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Autore: Rallienbow_    26/03/2013    0 recensioni
Un demone che trasgredisce le regole degli Inferi, viene punito e spedito sul mondo degli umani, dove sarà costretto a vivere per sei lunghi mesi a stretto contatto con una vampira, la quale dovrà insegnargli le buone maniere e riportarlo negli Inferi solamente quando sarà adatto per ereditare ciò che il padre ha intenzione di lasciargli.
E in sei mesi, beh, possono succederne di tutti i colori..
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zan zan. Secondo capitolo arrivato!

Premetto: la storia di Evan si farà più interessante fra qualche capitolo, quindi keep calm. u_u

Per il resto, buona lettura!

Ps: non sono ancora pratica con i codici html, quindi, ehm, scusatemi per la forma. LOL

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Quella casa, o per meglio dire quella specie di piccolo castello, a Layla non era mai andato troppo a genio.

Si ergeva nella parte vecchia di Londra, quella che una volta era il centro, mentre ora sembrava la parte residenziale, dove c'erano le grandi ville storiche. Si chiese distrattamente se Evan ce l'avrebbe fatta a teletrasportarsi lì da Edimburgo, poi decise che non gliene importava molto, dato che il sigillo che gli aveva affibbiato lo avrebbe comunque condotto a Londra entro le sei, quindi si scrollò le spalle e osservò la costruzione davanti a sé.

Trovava solamente due aggettivi per essa: lugubre, e dannatamente elegante.

Si entrava dal cancello principale in ferro battuto, nero, coperto da alcuni rampicanti; al centro, dove c'erano le maniglie c'era un cerchio, con all'interno le lettere "RB", che si spezzavano quando veniva aperto. Un vialetto di ghiaia conduceva attraverso l'immenso giardino della tenuta, che Layla stava percorrendo a piedi, fino ad una piazzetta circolare, al centro della quale si trovava una fontanella in marmo bianco. Era composta dalla base, un vaso tondo più largo che alto, dal quale partiva una spirale che si innalzava per un metro circa, e dalla cui punta usciva un getto d'acqua; o almeno, un tempo era così, perché ora l'unica dose di acqua che giaceva dentro la fontana era quella della pioggia della settimana precedente, sporca di fango.

Dietro la fontana si stagliava la figura della tenuta RedBlood.* Quando Layla era più piccola, all'ingresso della villa ad attenderla c'era un vecchio signore che faceva da maggiordomo, Reginald. Più di trecento anni fa! Da una ventina d'anni, invece, c'era Kiba. Era l'unica persona di cui Layla si fidasse totalmente e che la conoscesse nei minimi particolari -oltre la sua migliore amica, nonché sorellastra, Madison. Non era solo un maggiordomo, ma era un combattente. Era per questo che Layla l'aveva scelto, fra i mille candidati. Lui era un ninja giapponese, e avrebbe saputo gestire una situazione di caos assoluto prima di una battaglia -e lei sapeva che sarebbe arrivata una situazione del genere, prima o poi.

"Signorina Effy, ben tornata a casa." disse Kiba, con un gran sorriso che la vampira ricambiò; Layla aveva diversi nomi con cui veniva chiamata.

Signorina RedBlood, sul lavoro, o per chiunque avesse un rango più basso del suo -praticamente tre quarti del Sottomondo; Layla, i suoi amici o chi aveva un legame un po' più stretto con lei; Effy, il suo secondo nome, che veniva usato solo da suo fratello Erick e da Kiba; Saphir, il nome che le aveva dato Madison, per via del colore dei capelli e "l'animo gentile" che Maddy vedeva in quella ragazza mezza vampira e mezza Nereide. A quell'affermazione Layla aveva arricciato il naso nella sua solita, buffa smorfia di disapprovazione ed era scoppiata a ridere.

La ragazza osservò il maggiordomo, ringraziò, ed aprì le porte della villa.

