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Autore: UrielVanHohenhime    26/03/2013    1 recensioni
Il mondo che tutti noi conosciamo non è che mera illusione. Da due millenni una confraternita segreta protegge e veglia sul mondo dei mortali. I rifiutati da Dio proteggono i suoi figli prediletti per riscattarsi. I nephilim, gli abomini del creato, sono i guardiani silenziosi del nostro mondo. I Veglianti sorvegliano i "portali" del mondo e combattono le creature del male. La loro missione è ardua poiché un nuovo male, più oscuro e potente, si avvicina. Una ragazza dagli occhi verdi si ritrova immischiata in una guerra che sapeva esistesse solo nelle favole. Amore, potere, speranza e tradimento si intrecciano sul filo di una spada. Le anime dei combattenti sono pronte. Lo è anche la tua?
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Le strade della città erano affollate di persone. Gruppi di giovani desiderosi di divertirsi il sabato sera si affollavano  per le vie dei quartieri più alla moda di Londra. Risate e schiamazzi si innalzavano dai marciapiedi. 
-Alice! Da questa parte!- la voce di una ragazza sovrastò il rumore della folla. Dall'altra parte della strada, ferma al semaforo, c'era una ragazza chesi guardò intorno e individuò un paio di braccia sventolanti. Sorrise e fece anche lei cenno all'amica. Aspettò il verde e poi attraversò di corsa la strada precipitandosi ad abbracciare la ragazza che aveva gridato.
-Scusa il ritardo. Mio padre mi ha trattenuta un pochino.- le ragazze si sciolsero dall'abbraccio e si incamminarono per la via.
-Non preoccuparti. Non ero arrivata da molto. Ma come sei elegante.- la ragazza guardò l'amica che indossava un paio di jeans e una maglia azzurra a maniche lunghe. 
-Non prendermi in giro. E poi perché mi sarei dovuta vestire diversamente per una serata in centro scusa?
-Ma come? Non ti ho detto che abbiamo appuntamento con quei due bellissimi ragazzi che ho conosciuto l'altro giorno?
-No, non me l'hai detto!- la ragazza girò la testa e guardò l'amica con sguardo furente mentre i suoi capelli castani frustavano l'aria. -Rose ,ti ho già detto un sacco di volte che non voglio che mi fissi appuntamenti al buio!
-Ma non è un appuntamento al buio. O almeno non proprio. Ma dai in fondo che altri programmi avevi per stasera? Rimanere a casa a studiare come al solito? Sai che tristezza-l'altra ragazza non rispose e continuò a tenere lo sguardo fisso d'avanti a se. 
-Dai non tenermi il broncio adesso. Ti assicuro che Kyle è simpaticissimo. Ed è anche molto carino
-Ma chi cavolo è Kyle?- chiese la ragazza di nome Alice con voce seccata.
-Sarà il tuo cavaliere per stasera. Il suo amico si chiama Matt e sarà il mio.- gli occhi di Rose brillarono per un secondo di uno sguardo malizioso.
-Se proprio volevi uscire con questo Matt che bisogno avevi di coinvolgermi?
-Lui mi ha chiesto se avevo qualche amica carina da presentare al suo amico cosi ho pensato a te.- disse con un alzata di spalle. -E poi ti fa bene uscire con un ragazzo ogni tanto. Una bellissima ragazza come te non può assolutamente rimanere rinchiusa sempre in casa.-Rose fissò la ragazza e i suoi occhi si soffermarono sul suo viso bellissimo e delicato, sulle sue labbra perfette, gli occhi color smeraldo incastonati da lunghe ciglia. Alta più di un metro e settanta e con un fisico da fotomodella la sua amica sembrava uscita da qualche rivista di moda. Non aveva minimamente esagerato quando aveva detto che era bellissima. Era stupenda. Era sempre stata un po invidiosa di lei. Soprattutto della sua altezza. Rose invece era un po più bassa, un metro e sessantacinque appena. Aveva i capelli neri e gli occhi castano scuri. Ma anche lei aveva un fisico slanciato, da gazzella, come l'amica. Le due erano inseparabili, come sorelle.
-Non voglio che tu mi trovi un ragazzo. Sono più che in grado di trovarlo da sola.
-Ah si?- il tono ironico di Rose non migliorò l'umore dell'amica.
-Si! E solo che non voglio.
-Senz'altro. Comunque ormai è troppo tardi per tornartene a casa. Sono già qui.- Rose indicò d'avanti a se dove a una decina di metri c'erano due ragazzi appoggiati a un lampione. Il più alto dei due indossava un paio di jeans e una camicia nera a maniche corte. Aveva corti capelli biondi e occhi scuri. Il suo amico era un po più basso. Indossava jeans attillati, maglietta nera e sopra un giubbotto di pelle. I capelli neri erano scompigliati alla perfezione dandogli un'aria da ribelle e gli occhi castani erano posati sullo schermo del telefono che teneva in mano. Il biondo appena vide le due ragazze diede uno strattone all'amico e i due andarono loro incontro. 
-Ciao ragazzi.- li salutò Rose appena furono più vicini.-Lei è la mia amica Alice.
I due guardarono la ragazza per un istante e poi il biondo tornò a guardare Rose mentre quello con i capelli neri continuava a fissare Alice. 
-Alice loro invece sono Matt-disse indicando il ragazzo biondo -e Kyle.
Kyle fece un mezzo sorriso in segno di saluto quando senti pronunciare il suo nome e finalmente distolse gli occhi da Alice.
-Allora ragazze cosa vi va di fare?-domandò Matt sfregandosi le mani per l'eccitazione
-Non lo so. A te cosa va di fare Alice?- Rose guardava l'amica che fino a quel momento non aveva dato segni di vita.
-Per me è uguale.-disse con tono impassibile.
-Che entusiasmo.- sul volto di Kyle spuntò un sorriso ironico mentre Alice lo fulminava con un'occhiataccia.
-Non è una che esce molto spesso.-disse Rose divertita dalla situazione mentre Kyle ancora sorrideva.-Che ne dite se andiamo in un pub da qualche parte. Magari dove c'è una band che si esibisce. Ne conoscete qualcuno di carino?
-Si penso di conoscere un posto del genere.-Matt guardava l'amico infastidito per il suo comportamento.-Non è lontano da qui e forse riusciremo a trovare dei posti nonostante sia sabato sera.
