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Autore: Lacus Clyne    28/03/2013    4 recensioni
"Cominciò con un incubo. Un incubo tornato dalle profondità dell’anima in cui avevo cercato di relegarlo innumerevoli volte, da quando ne ho memoria." Per Aurore Kensington i sogni si trasformano in incubi sin da quando era una bambina. Sempre lo stesso incubo, sempre la voce gentile del fratello Evan a ridestarla. Finchè un giorno l'incubo cambia forma, diventando reale. Aurore è costretta a fare i conti con un mondo improvvisamente sconosciuto in cui la realtà che le sembrava di conoscere si rivela essere una menzogna. Maschere, silenzi, un mistero dopo l'altro, fino al momento in cui il suo adorato fratello Evan e la loro mamma scompaiono nel nulla...
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon pomeriggio! >_< Dopo un po'... ecco il nuovo capitolo! >_< Mi spiace di non sentire mai nessuno, ma spero comunque che ai miei silenziosi lettori la storia stia piacendo! >_< Intanto, ne approfitto anche per far gli auguri di buona Pasqua a tutti! :D 

Alla prossima e buona lettura! :)




 

Mi svegliai a causa del rumore di spade che proveniva da fuori. Per qualche istante ebbi la sensazione di essere ancora nel cuore della notte, dal momento che mancava qualsiasi parvenza di luce solare a rischiarare la stanza, tanto che misi la testa sotto i cuscini e cercai di riprendere sonno. Sfortunatamente per me, ai colpi di spada si aggiunsero le urla di Sybille e la voce di Shemar. Evidentemente, anche dormire era un optional per quell’uomo. Riluttante ad alzarmi, provai persino a sprofondare nelle coperte, ma quando si aggiunse il battito di pentole non ce la feci più e mi alzai, correndo ad affacciarmi sul balcone. Il cielo aveva assunto una colorazione più chiara, era sgombro dalle nubi, ma la luce era ugualmente insufficiente a renderlo cielo di giorno. Il sistema d’illuminazione artificiale era attivo più di quando eravamo arrivati, tanto che lo spiazzo sottostante era facilmente visibile. Ancora mezza addormentata, non compresi però immediatamente quello che stava succedendo, nemmeno quando vidi Sybille rientrare, Shemar tornare verso il centro dello spiazzo e Damien farsi avanti per raggiungerlo con una spada in mano.

- Che diavolo stanno facendo quei due?

Mi chiesi, sbadigliando.

Poi, la voce di Shemar sembrò quasi rispondermi.

- In guardia!

Esclamò sollevando la spada verticalmente fino a farne brillare la punta.

- E’ impazzito?!

Esclamai, sporgendomi dal parapetto.

Damien rispose all’invito, sollevando a sua volta la spada e li vidi correre l’uno verso l’altro determinati a duellare. Erano ufficialmente impazziti. L’ultima volta Shemar l’aveva quasi impalato, come diavolo gli saltava in mente di lanciarsi in un’azione suicida come quella? Preoccupata, osservai la scena che si svolgeva sotto i miei occhi e a sorpresa, Damien Warren si rivelò un discreto spadaccino. Avrei dovuto immaginarlo dato che era figlio di Leonard Warren, anzi, Lionhart Warrenheim, che faceva parte delle guardie imperiali della Croix du Lac. Tuttavia, per quanto discreto potesse essere, avevo la certezza assoluta che non sarebbe stato all’altezza di Shemar Lambert. E così in effetti fu. Inizialmente riusciva a sostenere il ritmo, ma Shemar sembrava essere nato con una spada addosso, tanto che schivava con facilità ogni fendente di Damien e ribatteva, colpo su colpo, costringendolo a indietreggiare. Del canto suo, Damien cercava di controbattere, mantenendo l’equilibrio per quanto possibile, ma non durò molto. Con un veloce scatto, Shemar gli passò alle spalle, tendendo la spada contro la sua schiena. Se avesse voluto, se avesse fatto sul serio, l’avrebbe trafitto. Invece, si limitò a dargli una pacca e a spingerlo in avanti, costringendolo poi a voltarsi. La rabbia negli occhi di Damien era palese. Non era abituato a essere trattato in quel modo, detestava essere umiliato, proprio lui che era il despota della scuola, a cui si doveva obbedienza. Devo ammetterlo, fu quasi divertente vederlo in quelle condizioni, per una volta. Tuttavia, non si arrendeva e ogni volta che cadeva era pronto a rialzarsi e a tornare all’attacco. Quantomeno era caparbio. Probabilmente le parole che Shemar gli aveva rivolto a casa, quando l’aveva riportato svenuto dopo l’attacco da parte delle guardie imperiali aveva fatto scattare in lui una molla che lo spingeva a battersi al meglio delle sue capacità. Il pensiero di Jamie nelle mani del loro padre, quel bambino solo e per giunta ammalato doveva essergli di sprono a dare il massimo, anche se il suo massimo in questo caso, non era sufficiente a contrastare una volta per tutte Shemar.

