… Merlino! Lo odio. Quanto vorrei sputargli in faccia, buttarlo giù dalla finestra, schiacciarlo con l’ultimo modello di gip incantata, prenderlo a botte, a mani nude, con una mazza di ferro arrugginito… e poi ci starebbe bene anche un Cruciatus!

 

Ron tossicchiò appena. “Vorremmo far sgomberare Londra. Stiamo per andare in guerra.”

 

Il capo di Marshall restò chino sul collo di Julie. “Che paroloni in bocca ad un moccioso: guerra! Sai che cos’è la guerra? Io credo di no… ma pazienza… Carina l’idea di evacuare Londra: una fantasia che solo uno stupido marmocchio poteva proporre.”

 

Ron si conficcò le unghie nel palmo della mano serrata a pugno. “Dobbiamo sforzarci o finiremo per fare una vera strage durante la battaglia.”

 

“Battaglia?” ghignò Marshall contro il petto di Julie.

 

Gli occhi di Ron divennero quasi neri dal rancore. “Contro i Mangiamorte.”

 

Questa volta la bocca di Marshall si staccò dal collo di Julie. “Contro i Mangiamorte?”

 

“Sì” confermò Ron “L’Ordine della Fenice vuole battersi contro i Mangiamorte.”

 

“Non vedevo l’ora” sibilò Marshall levandosi bruscamente da sopra Julie, che sussultò per l’improvviso movimento “Non credevo che sarebbe stato l’Ordine della Fenice a proporre un’azione simile… già, però si può fare… anzi, si deve fare! Mi sono proprio rotto di tutta questi attacchi e di quei molluschi spauriti che incolpano il Ministero di tutto lo schifo che succede in questo paese.”

 

Marshall sogghignò ancora, ora vagamente lascivo. “Faremo evacuare Londra. E’ una promessa.”

 

Ron e Malocchio uscirono senza scambiarsi né saluti né inutili ed ipocriti auguri di salvezza.

 

Moody fece roteare l’occhio verso Ron con un mugugno scettico. “Ottimo lavoro, giovane Weasley, ma forse è il caso di fare un salto al San Mugno prima di gettarci in battaglia. Hai tutta l’aria di essere sull’orlo di una crisi di nervi.”

 

In effetti la testa di Ron non aveva smesso un secondo di pulsare.

 

Non ho mai augurato la morte a nessuno, ma, Marshall, che un Mangiamorte in gamba ti trovi!

 

*^*^*^*^*

Nella Tana del Nemico

[Challenge]

 

 

Donovan aveva due atteggiamenti diversi. In battaglia era freddo come il ghiaccio, calcolatore, crudele – normalmente, come Mangiamorte, era sì crudele, ma più mellifluo, sogghignante e sadico. Per questo amava il compito di torturatore, ed era piuttosto bravo, nel campo.

 

Conosceva diverse Maledizioni e incantesimi oscuri con cui si divertiva a seviziare i prigionieri, talvolta i suoi stessi subordinati quando compivano una sciocchezza.

 

Su questo fattore, era molto vicino a Lord Voldemort.

 

Quel pomeriggio, Donovan era di buon umore. E perfino un misero, stupido nano avrebbe perfettamente capito perché.

 

“Buongiorno signor Potter.” Il tono di Darcy non nascondeva il divertimento.

 

Harry Potter. Che squisita conquista, che squisita occasione. Il Prescelto in una cella, sotto controllo, il suo controllo. Uh, decisamente soddisfacente.

 

Il ragazzo aveva la schiena appoggiata alla parete, i polsi incatenati insieme da manette, al collo e ai piedi due pesanti catene.

 

Alzò appena gli occhi, incrociando brevemente il suo sguardo, tornando poi a fissare la parete umida della cella, impassibile.

 

“Allora, come si trova da noi? La stanza è di suo gradimento?” incalzò perfido Donovan, facendo cenno al Mangiamorte di guardia di andarsene.

 

Harry strinse appena le labbra. “E’ l’unico posto in cui vorrei essere in questo momento.”

 

“Uh, sembra che qualcuno sia diventato impertinente, vero?” rise il Mangiamorte, avvicinandosi al Prescelto, la bacchetta in mano puntata su di lui.

 

Harry preferì il silenzio, piuttosto che rispondere alla sua provocazione. Purtroppo.

 

Donovan sospirò teatralmente, appoggiandosi una mano sulla fronte, con espressione addolorata.

 

“Signor Potter, questa sua misera condizione mi intristisce.”

 

Si chinò sul suo prigioniero, esaminandone il viso. Un filo di barba cominciava a scurirgli le guance, gli occhi verdi erano scuri, cupi, persino tetri e la mascella serrata dava al giovane Potter un aspetto più maturo della sua effettiva età, per di più sottolineato dal pallido colorito della pelle.

 

“Ascoltami, Potter, non ho voglia di torturarti… lanciarti un Cruciatus sarebbe troppo semplice.”

 

“C’è bisogno di torturarmi? Voldemort non viene a combattermi?” replicò con stizza Harry, lanciando a Donovan uno sguardo astioso.

 

Il Mangiamorte sorrise mellifluamente. “Ah, persino più astuto sei diventato, oltre che più serio in viso.” Diede vita ai suoi pensieri Donovan, divertito. “Questo sarebbe stato l’espediente perfetto per farmi parlare del Signore Oscuro, non è vero?” Ridacchiò, rialzandosi in piedi. Harry seguì i suoi movimenti, vigile.

 

“Ma sai che ti dico? Ti dirò quel che vuoi, Potter. In questo momento Lord Voldemort non si trova nel suo Covo, temo dovrai aspettare prima di compiere la tua eroica impresa.”

 

Harry non batté ciglio, limitandosi ad un viso senza emozioni.

 

Cosa era successo ad Harry Potter? Il ragazzo lo stava seriamente divertendo. Chissà come si era allenato per prepararsi alla sfida con il Signore Oscuro. Era un peccato che solo lui potesse sfiorarlo. Insomma, sì, Donovan avrebbe potuto lanciargli qualche Cruciatus… ma sarebbe stato banale, scontato. Uno spreco.

 

“Potter ti sfido.” Proclamò trionfante infine, slacciandosi il mantello e facendolo cadere in un angolo della cella.

 

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, interdetto dall’uomo che si trovava di fronte. Che diavolo di Mangiamorte gli avevano appioppato per tenerlo d’occhio? Un sadico, sleale componente della parte di Lord Voldemort?

 

Non che gli interessasse molto saperlo. L’importante era una sola cosa: essere riuscito ad arrivare nel Covo del nemico, con anche la fortuna di avere un po’ di tempo per liberarsi da quella cella e prepararsi alla sfida a cui era stato predisposto da quando era entrato ad Hogwarts: lui e Voldemort.

Da soli.

Con due bacchette la cui anima era la stessa, ma i cui destini erano differenti.