I ragazzi si incamminarono per la strada affollata. Rose e Matt chiacchierarono per tutto il tempo cercando a volte di coinvolgere anche Alice ma senza successo. Kyle invece parlava allegramente con loro e sembrava sinceramente divertito dall'imbarazzo di Alice. Dopo un paio di isolati svoltarono a sinistra in una stradina meno affollata piena di locali. Entrarono nel secondo locale sulla loro sinistra. Una squallida insegna al neon, con alcune lettere spente, diceva Evil Angel. Il locale sembrava molto popolare nonostante la prima impressione. Un sacco di ragazzi erano seduti ai tavoli parlando e ridendo tra di loro. In fondo al locale su un piccolo palco rialzato una band suonava una canzone sdolcinata cantata da una graziosa ragazza con i capelli rossi. La ragazza era piuttosto brava e aveva una splendida voce. Il resto della band faceva del suo meglio ma non erano niente di speciale. Erano il tipico gruppo di amici che si riunisce il sabato pomeriggio a provare nel garage. Matt si fece largo tra i tavoli e trascinò gli altri dietro di se verso un tavolo, proprio sotto al palco, appena liberato da un paio di ragazze.  Presero posto, i ragazzi da un lato e le ragazze dall'altro. Aspettarono la cameriera, una ragazza di non più di diciotto anni slanciata con un seno piuttosto florido evidenziato dalla maglietta nera aderente. Tutti ordinarono una birra, tranne Alice che prese un succo di frutta.
-Un succo di frutta in un pub?- la canzonò Kyle divertito -Non sapevo che l'avessero.
-Beh a quanto pare sono più forniti di quanto tu immagini.- il tono freddo della ragazza non scalfi l'espressione divertita di Kyle. Matt e Rose non prestavano attenzione ai due e discutevano animatamente di un loro comune amico e la sua nuova ragazza, a quanto pare di una bellezza sconvolgente.
-Scommetto che in questo momento ce l'hai  a morte con me, non è cosi? Ma nonostante questo,se ti può consolare, io mi sto divertendo un mondo.- il ragazzo si appoggiò allo schienale della sua sedia con aria negligente guardando fisso la ragazza.
-No, ti sbagli. Non ti conosco nemmeno e quindi non posso avercela con te. A meno che non sia per il solo fatto che tu esista ma non sono cosi cattiva.-la voce della ragazza sembrava essersi addolcita appena.
-Oho. Allora sei più simpatica di quanto credevo.-il sorriso di Kyle si allargò ancora di più.
-Non sai nemmeno quanto.
-Ah si? E pensare che ti avevo scambiato per una secchiona tutta presa dalla scuola e dai libri. Ma ora mi accorgo che oltre a essere secchiona sei anche simpatica. Strana combinazione.
-Io invece non mi ero sbagliata sul tuo conto. Come immaginavo sei il simpaticone di turno che cerca di attaccare bottone con battute scontate.- i due scoppiarono a ridere insieme.
-Touche. Questa non me l'aspettavo.
-Non ho dubbi. Di solito le ragazze candono ai tuoi piedi dopo un paio di battute del genere vero?-anche Alice sorrideva adesso.
-Beh non proprio. Di solito se ne vanno infuriate.- il ragazzo diede in una breve risata allegra. Alice lo fissò per un secondo. Doveva ammettere che era piuttosto carino.
-Ma chissà come mai?
-Beh Alice, giusto? A parte essere una secchiona cos'altro fai nella vita?
-Mi dispiace deluderti ma sono una di quelle secchione a tempo pieno. Tu invece? Qual'è la tua eccitante vita da ribelle?
-Di solito la mia attività principale è quella di attaccare bottone con belle ragazze facendo battute scontate.- Alice sorrise imbarazzata. Aveva sentito male o Kyle aveva appena detto che era carina? 
-E oltre a questo non vai anche a scuola?
-Si ma la cosa non mi entusiasma più di tanto. I miei vorrebbero che studiassi per diventare avvocato, come il mio vecchio, ma la cosa non fa per me. Sono fissati con l'idea di mandarmi a Oxford. Mio padre ha delle conoscenze e non avrebbe difficoltà a farmi ammettere. Temo che lo deluderò.
-Wow, Oxford! Saresti un pazzo a non andarci. Chiunque al tuo posto non vedrebbe l'ora.
-Sarei un pazzo ad andare invece. E' una pazzia passare la vita a fare una cosa che non ti piace fare.
-A questo non posso ribattere.
Il resto della serata passò tranquillo tra una chiacchiera e l'altra. Era ormai tardi e la gente cominciava ad abbandonare il pub poco a poco. La band aveva smesso di suonare da un pezzo. 
-Ragazzi credo che sia ora di andare.” Rose guardò l'ora e rimase sbalordita. -E' tardissimo!
-Giusto. Sarà meglio andare.- disse Matt -Vi accompagniamo.
-Grazie. Siete molto gentili-fece Rose con un sorriso malizioso.
I ragazzi uscirono in strada e si incamminarono lungo il marciapiede. Qua e la gruppi di giovani si affrettavano a tornare a casa. La notte era piuttosto fredda e Kyle offrì il suo giubbotto a Alice ma lei rifiuto gentilmente. Ridendo e scherzando si fermarono d'avanti a un semaforo per attraversare la strada. Quando si accese il verde i ragazzi si incamminarono lungo le strisce. Giunti a metà della strada si bloccarono improvvisamente. Un rumore assordante si sentì provenire da dietro l'angolo insieme a grida e urla di persone spaventate. Alice si guardò intorno per vedere da dove provenivano quei rumori quando un'esplosione  la fece girare. Persone spaventate correvano da tutte le parti. Rose cominciò a strattonarle la manica per convincerla a muoversi ma lei non fece un passo. Una macchina a folle velocità era spuntata da chissà dove e si dirigeva proprio verso di loro. L'autista sembrava aver perso il controllo perché la macchina sbandava da tutte le parti. I ragazzi si diedero alla fuga per mettersi in salvo e giunti sull'altro lato della strada l'orrore li pervase. Alice era ancora immobile in mezzo alla strada. Vedeva la scena come a rallentatore e come se la sua mente fosse da un'altra parte. Non provò a scappare o a urlare, in quel momento non provava nulla. Fissava il proiettile di metallo impazzito che stava per piombarle addosso.  Rose urlò qualcosa ma lei non senti. Era ipnotizzata dai movimenti della macchina che sbatteva da tutte le parti ma no rallentava la sua folle corsa. All'improvviso la macchina ne colpi un'altra che era parcheggiata e si capovolse decollando in aria. Girando su se stessa acquistò ancora più velocità. Ormai mancavano solo un paio di metri prima che si abbattesse al suolo travolgendo Alice. Paralizzata dalla paura, la ragazza non riusciva a muovere un muscolo.
“E' la fine.” pensò. “Sto per morire. Che fregatura. Niente flashback che ti scorrono d'avanti. Peccato.”
Un lampo nero gli esplose d'avanti agli occhi. L'oscurità e il silenzio assoluto si abbatterono sul mondo circostante ma la sensazione durò solo un secondo. Aprì gli occhi e si ritrovo distesa a terra in un vicolo. D'avanti a lei una sagoma nera si stagliava contro la luce del lampione. 
Quando fece per alzarsi lo sconosciuto si voltò per andarsene.
-Ehi, aspetta!- urlò Alice. Lo sconosciuto si girò di scatto. Il lungo cappotto nero che lo ricopriva svolazzò nell'aria. Il volto dello sconosciuto era nascosto da un ampio cappuccio ma la ragazza riuscì comunque a distinguere un paio di vividi occhi azzurri che la fissavano sbalorditi. Rimasero posati su di lei per qualche istante in silenzio poi, con un lampo di luce nera e un fruscio di stoffa, l'uomo sparì nel nulla. 