- In piedi, Warren!

Ordinò, dopo averlo messo nuovamente al tappeto.

Senza protestare, Damien si rialzò, pronto di nuovo all’azione. Io mi godetti la scena fino a che i morsi della fame non si fecero sentire. Mi chiesi per quanto tempo avessi mai potuto dormire, visto che familiarizzare con le ore dell’Underworld era ancora qualcosa che non avevo avuto occasione di fare. Lasciai quei due ai loro allenamenti per andare a vestirmi, poi raggiunsi il salone, apparecchiato per la colazione. Almeno ero in tempo. Fu Hiram ad affacciarsi non appena sentì i miei passi, tanto che ebbi il sospetto di aver camminato in modo troppo pesante, quando vidi la sua faccia indispettita.

- Buongiorno…

Salutai, un po’ incerta sul modo di fare con quel ragazzo taciturno.

- Buongiorno, Milady.

Disse, inchinandosi.

Era simile alla sorella in questo. Ripensai alle parole di Amber… quei due avevano visto coi loro occhi un massacro. Così giovani e così adulti allo stesso tempo, doveva essere un’esistenza davvero dolorosa la loro.

- Milene mi ha detto che ti chiami Hiram… penso che abbiamo la stessa età noi due, sai?

Si limitò a un breve cenno di assenso col capo, poi mi fece accomodare al tavolo.

- Vi porterò subito la colazione.

- Grazie… Amb--    Lady Amber ha già mangiato?

Mentre accennava a rispondere, la voce di Amber rispose alla mia domanda.

- In realtà non ancora.

Mi voltai, aveva appena varcato la soglia. Indossava un abito in lino molto chiaro, quasi bianco. I capelli biondi le ricadevano lungo la schiena, li aveva lasciati sciolti, erano molto belli.

- Buongiorno.

Dissi, ripensando alla sua vicinanza la sera prima. Le sarei stata eternamente grata.

- Buongiorno a te. E anche a te, Hiram.

Sorrise cordiale, mentre Hiram si inchinò davanti alla sua signora, per poi accompagnarla a tavola, dove prese posto.

- Hai dormito bene?

- Come un ghiro, devo dire.

- Mi fa piacere.

- Posso chiederti una cosa?

Domandai, mentre nel frattempo Hiram si allontanava verso le cucine.

- Certamente.

- Shemar fa tutto quel trambusto ogni mattina?

Mi guardò perplessa, poi si mise a ridere.

- Si allena ogni giorno, per migliorare. Sai, suo padre era un eccellente combattente, molto abile con la spada e lui non vuole essere da meno. E poi ora ha trovato un allievo da torturare, quindi credo che si stia divertendo davvero molto.

Sbattei le palpebre, avevano un modo di pensarla davvero bizzarro.

- Pensi che Damien sia in pericolo?

- Se Shemar si facesse prendere la mano non ne dubito, ma a suo onore devo dire che è piuttosto controllato nei suoi comportamenti.

Aveva cercato di uccidere Damien, l’aveva messo k.o. per almeno un paio di volte, era incline a far fuggire la gente terrorizzata e dedito alla guida spericolata dei grifoni… le parole di Amber mi facevano pensare che in realtà conoscesse ben poco del suo cavaliere.