"Cosa desiderate? Riposarvi, farvi una doccia? Posso preparare la colazione, nel mentre." nonostante tutto, Kiba non aveva mai accettato l'idea di dare del "tu" a Layla, e sebbene lei gliel'avesse chiesto parecchie volte, con insistenza anche lui non aveva ceduto mai.

"Una doccia, magari più tardi. Ora vorrei davvero fare colazione, sto morendo di fame!" disse con fare gentile, mentre attraversavano il lungo corridoio che portava all'altra estremità della villa, dove c'erano la sala da pranzo e la cucina.

La sala da pranzo era una stanza rettangolare, più lunga che larga, alla fine della quale c'era la porta per la cucina. Entrando dal corridoio, al centro della stanza c'era un lungo tavolo, nel quale potevano comodamente sistemarsi una ventina circa di persone, a sinistra c'erano tre grandi vetrate che si protendevano verso l'alto e finivano con un piccolo arco a sesto acuto che davano sul giardino esterno, dalle quali entrava una grande quantità di luce. Sulla parte destra invece c'erano quattro candelabri, ora del tutto spenti, e in mezzo ad ogni coppia di candelabri c'era un quadro. Li aveva fatti mettere Kiba e lei li aveva apprezzati moltissimo. Il tema principale di tutti e tre era il mare.

Il primo rappresentava un'immensa spiaggia dalla sabbia bianca con l'acqua cristallina che bagnava timidamente il litorale del posto, e una piccola stella marina, i cui colori variavano dal rosso fuoco del centro all'arancione acceso delle punte, che si lasciava oziosamente trasportare dal ritmo tranquillo e leggero delle onde che facevano su e giù sulla riva. Le trasmetteva una calma irrazionale. La cosa che le piaceva di più di quel dipinto, e che lo rendeva il suo preferito, era il punto di vista dal quale era stata ritratta la scena. Era come se il pittore si fosse sdraiato a pancia in giù con il mento appoggiato direttamente sulla sabbia, e avesse disegnato quello che vedeva da quell'angolazione.

Il secondo, invece, rappresentava un fiordo norvegese. Sulla destra si vedeva la parete grigia e rocciosa del fiordo, da cui scendeva una piccola cascata che si riversava nel mare, freddo e piatto. In secondo piano si scorgevano altri fiordi, da uno dei quali scorreva giù dritto un piccolo fiumicello.

Il terzo era quello che la metteva più a disagio, ma nello stesso tempo le creva una specie di strana attrazione. Era una foto in realtà, incorniciata come un quadro, e forse era proprio il fatto che fosse reale, che quello che c'era nel dipinto fosse vero, che la intimidiva di più. Era la foto di un iceberg. Una di quelle foto che ti fanno vedere la punta, sopra l'acqua, e il resto della sua massa, imponente, sott'acqua. Lei, che faceva parte di quel mondo, anche se per metà, si sentiva intimidita di fronte a uno spettacolo del genere.

Percorsero la stanza ed arrivarono in cucina, dato che erano solo loro due e si sedettero al tavolino quadrato da quattro posti. Kiba puntò i suoi occhi nocciola in quelli gialli della ragazza e la scrutò, con attenzione.

"Qualcosa non va?" chiese, in modo gentile, ma preoccupato. Layla scosse la testa. "Non so come devo comportarmi. Cioè, adesso avremo questo.. Questo coso che ci scorrazza libero in casa, e non so cosa devo fare. Cioè, è giusto che io sia cattiva con lui, no? Però c'è sempre quella parte di me che dice che sarebbe meglio usare le maniere gentili." disse, e sospirò alla fine della frase. Lui sorrise, divertito. "Effy, la cosa migliore in questo caso è il pugno di ferro. E' un ragazzino viziato che si crede il padrone del mondo. A proposito, che tipo di demone è?" chiese, con tono curioso.

"Demone della Crudeltà." sospirò, di nuovo.