La luce del sole illuminò la stanza e i primi raggi del mattino si andarono a posare sul volto sereno e rilassato di Alice. Distesa sul letto, stava dormendo come un ghiro. Si rivoltò nel letto un paio di volte finché il suono di voci che parlavano poco lontano la fece svegliare.
-....poi è arrivata qui con i suoi amici che hanno detto di averla trovata distesa per terra priva di sensi. Ma la cosa più interessante è dove l'hanno trovata.- la persona che stava parlando appariva decisamente perplessa.
-Cosa vuol dire?- la voce del padre di Alice la fece trasalire. La ragazza si guardò intorno e si accorse che quella non era la sua stanza. Era distesa su un letto d'ospedale in un'ampia stanza dalle finestre alte e con sottili tende bianche. Accanto a lei su un tavolino erano poggiati la giacca e la borsa di suo padre.
-Gli amici di sua figlia dicono di averla trovata in un vicolo distesa per terra. Ecco, il vicolo in questione è a circa trecento metri da dove si è schiantata l'auto eppure loro affermano di non aver visto la ragazza correre per evitare l'auto che arrivava. Probabilmente non se ne sono accorti terrorizzati com'erano dall'accaduto. Comunque....
-Dottore mi scusi ma non è questo che voglio sapere. Come sta mia figlia? È l'unica cosa che m'interessa al momento.-suo padre dalla voce sembrava molto stanco e preoccupato.
-Sua figlia sta bene. Non ha subito traumi o lesioni di alcun genere. Ha solo perso i sensi per lo shock. Dovrebbe svegliarsi tra breve.
-Può tornare a casa oggi?
-Si, penso proprio di si. Ora mi scusi devo occuparmi di un altro paziente.
-Si, certamente. Grazie dottore.-nel corridoio si sentirono i passi del dottore che si allontanava e nello stesso instante la maniglia della porta della stanza di Alice veniva abbassata. La porta si apri e suo padre entrò nella stanza. L'umo appena vide che la figlia era sveglia si avvicinò subito al letto.
-Come stai tesoro?- il tono dell'uomo era caldo e affettuoso. Sul suo volto si distinguevano bene i segni lasciati da una notte insonne. I capelli castani erano scompigliati e due borse nere si stendevano sotto gli occhi castani. 
-Sto bene papa. Ma cos'è successo? Perché sono in ospedale?- Alice era agitata. Non ricordava nulla della notte passata e le parole del medico non l'avevano rincuorata. Aveva parlato di un incidente d'auto o aveva sentito male? E se era così lei era stata coinvolta? Ma aveva detto che non si era fatta male quindi andava tutto bene. Oppure no? E cos'era questa storia del vicolo? 
-Non ti preoccupare. Va tutto bene. Ieri sera una macchina stava per investirti ma per fortuna sei corsa via in tempo e non ti sei fatta niente. Per lo spavento però hai perso i sensi e Rose che era con te ha chiamato l'ambulanza e ti hanno portata qui.-gli occhi dell'uomo indugiarono sul viso della figlia per prevedere la sua reazione. 
-Rose era con me? Lei sta bene vero? Non è possibile. Non mi ricordo niente.- Alice aveva notato come il padre avesse tralasciato la faccenda del vicolo e cosi decise di non parlarne nemmeno lei.
-Rose sta bene. È tornata a casa poco fa dopo aver passato la notte qui con te.-suo padre sembrava sollevato e Alice decise di non fare altre domande. Dopo un paio d'ore lei e suo padre erano tornati a casa. Con la scusa che era ancora un po assonnata, Alice sgattaiolò in camera sua e prese il telefono per chiamare Rose. L'amica rispose al secondo squillo.
-Ciao, sono io.
-Ciao. Come stai? Va tutto bene? Ti hanno già dimessa?- la ragazza era evidentemente agitata.
-Si, sto bene. Mi hanno dimessa qualche ora fa. Tu come stai?
-Beh, considerando che questa notte mi hai quasi fatto venire un infarto, tutto sommato sto bene. Me che ti è successo ieri sera? Perché non ti sei spostata prima?
-Rose...-la ragazza esitò un istante -...cos'è successo stanotte?
-Che vuoi dire? 
-Voglio dire che non mi ricordo niente di ieri sera. Dopo che siamo usciti dal pub voglio dire. Cos'è successo? E l'incidente? Non riesco a ricordare nulla.
-Sei sicura di stare bene?-il tono spaventato di Rose non indusse Alice a  cambiare argomento, anzi voleva sapere cosa le era capitato esattamente.
-Si, sto bene. Ma non riesco a ricordare.
-Allora non stai bene. Devi tornare in ospedale di corsa.
-No. Mio padre è già abbastanza preoccupato. Questo non deve saperlo. Rose, dimmi cos'è successo ieri sera.
-Una macchina ti ha quasi investita ma ti sei scansata all'ultimo e poi sei svenuta immagino perché noi ti abbiamo trovata priva di sensi e abbiamo chiamato l'ambulanza.
-Tu mi hai visto mentre mi spostavo per evitare la macchina?- la domanda colse di sorpresa Rose che rimase in silenzio per qualche secondo.
-A dir la verità no. Anzi per un secondo mi è sembrato di vedere la macchina che ti travolgeva in pieno. Ma è chiaro che spaventata com'ero ho visto male.
-Dove mi avete trovata?
-Distesa per terra.
-Si ma dove di preciso?- la ragazza al telefono rimase di nuovo in silenzio per qualche secondo.
-A circa duecento metri dal luogo dell'incidente...
-E nessuno di voi mi ha vista mentre mi sono spostata di cosi tanto? E poi perché sono andata cosi lontano?
-In un vicolo cieco poi.
-Un vicolo cieco?
-Si. Quello in cui ti abbiamo trovata. Dopo che la macchina si è schiantata e abbiamo visto che tu...beh ti eri spostata abbiamo cominciato a cercarti. Ci siamo divisi e abbiamo cominciato a chiamarti e poi Kyle ti ha trovata in quel vicolo distesa per terra priva di sensi.
-Non mi ricordo nulla.-la ragazza distesa sul letto guardava il soffitto bianco e sforzava la mente in tutti i modi ma non riusciva a ricordare un solo secondo della notte passata. Arrabbiata, ci rinunciò.
-Secondo me in fondo è meglio cosi.” disse Rose a un certo punto “ Alcune cose è meglio non ricordarle.
-Forse hai ragione.-rispose l'amica per nulla convinta. Voleva ricordare a tutti i costi e non si sarebbe arresa.