Hiram tornò di lì a poco, servendo la colazione. Sybille aveva preparato dei magnifici biscotti che mi ricordarono gli ultimi che aveva preparato la mamma e per accompagnamento, c’era del the. Inizialmente feci un po’ di fatica a mandare giù quella bevanda a causa del sapore forte, ma dopo un po’ mi abituai, trangugiandolo senza problemi. Amber mi spiegò che era ricavato da alcuni fiori che crescevano nei giardini della residenza.

- Mia madre adora particolarmente il the alle rose, sai?

Le dissi, ripensando al fatto che il professor Warren conoscesse il suo gusto.

- E’ molto delicato, ma preferisco sapori un po’ più forti.

Rispose, sorseggiando.

- Dopo un po’ è buono.

Osservai, posando la mia tazza.

- Shemar e Damien ci raggiungono?

- Credo che abbiano già fatto colazione. Potremmo raggiungerli noi, che ne dici?

- Volentieri!

Esclamai, aspettando che finisse per poter andare. E finì dopo poco, alzandosi e raggiungendomi. Quando uscimmo, scorsi i due fratelli mettersi all’opera per rassettare ogni cosa. Erano molto dediti al lavoro. Amber fece strada ancora una volta, fino a che raggiungemmo lo spiazzo in cui i due si stavano ancora allenando. Shemar non si distrasse nemmeno per un istante, al contrario di Damien che si voltò non appena arrivammo.

- Buong-- 

Accennò a dire, quando un fendente di Shemar lo sfiorò per richiamarne l’attenzione.

- Non distrarti!

Ordinò imperioso.

- Maledetto…

Borbottò Damien, ruotando la sua spada e correndo all’attacco.

Per un attimo ebbi l’impressione che lo stesse facendo per mettersi in mostra, ma dovetti ricredermi. In realtà lo stava facendo proprio perché non sopportava l’essere umiliato. Guardai con la coda dell’occhio Amber che osservava divertita lo scontro tra i due e pensai che quantomeno per solidarietà avrei dovuto fare il tifo per Damien. Oddio, ributtante… l’ultima persona al mondo per cui avrei mai pensato di fare una cosa del genere… feci un enorme respiro e cominciai a saltellare come una scema.

- Mettici più impegno, Warren! Sei moscio!!

I due si fermarono contemporaneamente, voltandosi verso di me con un’espressione molto simile, quasi inorridita.

- Moscio?

Biascicò Damien.

- Signorina Aurore… vi pregherei di non interromperci.

Disse Shemar.

- Scusate, volevo motivare un po’ Damien… insomma, sta facendo una pessima figura…

Mormorai e il despota sollevò il sopracciglio irritato.

- Moscio… pessima figura… perché non provi tu allora?

Domandò seccato.

- Ovviamente perché non sono capace, idiota.

Replicai.

- Allora sta’ zitta e non rompere.

Sussultai, non lo sopportavo quando faceva l’autoritario in quel modo. Poi, Amber si fece avanti.

- Che ne dici se ti sostituissi io?

Chiese a Damien, con un’espressione che avevo già visto negli occhi, quella della sfida. Sembrava molto sicura di sé.

- Non so se sia il caso…

Le rispose, improvvisamente incerto, poi si rivolse a Shemar, che del canto suo, fece un piccolo inchino.

- Se Milady desidera battersi…

Non capivo proprio che razza di rapporto di servaggio esistesse tra quei due. A volte si davano del tu, come vecchi amici, a volte Shemar era mostruosamente formale, era difficile stabilire che ci fosse davvero tra loro. Amber raggiunse Damien, raccogliendone la spada e maneggiandola con facilità. Sembrava a suo agio, la cosa in fondo non mi stupiva dal momento che sapeva cavalcare un grifone. Attese pazientemente che Damien si facesse da parte e si posizionò di fronte a Shemar, che assunse la posa da combattimento.

- En garde!

Esclamò, la voce risuonò squillante nell’aria mattutina della notte eterna.

