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Autore: XavierGiuli    27/03/2013    1 recensioni
Non so bene per quale motivo ho incominciato a scrivere, ma datemela per buona così. Breve storia su Draco, e con qualche accenno alla sua vita insieme a Pans.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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XI Capitolo


 

Astoria Greengrass non era esattamente il tipo di ragazza che si faceva mettere i piedi in testa, tanto meno dalla sua famiglia: in particolare dal padre, da cui aveva ereditato il carattere dispettoso. Era piuttosto quel genere di ragazza quindicenne con la voglia di girare per il mondo, crearsi un armadio venti volte più grande di quanto non lo fosse già, e purtroppo, tremendamente viziata. Stava litigando con la sorella più grande, Daphne, su quale delle due fosse più bella in abito da sera: Astoria sapeva benissimo che la sorella era di gran lunga più bella di lei, con quei capelli mossi biondo dorato che oscillavano ad ogni suo passo,  gli occhi cerulei, le forme prosperose e le labbra perfette. Astoria era mora, di corporatura minuta, le sue forme erano – ahimè - appena accennate ed i suoi occhi piccoli e scuri, completamente diversa dalla sorella.
Ed era proprio per questo che erano sempre in competizione, la piccola di casa si sentiva inferiore, un mostro in confronto alla Dea della casa, e questo non l’aveva mai sopportato.
Quel giorno, purtroppo, ognuna delle sorelle di casa Greengrass diede il peggio di se. Daphne scese improvvisamente da quel piedistallo di perfezione assoluta, provocando in Astoria un’enorme soddisfazione personale.
Litigando, finirono per distruggere l’unico abito alla quale la padrona di casa tenesse davvero: Althea possedeva quel vestito da nientepopodimeno di 25 anni, e rappresentava per la donna il ricordo del primo Galà alla quale aveva avuto l’onore di partecipare, appena 18 enne.
Quel pregiato abito blu notte di fattura Magica, contornato di preziose sete si era lacerato tra le urla di entrambe le sorelle, che si erano contese il diritto di poterlo indossare. Di sicuro la loro impassibile madre, alla vista di quell'orrore, si sarebbe arrabbiata come non mai.
Proprio mentre Daphne in un impeto di furia stava per saltare addosso a quell'oca di sua sorella, la figura del padre piombò nel salotto, portando con se un silenzio assordante e le espressioni impaurite delle due ragazze.

“Che sono queste urla indecenti, per Merlino! Vi ho sentito dal piano di sotto. Daphne, come me lo spieghi? Quello-..
Santo Salazar, quello non è l’abito di tua madre?”

“Astoria ha cominciato a rompermi i boccini, papà! Sì, è il suo.. Non glielo dire, per favore! Si può riparare..”

“Non è vero! Non ho cominciato a frignare!” ribattè la mora, calpestando un piede dal nervoso.

“DAPHNE! Frequentare i Mezzosangue ti ha avvelenato la lingua, per caso? Non tollero un linguaggio simile in casa mia.  Comunque sia.."

L’uomo fece una piccola ma inquietante pausa, nella quale respirò a fondo per non cedere alla tentazione di mettere in punizione entrambe le figlie. Dopo poco, riprese a parlare, incrociando le mani paffute dietro la schiena.

”Grazie a Morgana si può riparare, figliole. “

A queste parole, le sorelle sospirarono di sollievo,  provando un senso di gratitudine alle parole del padrone di casa. Ma non ebbero nemmeno il tempo di poterlo ringraziare, che questo riprese il discorso, con un tono più serio di prima.

“Ma non lo farò. Non lo farò perché non mi sembra corretto, ed in questa casa, vi ho cresciuto diversamente. Non ci saranno sotterfugi, qui. Dovrete portarglielo così com’è, assumervi le vostre responsabilità e chiederle scusa. E per quanto mi riguarda.. Non ci tengo ad esserci.”