 
Le campane stavano battendo il mezzogiorno. Un sottile raggio di sole aveva attraversato le pesanti tende di velluto verdi e si era posato sul volto addormentato di un ragazzo. Il suono rimbombante delle campane lo fece svegliare. Aprì gli occhi  e fissò per un paio di secondi il soffitto della stanza immersa nella semioscurità. Si mise a sedere sul letto appoggiandosi all'elaborata testata in legno. Il suo sguardo vagò per qualche altro secondo per la piccola stanza e in fine spostò le coperte e si alzò in piedi. Andò verso la finestra e scostò le tende. Il sole di mezzogiorno illuminava un immenso giardino. Un'enorme labirinto fatto di siepi, di alberi e di cespugli di rose si stendeva oltre il vetro della finestra. Svariate persone erano sparse per il giardino e tutte sembravano immerse in qualche attività senza badare molto agli altri. Qua e la c'erano gruppi di più persone riunite tutte assieme intente a discutere di cose sconosciute e di argomenti ignoti al ragazzo che li osservava. Il giovane resto qualche altro istante accanto alla finestra e poi si diresse verso un armadio accanto al letto. Apri le ante ed estrasse i suoi vestiti accuratamente ripiegati. Indossò un paio di pantaloni neri fatti di un panno ruvido e lucente. Poi prese una maglietta nera e sopra quella indossò una specie di rigido corsetto di pelle nera decorato con rune in rilievo. Quel capo del suo vestiario gli ricordava proprio un'armatura ogni volta che lo guardava. Prese poi un paio di stivali di pelle che ricordavano tanto le scarpe dei militari. Quando fu pronto si ammirò nello specchio che era su una delle ante. La sua divisa nera era decisamente in contrasto con i suoi capelli color rame e i suoi occhi blu elettrico ma nell'insieme doveva ammettere che l'effetto non era male. Dopo essersi dato un'ultima occhiata e aversi aggiustato alla meglio i lunghi capelli spettinati, chiuse le ante dell'armadio. Da una sedia vicino alla porta prese un lungo cappotto nero con il cappuccio e lo indossò sopra la divisa. Doveva ammettere che la divisa dei Veglianti non era proprio comoda in quelle giornate afose ma senz'altro era utile in varie circostanze. Da quando gli era stato permesso di indossarla non aveva più cambiato abito. D'altronde non ne aveva bisogno dato che non usciva mai fuori dalle mura dell'Accademia dove gli sarebbero serviti abiti normali. Mentre rifletteva su tutto ciò il ragazzo apri la porta della sua stanza e uscì in un lungo corridoio ben illuminato da lampade al neon. Su entrambi i lati si aprivano circa una ventina di porte identiche alla sua. Tutti alloggi di altri Veglianti. Dalle stanze che aveva visitato in precedenza il ragazzo sapeva che in quel ala dell'Accademia tutte le stanze erano più o meno uguali. Nell'ala Ovest invece c'erano gli alloggi dei Maestri e dei Veglianti appartenenti alle cinque grandi famiglie. Le loro stanze erano decisamente più spaziose e belle. Una volta era entrato nella stanza di un Vegliante appartenente a una delle cinque famiglie. A prima vista quella più che una stanza gli era sembrata una casa tanto era grande.  Il ragazzo percorse il corridoio e arrivò a una rampa di scale che dava su un cortile interno. Attraversato il cortile porticato su entrambi i lati ed entrò da una porta di legno a due battenti in un ampio salone percorso da due file di colonne di marmo. Le pareti del salone erano percorse da alte finestre a ghigliottina che inondavano di luce tutto l'ambiente. In fondo al salone si apriva un'altra porta e una volta attraversata questa, il ragazzo scese per una scala a chiocciola che lo portò nei sotterranei dell'Accademia, al piano dove c'era la sala delle riunioni. I sotterranei si estendevano su un perimetro molto vasto . Erano stati creati insieme all'Accademia circa duemila anni prima e durante il tempo alcune parti erano cadute in disuso, come le prigioni, e altre ancora erano state chiuse per vari altri motivi. Al primo livello, quello più in superficie, si trovavano la sala delle riunioni e gli studi dei tre maestri superiori. Scendendo più in basso c'erano l'armeria,  le stanze di addestramento per i Veglianti più anziani e alcune aule di lezione per quelli più giovani. Al livello più basso si trovava la Camera degli Iniziati. In superficie invece si trovavano il resto delle aule, i dormitori, altre sale di addestramento e la biblioteca. Vista da fuori l'Accademia sembrava una grandiosa e lussuosissima residenza di qualche nobile del XVII° secolo. La facciata del grandioso edificio, restaurato e rinnovato più volte nel corso dei più di duemila anni dalla sua fondazione,  ricordava quella di un tempio greco. Il corpo centrale era composto dalla grandiosa facciata e da due ali che ospitavano i dormitori. Dietro l'edificio centrale si apriva l'immenso giardino che il ragazzo ammirava dalla sua stanza. Altri edifici più piccoli e meno vistosi si innalzavano dietro il corpo centrale. 
Alla fine della scala a chiocciola il ragazzo svoltò a destra in un corridoio laterale e aprì l'elaborata porta di legno che aveva di fronte. Un lungo e mal illuminato salone apparve d'avanti ai suoi occhi. Un lungo tavolo in marmo era disposto in mezzo alla stanza con una trentina di sedie allineate ai due lati. Lungo le pareti delle torce accese illuminavano fiocamente la stanza. Il ragazzo si guardò intorno. Quasi tutte le sedie erano ormai occupate. Ne rimanevano libere ancora due. Una era vicino a un uomo di mezza età con la faccia squadrata e i capelli corti striati di bianco. Il ragazzo conosceva l'uomo. Era uno dei Vegliati più anziani e non era molto socievole. Le poche volte che il giovane gli aveva rivolto la parola questi aveva risposto bruscamente troncando cosi ogni conversazione. L'altra sedia invece era vicina a un ragazzo con lunghi capelli biondi che gli scendevano sulle spalle. Il ragazzo senza pensarci due volte si diresse verso la sedia vicina al biondo. Fatto il giro del tavolo prese posto. 
-Salve, Sirius.- il ragazzo salutò il biondo con un sorriso. Sirius da parte sua lo guardò per un secondo con suoi occhi di un azzurro elettrico e poi fece un leggero cenno con il capo in segno di saluto.-Che mi sono perso?
-Non molto. Stiamo ancora aspettando Khan e il Maestro.- Sirius rispose con tono annoiato. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e sembrava che riflettesse su faccende molto più importandi di quella conversazione. Il ragazzo se ne accorse e non fece altre domande. 
Qualche secondo dopo un uomo di mezza età entrò nella stanza. Tutti si alzarono in silenzio e lo guardarono prendere posto a capotavola. L'uomo era alto e robusto. Aveva i capelli corti striati di bianco e una curatissima barba brizzolata. Indossava la stessa uniforme di tutti gli altri con l'unica differenza che il soprabito con cappuccio che portava invece che nero era di un colore grigio argentato.
-Buongiorno fratelli. Sedetevi.- presero tutti posto accompagnati dal rumore delle sedie che si scostavano.
-Bene. Cominciamo pure.
-Ma,Maestro non dovremmo aspettare Khan che è ancora assente?- disse uno dei presenti indicando il posto vuoto. 