"Ahi-ahi. Ci sarà da ridere." disse, ironico, e le fece l'occhiolino. Si alzò in piedi e si diresse verso i fornelli. "Cosa desiderate da mangiare? Puncake con sciroppo d'acero e the alla vaniglia? Ovviamente accompagnato da un caldo bicchiere di sangue." si girò per guardarla, sorridendo.

"Tu mi vizi, altro che combattente!" esclamò lei, divertita, per poi annuire. Sì, mi conosce proprio bene.

Kiba le posò sul tavolo un piattino in ceramica bianca con tre puncake, la bottiglietta con lo sciroppo d'Acero, vuoto a metà, una tazza in ceramica verde fluo dalla quale usciva un fumino, che indicava quanto il the fosse caldo, e un bicchiere in vetro con del sangue altrettante caldo. "Effy, se non avete più bisogno dei miei servigi vorrei recarmi nei sotterranei, per fare un po' di allenamento."

Layla sorrise a quelle parole, ed annuì semplicemente.

"Certo, va' pure Kiba. Io farò un bagno dopo aver finito qui." disse con fare dolce, alzò una mano a mo' di saluto, e lo guardò scendere; posò poi il suo sguardo topazio sul bicipite destro, sul quale era presente una piccola ferita di qualche giorno addietro, che si era probabilmente procurata in un duello con la spada. Finì la colazione in un batter d'occhio, spreparò la tavola, e salì in camera sua, al piano superiore.

La camera di Layla era composta da un ambiente molto ampio e molto diverso allo stesso tempo: a destra c'era la camera vera e propria, dov'era sistemato il letto. Vicino ad esso c'era una porta, dietro alla quale si trovava la cabina armadio; a destra del letto invece c'era un tavolo sul quale due pile di libri rimanevano in perfetto equilibrio, ed una sedia, con una piccola lampada che cambiava colore.

A sinistra del letto c'era il bagno. Nella parte sinistra della camera, invece, c'era il piano bar, il pianoforte -che era stato tolto dalla stanza dedicata alla musica- e la parete di fondo era riempita dalla sua collezione personale: cd, vinili, cassette musicali, dvd, VHS, ma sopratutto libri. Tanti, tantissimi libri, collezionati nel corso dei secoli. Un grande stereo nero e argento era posizionato al centro della parete. Layla si avvicinò a quest'ultimo, prese dalla parete un cd di musica classica e lo inserì nello stereo. Le note leggere e dolci di un pianoforte risuonarono nel grande ambiente della camera, coccolando le sensibili orecchie della ragazza. Entrò nella cabina armadio, si tolse la fascia con il pugnale fermata al braccio e si tolse il resto dei vestiti, che avrebbe poi buttato a lavare, e aprì il rubinetto dell'acqua calda, riempiendo la vasca; prese un flacone di sapone, ne versò un po' nell'acqua e la mosse un po' con la mano, creando una marea di bolle di sapone che iniziarono a fluttuare non solo nel bagno, ma anche nella sua camera da letto, dato che aveva lasciato la porta aperta; si immerse nella vasca, dalla quale fuoriusciva un leggero fumo, indice della temperatura alta dell'acqua, e si perse nei suoi pensieri. La ferita sul braccio si rimarginò del tutto, in pochi secondi, e si sentì più tranquilla.

Dopo circa un'ora di rilassante bagno uscì dalla vasca, prese un morbido asciugamano rosa confetto, che le copriva appena sopra il seno e arrivava a metà coscia, e se lo avvolse attorno al corpo, entrò nella camera e..

"EVAN!- cercò di calmarsi e di controllare il tono con il quale parlava- Che cavolo ci fai qui?!" si strinse nell'asciugamano e s'irrigidì.

Evan diventò leggermente rosso, si portò una mano alla nuca e si grattò distrattamente i capelli. "Stavo cercando la cucina ma non sapevo dove andare, e per non mettermi a curiosare in mezzo alle varie porte ho seguito la musica e.." disse, come a mo' di scusa, anche se non sembrava realmente dispiaciuto, ma piuttosto divertito.

