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Autore: Eva B    14/10/2007    3 recensioni
Errare è umano. Ma quanto è umano sbagliare se questo vuol dire fare a pezzi una vita, che sia la propria o che sia di un altro? E quanto pesa amare-non amati? Quanto costa stare zitti, quanto parlare? Quanto dura un'amore? Lui ha sbagliato, ha amato, ha sofferto. Questo è un viaggio nella sua giovinezza, tra il presente e i ricordi, tra la speranza e le scelte. Lui e l'amore, quello che smuove la vita di ognuno di noi.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Prima di postare il nuovo capitolo vorrei ringraziare SakiJune per il bel commento e per l'appunto circa Dolohov. Ho fatto una ricerchina ed effettivamente lui è più vecchio di Severus e dei Malandrini, in quanto nato nel 1955. Quindi, nel periodo in cui si evolve la mia storia, Antonin ha terminato gli studi da qualche anno. Per licenza poetica (e perchè Antonin farà bene all'azione della vicenda) ho deciso di perseverare nel mio errore. Grazie ancora però a SakiJune.

Ringrazio anche Lady_Malfoy_4ever per i commenti che lascia ad ogni capitolo. Alla sua domanda rispondo che l'essere mezzosangue non è così importante come l'essere un sanguesporco (come Lily). Non scendo nei particolari nel timore di incappare in qualche frase spoilerosa.

E ora il quarto capitolo, spero vi piaccia ^^

‘La pozione restringente si ottiene ricavando…”

Piton lasciò andare la penna, mentre l’inciostro correva ad assorbirsi nella pergamena che giaceva quasi immacolata sul tavolo.

Appoggiò la schiena allo schienale della sedia, guardando verso la finestra. Il cielo era di un cupo grigio plumbeo. Chissà che ore erano. Da quanto tempo era lì, in biblioteca, chino sui libri?

Da quanto tempo non parlava con qualcuno?

Lasciò scorrere il suo sguardo nero sulle file di libri del silenzioso labirinto di scaffali.

La magia… Il suono della sua risata echeggiò nelle pareti.

Che cosa inutile, la magia. A suo padre non era mai piaciuta.

A che serviva la magia? A fare quattro incantesimi di poco conto. La magia non risolveva i problemi. Se lo avesse fatto lui non sarebbe stato lì da solo. Se lo avesse fatto suo padre non avrebbe odiato lui e sua madre. Lily sarebbe ancora accanto a lui, e lui avrebbe avuto tanti amici.

Sarebbe stato felice...

Le dita delle sue mani si strinsero tra loro. Aveva paura.

Era solo. Non aveva niente. Che cosa sarebbe stato della sua vita? Che cosa sarebbe stato di lui una volta completati gli studi?

Sarebbe tornato in una casa vuota, avrebbe dormito solo. Non ci sarebbe stata la colazione imbandita della Sala Grande, né le pacche amichevoli dei compagni di casa, né gli occhi riposanti e allo stesso tempo impetuosi di Lily.

Un singhiozzo lo sorprese. Lui, Severus Piton, stava piangendo. Quasi ridicolo.

In fondo, si disse, che male c’era? Nessuno lo avrebbe trovato lì. Nessuno avrebbe visto.

E allora lasciò che le lacrime gli lavassero il viso. Pianse senza alcun freno e pianse per quelle che avrebbero potuto essere ore.

 

Un tocco leggero alla sua spalla lo riportò al presente. Aprì gli occhi, trovandosi a guardare la finestra, una cornice di un quadro nero come la pece.

“Quanto tempo..?”

“E’ tardi. La biblioteca sta per chiudere. Fossi in te mi sbrigherei ad andarmene, a volte succede che qualcuno rimanga chiuso dentro.”

Piton si girò. Una ragazza, snella, piccola di statura e con dei folti e ricci capelli color miele lo fissava con le braccia conserte.

“Meyer… Che ci fai qui?” chiese Severus, cercando di assumere il suo usuale tono freddo e mellifluo.

“Prendevo un tè! Diavolo, Piton, siamo in biblioteca, cosa vuoi che ci faccia qui?”

“Che ore sono?” tagliò corto Severus.

La ragazza lo guardò infastidita.

“Potresti essere un po’ più gentile”

“E tu potresti essere un po’ meno inopportuna”

Lei spinse a terra i libri di Piton che stazionavano sul tavolo.

“Vai al diavolo. Chi credi di essere?”

Piton si alzò ed estrasse la bacchetta. “Ringrazia il cielo di essere una donna, Meyer”

Lei gli si avvicinò, portando il suo naso piccolo a un centimetro da quello adunco di Severus.

“Perché, cosa faresti? Sai solo essere lo serbino di Antonin” sussurrò, prima di scivolare indietro e sparire dietro la prima fila di scaffali.

Piton calciò la sedia. MALEDIZIONE!

Raccolse tutte le sue cose e scappò via.

Vagò a lungo per i corridoi deserti, cercando di riprendere il controllo di se stesso. Senza rendersene conto si ritrovò a un passo dalle scale che dal primo piano conducevano al piano terra. Avrebbe voluto star da solo ma qualcosa di inesplicabile lo indusse ad andare nella sala grande.

Chissà se era ora di cena. Varcò la soglia, notanto i tavoli gremiti di studenti.

Corse istintivamente a quello dei grifondoro.. Lei era lì, seduta accanto alla sua amica Gerda Georgins.

Sospirò di sollievo. Non era con Potter.

D’un tratto gli era tornato l’appetito.

Si sedette accando a Evan e si servì di un po’ di tutto. "Dove sei stato?" chiese lui, ma Piton fece spallucce, assaggiando una coscia di pollo. Rosier non chiese altro e Severus ne fu sollevato.

Si era saziato da un po’ quando una chioma rossa si mosse verso l’uscita.

La vide fermarsi. E finalmente mise a fuoco il suo viso. Lily lo stava guardando.

Gli angoli delle labbra di Severus si sollevarono in un movimento spontaneo che lui vide riflesso in quelle di Lily.

Gli aveva sorriso.

 E Severus dimenticò tutto: la paura, l’ansia, la solitudine, i litigi. Niente aveva più peso, se Lily sorrideva a lui…

E poi lei uscì. Lui si alzò, per fare lo stesso. Voleva fermare nei suoi sogni quell’attimo di paradiso. Non voleva che niente potesse rovinarne il ricordo.

“Hai cambiato umore, Piton?”

Severus intravide Phaos Meyer, la ragazza di prima, comodamente seduta tra altre due nel tavolo dei Serpeverde.

Non rispose neppure. Non ci sarebbero state ombre a coprire la luce di Lily, quella sera.

  
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