-Il fratello Khan oggi non prenderà parte alla riunione. Ieri sera durante la sua missione è stato ferito e ora è nella Casa di Guarigione dai Curatori. Ora procediamo. 
I  fratelli si alzarono uno per volta quando arrivava il proprio turno e riferivano gli esiti delle loro missioni della note precedente. Erano tutte andate splendidamente secondo i vari rapporti. Toccò infine a Sirius riferire.
-Avanti Sirius, tocca a te. Com'è andata a Mosca ieri notte?- chiese il Maestro.
-La segnalazione del portale da parte dei Magi è stata tempestiva. Quando sono arrivato il bersaglio non si era ancora allontanato troppo. Si trattava di un demone Idra di classe inferiore. Non ho avuto problemi ad eliminarlo.
-Bene, molto bene. Ora....
-Tuttavia...-continuò Sirius interrompendo il Maestro che si rivolse di nuovo a guardarlo. -Tuttavia ci sono state delle complicazioni.
-Che tipo di complicazioni?- tutti i presenti si raddrizzarono sulle sedie.
-Prima che riuscissi a eliminarlo il demone era entrato in contatto con due umani. Uno lo aveva già eliminato quando sono arrivato mentre il secondo l'aveva solo ferito. Probabilmente voleva impossessarsene per restare il giorno dopo ma l'ho eliminato prima che ci riuscisse.
-Questa non è una bella notizia. Immagino che l'altro umano sia....-disse il Maestro amareggiato.
-Si. Ho rispettato la procedura.-Sirius chinò la testa e si sedette.
-Signori vi prego di alzarvi di nuovo in piedi e di rispettare un minuto di silenzio per commemorare queste due vittime innocenti.- il vecchio si alzò seguito da tutti gli altri e,a capo chino, tutti rimasero in silenzio per circa un minuto. -Bene. Ora continuiamo.- tutti si rimisero a sedere e il ragazzo dai capelli ramati si alzò.
-Ieri notte durante la mia perlustrazione di uno dei quartieri della città di Londra ho avvistato tre Moondog. Ne ho eliminati due subito mentre il terzo sfortunatamente mi è sfuggito e...
-Ti sei fatto fregare da un cane pulcioso?- dal fondo del tavolo si levò una risata. Un uomo dai corti capelli corvini stava sorridendo e guardava il ragazzo con aria di scherno. 
-Alexander!-sbottò il maestro alzando la voce. L'uomo smise subito di sorridere e assunse un espressione più seria.
-Mi scusi Maestro. Volevo solo dire...
-Abbiamo capito tutti quello che volevi dire. Continua Angel.- il Maestro si rivolse di nuovo con lo sguardo al ragazzo dai capelli ramati.
-Purtroppo non ho niente da aggiungere Maestro. Il terzo Moondog mi è sfuggito. L'ho cercato per tutto il resto della notte ma non sono riuscito a trovarlo.-il ragazzo chinò il capo e si sedette.
-Vuoi dire che non sei riuscito a individuare la sua scia? Questo è davvero strano.-tutti sembravano pensarla come il Maestro perché improvvisamente tutti gli occhi erano puntati su Angel.
-No, Maestro. Anche la sua scia era scomparsa nel nulla. All'inizio pensavo che si fosse solo allontanato troppo e non riuscivo a percepirla perché era molto debole. Ho perlustrato quasi tutta la città e non l'ho più ritrovata. 
-Molto bene. Vuol dire che stasera farai un altro tentativo. Devi trovare e eliminare quell'essere prima che faccia del male a qualcuno, se non l'ha già fatto.
-Si, Maestro.
-Bene. Sembra che per oggi abbiamo finito. Potete andare.- tutti si alzarono e si diressero verso l'uscita. “Angel, resta qui un secondo.” il Maestro non si era mosso dalla sua posizione e osservava con molto interesse il soffitto mentre tutti gli altri si erano voltati a guardarlo sbigottiti. Angel si blocco di botto mentre tutti gli altri, dopo la sorpresa iniziale, si affrettavano a uscire. Angel rimase in piedi vicino alla sua sedia e quando finalmente l'ultimo confratello uscì dalla stanza e chiuse la porta dietro di se, di rimise a sedere.
-Maestro io...- cominciò il ragazzo aspettandosi una bella lavata di capo per la negligenza della scorsa notte.
-Angel cos'altro è successo ieri sera?- chiese improvvisamente l'uomo lasciandolo di stucco. -Cos'è che non hai voluto raccontare di fronte agli altri fratelli?
Il ragazzo era sbigottito. Come faceva quell'uomo a sapere che c'era dell'altro? Gli leggeva nella mente forse? Angel rimase in silenzio per qualche secondo e poi parlò.
-Mentre inseguivo il Moondog ieri sera mi è capitato per caso di assistere a un incidente stradale. Per meglio dire ho impedito che avvenisse l'incidente.
-In che senso?  Spiegati.
-Beh, c'era una macchina fuori controllo che stava per investire una persona e io l'ho salvata. L'ho portata via con un Salto.
-E' stato un gesto senz'altro nobile e degno di lode Angel. Tuttavia sento che non è tutto.
-No, infatti. Dopo il Salto la ragazza era svenuta e io ho aspettato che riprendesse i sensi prima di andarmene ma quando ha ripreso conoscenza è successa una cosa strana.
-Cos'è successo?
-Ecco....penso che lei mi abbia visto.
-Cosa?- il tono dell'uomo era sconcertato e incredulo.
-Si. Mi ha guardato fisso e mentre me ne andavo mi ha anche gridato Aspetta. Non so come sia possibile.
-Sei sicuro? Non è possibile che ti abbia visto se indossavi il Manto.
-E' quello che ho pensato anch'io. Probabilmente la sua era solo un'allucinazione dovuta allo spavento e in realtà non lo stava dicendo a me ma a qualcun altro che pensava di vedere in quel momento.
-E' possibile. Ma è anche possibile che ti abbia visto veramente.- il Maestro rimase per qualche secondo in silenzio a pensare. -Se questa ragazza ti ha visto veramente è un problema. Lo sai come bisogna procedere.
-Si, ma non penso sia il caso. In fondo lei non ha visto niente di rilevante. Ha visto solo un uomo vestito di nero. Tutto qui. Anche se lo raccontasse a qualcuno nessuno le crederebbe che quell'uomo è sparito nel nulla di fronte a lei.
-Che le credano o no non ha importanza. Devi risolvere questa faccenda. Ma prima devi scoprire com'è possibile che ti abbia visto. Per prima cosa vai dagli Incantatori e fai vedere il tuo Manto. È possibile che abbia qualche difetto e per questo è riuscita a vederti. Poi questa sera dovrai ritrovare quella ragazza e ....- l'uomo non fini la frase ma guardo il ragazzo im modo significativo. -Pensi di riuscire a ritrovarla?
-Si, penso di si. Dovrebbe avere addosso  tracce della mia scia. Mi basterà seguirla.