Serpeverde contro Grifodoro.

Signore Oscuro contro Prescelto.

Orfano per scelta della madre contro orfano per colpa di un altro orfano.

 

[Fino a che ne rimarrà uno soltanto.]

 

“A cosa vorresti giocare?” soffiò incolore Harry, muovendo appena i polsi e provocando il tintinnio meccanico delle catene.

 

Doppio Dolore mosse la bacchetta. In un attimo, Harry fu senza catene, rinchiuso in una cella ora cementata. Il ragazzo era convinto che quello fosse un incantesimo temporaneo, di poca durata. Troppe energie per tenerlo a lungo.

 

Darcy inarcò un sopracciglio, contrariato. “Allora, giovanotto? Ti dai una mossa? Carica un pugno!”

 

Harry rimase un po’ spiazzato. “Eh?” gorgogliò pateticamente, provocando uno sbadiglio contrariato da parte del suo carceriere.

 

“E’ una sfida, Potter. Tu contro di me, tu senza magia, io con la mia bacchetta e la mia forza. Vediamo se sarai un degno avversario per il Signore Oscuro.”

 

Harry strinse i pugni e si mise in posizione di attacco. Aveva ancora le braccia e le gambe indolenzite dalla posizione scomoda in cui si era coricato nella cella e i polsi arrossati, ma non aveva altra scelta che combattere.

 

Naturalmente, la maggior parte dell’energia voleva utilizzarla per Voldemort: avrebbe dovuto andarci cauto con questo suo subordinato. Sulle sue spalle, pesava un’intera guerra.

 

[Il gigante Atlante che tiene il peso del Mondo.]

 

“Non attacchi?” Domandò candidamente Donovan. “Allora vengo io, se non ti spiace…”

 

Il pugno colpì Harry senza preavviso. Il ragazzo lo aveva schivato appena, le nocche bianche di Doppio Dolore lo avevano centrato sul fianco destro. Harry approfittò della posizione ottimale per alzare le ginocchia e tentare di colpire il suo avversario che si scansò con grazia, scivolando sulla parete della cella.

 

“Uh,uh, bravo, bravo.”

 

Harry tornò vigile, i muscoli tesi e il dolore ad una costola – probabilmente un livido – che pulsava ancora fresca.

 

Donovan percorreva con passo felpato il perimetro della prigione, osservando con i suoi magnetici occhi viola, intensi e assassini. Un predatore, nelle movenze, nei gesti.

 

Ma Harry non aveva la ben che minima voglia di essere mangiato.

 

[La preda diventa il predatore.]

 

Potter scattò in avanti, e si portò alla destra di Donovan, il gomito rialzato e parato dal braccio destro dell’uomo. Ma anche il calcio di Donovan fu parato, e questi si trovò in un angolo, dove non poté evitare il pugno di Harry che lo colpì al viso, spaccandogli un labbro.

 

Harry si allontanò appena, con un poco di fiatone, osservando l’avversario pulirsi il sangue con il candido fazzoletto tirato fuori da una tasca.

 

“Sei bravo.” Gli concesse l’uomo, gli occhi ametista nuovamente su di lui, brillanti.

 

“Ma non hai considerato che io ho la bacchetta. Crucio!”

 

Il raggio rosso colpì Harry in pieno, e il ragazzo riprovò il vomitevole dolore della Maledizione. Tenendosi stretta la cicatrice, Harry digrignò i denti, combattendo contro la voglia di urlare, scalciare, rotolarsi a terra.

 

Rosso. Rosso. Rosso.

Ginny. Ginny. Ginny.

Ron. Ron. Ron.

Hermione. Hermione. Hermione.

 

Mantra che aveva imparato a bisbigliare per distrarsi dal dolore, per ricordare il perché combatteva. E ripeteva in sequenza i nomi di chi amava, dopo il colore rosso dell’Incantesimo, il primo pensiero corrente che riusciva a formulare all’inizio della maledizione.

 

Mamma. Mamma. Mamma.

Papa. Papà. Papà.

Sirius. Sirius. Sirius.

Remus. Remus. Remus.

Silente. Silente. Silente.

 

D’un tratto l’Incantesimo si spezzò, ma Donovan approfittò subito della sua debolezza: l’aveva colpito allo stomaco, forte, preciso, piegandolo in due laddove il Cruciatus non era riuscito.

 

“Figlio di puttana.” Aveva sussurrato con disprezzo nel suo orecchio. “Resistere. Al. Mio. Cruciatus.” Una ginocchiata costrinse Harry a sdraiarsi per terra, stringendosi l’addome.

 

Gli occhi ametista erano superbi, mentre lo guardavano dall’alto al basso, freddi. Il ghigno era sparito dal volto di Donovan, sostituito da un’espressione incolore.

 

“Tu saresti il Prescelto? Lasciatelo dire: i buoni non capiscono niente.”

 

Sputò accanto ad Harry, schifato.

 

“Guardati. Sei già a terra e non ho nemmeno cominciato. Cosa faresti se ti rompessi due costole, eh Potter? Cosa faresti se ti rompessi una gamba? Quante possibilità avresti contro il Signore Oscuro?”

 

Harry deglutì a fatica.

 

Lo sguardo di Donovan rimase di pietra. “Patetico.”

 

La bacchetta si mosse e Harry si ritrovò contro il muro, braccia e piedi legati, sottoposto al giudizio di Darcy Donovan, alias Doppio Dolore.

 

Era come trovarsi in una cella di follia, il volto freddo del torturatore che ti analizza, ti fa a pezzettini, prima fisicamente e poi psicologicamente.

 

Ma Harry doveva resistere. Combattere. Vincere.

 

Per questo non [poteva] assolutamente [perdere] anche se era [ma non doveva] essere impaurito.

 

“Il Signore Oscuro ti vuole intero. Che peccato.” Il tono di Darcy era nuovamente sarcastico, ma più tagliente. “Avrei voluto farti vedere cosa so fare, con frusta e tenaglie. E credimi, non sono giochi a sfondo erotico.”

 

A questa, Harry non poté che inorridire. Donovan se ne accorse, e ne rise, raccattando il mantello nero provvisto di cappuccio.

 

“Arrivederci, è stato divertente Potter. Ma la prossima volta, stringi di più quelle mani. Sei debole.”

 

Donovan fece così la sua uscita plateale, lasciando finalmente Harry solo, la cui mente vorticava non sulla sconfitta subita, ma verso prossima sfida che l’avrebbe visto sul filo della morte.

 

[Atlante si stava per ribellare a Zeus. Nell’Olimpo, il dio aveva vinto.

Adesso, Harry avrebbe trionfato su quello che tutti credevano una divinità.

Ne aveva la certezza. Perché doveva crederci.]

 

Anche se…

 

[Il Destino: una sicura vittoria oscura!]

