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Autore: Giulietta_3    28/03/2013    1 recensioni
Chi mi conosceva, avrebbe detto con tranquillità che Micol quel giorno era pimpante come al solito, ma vi assicuro che ero tutto tranne che pimpante.
Avrei voluto dare fuoco ad Holmes Chapel, buttarmi giù da un dirupo, tagliarmi le vene fino a morire piuttosto che rivederlo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano ore che giravamo per tutto il lunapark, ma io ancora non mi ero tolto il suo profumo di dosso.
Quando l’avevo abbracciata, non era mia intenzione perdere il controllo e baciarle il collo, ma era stato più forte di me.
Dopo tre anni di completa astinenza dal suo corpo, il solo contatto con lei mi faceva perdere la ragione.
Dire che ero pazzo, innamorato, fuori di testa sarebbe stato poco.
Io ero completamente impazzito per lei.
Ero dipendente da lei, del suo profumo, del suo sguardo corrucciato quando non capiva qualcosa, del cipiglio che le compariva sulla fronte quando la facevo arrabbiare, delle sue labbra arricciate quando aveva voglia di baciarmi.
Così, mentre camminavamo mano nella mano, alla ricerca di una panchina dove sederci un vuoto mi pervase completamente, come se una marea mi avesse colpito. Come avevo fatto tutti quegli anni senza di lei?
Senza il suo sospiro sulla spalla, il dolce suono della sua voce, le sue labbra sulle mie.
Era anche vero che ero andato da tre diversi psicologi, e che neanche tutte le donne con qui ero stato erano riuscite
a farmela dimenticare. Ma com’è che si dice? Tentar non nuoce.
‘A che pensi?’ mi chiese ad un tratto, mentre mangiava divertita lo zucchero filato seduta a gambe incrociate
affianco a me su una panchina.
‘Perché me lo chiedi?’ le chiesi quasi scocciato. Ero così facile da leggere?
Se lo ero allora perché non si era accorta che ero ancora innamorata di lei?
‘Harold Edward Styles ti conosco da quasi 10 anni, so che porti sempre un regalo a Gemma quando torni dai tuoi viaggi
e che prima di andare a dormire ti accoccoli sul divano con tua madre a vedere le repliche di Desperate Houswives.
E so anche che quando fai quello sguardo perso significa che stai pensando a qualcosa di importante quindi ora muoviti
e sputa il rospo.’ mi rispose divertita, come se avesse appena detto una delle barzellette più divertenti del mondo.
Io la guardai, probabilmente con uno sguardo adorante, di quelli che hanno poche interpretazioni.
‘Pensavo a te’ risposi sincero, girando lo sguardo e puntandolo verso il terreno dove un gruppo di formiche
faceva a gara per aggiudicarsi un pezzetto di zucchero filato.
La sentii irrigidirsi sul posto ma non provai nemmeno per un attimo a voltarmi.
Sapevo che se avessi incontrato i suoi occhi non mi sarei potuto controllare.
‘Cosa di preciso?’ sussurrò prendendomi la mano e facendomi voltare verso di lei.
Aveva gli occhi verdi fissi nei miei e le labbra dischiuse come per prendere aria.
Avevo voglia di baciarla, ma non potevo farlo, probabilmente non sarei tornato a casa sano e salvo.
Così, semplicemente mi limitai a dirglielo.
‘Pensavo a quanta stramaledetta voglia ho di baciarti’ risposi distogliendo lo sguardo e puntandolo verso
le nostre mani intrecciate.
Il mio cuore stava uscendo dalla cassa toracica e le mie mani grandi cercavano invano appiglio sulle minuscole mani di lei.
‘Ma sono sicuro che non ti farebbe piacere in questo momento quindi evito’ conclusi con un po’ di coraggio in più alzandomi
e dirigendomi di mal voglia al di fuori del lunapark.
Era ora di tornare alla realtà, dove lei era ancora incazzata a morte e dove io ero solo un altro ragazzo deluso.



 
 
 