-Molto bene. Ora vai. E mi raccomando di non fare parola con nessuno di questa faccenda.- il Maestro guardò Angel con sguardo paterno. -Lo sai già cosa dicono gli altri. Se si venisse a sapere di questo...beh non la prenderebbero troppo bene.
-Si, Maestro. Ho capito.- il ragazzo no riusciva a guardare in faccia l'uomo tanta era la vergogna che provava in quel momento.
-Bene. Ora vai.
Non appena si vide congedato il ragazzo si alzò e si diresse a passo svelto verso l'uscita.
 
-Ne sei sicuro? Ne sei assolutamente certo?-la voce di Angel era agitata e il ragazzo non faceva altro che passeggiare avanti e indietro nella stanza di fronte a un lungo tavolo di legno al quale era seduto un uomo sui quarant'anni dai corti capelli neri e con un viso dolce e perfetto. L'uomo stava esaminando il soprabito di Angel disteso sul tavolo. Gli occhi azzurri dell'uomo scorrevano sulla stoffa dell'abito. Esaminava ogni lembo e si soffermava in particolare sulle rune in rilievo. Le sue dita scorrevano leggermente sui simboli che si illuminavano di una luce viola al suo tocco.
-Si, sono sicuro.- fece l'uomo alzando lo sguardo sul ragazzo e fissandolo negli occhi-Il tuo Manto è perfetto. Ma perché sei venuto a controllarlo? È quasi nuovo in fondo. Non ha nemmeno un anno.-l'uomo guardò Angel con sguardo interrogativo. L ragazzo si bloccò in mezzo alla stanza e si volse dall'altra parte per non guardare l'uomo.
-Cosi. Volevo solo assicurarmi che fosse tutto in ordine. Ora devo andare.- senza aspettare una replica da parte dell'altro il ragazzo prese il soprabito dal tavolo, lo indossò e uscì alla svelta dalla stanza. Uscì dai sotterranei e si diresse verso i dormitori passando per il cortile interno. Lungo la strada alcune persone lo salutarono e cercarono di parlargli ma il ragazzo ignorò tutti. Arrivò alla sua stanza, entrò e si distese sul letto senza nemmeno spogliarsi. Una domanda lo tormentava. La sua mente era sconvolta e non riusciva a pensare a nient'altro. Come aveva fatto quella ragazza a vederlo? Come ci era riuscita? Se il Manto non era difettoso allora qual'era la spiegazione? Come può un semplice essere umano averlo visto? Non seppe dire per quanto tempo rimase così disteso a riflettere ma all'improvviso venne scosso da dei colpi alla porta. Si alzò di malavoglia e andò ad aprire. Sulla sogli c'era un ragazzo di circa quattordici anni. Portava una divisa simile a quella di Angel solo che gli abiti non erano neri ma blu scuro e non aveva il corsetto di pelle e il Manto. 
-Signore è ora.-disse abbassando gli occhi non appena Angel comparve sulla soglia.
 
Il sole era tramontato da poche ore e la notte cominciava a farsi buia e fredda. Le strade della città si andavano via via svuotando. Appollaiato sul cornicione di un palazzo al centro della City, il ragazzo, con un soprabito nero, osservava la città. Gli occhi di Angel saettavano da tutte le parti in cerca del suo obiettivo e tutti i suoi sensi erano allerta. Le strade sotto di lui erano ancora attraversate da macchine e pedoni. C'era ancora troppa gente in giro perché il Moondog uscisse a caccia. Doveva aspettare ancora. Intanto che aspettava decise di cercare di rintracciare la ragazza. Si concentro per identificare la propria scia di energia spirituale. Fin qui sarebbe stato facile dato che gli umani avevano un'energia spirituale piuttosto scarsa. Una volta identificata la propria scia si concentro per trovarne una più piccola, come quella di un umano, ma con le stesse caratteristiche della sua. Ci mise un po di tempo,dato il gran numero di persone che abitavano in quella città, e gli ci volle tutta la sua concentrazione ma alla fine ci riuscì. Aveva trovato la ragazza. Era a qualche chilometro di distanza e si stava spostando. Decise che intanto che il Moondog non si faceva vivo avrebbe sistemato la ragazza. Si alzò in piedi sul cornicione e guardò d'avanti a se. Dal palazzo di fronte lo separavano circa sette metri e dal suolo trenta piani. Sorrise leggermente e spiccò un salto. In un istante la strada passò sotto di lui sfrecciando ed egli atterrò con grande agilità sul tetto del palazzo di fronte. Cominciò a correre. In un istante raggiunse il cornicione dall'altro lato e anche questa volta saltò senza pensarci e atterrò sul tetto di un terzo palazzo. Improvvisamente senti più forte la scia della ragazza. Si concentrò intensamente sulla posizione di lei e dopo un secondo sparì in uno sbuffo di fumo nero. Riapparve in cima ad un lampione a circa tre chilometri da dove si trovava prima. Sul marciapiede sotto di lui la gente sembrava non essersi accorta di niente. Si guardò bene intorno per cercare tracce della ragazza. Dopo poco tempo la individuò. Era dall'altro lato della strada e stava girando l'angolo. Decise di seguirla. Dal lampione saltò in cima al semaforo dall'altra parte della strada e da lì in cima al palazzo di fronte. Ora la ragazza era sotto di lui. Angel camminava sul bordo del cornicione osservando la ragazza sotto di lui. Era sola. Un bersaglio facile. Non doveva fare altro che aspettare che lei svoltasse in una strada poco trafficata. Sarebbe stato facile, anche troppo. Non provava compassione ne tanto meno paura al pensiero di quello che stava per fare. Aveva già sbagliato una volta lasciandola viva e non doveva succedere ancora. Forse sarebbe stato meglio se avesse lasciato che venisse investita da quella macchina pensò. Ma no. Non si pentiva di averla salvata. Se solo lei fosse rimasta svenuta un altro secondo sarebbe andato tutto bene. Ormai è andata cosi e non c'era niente da fare. Intanto per continuare a seguire la ragazza, Angel si era spostato su altri due palazzi. Improvvisamente  capì dove lei si stava dirigendo. 
 
 
 -Papà, io esco un attimo. Torno tra un oretta.-la voce di Alice risuonò nella casa immensamente grande. Dall'altra stanza suo padre alzò gli occhi da alcune carte che stava studiando sorpreso.
-Esci? E dove vai?-l'ansia e la preoccupazione trasparivano dal suo tono che voleva sembrare indifferente.
-Non ti preoccupare papà. Vado da Rose. Non ci metterò molto. Promesso.-la ragazza si avvicino al padre e lo baciò sulla guancia. L'uomo non parve rassicurato dalle parole della figlia ma comunque non poteva impedirle di uscire. Decise che l'avrebbe spettata in piedi a qualsiasi costo ache se era sfinito dalla nottata passata in ospedale. Alice sembrava aver indovinato i pensieri del padre perché prima di voltarsi per andarsene aggiunse:
-Dovresti andare a letto presto stasera. Hai bisogno di riposo.