"Esci dalla mia camera. Ora! Dovrò insegnarti a bussare." rispose seccamente, assottigliando lo sguardo. Evan continuò a guardarla, sfidandola.

Il ragazzo, in realtà, invece di girovagare senza meta per la capitale scozzese, aveva deciso di dare fastidio e far saltare i nervi alla fanciulla, ma voleva anche curarsi quelle ferite che si era provocato nel bosco; una volta ritrovatosi davanti alla villa aveva però cambiato idea, decidendo di curiosare al suo interno. Così, aveva aperto la porta e aveva seguito quella dolcissima musica che arrivava dal primo piano, e si era ritrovato davanti una Layla appena uscita dalla vasca da bagno, con i capelli azzurri bagnati e appiccicati fra di loro, e mezza nuda, in pratica. Aveva fatto vagare il suo sguardo sulla figura diafana della ragazza, incantato dalla sua bellezza, ma aveva dovuto tornare alla realtà quando, all'ultimo momento, aveva visto un libro arrivargli addosso; si spostò giusto in tempo per evitarlo, poi si chinò per raccoglierlo e fece per riporgerlo alla proprietaria. "La cucina?" chiese ancora, prima di restituirlo.

"Al piano di sotto, e ora sparisci!" sbuffò Layla, seccata, e si riprese da sola il libro, mentre con l'altra mano si teneva stretto l'asciugamano al corpo; chiuse poi la porta alle sue spalle, con un sonoro tonfo, e vi si appoggiò con la schiena, per qualche istante, per essere sicura che il ragazzo se ne fosse andato, e non avesse indugiato oltre.

***

La mattina seguente Layla scese le scale, recandosi in cucina, pronta per mangiare qualcosa per poi andare a fare un po' di allenamento nei sotterranei. Quando arrivò alla sua meta, però, trovò Evan impalato, in piedi, di fronte ai tre dipinti della sala da pranzo; Kiba si affacciò dalla porta della cucina e fece un cenno alla ragazza, come a dire "E' lì da un pezzo!". Infatti, Evan stava osservando, quasi con occhi vitrei, il dipinto dei fiordi norvegesi; aveva un'espressione.. Come dire? Sconvolta. Layla gli si avvicinò di soppiatto, con un sorriso beffardo, e gli si posizionò dietro.

"Impressionato, Lockwood?" gli chiese, poggiando le labbra rosso sangue sull'orecchio del ragazzo, e facendolo sobbalzare a causa dello spavento. Preso alla sprovvista, s'irrigidì.

"Figuriamoci! Mi ricorda solamente un posto nel quale sono stato tempo fa, tutto qui." rispose freddamente, e le voltò le spalle, entrando in cucina senza salutare Kiba e sedendosi al tavolino. Layla rimase a fissarlo, per qualche istante; non ricordava dove l'avesse comprato, e si stava chiedendo come fosse possibile che gli ricordasse un posto, dato che non aveva dei permessi speciali per uscire da Sottomondo. Scosse velocemente la testa, risvegliandosi da quei pensieri, e andò a sedersi di fronte al demone; Kiba servì la stessa colazione della mattina precedente, ed Evan assunse un'aria interrogativa.

"Che stai facendo?"

"Colazione." rispose Layla, in modo ovvio, aggrottando leggermente le sopracciglia.

"E.. In cosa consisterebbe? Mangiare cibo umano?" l'espressione di Evan si faceva via via più sconcertata, e anche un po' disgustata.

"No, non per forza, ma te lo consiglio caldamente, perché stiamo per andare a fare allenamento, e se non mangi crollerai a terra dopo solo dieci minuti." la vampira gli rifilò uno sguardo autoritario, che non ammetteva repliche.

"Dieci? Io direi cinque." replicò Kiba, sorridendo beffardo. Layla trattenne una risata, e passò il piatto ad Evan.

"Non ho queste usanze, non conosco il cibo umano." guardò il piatto con una nota di diffidenza.