 

*^*^*^*^*

Visitatore

[Il Destino Oscuro]

 

 

Harry aveva rinunciato già da molto tempo al sonno tormentato dalle catene troppo strette che gli laceravano i polsi e dal riscoperto dolore alla cicatrice. L’unica cosa che poteva fare era riflettere e non arrendersi, sperare di avere abbastanza forze da resistere ai Mangiamorte prima dell’arrivo dell’Oscuro Signore.

 

Doveva (l’unico verbo che si addiceva al Prescelto) affrontare Lord Voldemort e sconfiggerlo, anche se avrebbe dovuto farlo ridotto in fin di vita, tremante dalla paura del futuro…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Devo distrarmi dal dolore se non voglio che mi consumi la concentrazione.

 

Inghiottendo a forza le lancinanti fitte postume del Cruciatus, passò interminabili attimi a rimuginare su piani di vittoria che sembrava quasi irraggiungibile, anzi, era irraggiungibile…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

La porta del sotterraneo si aprì cigolando e nella scarna cella di pietra eruppe la voce canzonante di Draco Malfoy:

 

“Guarda un po’: Potter!”

 

“Malfoy” mugugnò Harry, sorprendendosi molto della spossatezza della sua voce.

 

Nel buio, Harry non riuscì a scorgere Malfoy, mimetizzato perfettamente con la tunica nera da Mangiamorte. Al tenue bagliore delle lanterne il Marchio Nero era visibile sul suo braccio sinistro, scuro e minaccioso come il Padrone.

 

Harry strinse gli occhi, ingoiando un’altra fitta di dolore: quello che aveva davanti non era lo studentello arrogante e viziato che amava tanto spadroneggiare e dargli fastidio, ora era un servo del Signore Oscuro e come tale non più un semplice acerrimo nemico di scuola ma parte della sua nemesi.

 

“Come ci si sente ad essere il Prescelto? Allora? Voglio sentire, Potter” sogghignò Draco.

 

Harry riconobbe a stento la voce strascicata di Malfoy: ora si era fatta più grave, se possibile aveva perso molto della sua naturale sfacciataggine; sembrava molto stanco a vedersi.

 

“Niente di speciale, Malfoy, come tutti i giorni della mia vita.”

 

Draco smise improvvisamente di sogghignare: “Tu morirai, Potter, lo sai?”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

“Sì.”

 

Malfoy parve sbigottito, colto alla sprovvista dalla fredda e schietta consapevolezza di Harry.“Bene, ero venuto solo per dirtelo.”

 

“Te l’ha ordinato Voldemort?”

 

Gli occhi grigi di Draco tremarono come le lingue di fiamma delle lanterne.

 

“Hai ancora paura di lui, Malfoy?”

 

Draco lo fulminò con lo sguardo. “Come si fa a smettere di avere paura di lui? Oh, ma certo: tu sei il Prescelto! E allora, Potter, goditi il tuo bel destino di Prescelto!”

 

“E tu goditi il tuo bel destino da Mangiamorte.” 

 

Draco si bloccò di colpo, fermato da una spiacevole consapevolezza. “Avresti dovuto darmi retta, Potter” borbottò tra l’infuriato e il risentito “Avresti dovuto stringermi la mano sull’Espresso di Hogwarts… e magari tutta questa… guerra non sarebbe mai scoppiata!”

 

Harry socchiuse gli occhi con uno sbuffo che aveva del divertito. “Quindi è tutta colpa mia, Malfoy?... La distruzione di Hogwarts, è anche quella colpa mia?”

 

Draco strabuzzò gli occhi colmi di un’ombra oscura e fastidiosa: colpa. “Ho finito. Non ho più niente da dirti, Potter. Tra un paio d’ore sarai morto.”

 

Harry osservò Draco richiudersi alle spalle l’enorme portone con uno stridente cigolio.

 

“A differenza di te, Malfoy, io preferirei morire piuttosto che sottomettermi a un essere come Voldemort… sarebbe andata a finire così in ogni caso…”

 

L’ultimo sospiro di Harry si perse nel vuoto della cella, accompagnato solo da un ricordo.

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

“… Era destino.”

 

*^*^*^*^*

Schizzi dell’Ultima Battaglia

[In front of our deepest fears and our best hopes]

 

 

 

Cosa passa per la mente di un combattente, prima della battaglia?

 

I propri sogni, ideali, paure… forse semplicemente, tutti pensano alla propria vita, quella che si mette in gioco, che si rischia sul campo.

 

Si ripensa a quella perché – in fondo – il nostro viaggio, benché effimero – è la cosa più preziosa che abbiamo e quella per cui combattiamo.

 

Si tratta di questo, no? Di vivere.

 

E non bisogna guardare solo alle delusioni e hai fallimenti. Agli errori e ai rimorsi. Alle prepotenze, le ingiustizie e il dolore. Ma anche ad una sola cosa che per un solo attimo ci ha fatto sentire un po’ meno soli, un po’ più realizzati, un po’ più vivi.

 

Quando si è davanti alla morte, si rimembra la vita perché, infondo, non siamo altro che anime i cui ricordi permettono di vivere.

 

*

 

Albert Gray era chino a terra. I polpastrelli della sulla mano tastarono l’asfalto duro e sporco delle strade di Londra, mentre lo sguardo tracciava la mappa già tatuata nella sua mente del Parlamento inglese babbano.

 

Infidi bastardi, pensò astioso, in attesa che i suoi uomini gli dicessero di aver evacuato i parlamentari. Non c’era stato nemmeno bisogno di inscenare la frenetica vita nel centro di Londra, ormai svuotato da mesi.

 

Mesi, mesi, mesi con quella terribile nebbia Succhia-Felicità e suo figlio non aveva potuto sposarsi. Questo gli faceva uscire il fumo dalle orecchie.

 

Ma ora… ora aveva la possibilità di cambiare le cose.

 

Albert aveva sempre, sempre creduto nel suo lavoro. Aveva combattuto nella Prima Guerra Magica come volontario, aveva fatto l’Auror di turno, arresti, scortato persone, testimoniato contro delinquenti. Aveva anche ucciso, sì, aveva le mani sporche e magari qualche Mangiamorte le aveva più pulite delle sue. Ma Albert aveva superato il trauma anni prima, al suo primo omicidio – Merlino, lo ricordava come allora. La sensazione del sangue, viscido, tra le unghie e gli occhi sbarrati del Mangiamorte la cui maschera era scivolata a terra con un tonfo. Nella sua mente, quell’immagine di una manciata di secondi sembrava eterna, rivissuta al rallentatore. Il tonfo della maschera. Il sangue tra le unghie. Gli occhi sbarrati. I muscoli del viso tesi nel dolore. Il coltello affondato nel petto. Il suo cuore che batteva impazzito contro il petto, scandendo un ritmo tutto suo. E poi era tornata la confusione della battaglia intorno a lui, aveva estratto in un colpo il coltello e raccolto da terra la bacchetta.