-Sto bene tesoro. Non ti preoccupare. Solo mi raccomando non fare tardi altrimenti mi fai preoccupare.
-Certo, va bene. Ci vediamo dopo.- la ragazzo si girò sui tacchi e uscì dallo studio del padre. Prese la giacca dall'appendiabiti all'ingresso e uscì. Una volta in strada tirò fuori dalla tasca il cellulare e compose velocemente un numero. Al terzo squillo una voce di ragazza rispose dall'altro capo:
-Pronto?
-Rose, sono io. Sei a casa?
-Alice? Si sono a casa. Perché?-la sorpresa e la preoccupazione trasparivano dalla voce della ragazza.-Vuoi passare da me?
-No, ascolta. Se mio padre dovesse chiamarti o chiamare a casa tua io sono da te intesi.
-Come sarebbe?-la sorpresa lasciò il posto alla preoccupazione e a una punta di irritazione.
-Stai attenta al telefono di casa. Se dovesse squillare devi rispondere tu perché potrebbe essere mio padre. Se lui te lo chiede io sono lì con te. Se ti dovesse chiedere di passarmi il telefono inventati qualche scusa del tipo che sono occupata o che sono in bagno. Capito?-il tono sbrigativo e pratico di Alice non lasciava spazio a repliche.
-Si ma....-tentò Rose.
-Non ora Rose. Te lo spiego domani. Puoi farmi questo favore? Per piacere.
-Si, ok. ma.... .
-Grazie. Ci vediamo domani.-Alice non attese che l'amica rispondesse o che facesse altre domande. Spense il telefono e fermò un taxi. La macchina nera si fermò d'avanti a lei con uno stridio di gomme. Alice aprì la portiera e mentre saliva disse l'indirizzo all'autista. La macchina ripartì ad agio e svoltò l'angolo al semaforo. Sul sedile posteriore Alice era immersa nei suoi pensieri. Si era abbandonata contro lo schienale del sedile e aveva chiuso gli occhi. L'autista dallo specchietto retrovisore la vide e pensò che si fosse addormentata ma nella sua testa Alice era più sveglia e lucida che mai. Non appena chiuse le palpebre d'avanti ai suoi occhi si ripresentò subito la scena della sera precedente. Vide chiaramente la macchina fuori controllo che sbandava e poi si abbatteva su di lei. Rivide un lampo nero le sembro di rivivere la stessa sensazione di oppressione. Infine di fronte a lei comparve ancora la figura ammantata di nero. La sagoma di quella persona era totalmente irriconoscibile e confusa. Nella sua mente erano impressi come a fuoco solo un paio di occhi color ghiaccio. Occhi fuori dal comune. Occhi freddi, di un colore troppo intenso e spettrale. Occhi che brillavano al buio. La voce dell'autista riportò la ragazza al presente dicendole che erano arrivati. Alice scese e pagò il tassista lasciando una copiosa mancia. Attraversò la strada al semaforo. Lo stesso semaforo della sera prima. Lo stesso dove era quasi morta. Lo stesso dove si era miracolosamente salvata. Non indugiò a guardarsi in torno mentre attraversava sulle strisce ma le sembrò di scorgere con la coda dell'occhio dei pezzi di vetro sotto le macchine parcheggiate lungo il marciapiede. Una volta dall'altra parte della strada svoltò a destra. Un centinaio di metri circa la separava dal Evil Angel. Le avevano detto che l'avevano trovata li dopo l'incidente, distesa a terra priva di conoscenza. Dopo pochi minuti la ragazza svoltò in un vicolo laterale. Un vicolo cieco accanto al pub semivuoto. Il lampione sopra di lei era spento e per terra ai suoi piedi c'erano pezzi di vetro, immondizia e lattine di birra vuote. Un odore penetrante e acuto le invase le narici. Aspettò che gli occhi si abituassero all'oscurità dopo di che si guardò in torno. Quel vicolo non aveva niente di particolare. Era il solito ritrovo di ubriaconi e persone poco raccomandate. Fece un passo avanti e un gatto randagio schizzò via da dietro un cassonetto rovesciato e sparì. D'avanti a lei c'era solo un alto muro di mattoni ricoperto di graffiti strizzato tra il pub e un palazzo di sei piani. Si guardò bene in torno. Cercava qualcosa. Nemmeno lei sapeva bene cosa ma cercava qualche traccia del suo passaggio, una spiegazione di come fosse arrivata fin lì invece di morire investita. Ma più di ogni altra cosa cercava tracce della misteriosa figura che aveva visto. I suoi occhi scrutarono attentamente ogni centimetro di quel vicolo ma non videro nulla che non fosse immondizia. Si fermò un attimo a pensare. Come era possibile che quella persona l'avesse portata fin lì senza che nessuno se ne accorgesse? Come aveva fatto a salarla? Non era possibile che fosse solo nella sua immaginazione? Lo aveva visto. Doveva essere reale. E poi se non fosse reale come si spiegherebbe il suo miracoloso salvataggio? Ma se era stato lui o lei a salvarla come diavolo aveva fatto? Il cervello di Alice si stava arrovellando per trovare una risposta e più ci pensava meno capiva e meno gli sembrava vero ciò che aveva visto. O almeno ciò che pensava di aver visto. Immersa nei suoi pensieri Alice non si accorse del cambiamento. I rumori della strada cessarono di colpo e un fremito delle luci attirò la sua attenzione. Si guardò intorno e non vide nessuno. Erano tutti spariti. Non c'erano passanti. Non c'erano persone che sghignazzavano all'interno del pub. Non c'erano macchine di passaggio. Era come se la città all'improvviso fosse diventata deserta. Uscì dal vicolo e andò in mezzo alla strada. La strada di solito trafficata a qualsiasi ora adesso era completamente deserta. Ne uomini ne auto. Non c'era più nulla solo una città fantasma. Il panico la invase da lì a pochi secondi. La cosa che all'inizio trovo curiosa e in un certo senso divertente adesso era spaventosa e raccapricciante. Stava diventando molto simile a un film dell'orrore dove la protagonista, sola in un posto desolato e privo di vita, viene attaccata all'improvviso da orrende creature. Non osò guardarsi intorno temendo di scorgere a una finestra che prima sembrava deserta un volto orribile che la guardava con occhi assassini. Pensò che doveva essere un'allucinazione. Forse stava sognando. Forse non era mai uscita di casa quella sera e si stava sognando tutto. Doveva essere per forza così . Mentre il panico stava n po' diminuendo sostituito da una vaga certezza e insieme una forte speranza che fosse tutto un sogno, qualcosa si mosse alla sua destra. Un basso ringhio le accapponò la pelle. Il verso era quello di un cane non c'era dubbio. Un cane molto molto arrabbiato. Si girò per guardare e il suo urlo di terrore squarcio l'aria. Un paio di occhi  la stavano fissando. Non erano all'altezza di dove si sarebbe aspettata di vederli in un cane, per quanto grande fosse. Erano molto più in alto. Erano strani e inquietanti. Completamente rossi e privi di iridi brillavano al buio come due carboni incandescenti. Sembravano stranamente