Capitolo 6 – Suffering.
Cinque
mesi dopo.
[ Naruto Shippuden OST - Loneliness ]
Gli sguardi colmi
di pietà della gente avevano sempre infastidito da morire
l’Uchiha. Non voleva
compassione, non desiderava niente di niente, se non tornare a quel
maledetto
giorno di cinque mesi prima per cambiare le cose.
Ma non si può.
Doveva andare avanti, gli dicevano. Era comprensibile che
perdere il
proprio fratello, l’unico che aveva, fosse distruttivo e le
smanie di
autolesionismo che opprimevano i sensi di Sasuke stentavano a diminuire
e
lasciarlo in pace. Per quanto “pace” potesse essere
definita quella spaventosa
quiete ricca di sofferenza; un destino crudele, il suo, ecco come tutti
gli
altri giustificavano le perdite che aveva subito. Prima i genitori e
poi anche
Itachi. La morte sarebbe arrivata a tutti, prima o poi, avrebbe
afferrato via
l’anima della persona e avrebbe goduto nel vederla
agonizzare, ghignato e poi
si sarebbe dimostrata l’unica compagnia restante, tanto che
il morto l’avrebbe
poi pian piano apprezzata. Accettata.
L’unica compagna… di morte?
O della vita nell’aldilà?
Esisteva un aldilà, come dicevano tutti, o semplicemente
c’era il vuoto? Un
buio pesto nel quale non si era capaci nemmeno di distinguere se
stessi? Delle
tenebre alle quali non ci si sarebbe mai abituati? O forse la vita
sarebbe
finita nel momento esatto in cui il cuore avesse cessato di battere.
C’era la
possibilità, l’amara
eventualità che
tutto sarebbe finito laddove era cominciato: su quello schifo chiamato
“pianeta
Terra”.
E con quel pensiero sarebbe potuta sparire anche la speranza di
rincontrare
Itachi.
Eppure lui continuava a credere di poterlo rivedere, mentre si
abbandonava
all’odio e a quell’irreprimibile voglia di
vendicarsi. Di ammazzare quel
bastardo di Madara.
Perché ormai era certo che non fosse solo un sogno, una mera
illusione o
scherzi di qualsivoglia genere della sua mente; Itachi stesso
l’aveva visto.
Lui esisteva.
Tutti sapevano che c’era, ma nessuno osava proferire parola.
Nemmeno gli Hokage avevano voluto parlarne e avevano deviato ogni
quesito posto
da Sasuke, rispondendo ad insulti vari e agli sfoghi di rabbia
difficilmente
repressa e custodita quasi con gelosia dall’Uchiha con il
silenzio.
La quiete, ad un certo punto, fu reputata pletorica.
La calma prima della tempesta.
Sarebbe arrivata la pioggia dopo la siccità.
Il cuore di Sasuke sarebbe tornato a battere preda
dell’eccitazione mentre
vedeva la luce abbandonare gli occhi neri di Madara, mentre quel
sorriso
strafottente e vittorioso svaniva con una lentezza entusiasmante dal
suo volto
cereo e a tratti spigoloso. Avrebbe voluto torturarlo in ogni maniera
possibile
ed immaginabile, oppure lasciarsi andare alla casualità e
alla spontaneità di
cui non aveva mai fatto uso; o forse mai disposto. A prescindere da
ciò che
aveva e ciò che non possedeva, Sasuke Uchiha si sarebbe
presto preso la
vendetta che gli spettava.
Madara deve soffrire.
«Farei di tutto pur di vendicare la morte di mio
fratello», aveva asserito
con convinzione e perentorietà quando Sakura, che si era
rivelata davvero deliziosa e non la
poco di buono che
credeva fosse, gli aveva domandato cosa credeva di fare. Era davvero
fermamente
convinto che dopo ci avrebbe guadagnato qualcosa, ma né la
giovane né il
compagno Naruto avevano la sfacciataggine di urlargli in pieno volto:
«Uccidere
Madara non ti darà indietro Itachi!»
Naruto più di tutti poteva comprendere lo stato in cui si
trovava, pur non
avendo mai avuto un fratello, i genitori li aveva comunque persi pochi
anni
prima. Giusto prima di entrare in Accademia e avvicinarsi a
Sas’ke.