 

Uccidi per non essere ucciso. Logica barbarica, ma che aveva provato sulla sua pelle.

 

Aveva visto parecchi colleghi non riprendersi da tutto questo. C’era chi era diventato sordo in battaglia, chi aveva perso le gambe, le braccia, le famiglie, e che dichiarava quanto fossero stati fortunati quelli che erano morti prima di vedere i cadaveri dei figli e delle mogli.

 

Albert aveva due cicatrici che gli rammentavano della sua prima guerra. E aveva la sua dolcissima moglie, che gliele curava a letto, accarezzandole piano con i polpastrelli. Per questo l’amava, perché era riuscita a farlo sopravvivere, su quella barella, solo con il suo sorriso. A quel tempo non erano sposati e lei era solo una semplice infermiera, e lui un volontario ferito. Gli aveva curato i tagli e colmato il vuoto. Fu lei a ricordargli il perché valesse la pena di vivere. Fu lei a ricordargli che per vivere c’era bisogno della pace, perché amarsi in un contesto del genere era troppo rischioso. Harry Potter uccise Lord Voldemort, e finalmente Albert la sposò ed ebbe un figlio. E fu felice.

 

Ma la nuova Guerra minacciava di minare questa sua felicità. Questa era la battaglia finale – sentiva distintamente la tensione nell’aria, la paura, il nervosismo.

 

Albert non aveva paura della morte, temeva di più un mondo ristretto, chiuso, sottomesso alla politica dell’uno e non dei tanti. Questo era il motivo per cui combatteva, rischiando la vita. Non aveva intenzione di morire tanto facilmente, ma aveva la convinzione di poter dare la stessa felicità che gli era stata concessa a suo figlio e alla sua sposa, in un tempo di pace.

 

Non aveva fatto nessun discorso ai suoi uomini, si era limitato a spiegare l’assetto iniziale della battaglia. Erano cento Auror all’incirca e Albert sapeva che erano tutti ugualmente motivati, per essere in quel momento nascosti dietro le mura di Londra, ascoltando il Tamigi scorrere placidamente, sporco soltanto di terra e rifiuti. Come anche quelle strade asfaltate, non ancora ricoperte di sangue.

 

La ricetrasmittente gracchiò al suo fianco. “Siamo pronti.” Uscì una voce meccanica.

 

Albert chiuse gli occhi, impugnò salda la bacchetta, controllò la divisa munita di armi babbane e un paio di Pozioni in piccole ampollette e si alzò dal dura strada asfaltata.

 

Afferrò la ricetrasmittente e la portò la moneta stregata alle labbra strette. “Signori e signore, è un onore combattere con qualcuno che ha le palle per credere in qualcosa. Si comincia.”

 

Con un cenno di mano, cominciò a portare il suo plotone più vicino alla struttura, strisciando a terra, mimetizzandosi con l’ambiente.

 

“Squadra Volante. Ora potete buttare sul Parlamento gli esplosivi.” Ordinò alla moneta.

 

Nel cielo nuvoloso di Londra, apparvero una cinquantina di maghi su scope volanti che lasciarono andare pacchi che, quando toccarono l’edificio neo-gotico, esplosero.

 

In pochi minuti, un’onda enorme di uomini incappucciati si riempì il perimetro del Parlamento, bacchette alzate. Erano solo le prime avanguardie – Albert lo sapeva – e già così eguagliavano il loro numero.

 

“ANDIAMO!” urlò, buttandosi in avanti e cominciando a lanciare qualche Schiantesimo ai Mangiamorte più vicini. Dietro di lui, il Tamigi. Ai perimetri i suoi uomini, l’Ordine della Fenice e nessun altro.

 

Eroi sono quelli che rimangono alla fine, diceva sempre Ed con un sorriso.

 

Accanto a lui, il rumore della battaglia, urla, scalpitio di stivali, gomiti che si incrociavano, bacchette che saltavano.

 

Il caos, puro e semplice. Ma un caos a cui era abituato. Che gli era famigliare. In cui avrebbe aggiunto il proprio grido, i propri passi, il proprio ardore.

 

Lui era un combattente. Lui era un credente. Lui era colui che aspirava al silenzio dopo questo maledettissimo e odioso cozzare di corpi.

 

*

Meanwhile…

[Midnight Whispers]

 

 

“Stai comodo?”

 

Silenzio.

 

“Tanto è inutile fare il taciturno. So che sei sveglio, il tuo respiro è irregolare, in più stai tremando: hai paura?”

 

Ancora silenzio.

 

“Beh, è normale. Nemmeno io l’avevo mai fatto prima d’ora. Le cose nuove spaventano sempre.”

 

Un lieve bisbiglio.

 

“Non è per quello.”

 

“Oh, finalmente hai parlato: è il tuo ego maschile che si è risvegliato?”

 

“E’ il Marchio Nero che mi ha svegliato; mi sta bruciando la pelle.”

 

“Mh, anche il mio tatuaggio è infiammato; non me n’ero accorta.”

 

“Come fai a non accorgerti di un dolore simile?”

 

“Beh, tu sei una bella distrazione.”

 

Ancora silenzio, questa volta più imbarazzato; poi un lieve strascicare di seta e lenzuola.

 

“Potresti spostarti un po’, Draco. Anche se sei magro avere tutto il tuo corpo spianato addosso non è molto piacevole.”

 

“Non lo è?”

 

“D’accordo, lo è.”

 

“Come fai a fare così? Non sei neanche un po’ preoccupata?”

 

“Di cosa?”

 

“Ma come di cosa? Della punizione. Il Signore Oscuro ci sta chiamando e noi restiamo qui: questo è tradimento.”

 

“Adesso stai tremando di brutto. Fammi controllare una cosa…”

 

Un delicato bacio sulla fronte.

 

“Sembrerebbe un inizio di influenza… ma non è grave.”

 

“Tutto è grave. Finiremo uccisi.”

 

“Perché dici così?”

 

Strascicare di lenzuola più veloce e frenetico.

 

“Perché? Ma come perché? Invece di combattere la battaglia più cruciale di questa guerra siamo stati qui a fare…”

 

Nuovamente silenzio imbarazzato.

 

“Quanto sei dolce, Draco.”

 

Un sorriso lievemente ironico da parte di lei.

 

Uno sbuffo scocciato da parte di lui.

 

“Sei pentito, Draco?”

 

“Non lo so. Ora come ora non andrei mai a combattere quella dannata battaglia… ma il Marchio… e i miei genitori… forse sono morti e io sono qui a… spassarmela.”

 

“Allora ti è piaciuto?”

 

Un mugugno indignato da parte di lui.

 

“A me sì, Draco. Che mi dici di te; ti è piaciuto? Ti piaccio io?”

 

“Stai confondendo le cose.”

 

“Rispondi alle domande.”

 

“Sì.”

 

“A quale delle due?”