sospesi nel vuoto dato che non era visibile nient'altro della creatura che la stava fissando. La ragazza indietreggio d'istinto sempre più velocemente finché non inciampo nei propri piedi e cadde a terra sbattendo il sedere. Un altro ringhio usci dalla bocca invisibile della creatura e un altro paio di occhi altrettanto spettrali si spalancarono sopra i primi. Il mostro aveva quattro occhi. Passi lenti e pesanti fecero  vibrare il suolo leggermente. Dal buio affiorò prima un muso nero come la pece, con quattro occhi scarlatti e orecchie a punta, poi lo seguì un corpo coperto di irti peli neri, con zampe possenti e artigli lunghi e affilati che brillavano alla luce del lampione. Dall'aspetto sembra veramente un cane. Un cane molto grosso e mostruoso, con quattro occhi rossi e grande quasi quanto un cavallo. La creatura spalancò le fauci per emettere un ringhio mostruoso e la ragazza scorse delle zanne lunghe e nere che sembravano in grado di squarciare qualunque cosa. Copiose lacrime cominciarono a scendere sulle guance di Alice anche se dalla sua bocca non proveniva alcun lamento. Era troppo terrorizzata per emettere un qualunque suono. Aveva gli occhi sgranati dalla paura. Gli occhi della creatura si posarono improvvisamente su di lei. Allungò il muso nella sua direzione e annusò l'aria emettendo suoni rocchi e veloci. Dopo qualche secondo un basso ringhio, diverso dagli altri, gli proruppe dal petto. Sempre continuando a ringhiare il mostro comincio a spostarsi piano piano sulla destra, senza distogliere mai lo sguardo dalla ragazza. Sembrava che la stesse valutando in qualche modo. Alice in preda al panico cercò di spostarsi all'indietro sulle mani finendo per graffiarsi i palmi sull'asfalto ruvido. La creatura continuava ad osservarla. Più si avvicinava più il suo passo diventava sicuro e veloce. La ragazza in un disperato lampo di lucidità cercò di alzarsi e mettersi a correre ma non appena fu in piedi e fece il primo passo le sue gambe malferme cedettero e lei cadde di nuovo a terra. Si voltò a guardare la creatura e intanto cercava di spostarsi all'indietro strisciando fin quando la sua schiena non colpì qualcosa di duro. Con la coda dell'occhio notò di essere andata sbattere contro una macchina parcheggiata. Il primo istinto fu quello di scivolarvi sotto e nascondersi ma la ragazza realizzò che il mostro non avrebbe avuto problemi a scovarla anche li. Probabilmente avrebbe squarciato la macchina con quella zanne che si ritrovava e poi sarebbe spettata la stessa fine anche a lei. Era al capolinea. Uno strano senso di deja-vù la attraversò. Non riusciva a spiegarselo e pensò che fosse davvero buffo che in quel momento, forse l'ultimo della sua vita, non riuscisse a pensare ad altro. Il mostro continuava ad avvicinarsi. A pochi centimetri da lei si fermò di colpo. Il suo corpo tremava violentemente. Aveva la schiena inarcata e un basso e prolungato ringhio gli usci dalla gola. Alzò in alto il muso e fiutò l'aria. Girò l'enorme testone indietro e un latrato terribile scosse l'aria intorno. I vetri delle macchine e delle finestre andarono in frantumi. L'enorme cane si girò ad affrontare una minaccia che Alice ancora non vedeva. Spostandosi un po' di lato la ragazzo notò qualcosa all'imbocco del vicolo di prima. Era una figura umana vestita completamente di nero con un soprabito con il cappuccio completamente calato sugli occhi. L'uomo, chiunque fosse, si stagliava dritto e fiero nella notte e affrontava con lo sguardo l'immonda creatura. Questa lo fissò per qualche altro istante ringhiando sonoramente e infine con uno scatto fulmineo si avventò contro l'uomo. La creatura era velocissima. Percosse la distanza che li separava in un battito di ciglia e spiccò un salto a poca distanza dall'uomo avventandosi contro la sua gola. A quel punto la ragazza vide succedere un sacco di cose insieme e tanto velocemente da farle girare la testa. Un secondo prima che il mostro stringesse le zanne intorno alla gola dell'uomo un lampo di luce bianca esplose nella semioscurità. La ragazza vide la testa della creatura sollevarsi per aria e girare su se stessa diverse volte prima di atterrare ai suoi piedi. Mentre guardava inorridita la testa che continuava a muovere le mascella cercando di mordere l'aria con la coda dell'occhio vide un bagliore rosso provenire dall'uomo incappucciato. La mano destra dell'uomo infatti era ricoperta di fiamme color oro. Alice stava per urlargli il suo avvertimento quando l'uomo con una mossa decisa puntò il braccio in fiamme verso il corpo decapitato ai suoi piedi. Dal suo braccio scaturì una palla di fuoco d'orata che incendiò all'istante il corpo del mostro. La ragazza vide una seconda fiammata balenare nell'aria e colpire in pieno la testa dell'enorme cane. In pochi secondi del mostro non rimaneva altra traccia se non due mucchietti di cenere fumante. Mentre le fiamme cessavano di lambire i resti della creatura la ragazza notò che l'uomo la stava fissando. Da sotto il cappuccio erano visibili solo un paio di occhi blu. Erano occhi strani e inquietanti che brillavano nell'oscurità. Era come se appartenessero a una creatura senza anima, vuota e crudele. Lo sguardo dell'uomo era freddo e penetrante. Se possibile la ragazza provava più paura nei confronti di quell'uomo, che le aveva appena salvato la vita, di quanta ne avesse provata quando la creatura stava per assalirla. Per qualche secondo Alice non riuscì a distogliere lo sguardo dall'uomo. Infine questi con un movimento rapido e quasi impercettibile mosse un passo verso di lei. Il cuore nel cuore della ragazza cominciò a battere all'impazzata contro le costole. Il respiro le si fece veloce, quasi isterico. La mente non mandava più segnali al corpo. Era immobile, intrappolata nel suo stesso corpo quando l'istinto, il buon senso, le urlavano di scappare a gambe levate. Non riusciva nemmeno ad aprire la bocca per gridare. Pensieri contrastanti si scontravano dentro di lei. Non aveva urlato quando il mostro stava per divorarla e ora invece voleva farlo. Perché? Perché aveva paura di quell'uomo? Perché aveva paura dei suoi occhi, meglio? Chi era? Che cosa voleva da lei? Cos'era la creatura di prima e dove erano finiti tutti? Un fischio nelle orecchie e un'improvvisa debolezza nelle mani, sulle quali era appoggiata, e le case che le giravano attorno la avvertirono che stava per perdere i sensi. Gli occhi stavano per chiudersi ma prima di svenire ebbe un'ultima visione delle due schegge di ghiaccio, che l'uomo aveva al posto degli occhi, che brillavano nella notte.
  
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