Le parole di Phineas H. Greengrass risuonarono severe e ragionevoli nelle orecchie delle due ragazze, che d’istinto abbassarono la testa in segno di obbedienza. Sapevano bene quanto le sue decisioni fossero definitive, soprattutto quando si trattava di istruirle al meglio.

”Comunque sia.. Preparatevi, la settimana a venire saremo dai Malfoy. Non-una-parola.”

Detto questo si era dileguato nel salotto padronale, senza dare la possibilità alle due ragazze di ribattere.
La mora e la bionda, ancora irate l’una con l’altra, rimasero a guardarsi confuse riguardo alle parole poco prima pronunciate dal loro padre.
Il fatto che sarebbe dovuta andare nel Wiltshire non faceva impazzire Astoria particolarmente, dal momento che non aveva mai avuto nessun tipo di contatto con quella famiglia. Daphne, invece, cominciò a sorridere e sistemò il vestito lacerato su una sedia immediatamente, cominciando a riordinare la camera senza mancare di fischiettare in tono allegro.

“Com’è che sei così felice che andiamo dai Malfoy, Arpia?”

“E a te che importa, piccola ed irritante Banshee!”

“Non ti piacerà il loro figlio, vero?”

“PER SALAZAR, sta zitta se non sai di che parli, piccolo mostriciattolo! Si da il caso che Draco Malfoy sia il mio migliore amico. E in ogni caso, non sono affari che ti riguardano! Ora sparisci, non ho voglia di subirti oltre oggi.”

“Ah si? Bene… Ciò non cambia che sei comunque un'Arpia.”

Concluse la mora allontanandosi dalla stanza per dileguarsi verso i suoi appartamenti, facendo appena in tempo a chiudere la porta della stanza prima che la scarpa della sorella le raggiungesse la testa. Il rumore di quest’ultima che si scontrava sonoramente contro la porta chiusa la fece dapprima sussultare, poi sbuffò infastidita ed infine si girò per fare una linguaccia all'aria.
Mentre si dirigeva verso la sua stanza da letto, in un corridoio vicino, il suo cervello cominciò a tramare numerosi scherzi malefici che avrebbe potuto fare a Daphne durante la settimana passata dai Malfoy.
Infatti, se c’era una cosa che le veniva alla perfezione, era infastidire fino all’esaurimento sua sorella maggiore.
Una volta arrivata davanti alla sua porta, l'aveva avuta vinta: il barlume di una piccola idea malefica quanto divertente la illuminò quanto il Sole di prima mattina. Afferrò la maniglia della porta ed infine si chiuse quest’ultima alle spalle sghignazzando divertita, provocando persino la curiosità dei suoi avi nei quadri appesi lì vicino.
Gliela avrebbe pagata, quell’Arpia: dopotutto, quell'affronto personale, per lo più di fronte al padre non l'aveva digerito.
Più passava il tempo più cercava - invano, ovviamente - di capire per quale motivo Daphne non scendesse da quel piedistallo che s'era innalzata, e si concedesse un po' di sana umiltà verso di lei.
D'altro canto, invece, la bionda era stanca delle frivolezze della mora: da mesi si chiedeva quando sarebbe finalmente cresciuta, di modo che il suo complesso di inferiorità - molto evidente, di fatto - potesse finalmente cessare, per lasciare un po' di tregua.
Se c'era tuttavia una cosa che era quanto più che assodata, era che la bionda non avrebbe cercato di stuzzicare Astoria, per evitare di sentirla frignare come una bambina a cui viene tolto il primo pacchetto di Api Frizzole.
Ma Astoria.. Astoria non poteva contare sullo stesso suo quoziente intellettivo, purtroppo. Se c’era una cosa che Astoria Greengrass aveva ereditato dai suoi avi più che della perfetta sorella, era proprio la vendetta.
E la sua vendetta l'avrebbe avuta, in qualsiasi modo possibile, corretto o meno che fosse.

  
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