 

“Non lo so.”

 

“Quanto sei enigmatico…”

 

Ancora silenzio, più riflessivo.

 

“Rispondi alla seconda domanda, Draco.”

 

“Smettila. Ho per la testa altre cose adesso.”

 

“La tua sopravvivenza? L’incolumità tua e dei tuoi genitori?”

 

“Esatto.”

 

“Allora rispondi alla domanda.”

 

“Perché?”

 

“Perché devo sapere se sei degno.”

 

“Degno di cosa?”

 

“Di sopravvivere a questa guerra.”

 

Nuovamente silenzio. Un sogghigno ombroso da parte di lui.

 

“Tu non puoi fare la differenza tra vita e morte per me, Samantha.”

 

“Chi te lo assicura? Hai intuito qualcosa di me, dell’organizzazione che ho alle spalle?”

 

“Non credo che nessuno possa competere con l’Oscuro Signore, quindi questa conversazione è inutile.”

 

“D’accordo. Sei tu che hai deciso.”

 

Silenzio da parte di lui. Lei copre entrambi con un lenzuolo.

 

“Rimettiamoci a dormire, Draco. Puoi restare sopra di me se ti senti comodo.”

 

“Magari ci resto. Per ora è il posto più sicuro che ho.”

 

*

 

Più in là dalla sua postazione la battaglia era cominciata.

 

E un ululato lo avvertì che adesso la battaglia cominciava anche per lui.

 

Remus Lupin era coperto di peli, aveva la mascella più forte e il volto allungato: era nella sua forma lupesca, come dettato dalla luna che la sera prima dietro le nubi aveva riso, la faccia piena.

 

Hermione aveva incentivato l’Antidoto che gli permetteva di rimanere lucido durante le notti di luna piena ed ora era lì, affiancato da Moody e dalla squadra che si sarebbe preoccupata di un’importante compito: costituire l’offensiva contro il branco di Lupi Mannari di Greyback.

 

Con suo grande sollievo Ninfadora era nella loro casa fuori Londra, evacuata insieme alla maggior parte della popolazione in compagnia di Ted e Andromeda Tonks. I suoi suoceri.

 

Aveva un bel suono, suocero, ma soprattutto lo aveva moglie. Papà.

 

(“Remus!” la risata di Tonks gli solleticò l’orecchio, adagiato sulla sua pancia un poco gonfia. “È ancora piccolo perché tu senta i suoi calci!”

 

“Ma quanto dovremo aspettare?” si lamentò lui, accarezzandole l’addome. “Dai, piccino, fammi sentire la forza della tua mamma…”

 

Tonks continuò a ridacchiare, accarezzandogli i lunghi capelli castani.

 

“Sarai un ottimo padre, Remus.” Lui si irrigidì. Ninfadora sbatté le palpebre, impensierita. “Remus… cosa…?”

 

“Credo che non manchi molto allo scontro finale, Dora.”

 

Lei spalancò gli occhi, irrequieta e spaventata. “Harry… è tornato?”

 

“No,” la rassicurò Remus, accarezzandole con dolcezza un braccio. “Ma Lord Voldemort si muove in fretta e non so se l’Ordine lo aspetterà… e quando dovrò combattere, Ninfadora, io lo farò.”

 

Tonks si morse le labbra, reprimendo la voglia di piangere. “E io? Me ne dovrei star qui a far niente?!” strillò isterica, obbligando Remus ad alzarsi a sedere.

 

“Ninfadora, ne abbiamo già parlato. Sei incinta e non voglio –”

 

“Voglio combattere anch’io, al tuo fianco!”

 

Remus scosse la testa, e la sua grande mano coprì la guancia arrossata e leggermente umida di Ninfadora. “Pensa al nostro bambino. Devi dargli la possibilità di nascere, Dora. Io vi amo entrambi e non sopporterei di perdervi. Ho perso troppe, troppe persone a me care… ti prego di rinunciare per una volta ad una battaglia.”

 

Per quanto odiasse che lui la vedesse piangere, Tonks non riuscì a trattenere un singhiozzo.


“Stare senza di te sarà la battaglia più grande.”

 

Remus le sorrise con tenerezza. “Ma è per questo che mi sono innamorato di te, di un’amazzone.”

 

Dalle labbra di Tonks uscì qualcosa a metà tra un singhiozzo e una risatina. Remus l’abbracciò stretta, lasciando che si calmasse, accarezzandole i capelli d’uno scialbo grigio topo.

 

“Mi prometteresti una cosa?” Lei annuì sulla sua spalla. “Non chiamare mio figlio con il mio nome. È terribile.” Finalmente, le strappò una risata.)

 

 

Eccoli, sulla scena, il branco di Greyback. Avanzavano, digrignando i denti e sbavando, colpendo con le grandi zanne qualsiasi uomo capitasse loro per mano, impazziti a causa della luna piena. E Greyback ululava alla luna, ridendo della ferocia non umana dei suoi uomini.

 

L’istinto omicida nel vedere il lupo che l’aveva reso un Licantropo si risvegliò e Remus partì d’impulso verso il suo simile, un ringhio feroce tra i denti.

 

Greyback, stupito, si ritrovò a terra, uno dei suoi uomini sul petto con le zanne che affondavano nella sua carne.


“Che diamine stai facendo tu?!” gli urlò addosso, cercando di liberarsi e di strapparsi dal petto le lunghe zanne gialle.

 

Gli occhi ambrati di Remus divennero quasi rossi. “Ti uccido.” Gli ruggì contro, il massimo che poteva fare in qual frangente, la pozione troppo debole per permettergli altro.

 

La parte razionale stava cedendo al bisogno del sangue. Del sangue di un suo compagno – perché da qualche parte, il Remus più vendicativo stava venendo fuori.

 

Greyback spalancò gli occhi. Era impossibile che qualcuno dei suoi possedesse in luna piena la facoltà di grugnire qualcosa, e che attaccasse il suo branco… a meno che… questi non ne facesse parte…

 

Fu la volta di Greyback di digrignare le fauci.

 

“Traditore!” ringhiò e lo morse al collo, costringendo Remus a guaire e allontanarsi dall’avversario.

 

Greyback gli fu addosso subito, artigliandolo al viso, ma Remus si scostò e rispose con un morso che andò sfortunatamente a vuoto.

 

Entrambi i Licantropi erano a quattro zampe, studiandosi silenziosamente in cerchio, la bava alla bocca e la pulsante voglia di sangue nelle vene.

 

E la luna, rubiconda, sorrideva dietro le nubi.

Luna rossa.                                                                                        […ed è solo l’inizio della fine…]

 

*

 

“Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort.”

 

Questo, le avevano detto, e Ginny – se non ci fosse stato anche Han – avrebbe risposto secca a suo padre con un “Non è da sempre legato a lui?”. Ma in fondo, ora, non importava più, no? Aveva Han.