"Avanti, prova!" insistette Layla.

Evan alzò un sopracciglio, fece vagare lo sguardo dal piatto alla vampira, per poi farlo tornare al piatto; arrendendosi, prese forchetta e coltello, tagliò un pezzo del puncake, fece per mangiarlo quando si fermò per versarci sopra un po' di sciroppo d'acero, e dopodiché lo addentò. Layla rimase ad osservarlo durante tutte quelle operazioni, e quando disse: "Non male" sul suo volto si dipinse un sorriso vittorioso, perché sapeva che aveva vinto la prima delle tante sfide che stava per intraprendere con quel testone di un demone.

"Kiba, potresti cucinare un altro paio di puncake per il nostro ospite, per cortesia?" il suo tono era calmo e gentile, e il ragazzo le ricambiò lo sguardo, facendole l'occhiolino. Una volta finita la colazione, Layla uscì prima dall cucina e poi dal soggiorno, e si ritrovò insieme ai due ragazzi nel corridoio; aprì la porta del sottoscala, e un piccolo sorriso increspò le labbra rosso sangue della ragazza, che si richiuse la porta alle spalle. Kiba rimase in silenzio, guardando Evan. "Beh, che fai lì? Prova ad aprirla."

Evan aggrottò le sopracciglia e cercò di aprire la porta, ma quando poggiò la mano sul pomello e tentò di girarlo per far scattare il meccanismo di apertura, esso si surriscaldò, scottando la mano al demone che lanciò un'imprecazione; Kiba scoppiò a ridere, e così fece Layla, anche se la sua voce arrivava leggermente ovattata.

"Prima lezione, Lockwood! Vediamo come te la cavi!"

Kiba si sedette a terra con le gambe incrociate, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il mento poggiato sulle nocche delle mani, che erano congiunte, intento ad osservare ogni minimo movimento del ragazzo biondo che aveva di fronte; Evan prese a dare dei calci alla porta, cercando di buttarla giù, ma al secondo calcio apparvero degli spuntoni di ferro che evitò per un soffio. Kiba era ancora seduto per terra, continuando ad osservare il demone, che era ora furioso. "Che diavolo dovrei fare per aprire questa maledetta porta?!" la domanda uscì dalla bocca del ragazzo come un urlo di rabbia, accompagnato da un'occhiataccia furiosa nei confronti del ninja, che però non si mosse; sembrava morto, gli occhi nocciola erano vitrei, anche se il petto si muoveva regolarmente. Appoggiò la schiena al muro, piegò la testa all'indietro e rilassò i muscoli, che erano rimasti in tensione fino a quel momento.

"Beh, Lockwood? Già arreso?" La voce di Layla gli arrivò forte e chiara nonostante il muro li dividesse ancora, e aveva un certo tono tono di sfida; Evan scommesse che sul volto della ragazza c'era un fastidiosissimo sorriso beffardo. "Ti ho dato un suggerimento, la mattina scorsa! Metti il cervello in moto, ragazzo!"

Un consiglio? La RedBlood che gli dava un consiglio? Com'era possibile? Evan aggrottò le sopracciglia, sforzandosi di ricordare e cercando di concentrarsi su ciò che era successo la mattina passata: era entrato nella camera di Layla, l'aveva vista coperta solo da quel sottile asciugamano rosa.. Quelle gambe perfette, per un istante, gli avevano fatto venire in testa degli istinti ben "poco puri", come avrebbe detto suo padre, e poi? Per poco aveva evitato il libro, lei era furiosa! Cosa gli aveva detto? E poi ecco il lampo di genio. Si posizionò davanti alla porta, dalla quale erano spariti gli spuntoni in ferro, e diede due colpi secchi, bussando; in risposta, un secchio d'acqua gelata gli si rovesciò addosso. "Ma che diavolo..?!" Sentì nuovamente la risata cristallina della ragazza dai capelli azzurri. Ma decise di non arrendersi, quindi si avvicino ancora alla porta, e questa volta accompagnò i colpi con una frase. "Posso entrare, per favore?" Ed ecco che sentì lo scatto, la porta si aprì ai suoi ordini.

