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Autore: irishsseyes    25/03/2013    8 recensioni
Liam ed Emma non avrebbero mai potuto incontrarsi: lei vive nel 1995 a Wolverhampton, lui nel 2013 a Londra. Ma Liam può viaggiare nel tempo, pur con il divieto di cambiare il corso degli eventi.
Per cercare sua sorella, che si è perduta in una dimensione temporale sbagliata, il ragazzo irrompe nella vita di Emma recando con sè un nuovo universo, denso di avventure e possibilità. Ma se il battito d'ali di una farfalla può provocare un uragano dall'altra parte del mondo, cosa scatenerà un sentimento come un amore che nasce con diciassette anni d'anticipo?
Emma e Liam si perdono e si ritrovano incrociando i loro destini paralleli, ma dovranno trovare il modo di fermare la corsa dell'orologio. Quanto saranno pronti a perdere pur di rimanere insieme? Quali conseguenze saranno disposti a sopportare, alterando la realtà, per proteggere il loro amore?
STORIA ISPIRATA DAL LIBRO "STAY"(DI CUI LA TRAMA).
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO UNO.
 
Marzo 1995, Wolwerhampton, Inghilterra.
Il tipico tempo di Wolwerhampton, quella mattina, non faceva altro che farmi sentire ancora più oppressa. Mi ero svegliata con lo stesso umore di sempre, e certo quelle nubi che minacciavano pioggia non avrebbero migliorato la situazione.
Decidetti, però, che non avrei saltato il mio allenamento mattutino. Magari un po' di pioggia non mi avrebbe fatto poi così male.
Scesi le scale, facendomi una coda sbadata ai capelli. Non dovetti neanche arrivare all'ultimo gradino, che un forte odore di caffè mi invase le narici: mia mamma era già sveglia.
-Buongiorno tesoro- mi salutò distogliendo per un secondo lo sguardo dalla sua tazza.
Ricambiai con un cenno accompagnato da uno stanco sorriso. Poi mi misi le cuffie nell'orecchio, e uscii.
Le vie vuote, a quell'ora mi affascinavano. Non c'era nessuno, se non forse qualche signore che andava a lavoro particolarmente presto. Le luci, nelle case e per strada, erano quasi tutte spente. L'unica cosa che illuminava la strada che stavo percorrendo era la sfumatura di rosa che il sole dipingeva su ogni cosa. Adoravo l'alba.
Arrivai alla pista di atletica con già il fiatone. Avevo spinto troppo, senza rendermene conto. Ma non me ne importava. Amavo correre, nessun dolore riusciva a raggiungermi.
Presi un sorso d'acqua dalla mia borraccia, cambiai canzone dal mio lettore CD e mi rimisi sotto con l'allenamento.
Cominciai a fare due giri, poi tre. Guardavo dritto davanti a me. Solo ogni tanto volgevo lo sguardo verso gli spalti, per essere sicura che non ci fosse nessuno.
Al terzo giro, però, lo vidi. Un uomo.. Forse un ragazzo. Indossava un cappotto nero, e mi osservava con un sorriso in volto. Aveva i capelli rasati, mi accorsi. Nessuno in questa piccola cittadina si sognerebbe di portarli così. Non c'era ragazzo che non avesse la cresta, nella mia scuola.
Non mi fermai, continuai a correre senza fargli notare che mi ero accorta di lui. 
Non ero molto lontana dal ragazzo. Egli era seduto solo al secondo gradone degli spalti. Riuscivo a vedere le piccole rughe d'espressione che gli si formarono intorno agli occhi mentre sorrideva ancora di più. Probabilmente si era accorto che anche io, ora, lo stavo fissando.
Non  mi spaventava, anzi: mi incuriosiva. Quel sorriso faceva tutt'altro che paura. Potrei dire che fosse un mio amico da come mi guardava, ma io ero fortemente sicura di non averlo mai visto.
Mi scostai una ciocca di capelli scivolatami sugli occhi, e in quel momento notai una piccola lacrima scendere sulla guancia del ragazzo. Egli la lasciò cadere al suolo, soffiando e facendo così che dalla sua bocca uscisse dell'aria gelata.
Mi ritrovai inconsapevolmente a sorridere, nonostante quella situazione dovesse spaventarmi.
Abbassai un secondo lo sguardo, mentre seguivo la curva che prendeva la pista su cui correvo. Poi lo rialzai, decisa ad andare da quella figura misteriosa.
Ma lui non c'era più.
Mi fermai, portandomi una mano al fianco e riprendendo fiato. 
Dove era finito?
Non esitai ad avvicinarmi verso il seggiolino dove un attimo prima era seduto lui. Lo toccai, era caldo. Nella neve sotto erano impresse delle impronte di scarponcini, ma non andavano oltre.
Lui era stato lì.
Lui non c'era più.
Lui era scomparso.
 