 

Stranamente quelle parole, invece, continuavano a martellarle in testa, persino mentre combatteva.

 

Accio roccia!”

 

La roccia colpì un nemico che cadde a terra svenuto. Ma Ginny non ebbe il tempo di verificare le condizioni del Mangiamorte, imbottigliata da un poderoso Schiantesimo da destra e da un terribile raggio verde alla sua sinistra.

 

Accucciandosi a terra evitò entrambi gli incantesimi, che si scontrarono a mezz’aria, provocando una terribile esplosione. I detriti volarono tutt’intorno, causando qualche livido e taglio.

 

Non aveva nemmeno il tempo di respirare; nel caos della battaglia vedeva davanti a sé solo pericoli, raggi colorati, maschere d’argento e nero mischiati ai mantelli verdi o blu degli Auror.

 

Le sembrava di impazzire; le urla di battaglia, di dolore e la polvere che si insinuava contro la pelle scoperta e si incrostava sui tagli superficiali che aveva in volto, e quella frase che le martellava in testa. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort. Harry Potter è prigioniero di Lord Voldemort.

 

“Ginny!” la voce di sua madre la riportò alla realtà – che aveva perso per qualche istante – e con uno scatto diede una gomitata ad un Mangiamorte che le dava le spalle, poi un calcio e uno Schiantesimo, facendosi così spazio per raggiungere sua madre.

 

Molly Weasley stava combattendo contro un omaccione grande e grosso, che la teneva bloccata per i polsi con una mano e con l’altra le dava un pugno.

 

“MAMMA!” urlò Ginny, disperata, cercando di liberarsi dai nemici che le sbarravano la strada.

 

“MAMMA!”

 

Questa volta Ginny non era stata l’unica voce a gridare.

 

Bill Weasley si era scaraventato feroce contro il Mangiamorte, con un gancio destro che aveva fatto perdere la presa su sua madre e aveva urlato “STUPEFACIUM!” sullo stomaco dell’uomo, che aveva sputato sangue, la maschera ormai caduta, e il viso smorto, svenuto.

 

“BILL! GINNY! Oddio…” aveva mormorato incoerentemente Molly appena Ginny le era stata abbastanza vicina da sentire.

 

“Mamma, per favore, capisco che essere ancora così attraente dopo una certa età ti abbia un po’ sbalordito, ma riprenditi!” rise Bill, con la parte del viso non mutilata meno tesa.

 

“Tesoro, per favore!” esclamò sua madre disgustata, facendo sì che Ginny sorridesse appena, mentre l’aiutava ad alzarsi, lanciando incantesimi di qua e di là di tanto in tanto, attenta a mirare solo gli avversari.

 

Bill rise ancora atterrando un altro nemico.

 

“Arthur? I gemelli?”

 

“Più in là. Fred si è tagliato l’avambraccio, ma sono tutti in piedi.” La rassicurò il secondogenito.

 

Ginny avvertì la madre sospirare. “Bene. …Ginny, scostati!” la ragazza si piegò e Molly fece scattare la bacchetta in avanti. “Flama!”

 

La pelle del Mangiamorte prese a bruciare, facendolo gridare dal dolore.

 

Spalle contro spalle, figlia e madre si rimisero nella mischia, guardandosi vicendevolmente le spalle in un modo molto strategico. Appena una vedeva l’altra in pericolo interveniva.

 

“Hai visto che pugno tuo fratello, Ginny?” esclamò ad un certo punto orgogliosa Molly e Ginny trattenne una risata, però c’era qualcosa d’isterico in quella felicità.

 

“Sì, mamma!” gridò di rimando, lanciando un ‘Expelliarmus’ contro un uomo incappucciato. “Merito di Greyback, si pentirà dopo questo di aver sfregiato mio fratello!” asserì convinta Ginny, scatenando nuova ilarità nervosa in sua madre, che duellava con un Mangiamorte poco lontano.

 

Finalmente Ginny si è ripresa! La mia bambina è tornata! Fiera e combattiva come una vera Weasley!

 

Stavano sdrammatizzando; non si poteva fare altro. C’erano troppi Mangiamorte, non si vedeva altro. Molly venne inghiottita da un’orda nera di combattenti e Ginny la persa di vista.

 

Alla sua destra sentì una voce esasperata gridare: “ARRIVA LA SECONDA ONDATA DI MANGIAMORTE!”

 

Ginny rabbrividì, i nervi a fior di pelle e il cuore che pompava innaturalmente adrenalina in tutto il corpo.

 

Ancora nuovi nemici. Non ce l’avrebbero mai fatta, era una missione suicida!

 

E Harry… Harry sarebbe rimasto da solo contro tutti… chissà se stava già combattendo Voldemort… chissà se aveva pensato a lei…

 

D’un tratto la terra tremò. Ginny si sforzò di rimanere in piedi, ma cadde alla seconda scossa.

 

Ci mancava il terremoto!

 

Stava per imprecare ad alta voce, quando i palazzi vicino a lei vennero rasi al suolo da un piede gigantesco e tutta la piazza cadde in ombra.

 

Gli occhi di Ginny si allargarono sbalorditi e anche un po’ impauriti.

 

Un gruppo di cinque o sei giganti fissavano la folla, e il polverone da poco causato le solleticava le narici rendendole difficile respirare.

 

“BUONI BUONI! GROP DIGLI DI UCCIDERE SOLO QUELLI IN NERO! NERO, GROP!”

 

La voce di Hagrid la colmò di speranza, mentre vedeva la sua figura sulla spalla del più piccolo dei giganti, che annuiva alle sue parole.

 

Ogni genere di creature combatteva per e contro Lord Voldemort. Era una battaglia alla pari; solo un’unica sfida poteva fare la differenza tra vittoria e sconfitta.

 

*

 

Ron e Hermione scivolavano agilmente tra la folla, Ron con la spada sul fianco, muovendola con forza e decimando i nemici che stavano sul lato destro, mentre Hermione gli faceva da scudo sul destro, bacchetta in mano e capelli ribelli che danzavano sul suo volto nonostante l’elastico che doveva domarli.

 

“Ron” gli urlò la ragazza, fissandolo con preoccupazione. “Ti fa male il braccio? Usa la bacchetta, non dei sforzarti troppo o non reggerai all’attacco finale.”

 

Ron estrasse la spada dal fianco di un nemico che si struggeva per il dolore e la ripose nell’elsa dietro la schiena, annuendo, sudato e ansimante per il grande sforzo compiuto.

 

Il Mangiamorte cadde a terra con una mano macchiata del suo stesso sangue ed era stato Ron a far sgorgare quel sangue.

 

Ce la devo fare… anche se dovessi uccidere… devo proteggere le persone che amo… anche se il mio corpo dovesse cedere.

 

“H-hai ragione.” Il Weasley sussurrò debolmente uno Schiantesimo, mentre prendeva fiato.