Eravamo in macchina da un’ ora, il profumo dei pop corn caldi ancora ci stuzzicava l’olfatto e la musichetta scocciante del lunapark era stata sostituita da uno sprezzante silenzio, rotto solo da qualche sospiro.
Lei era pensierosa, seduta sul sedile affianco a me con lo sguardo rivolto alla realtà circostante.
Era così bella avvolta dai suoi pensieri, vestita solo da un cipiglio distratto.
Mi chiesi stupito come un essere umano potesse essere così perfetto anche nei propri difetti.
Avrei dato qualsiasi cosa per riaverla indietro. Mi maledissi mentalmente molte volte, per essermi fatto uscire,
poche ore prima, la verità. Probabilmente avevo rovinato una delle mie poche possibilità.
‘Harry?’ la sua voce riscosse tutto il mio corpo. Il mio nome, sembrava prendere un altro significato detto dalle sue labbra.
‘Dimmi’ cercai di dire, il più tranquillamente possibile. Dentro, in realtà, stavo morendo.
Lei si girò, inchiodando i suoi occhi indagatori su di me.
‘Perché ti sei tatuato il mio nome?’ disse con tanto di quel coraggio che tremai. Io ero nulla in confronto a lei.
Ero combattuto. Mentirle e salvarmi la faccia o dirle la verità sperando per il meglio?
Infondo cosa avevo da perdere? In fin dei conti io l’avevo già persa.
‘Perché speravo di sentirti più vicina’ dissi spostando di poco il mio sguardo dalla strada.
Lei rimase zitta e mi fece un cenno con la testa. Voleva sapere altro.
‘Micol lo so che tu pensi di essere quella che ha sofferto di più, quella che amava di più, ma non è così’
Dissi mosso da una forza che non mi apparteneva. La vidi animarsi, con le mani che cercavano un appiglio,
o forse qualcosa da usare come arma per colpirmi.
‘Harry ti rendi conto di cosa stai dicendo? Tu mi hai abbandonata! E io continuavo ad aspettarti.
IO ti amavo di più, non scherzare’ disse furente, con uno sguardo che lasciava poco all’immaginazione. Voleva uccidermi.
‘Micol io non ti ho abbandonato!’ gridai, accostando la macchina, per paura di non sapermi controllare
‘Cazzo ma perché non vuoi capirlo!’ ero come impazzito, i miei pugni stringevano il volente, il mio corpo tremava.
‘Io ti ho lasciato andare proprio perché ti amavo! L’ho fatto per il tuo bene e tu non lo capisci.
Saresti stata male, ti saresti disperata ancora di più! Secondo te è stato semplice eh? Stare ogni giorno senza guardarti negli occhi, cercare negli altri qualcosa che non c’era? Secondo te è stato facile lasciare la ragazza che amavo solo per renderla felice?
Sentire Gemma e sapere che tu stavi male? Chi amava di più in quel momento?
Tu che sei stata abbandonata o io che ho dovuto lasciare la persona che amavo?’ ormai non avevo più il controllo di me,
le lacrime mi rigavano il volto in un pianto disperato, le mani stringevano possessive il volante, le labbra era piegate in una smorfia.
Lei era ferma. Sentivo il suo respiro accelerato, l’odore salato delle sue lacrime salate, il corpo travolto dai fremiti.
La verità l’aveva stravolta come un fiume in piena. Ora finalmente aveva capito.
‘Io non sono rimasto perché tu non mi hai chiesto di restare’ conclusi, sperando che capisse, cosa le stavo chiedendo ora.
Chiedimi di restare.
Lei mi guardò, per momenti che parvero infiniti, con lo sguardo bagnato dal mare rivolto verso di me.
Le sue braccia accolsero il mio corpo, le sue mani cercarono la mia maglietta stropicciata, le sue labbra sussurrarono fredde sul mio orecchio.
‘Resta’ sussurrò.
E fu come l’arcobaleno dopo la pioggia.





 
  
Le ore successive furono tranquille, con le nostre voci che riempivano l’abitacolo e la musica che alleviava il viaggio.
La situazione non era cambiata, c’era sempre un po’ di imbarazzo, dovuto dalla mia sfuriata ma infondo mi ero tolto un peso. Almeno ora sapeva quanto la amavo.
Arrivate sotto casa sua fermai l’auto e con galanteria la accompagnai sotto il porticato.
Era sempre stato il mio posto preferito, cosparso da colori e svariati ricordi. Sapeva di casa, di famiglia. Sapeva di lei.
‘Allora ci vediamo domani’ dissi scompigliandole i capelli e scendendo alcuni gradini allontanandomi senza smettere di guardarla.
Le sorrisi mentre con una mano faceva scattare la serratura e con l’altra mi rivolgeva un cenno di saluto.
Appena chiuse la porta alle sue spalle una ventata di nostalgia mi invase.
Mi mancava già, e ciò non era di certo un buon segno. Almeno però sapevo che mi voleva ancora.
Voleva che restassi.
Arrivai a casa, lasciando l’auto sul vialetto e senza salutare nessuno mi catapultai in camera mia, facendo poco caso
alla voce di mia madre che mi chiedeva dove fossi stato tutta la giornata.
Il mio letto non mi era mai sembrato così comodo, così cercai di levarmi il più velocemente possibile
la felpa blu che avevo addosso, ma un particolare mi fece fermare di botto, con un braccio ancora infilato nell’indumento.
Fuori dalla finestra si scorgeva perfettamente la finestra dei miei ricordi, quella della casa quasi adiacente alla mia.
Le tende chiare erano ben chiuse, la luce opaca però permetteva di leggere chiaramente il grande foglio che era stato
attaccata sul vetro.
Un sorriso mi increspò le labbra leggendo le parole che mi avrebbero accompagnato tutta la notte.
Anche io avevo una stramaledetta voglia di baciarti Harry Styles.
  
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