Shemar le rivolse un sorriso di sfida, poi Amber si lanciò all’attacco, ingaggiando battaglia con Shemar sotto i nostri occhi increduli. La prima cosa che mi lasciò sconvolta fu l’agilità di movimento di Amber che nonostante l’abito lungo era agile e veloce come una gazzella. Shemar poi, non sembrava assolutamente determinato a lasciarla vincere, motivo per cui non sembrava calibrare i colpi come aveva precedentemente fatto con Damien. Era una danza la loro, letale e sensuale allo stesso tempo. Vidi le loro mani intrecciarsi e lasciarsi, le spade brillare, i volti vicini e poi lontani, gli occhi negli occhi, i sorrisi complici e nemici. Quei due, per quanto si potesse dire che erano dama e cavaliere, erano l’immagine vivente della passione.

- Pazzesco…

Commentò Damien, seguendo passo passo le loro evoluzioni.

- Già…

Dissi. Se fossero stati in una sala da ballo, sarebbero stati una coppia meravigliosa.

Shemar affondò un fendente, l’ennesimo, e Amber controbattè con straordinaria forza. Ridevano, divertiti, di quel combattimento. Poi, rapida, si voltò, eseguendo una piroetta e finendo con la nuca appoggiata al petto di Shemar, che lasciò cadere la spada, mentre la punta della spada di Amber era poggiata sulla sua gola nuda.

- Ho vinto.

Bisbigliò la Lady, voltandosi verso di lui e abbassando la spada offensiva.

- Così pare.

Rispose Shemar, raccogliendo la mano di Amber e baciandola in segno di omaggio e resa. Era un saluto così romantico, il cuore mi battè più forte e sorrisi. Per la prima volta in vita mia desiderai di essere baciata in quel modo, ma fui fortunata che nessuno l’avesse capito, sarebbe stato imbarazzante, e sbagliato.

- Siete stati davvero bravi…

Dissi invece, raggiungendoli timidamente. Mi sentivo piuttosto fuori luogo in quel momento. Shemar si allontanò da Amber, che mi guardò.

- Non fa altro che farmi vincere…

- Ti ha fatto vincere?

Chiesi incredula. Non era proprio possibile…

- Lui si diverte a prendermi in giro. E’ piuttosto bravo a fingere, non è così?

Chiese, voltando la testa verso Shemar che non rispose, ma raccolse la sua spada. Non l’avevo notata bene prima di quel momento, ma era riccamente decorata. L’elsa era consumata, come se fosse stata in mano a più persone, quindi dedussi che doveva essere un’eredità familiare e la lama era percorsa in lungo da una serie di intagli scuri.

- Quella spada…

- Appartiene alla mia famiglia, signorina.

Disse, riponendola nel fodero.

- E’ molto bella…

- Grazie.

Disse, raggiungendo Damien.

- Per il momento basta così.

Il suo tono era improvvisamente tornato molto serio. Damien si limitò a un cenno.

- Che ha?

Chiesi ad Amber, un po’ preoccupata di quello strano comportamento.

- Niente, è solo che quella spada è molto importante per lui.

Mi informò, poi lo raggiunse. Non riuscii a sentire niente di quello che si dissero, ma credo che fosse qualcosa di fin troppo personale, non sarebbe stato il caso di ficcanasare oltre. Al contrario, tornai da Damien.

- Sei stanco? Ti sei svegliato presto stamattina…

- Mattina? Ti sembra mattina questa?

Riprese seccamente. Doveva davvero avercela con me.

- Scusa per prima… non volevo offenderti…

Tentai di giustificarmi, ma in realtà da quando eravamo nell’Underworld, ogni passo avanti ne facevamo due indietro sul piano del nostro rapporto.

- Lascia stare, sono soltanto nervoso.

Disse, posandomi una mano in testa e facendomi una carezza sui capelli. Quel gesto… avrebbe potuto fare tutto, trattarmi male, l’avrei accettato. Schiaffeggiarmi, rispondermi volgarmente, avrei accettato anche quello… ma quel gesto era il solo che non potevo accettare. Mi scostai all’istante, leggendo la perplessità nei suoi occhi verdi. Solo Evan e la mamma potevano farlo e io non ero ancora pronta a lasciarlo fare a qualcun altro. Distolsi lo sguardo, biascicando uno “scusa”, poi raggiunsi Amber, maledicendomi per quel mio modo di fare, per averlo lasciato indietro a scusarsi per me.

- Che ne dici di vedere il santuario dell’ambra, Aurore?

Mi chiese Amber, distogliendomi da quel pensiero.  

  
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