 

Hermione lo fissò con ansia e irritazione. “Accidenti, Ron, sta un attimo fermo! Ci penso io qui, tu riposa! Riposo, comprendi?”

 

“Certo,” rispose Ron seccato. “Lo dovrei fare in battaglia e farmi salvare dalla mia ragazza!? Non ci penso affatto!”

 

Lo Schiantesimo di Hermione gli passò sopra la testa e colpì un nemico in modo piuttosto violento. A Ron vennero i capelli bianchi e per l’incantesimo e per lo sguardo fatto di scintille di Hermione.

 

“Non essere sessista, Ron. Altrimenti sarò costretta a regolare i conti!” sbraitò la ragazza, facendo inciampare con un incantesimo un Mangiamorte che Ron gettò duramente a terra.

 

“Agli ordini!”

 

Ron si lasciò sfuggire una risata, ma tremendamente isterica.

 

Siamo in mezzo ad una battaglia… stiamo combattendo davvero!

 

Hermione si gettò su un altro nemico e lo schiantò con abilità.

 

Merlino, stava per morire e tutto ciò che riusciva a pensare era quanto gli piaceva Hermione sporca e graffiata…

 

L’intero campo di battaglia si riempì di un polverone terribile che lo fece tossire.

 

“Hermione, ma cos’è questa polvere?!” urlò portandosi vicino a lei per non perderla di vista nel caos.

 

Lei scosse la testa, stupita. “Non ne ho idea! Viene dal lato Est! E quest’ombra… oh Merlino!” prese a strillare, anche lei tremendamente euforica e isterica. “Ron, Ron! Guarda! Quello è Grop, è Grop!”

 

Ron seguì la direzione del dito che Hermione aveva puntato in cielo e, appena la polvere si dissolse nella nebbia riuscì a scorgere il profilo del loro immenso salvatore.

 

“Perfetto! Hagrid che l’ha fatta!” urlò felice.

 

“DIETRO DI TE!”

 

Ron tentò di girarsi, ma sapeva che qualsiasi cosa avrebbe tentare di fare, sarebbe stato troppo lento a parare il colpo. Il polso di Hermione fu più veloce e riuscì a schiantare il Mangiamorte che aveva cercato di aggredire Ron.

 

Lui le sorrise.

 

“Grazie.” Anche lei sorrise.

 

Ma d’un tratto l’atmosfera si gelò, e il sorriso morì dalla bocca di entrambi.

 

“Non è possibile…” sussurrò Ron, voltando gli occhi al cielo.

 

La nebbia si stava alzando sul campo di battaglia e le pozze di pioggia scrosciata della notte prima si stavano ghiacciando.

 

Un mare di esseri fluttuanti emerse dal cielo grigio: i Dissennatori avanzavano, avvicinandosi in grande massa al campo di battaglia, richiamati dal potere oscuro di Lord Voldemort.

 

Ron prese Hermione per un braccio e l’abbracciò.

 

Con te… i miei momenti più felici!

 

“Expecto Patronus!”

 

La sua marmotta zampettò goffamente verso il sempre più vicino squadrone di Dissennatori, e insieme alla sua almeno una trentina di Patronus tra cui la Lontra di Hermione.

 

Ma non erano abbastanza! Pochi guardiani argentati, troppo pochi per contrastare tutti quei Dissennatori…

 

Le nere figure svolazzanti scesero in picchiata. Ron interruppe l’incantesimo e trascinò via Hermione.

 

Così non ce la faremo mai.

 

Ma un boato e uno stridio gli giunsero alle spalle.

 

Ron si voltò in tempo per vedere la bacchetta di Hermione alzata e un sorridente Nick-Quasi-Senza-Testa che gli fluttuava accanto.

 

“Nick! Che ci fai qui?” esclamò repentina Hermione.

 

Il fantasma sorrise, arricciando i baffi evanescenti.

 

“Vado a combattere anche io, signorina. Non potrò toccare coloro che vivono, questo è vero” la voce di Nick era diventata più profonda e seria, mentre i suoi occhi grigi si alzavano verso la massa di Dissennatori. “Ma c’è chi in questa guerra è come un morto. Questi sono i Dissenatori, signorina Granger, e noi fantasmi di Hogwarts siamo stati tutti d’accordo. Li combatteremo noi, signorina.” La rassicurò, sorridendo e guardandoli con tenerezza.

 

Nick rise ancora. “Bene, buona battaglia!” e volò verso i Dissennatori, che ormai avevano raggiunto il Tamigi.

 

Hermione sorrise a Ron, raggiante.

 

“Ogni genere di creatura dalla nostra parte… contro Colui-che… contro Voldemort!” esclamò esaltata.

 

Ron le sorrise “Sono sicuro che Nick si conquisterà la fiducia di tutti in battaglia.” L’espressione si rifece seria. “Forza, Hermione. Dobbiamo aiutare Harry!”

 

La ragazza annuì, decisa, stringendo la bacchetta.

 

“La vera battaglia – e anche l’ultima – sarà quella tra Harry e Voldemort.”

 

*^*^*^*^*

Il Destino

[Rassegnazione]

 

 

Iridi rosse e maligne puntante contro di lui… L’imponente massa oscura e tenebrosa contro la piccola figura tremante del suo pavido avversario, il Prescelto… lui.

 

Io contro Voldemort.

 

Harry era pietrificato al fianco di Piton. Ma nessun incantesimo lo tratteneva, solo un ricordo…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Bellatrix Lestrange era prostata ai piedi di Lord Voldemort, la lunga e oscura chioma scarmigliata le cascava sul viso come una coltre impenetrabile.

 

“Mio Signore, sono ai suoi ordini.”

 

Gli occhi da serpente di Voldemort la squadrarono, sibilando l’ordine con uno stridio. “Vai al fronte, Bella, e tieni occupato l’Ordine.”

 

Bellatrix si alzò con le pupille che tremavano e la voce ansante e maniacale. “Subito. Farò una strage per lei, Mio Signore.”

 

La Lestrange oltrepassò la barriera ormai semidistrutta; l’arco dell’entrata era crollato sul lato più meridionale, abbattuto da un potente colpo del gallese verde di Charlie Weasley.

 

Al fianco del Signore Oscuro restò solo una smunta figura cupa dagli occhi e capelli nero pece.

 

“Severus, prego…”

 

Le dita ossute e albine di Voldemort sventolarono con padronanza all’indirizzo della crepa nell’arco portante.

 

Piton fece un breve inchino e oltrepassò il suo signore con il massimo contegno e rispetto. Piantò la bacchetta a terra, mormorando un incantesimo sconosciuto che pareva una cantilena.

 

Harry sobbalzò col terreno scosso da potenti vibrazioni. Un muro colossale si stava levando dal terreno, sgretolato dalla sua emersione. Un’infinità di altre pareti massicce seguirono la prima, affiancandosi in modo casuale, formando una muraglia invalicabile e un labirinto inarrivabile.