«Non mi hai mai parlato della tua famiglia», gli
aveva fatto notare,
aggiungendo in seguito: «né io ti ho parlato della
mia, ovviamente».
«Mh».
«Ti va se lo facciamo?»
«Non c’è nulla da dire. Avevo una madre,
un padre e un fratello. Sono morti.
Fine della storia».
«Se è per questo anch’io avevo una madre
e un padre, non avevo fratelli né
sorelle, ma comunque anche i miei sono morti».
«Mh».
«Esistono anche altre parole nel dizionario, lo sai,
vero?»
«Mh».
«Sas’ke, mi stai ascoltando davvero?»
«Mh».
«Che ore sono, teme?»
«Mh».
«TEME!», strepitò il biondo, scuotendo
con veemenza per le spalle il compagno
estatico, imbambolato a fissare davanti a sé; anche se,
Naruto ne era certo,
dinanzi a lui non aveva altro che un incolmabile vuoto.
Questa volta lui non sarebbe stato abbastanza, in cuor suo lo sapeva.
Eppure
credeva fermamente in se stesso, nella decisione, nel poter cambiare lo
scorrere del ciclo vitale e modificare il proprio destino; era certo
che Sasuke
non sarebbe stato triste per sempre. Mentre il compagno non voleva
saperne di
essere recuperato da quel profondo baratro di odio, quel circolo
vizioso
creatosi per amore. L’amore generava odio, l’odio
generava amore. I due
sentimenti si contendevano
la supremazia
e nessuno dei due
accennava a lasciar
che l’altro prevalesse su di sé.
Un po’ come quell’uragano biondo amico di Sasuke:
non si sarebbe mai arreso.
«Lasciami stare».
«No».
«Voglio stare da solo».
«Teme, sei un bugiardo!»
Silenzio.
«Teme», ritentò l’Uzumaki.
«Non ricominciare».
«Da quant’è che non mi chiami dobe o
usuratonkachi?»
«Ti manca essere preso per il culo da me?»
«Parli nel senso letterale?»
Un’occhiataccia.
«Scherzavo,
scherzavo», lo rassicurò, «comunque
sì».
«Che cosa “sì”?»
«Mi manca più di ogni altra cosa».
A me è Itachi che manca
più di ogni altra
cosa, lo volete capire?!
«Mh».
È quel senso di appagamento di cui
non
posso fare a meno, che mi fa sentire vuoto.
«Teme…»
È tutto ciò che mi resta.
«Io sono qui», gli rimembrò
accarezzandogli i capelli corvini,
scombinandoglieli come ai vecchi tempi e poggiando il capo sulla spalla
ossuta.
«Mh».
«Di’ qualcosa, qualunque cosa».
«Ucciderò Madara, rassegnati a volermi
riavere».
«Io ti accetterei così come sei! Perché
sei sempre il mio teme… Non importa
quanto gli avvenimenti possano cambiarti e la sofferenza possa
irrigidirti. Tu
sei stato, sei e sempre sarai il mio Sasuke Uchiha, il teme
più baka che possa
esistere’ttebayo!»
«Dobe».
«Ce l’hai fatta!»
«Sparisci».
«L’hai detto!»
«Evapora».
Un bacio.
«Teme, teme, teme!»
Un abbraccio.
«Non sarai mai completamente solo».
**
Ventuno marzo.
Ed era andata via anche lei.
Sasuke non aveva avuto nemmeno la forza di canzonare Naruto urlandogli:
«Avevo
ragione, dobe; di nuovo. Prima o
poi
se ne vanno tutti».
L’ennesima morte sospetta di una persona che si era
avvicinata ed affezionata a
Sasuke. La seconda persona che aveva accennato a
quell’argomento tabù, quella
cosa importante che Itachi fu sul punto di dirgli il giorno del suo
diciottesimo compleanno, ma che tacque per sempre.
Sakura sapeva qualcosa. E quando stava per dirglielo lui aveva di nuovo
perso i
sensi e lei era morta; lui, impotente, si era ritrovato sulla spiaggia
e di
nuovo aveva vomitato e sputato sangue.
La storia che si ripete.