"Che ne dici, Kiba? Ha imparato?"

"Non ne sono sicuro, ma almeno se lo ricorderà per un periodo." La voce del combattente proveniva da dentro. Evan notò che il corpo di Kiba era ancora fuori, nel corridoio, ma il suo spirito era lì, accanto alla vampira, e lo stava osservando con attenzione.

"Tu.. Come..?"

"Ognuno ha i propri segreti, e sarà meglio per te che ti tenga lontano dai miei." il tono di Kiba fu estremamente secco; era una persona molto chiusa, si vedeva; poi schioccò le dita e scomparve, tornando nel proprio corpo. Scesero una scala a chiocciola per un paio di minuti, in silenzio, e si ritrovarono in una grotta; quest'ultima era adibita come palestra per gli allenamenti. Aveva uno stampo antico, come quelle giapponesi, non per niente Kiba aveva aiutato nella sua ristrutturazione, quando ce n'era stato bisogno. La struttura, di quell'antico stampo, si mescolava benissimo con le attrezzature di ultima generazione che erano presenti all'interno.

"Ehi!" esclamò Evan, dopo aver prontamente parato il colpo di bastone che Layla gli aveva appena sferrato.

"Vediamo cosa sai fare, demone." lo aveva sfidato lei, con quel sorriso beffardo dipinto sul volto, come se avesse già la sicurezza che lo avrebbe messo a terra in pochi secondi.

***

"Credo che siano state le tre ore più faticose e lunghe della mia intera vita!" esclamò il ragazzo, sospirando, e cercando di regolarizzare il battito cardiaco; Layla gli lanciò un asciugamano.

"Abituatici, questo era solo un assaggio, giusto per farti avere un'idea. Ti consiglio di andare a farti una doccia, esattamente come farò io." fece per andarsene, ma lui la fermò. "Ehi, come faccio ad uscire?"

Layla scosse la testa, e alzò gli occhi al cielo. "Seguimi."

Bisogna proprio spiegargli tutto, incredibile.

Risalirono la scala a chiocciola, e si ritrovarono sul pianerottolo iniziale; Layla guardò Evan, che si affrettò ad aprirle la porta e farla passare. "Prima le signore." La porta si chiuse dietro le spalle della ragazza, ed Evan rimase da solo per un paio di minuti, imbambolato. Toccò il poi il pomello della porta e lo girò, facendolo scattare, ma Layla era già sparita; decise allora di andare in camera della ragazza. Quando arrivò, dopo aver bussato, un intenso odore di vaniglia misto a caramello gli penetrò le narici; ciò gli fece storcere il naso, e poi starnutire. Quel profumo non gli piaceva proprio, gli dava la nausea! Ma evidentemente Layla lo adorava.

"Cosa c'è?" gli chiese, lanciandogli un'occhiataccia, stupita di vederlo di nuovo lì, ancora tutto sudato. Ed Evan rimase senza parole, perché in effetti non sapeva nemmeno lui cosa ci stesse facendo in camera della vampira. Pensò velocemente ad una scusa, cercando di salvarsi. "Scommetto che c'è una biblioteca, in questo posto enorme, e dopo la doccia volevo darci uno sguardo, tutto qui."

Layla aggrottò le sopracciglia, ancora più stupita. "Beh, esci di qui, la prossima porta sulla destra. Si estende anche al piano di sotto, se vuoi scendere."

Evan ringraziò, e uscì dalla stanza.

Solo qualche istante dopo Layla realizzò che qualcosa, nel ragazzo, stava già cambiando; e questo la fece sorridere.

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*Penserete che il tutto sia un po' classico, forse addirittura banale! Ma dovete tenere presente che questa villa è stata costruita verso la fine del 1700 e gli inizi del 1800, quindi non ritenetela inopportuna.
  
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