 

La risata rauca e stridente di Voldemort raggiunse Harry come un sibilo pungente. “Con questo di mezzo l’Ordine non arriverà tanto facilmente a noi, Harry. E poi…”

 

Harry intuì un monito d’avvertimento, da qualche parte nella sua testa qualcuno gli stava gridando di scappare o di estrarre la bacchetta, ma rimase paralizzato, irremovibile, catturato in quel ricordo…

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Voldemort sfoderò la sua bacchetta, la gemella di quella di Harry. Con la mano libera invitò Piton ad avvicinarsi e, subito, i tre vennero racchiusi in un cerchio luminescente, delimitato da simboli di alta magia che Harry stentava a riconoscere.

 

I segni sul pavimento si unirono in una doppia linea circolare e da loro si levò un’ondata di luce e scintille d’incantesimo, chiudendosi in un guscio simile al Prior Incantatio.

 

Quando parlò, la voce stridente di Voldemort rimbombò contro le pareti luminescenti del guscio, come un eco onnipotente.

 

“E con questo, caro Harry, nessuno potrà interferire. Anche se l’Ordine riuscirà a trovare la giusta via in quel labirinto intricatissimo, non potrà mai distruggere questa barriera: è magia antichissima, massima protezione… proprio come quella che la tua amata madre Mezzosangue ha dato a te.”

 

Il sibilo di Voldemort si perse in una risata aspra e Harry fremette ancora.

 

“E ora morirai, Harry Potter!”

 

(Lui gli ha rivelato il futuro: una sicura vittoria oscura!)

 

Il respiro di Harry si fece ansante, mentre Lord Voldemort levava la bacchetta su di lui con una lentezza esasperante.

 

Possibile che debba morire per forza? Possibile che il mio destino sia già scritto? Sto per morire e non c’è scampo… proprio come la Maledizione dei Black… il Destino Oscuro di Harry Potter…

 

 

~ [ Fine Capitolo 14] ~

 

=*=*=*=*=*=*=*=

 

 

… p-penultimo c-capitolo…. *Samy e Kaho sospirano e lanciano un urlo, abbracciandosi e salterellando* YAY! Questo significa la seconda parte… e poi… la terza! *__* La più interessante! La più emozionante! La più… ok, basta, ci tappiamo la bocca altrimenti ci escono degli spoiler pazzeschi! XD

Tutto molto epico, uh? (Forse fin troppo… ndSamy ^^; ndKaho)

La battaglia finale deve ancora iniziare, cari lettori, il vero climax sarà il prossimo capitolo… questo è solo l’inizio della fine… *risata satanica*

Allora, che ne dite? Non è troppo antipatico Han? INSOPPORTABILE! Sborone del cavolo! >.< E Ginny… oh, dei, è così maledettamente ‘numb’… (Dai, cantami la mia canzone LechuBox! *___* ndSamy -__- Ok, ok, ma solo perché piace anche a me! ù_ù I become so numb, I find you there... ndKahoCheCantaLaCanzonePreferitaDiSamy).

Sigh, capitolo triste/epico/teso (persino il post-momento-hot tra Draco e Samantha XD). Pensate al prossimo dove cominceremo a fare male per davvero ai protagonisti! XDDD Fisicamente e psicologicamente (sì, ragazzi angst! *muahaha*).

 

 

Ma rispondiamo alle recensioni che è meglio! ^^;

Jerada: Sì, Harry finalmente si è svegliato dal lungo letargo! XD Anche se il suo fardello gli pesa ancora, insomma, non è uno stoico che ha raggiunto l’apatia. XD Scusaci l’excursus filosofico, ma l’argomento ci aveva molto appassionato (più o meno)! =P Grazie dei complimenti, fa sempre piacere e gratifica il nostro lavoro riceverne. ^^ Speriamo che continuerai a seguirci! J

Apple: Anche Samy ama le Cioccorane fuse! XD Però non ti sei sciolta vero?! O_O Altrimenti ti avremo sulla coscienza! XD L’addio è molto triste, ma crediamo che ti abbia ugualmente rattristato questo nuovo ‘status’ tra Harry e Ginny. *Kaho piange disperata e Samy cerca di consolarla* Sigh… speriamo di trovarti nelle recensioni anche dopo questo capitolo… non sciolta però! XD Baci! 

Nana92: Speriamo che la lettura del capitolo non ti abbia rovinato il sonno dato che hai recensito a quell’ora! Insomma, noi ci teniamo ai nostri lettori! XD Capitolo atteso? Bello? Speriamo che lo sia anche questo! Grazie mille per il commento, fa davvero piacere ricevere complimenti! *___* Bye!

Ginny89Potter: Sì era un po’ triste… ma questo lo è di più, soprattutto se sei una fan Ginny/Harry! XD Comunque, grazie! *_* Bye!

HarryEly: Scateniamo queste reazioni ai nostri aggiornamenti?! XDDD (LOL) Affascinata da Godric? Ma noi amiamo i fondatori, altrimenti perché sarebbe intitolata “Harry Potter e gli Eredi dei Fondatori” questa storia? XD Errori di pronomi? O.O Acc, e pensare che Samy rilegge tutto prima di pubblicare… ops, qualcosa ci sfugge! XD Perdono… felici di appassionarti, magari ti rendiamo anche drogata della saga, se riusciamo! -__^ Grazie! *-* Baci!

Saty: Saty, Saty, Saty, tu ci fai morire ogni volta che leggiamo una tua recensione, sei troppo forte, sul serio! Roba da rotolarsi sul pavimento tenendosi la pancia (come capitiamo sempre)!! XDDDD Però Saty, Kaho ti avverte: se cominci a scrivere che adori Samantha e Draco rendi Samy praticamente impossibile da controllare, una fontana di energia! XD Però fai fai, che è divertente vederla e a lei dà una soddisfazione enorme, soprattutto ora che (finalmente) abbiamo ben capito il carattere di Samantha! -__^ Cirius mi sa che lo sentirai solo nei ricordi dolorosi di Harry con tua grande gioia! XD E se ti ha sconvolto la scena finale dello scorso capitolo, questo ti avrà fatto disperare! XD Cioè, a Hermione e Ron non succede ancora niente ma tutta questa atmosfera dark fa male! Parola di prossimi-pionieri! ù.ù Stacci tu bene, che ci regali così tante risate e soddisfazioni insieme! Baci! *__*

EDVIGE86: Grazie, grazie ci fai arrossire per l’orgoglio super-gonfiato! *__* Ron ed Hermione alla fine… uhuhuh… non possiamo svelarlo, ma ti giuriamo che hanno una parte molto, molto importante! *__* Bye!

Gin&Pokter: Grazie mille dei complimenti! *_* Bye!

ninny: Grazie mille! *__* Speriamo di trovarti anche nel prossimo capitolo! ;)

 

  
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