Percepiva l’odore di morte nell’aria ogni
giorno che passava e temeva che
potesse avvicinarsi a lui. Ma non per il timore di morire, tanto quanto
perché
al suo fianco c’era Naruto.
Il ventotto di marzo aveva deciso di tornare nel suo
posto. La compagnia del cinguettio degli uccelli sarebbe stato
utile, l’avvento della primavera era passato da appena una
settimana e la
stagione dei ciliegi era stata inaugurata con la morte di Sakura.
Bella merda.
Si aspettava che il ciliegio desse presto i suoi frutti,
mostrando i fiori
rosati e bianchi, puri, candidi come la neve d’inverno, ma
portatrici di un
tepore che solo la primavera era in grado di donare; i boccioli di
ciliegie che
presto sarebbero fruttate e diventate rosse e saporite. Uno dei pochi
frutti
rossi che l’Uchiha ingeriva senza fare troppe polemiche.
Ma quando arrivò su quel prato e si distese, lanciando
un’occhiata dietro di
sé, notò che l’albero era appassito,
quasi completamente spoglio e le foglie
raggrinzite, i fiori di ciliegio di un bianco evanescente e la brezza
d’inizio
primavera li faceva staccare con facilità dai rami e
appollaiare sul terriccio,
assieme ai suoi gemelli e alle foglie.
Era morto con lei.
La natura, in qualche modo, riusciva a percepire i sentimenti
nell’aria e
seguiva passo, passo l’andamento delle vite nel paesaggio
circostante; asseriva
ed era presente nei momenti di bisogno, taceva e donava
un’atmosfera intensa e
romantica negli attimi opportuni. Era la più grande fonte di
energia e vitalità
che potesse esistere ed era solo grazie ad essa che gli uomini potevano
permettersi di vivere sul pianeta.
Un’altra persona.
Un altro nome finito su quella lista.
Quella delle persone da vendicare.
E
solo una
rimaneva su quella un po’ più importante
dell’altra.
Quella delle persone da proteggere, nella quale vi era scritto ormai un
solo
nome, che racchiudeva però il mondo intero di Sasuke; anche
se non l’avrebbe
mai ammesso ad alta voce né a se stesso, nonostante la
consapevolezza.
Naruto.
{**}
«Ma cosa…»
«Sei all’Inferno…»
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NB:
È dovuta una piccola parentesi per il rapporto descritto da me Sasuke/Naruto.
Per una volta non ho voluto vederli come rivali. Ci deve essere sempre un distacco che non consenta ad entrambi di aprirsi davvero, cosa che nel manga accade durante una battaglia e per manifestazione di rabbia dell’Uchiha. La tenacia dell’Uzumaki ho cercato di tenerla, per non renderlo OOC era più che dovuto; mentre ho trovato l’appiglio per collegare il volersi vendicare del manga con la vendetta che ricerca qui Sasuke: Konoha e Madara. Tutto gira attorno a loro.
Sakura tradotto significa davvero “ciliegio”, era più che dovuto il rimando alla natura.
In un certo senso ho dato una personificazione, un’umanità alla natura in un certo senso come il Petrarca: la presenza taciuta nei momenti di bisogno e la comprensione di stati d’animo. Cosa che si può tranquillamente vedere in ogni situazione del manga: presagi di sventure e quant’altro.
Note dell'autrice:
Posto con un po' di anticipo il sesto capitolo, sia perché è piuttosto corto, sia perché ho un bel po' di cose da fare e non vorrei rimanere indietro con gli aggiornamenti. Ne approfitto per avvertirmi di essermi (non so assolutamente come!) dimenticata un pezzettino nello scorso capitolo. Non l'ho inserito nell'html e non so perché ç_ç Ho comunque provveduto a modificare, magari andate a leggere l'ultima parte... *arrossisce* sono proprio idiota ç_ç
Bah, non saprei che altro dire... penso che pubblicherò il capitolo tra due - tre giorni, tanto è l'ultimo e non mi va di tenervi tanto sulle spine u_u
Grazie a tutti coloro che seguono, ricordano, preferiscono e recensiscono questa storia! Vi informo, comunque, che l'ho rimessa in cantiere per elaborarla come avrei voluto già fare!
Bacioni, Giacos.