Quando, due ore dopo, entrai a scuola, fui subito accolta da Abby.
-'giorno, tesoro.- cinguettò, con il suo strano accento irlandese. Poi mi abbracciò, stampandomi un bacio sulla guancia. 
-Hai saputo?- mi chiese euforica, come se si stesse trattenendo questa domanda da fin troppo tempo.
Alzai gli occhi al cielo. -No, ovviamente. Quando mai è successo che io sia venuta a sapere una cosa prima di te?-
Misi i libri nell'armadietto, lasciando fuori solo quello di spagnolo.
Abby ignorò la mia retorica domanda, e si affrettò a spiegarmi, eccitata: -C'è un ragazzo nuovo a scuola. Si è appena trasferito da Londra. Londra, capisci?- 
-Oh, è una bella cosa.- Le risposi sovrappensiero. Mi convinsi che ero solo stanca, quando in realtà la verità era ben altra: non riuscivo a distogliere i pensieri da ciò che era accaduto quella mattina stessa. Lo avrei dovuto raccontare ad Abby? Avrei dovuto rendere partecipe la mia migliore amica di un evento che neanche io riuscivo a spiegarmi? 
-Ok, ora posso raccontarti una cosa... strana?- le chiesi, con il volto del ragazzo ancora impresso tra i miei pensieri.
-Ovvio.- Abby accennò un sorriso.
-Non lo devi dire in giro, però. Non è uno dei tuoi soliti gossip questi.- le chiarii, e lei alzò le mani quasi a volersi difendere da qualcosa.
Presi un respiro profondo. Mi preparai mentalmente le parole che avrei potuto dire senza essere presa per pazza.
Ma non feci in tempo neanche ad aprir bocca che Harry Styles, giacchetto della squadra di basket e sorriso smagliante, posò un braccio sulle spalle di Abby e le avvicinò le labbra all'orecchio.
-Buongiorno, dolcezza.- le sussurrò.
-Bleah, Harry.- rispose Abby, scostandolo con una leggera spinta ma allo stesso tempo incoraggiandolo con un mezzo sorriso. - Non vedi che stavamo parlando? Cosa vuoi?-
-Te lo dico... Se fai un giro con me nei corridoi.- Harry sorrise mostrando delle adorabili fossette, in netto contrasto con il suo corpo da uomo fatto e compiuto.
Abby gli rivolse un'occhiata, poi guardò i corridoi, ed infine si rivolse verso di me. -Ne parliamo oggi a pranzo, ok?- mi chiese, ed io annuii. Poi Abby prese Harry sotto braccio e si avviarono verso le aule.
A quel punto mi appoggiai agli armadietti, chiusi gli occhi e mi passai una mano sul viso. Forse quell'intromissione era un segno. Forse è meglio che io non dica nulla ad Abby, mi dissi. Decisi che ci avrei pensato più tardi, e feci un gesto con la mano, quasi a voler allontanare quei pensieri dalla testa.
Mi voltai, ma andai a sbattere contro qualcuno.
Alzai la testa e lo riconobbi: era il ragazzo che avevo visto nella pista.
Mi si mozzò il respiro.
-Scusa.- mi sussurrò distrattamente, poi mi scostò piano e ritornò a seguire il preside Parker. 
Rimasi immobile, gli occhi spalancati.
Quindi eccolo, la new entry da Londra. Il ragazzo dalla testa rasata e gli occhi color nocciola. Il ragazzo che quella mattina era sparito nel giro di un secondo dal campo.
Li guardai finchè non voltarono l'angolo, pallida e a bocca aperta.
   
 
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